Ti è mai capitato di avere mal di schiena? Questa è una delle sofferenze più comuni nella nostra epoca moderna. Posizioni scomode, ore di guida ecc, sono solo alcune delle cause dei dolori fisici che proviamo.
Eppure ci sono popolazioni costrette a fare chilometri a piedi, che si sottopongono a sforzi inauditi, senza avere i problemi di cronicità del dolore della società moderna. Secondo molti ricercatori gran parte di questo dolore è mantenuto dallo stress psicologico causato dal danno… Nella ANL di oggi vedremo un metodo psicologico per gestire lo stress che causa il “dolore cronico”…
Sei riuscito ad ascoltarlo? Eh già si tratta ancora una volta di una delle molte applicazioni della mindfulness tratta nuovamente dagli studi di Ronald Siegel ed in modo più preciso di un programma chiamato “back sense” che ha creato in collaborazione con: Ronald D. Siegel, Michael H. Urdang, and Douglas R. Johnson lavorando da ormai quasi 10 anni a contatto con una osteopata (molto brava e preparata) ho compreso subito l’importanza di questo metodo.
È incredibile quanto sia semplice il concetto ma quanto allo stesso tempo siamo refrattari a renderci conto che la nostra psicologia ha un enorme peso su come e quanto percepiamo il dolore. Secondo i ricercatori lo schema è semplice: proviamo dolore per un qualche motivo, questo attiva delle “seghe mentali” (o ansia) che a loro volta generano stress e questo a sua volta genera tensione tensione.
È un po’ come se provassimo il dolore due volte, la prima perché causato da un evento esterno e la seconda perché le nostre preoccupazioni possono renderci ancora più tesi. Questa preoccupazione porta a due tipi di reazione: l’evitamento, si cerca di evitare qualsiasi movimento o situazione in cui il dolore possa aumentare. Oppure a reagire combattendolo con forza…
…secondo la ricerca sia evitare che combattere le preoccupazioni legate al dolore fisico rischia paradossalmente di aumentarlo. Questo stesso meccanismo vale per quasi tutta la nostra psicologia. Questo lo sa bene chi è incline alla ansia, quando si accorge che sia evitare e sia combattere, magari cercando di distrarsi o di pensare a cose belle, si ritrova a peggiorare la propria condizione. La soluzione sono un “paio di occhiali” di cui ti ho recentemente parlato;) e gli autori di questo studio ci sono arrivati tempo fa.
Vediamo insieme le 3 fasi che accompagnano il programma “Beck Sense” di Ronald Siegel e colleghi:
1) Comprendere il problema: dopo aver consultato uno specialista per capire da dove proviene il dolore la cosa più importante da fare successivamente è chiedersi quanto di questo dolore è protratto dalla nostra mente e quanto dalla eventuale lesione vera e propria.
Per farlo munisci ti di un quaderno o usa il cellulare, scrivi quante volte riesci, durante la giornata a notare di farti seghe mentali su quei dolori… Ogni volta che riesci a notare di pensare a queste cose, segnalo, non devi necessriamente scrivere il pensiero, ma basta una semplice crocetta che ti ricordi che quella volta ti sei accorto di farti le seghe mentali, invece che sentire il solo dolore. In questo modo inizi a notare e a comprendere come la tua mente ti tortura inutilmente.
2) Riprendere una normale attività: se sei vittima di un dolore fisico che sta passando, sai quanto è difficile ri- acquisire quella fiducia necessaria per ritornare come prima. La cosa più importante è ritornare a muoversi…la cosa ti potrà suonare come strana, ma sono moltissimi gli studi che dimostrano come chi resta fermo, chi non fa una buona riabilitazione dopo un incidente ad esempio, rischia di atrofizzare quei muscoli e perdere di elasticità.
E questo avviene quasi sempre perché siamo abituati a dare ascolto a quelle seghe mentali che generano stress…e lo stress genera tensione muscolare. Questo consiglio vale per qualsiasi attività, a meno che non si tratti di qualcosa di davvero compromesso o di sconsigliato dal medico curante.
3) Lavorare sulle emozioni negative: significa entrare in uno stato meditativo e lasciare che le emozioni negative, legate al dolore emergano, accettandole, completamente nel presente. In questo modo interrompiamo quella nostra tendenza naturale a sfuggire o ad attaccare questo tipo di emozioni.
Così invece che nascondersi sotto forma di dolore, o come direbbero i miei colleghi, invece di somatizzarsi, si ri-solvono ma senza alcun intervento cosciente di risoluzione.
Non devi proprio risolvere niente, ma solo limitarti ad accettare quei pensieri e a lasciarlo andare senza giudicare… ricordati la storia del cagnolino che riporti indietro con gentilezza…così ogni volta che ti fai prendere dal pensiero, riportalo sulla presenza con gentilezza.
In pratica devi mantenere un oggetto di attenzione, come le sensazioni del corpo oppure del tuo respiro e mettendole sullo sfondo fai venire in primo piano tutte le emozioni negative che emergono.
Bene, i passi del programma sono terminati, come avrai intuito puoi usare questo stesso schema per qualsiasi dolore, perché un po’ tutti i dolori sono accompagnati dalla “seconda freccia” (se non capisci ascolta l’audio;)) quindi dal malessere perpetuato dalle preoccupazioni e non tanto dal danno fisico in se.
Se hai ascoltato la ANL mi avrai sentito fare un sacco di nomi di studi e studiosi su questo tema…eccone una breve rassegna: – Jensen et al. 1994: in questo studio si è notato che le persone che soffrono di mal di schiena cronico non hanno delle anomalie diverse da chi sta bene.
Frymore 2008: attraverso esami diagnostici è stato notato che chi soffre di “dolore cronico alla schiena” non ha anomalie o danni più pesanti di chi invece non ne soffre (non riesco a trovare l’articolo originale*).
Tullberg, Grane e Iacoson, 1994; Fraser, Sandhu e Gogan, 1995: hanno riscontrato che molte persone dopo un interventi riuscito alla schiena, continuano a percepire il dolore cronico. Questi sono solo alcuni dei contributi più importanti nel campo del mal di schiena ma ti assicuro che la cosa vale anche per altri dolori.
Il dolore, come ti mostravo qualche tempo fa, ha sempre la sua valenza psicologica. Apprendere come liberarsi dei pensieri che possono alimentarlo ti offre due meravigliose occasioni: quello di migliorare il tuo stato di salute e di allenarti con la mindfulness infatti in pratiche antiche di meditazione il dolore viene spesso usato per riportare le persone nel momento presente.
Non ti suggerisco di flaggelarti ma semplicemente di usare il dolore come una opportunità di apprendimento. Tenendo sempre presente che il primo passo di tutto il processo è “guardare in faccia alla realtà” per cui la prima cosa da fare è recarsi da un medico di fiducia in grado di escludere o includere tutte le cause biologiche. Se hai qualche piccolo dolore puoi provare da subito questo esercizio…ti ricordi il mio piede nello stipite?
Esatto, quello è l’atteggiamento giusto 🙂 fammi sapere cosa ne pensi lasciando un post e se ti piace…clicca su mi piace e/o sul più uno di google, mi aiuterai così a divulgare queste preziose (ritengo) informazioni.
A presto
Genna
* Cercando l’articolo mi sono imbattuto in un sito che regala il libro di Siegel in lingua originale, lo trovi cliccando qui. Direi un bel regalo per chi come te legge PsiNeL fino in fondo 😉