Ciao,

ti sei mai chiesto come funziona il tuo cervello? ma inmodo particolare ti sei mai chiesto come mai alcunetecniche possono davvero modificare il tuo modo disentire e percepire il mondo? bhe… di certo nonesiste una risposta univoca a questi interrogativi,ma negli anni molti studiosi hanno tirato fuori leloro teorie… alcune sono state sconfermate dalleneuroscienze mentre altre sono state avvalorate.

Quella che maggiormente mi affascina e cheoggi voglio condividere con te, è un modello nato ecresciuto nel campo dell’ipnosi… e nello studio dellamente: il modello neo- dissociativo di Hilgard. Maprima è necessario che ti racconti quale era il primomodello (altrimenti che “neo” sarebbe? ;)). Allora,il primo a postulare l’esistenza della dissociazione(che non è il fenomeno piennellistico per cui unosi vede dal di fuori – posizioni percettive) è statoPierre Janet uno psicologo francese a cavallo fral’800 e il 900.

Janet è stato allievo di Charcot (come Freud) e siè interessato prevalentemente all’ipnosi. Ora potreiparlarti per ore di come funziona la sua teoria ma tiassicuro che sarebbe noioso perchè ognuno ha dettola propria a proposito. Veniamo direttamente al latosemplice: ti è mai capitato qualcosa di inaspettato inun “brutto momento”? (perdona questa induzionenegativa di stato ;)) qualcosa di piccolo che però haidovuto “accantonare” perché stavi facendo altro?

Ecco, quell’accantonare è la dissociazione…cioè quandoriesci a mettere da parte dei “contenuti mentali” operché non sono utili in quel determinato momentodella giornata o per altri motivi più “profondi”. Questo èun modo di vedere il fenomeno da un punto di vista “sano”… cioè riusciamo a mettere via le cose … ma fino ad uncerto punto. I più esperti e pissi-cologi 😛 staranno giàpensando alla rimozione freudiana… ed effettivamente ilconcetto appare simile… ma è diverso ;))

Per spiegare questo fenomeno tempo fa avevo usatouna metafora, quella del “giradischi“, ma non erasufficientemente isomorfa (cioè non rispecchiava intutte le sue parti ciò che descriveva (azz che paroledifficili che sto usando ;)). Nel modello neo dissociativosi postula che non esista un solo luogo dove questecose avvengono… come ad esempio un magazzinofreudiano unico … ma che esistano vari flussi dicoscienza che sono regolati da un organo superioree suddivisi in moduli.

Tutto il mondo del cambiamento moderno passa dalle”teorie ericksoniane”.. cioè invece di andare a liberare,scaricare o cancellare (o peggio ancora riprogrammare)il cervello … si vanno a cercare le risorse della persona.La pratica clinica (e non solo) ha dimostrato in questianni la validità di questa ipotesi … è spesso molto megliooccuparsi di ciò che il cliente ha… e sa utilizzare. Ma avolte non è così facile da attuare, altrimenti il clienteci avrebbe pensato da solo… no? 😉

L’ipotesi è che queste risorse siano “congelate”, cioè nonaccessibili a quella persona. Oggi si parla dell’incrocio didifferenti stati di coscienza modificata che permettono omeno l’accesso alle risorse. Così sono abbiamo due modellidi cambiamento, entrambi validi ma diversi e in alcunicasi complementari: da una parte abbiamo quello di tipo”cognitivista” dove si porta il cliente a pensare alle suerisorse per fare in modo che… “razionalmente”… capiscacome utilizzarle e come smettere di agire i comportamentinon adattivi…

… dall’altra abbiamo un modello che passa dall’ inconscio,cioè dal sentire più che dal pensare… cioè dalla esperienzadi qualcosa di diverso. Attraverso un tipo specifico dicomunicazine è possibile entrare in contatto con questerisorse e “scongelarle”… agendo in modo più o meno direttosu quei flussi di coscienza paralleli che soggiaciono il nostropensare ed il nostro agire. Non ti nascondo che questo è ilmio modello preferito… anche se ad un certo punto delcambiamento sarebbe utile utilizzarli in modo congiunto.

Tutta questa parpardella per arrivare alla metafora delcambiamento che ultimamente mi sta dando più frutti.E, se fai questo mestiere sai che le metafore che usi perdescrivere ciò che fai guidano, modificano e a volteostacolano il tuo lavoro. Ed è per questo che credo cheuna semplice “nuova metafora” possa aprire più portedi una “tecnicuccia da applicare”…anche se, pensandociti renderai conto che ci sono 10000 applicazioni …una di queste la trovi alla fine del post ;-)))

La mente come una grande casa… una villa enormezeppa di stanze e stanzette che a loro volta sono zeppe diarmadi e luoghi in cui custodire cose. Ma non è una casafatta di cemento è fatta di un materiale plastico che simodifica in continuazione… ogni volta che un contenutoentra nella tua mente questo viene riposto in un luogo…e il semplice inserire quell’elemento modifica a suavolta il luogo stesso…e… l’elemento stesso. Purtroppoperò alcuni luoghi, per diversi motivi, diventanoinaccessibili, sfocati oppure diroccati.

Quindi capita che, quando ci si ritrova in una certa areadella villa, di non riuscire ad avere accesso a certe stanze.Oppure di non riuscire a passare perché c’è un disordineesagerato. Ma non solo, la creazione di queste stanze chenon vengono utilizzate, in un qualche modo “sprecaenergia” per cui, più stanze del genere congeliamo e menoenergia abbiamo per gestire le altre. Un bel pastrocchio ;)Secondo Hilgard (e non solo) quando una persona accedein uno stato modificato di coscienza ha la possibilitàdi scongelare i contenuti, riordinare le stanze e ridistribuireal meglio l’energia che le teneva insieme.

Siamo come sempre davanti alla finitezza del nostro belsistema cognitivo. Infatti oggi con l’aumentare delleinformazioni e della complessità siamo serratamentecostretti a creare stanze e stanzette… non per nulla c’è uncrescente interesse nel mondo della psicologia e in generedel benessere (ovviamente non mi riferisco alle dinamichesociologiche ;)). Come ti ho descritto molte volte, la nostrasocietà non è proprio disegnata sull’essere umano :/

Fortunatamente le metafore che creiamo per descrivereil nostro mondo possono aiutarci a “ridurre” quella cheviene chiamata “complessità” (altro super argomento sucui si potrebbero scrivere libri – e qualcuno lo ha anchefatto) … è per farlo ti pongo una semplice domandina:quando hai letto la descrizione della “villa mentale” checosa ti è venuto in mente? di che colore l’hai vista? erauna bella immagine? quante stanze pensi di aver giàcreato? come ti sentiresti se ti dicessi che hai unsistema automatico che funziona benissimo se lo lascilavorare in pace?

Scrivi o descrivi (se ti va puoi anche disegnare) questatua villa… e se ti va… condividi con gli altri la tuaesperienza lasciando un commento qui sotto…

A prestoGenna