
Questo è un primo episodio di due puntate collegate tra loro: la prima esalterà il potere della fragilità e la seconda sarà dedicata a come sfruttare i nostri punti di forza. Due facce della stessa medaglia che spesso tendiamo a sottovalutare o in un senso o nell’altro. All’interno di questi due episodi troverai sia indicazioni che mostrano come dovremmo tutti essere più bravi ad esprimere le nostre fragilità (ciò che vedremo oggi) e nel secondo episodio (quasi) l’opposto, perché parleremo di come analizzare e utilizzare i nostri punti di forza… quindi, iniziamo!
Come sempre, ti invito ad ascoltare l’episodio prima di proseguire con la lettura.
L’anello debole e la verifica empirica
Hai mai sentito dire che la forza di una catena si misura dal suo anello debole? E’ un’affermazione dura che descrive ciò che accade nella realtà che ci circonda: la possibilità che un’auto raggiunga la propria destinazione dipende da quanto, tutti i suoi componenti più fragili riescano a resistere. E’ come sempre una cosa abbastanza semplice da osservare, quasi banale, tuttavia proprio per questo tendiamo a dimenticarcene. Sono i nostri aspetti fragili quelli di cui ci dovremmo occupare maggiormente, non per nasconderli o celarli ma per far si che “ci portino sani e salvi a destinazione”.
Siamo tutti più o meno consapevoli di avere dei punti deboli e, molto spesso, tendiamo a celarli alle persone intorno a noi. Questa consapevolezza può avere vari gradi, può essere molto chiara oppure parecchio opaca, fino a diventare inconscia. Questo accade perché spesso è doloroso ammettere a se stessi i propri difetti, so che chi mi sta leggendo è già mediamente più consapevole della maggior parte delle persone. No, non è un modo per “captare la tua benevolenza” è solitamente così, chi segue Psinel sa che tra i nostri valori più profondi c’è la consapevolezza.
Questo si scontra con il vecchio modo di fare crescita personale, il quale invitava (e spesso ancora invita) a non curarsi dei propri punti deboli e puntare solo su quelli di forza. In alcuni contesti questo approccio funziona, ma per quanto riguarda la nostra ricerca personale, la nostra realizzazione personale è fondamentale conoscere anche le nostre fragilità. Non solo per lavorarci ma anche in alcuni casi per accoglierle, anche senza cercare di fare altro, perché è proprio la luce della consapevolezza non reattiva che può aiutarci a prenderci cura di quelle ferite, di quelle vulnerabilità.
E tale cura può trasformare le nostre ferite in bacini enormi di risorse personali. Qui la faccenda si complica, perché dovrei per prima cosa cercare di dare una descrizione precisa di queste ferite, mi riferisco ai traumi della nostra vita? Sì anche ma non solo, qui il punto non è da dove arrivino queste fragilità ma è imparare a riconoscerle. Poi, magari insieme ad un terapeuta, possiamo anche cercarne le cause e trovare modi efficaci per risanarle pienamente. Ma tutto questo parte da una singola cosa: renderti conto di queste ferite in modo empirico!
Per empirico intendo attraverso la tua esperienza e non solo attraverso la memoria. Ti faccio un esempio, ammettiamo che ascoltando la puntata tu abbia pensato al fatto che tendi ad ascoltare poco il tuo partner, ed hai pensato che questa situazione potrebbe essere l’anello debole della vostra relazione. Sicuramente questo è un primo passo, ma quello successivo è ancora più importante: accorgerti di questa tendenza nelle vicinanze del comportamento. Quindi o mentre sta accadendo o subito dopo, cosa molto più comune di quanto non si creda, cioè rendersi conto dopo delle cose che ci accadono (ecco perché).
Difesa ed esplorazione
Ogni volta che ti difendi blocchi la tua esplorazione, ogni volta che cerchi di proteggere una tua vulnerabilità diventi ancora più vulnerabile. Ovviamente si tratta di generalizzazioni e sicuramente esistono dei casi dove è giusto difendersi, come ad esempio se andiamo ad un colloquio di lavoro non è bellissimo partire dai propri punti deboli. Tuttavia nella vita quotidiana, cercare di proteggersi può trasformarsi nel più potente boomerang, è un concetto molto simile a quello di “zona di comfort” ma molto più esteso, lascia che mi spieghi meglio.
Ogni volta che devi fare qualcosa che non conosci, esplorare un territorio nuovo, sicuramente non ti sentirai pienamente a tuo agio. Quindi tutte le volte che devi imparare qualcosa di nuovo, fare qualcosa di nuovo, parlare con una persona nuova, è possibile che questa situazione vada ad intaccare proprio il tuo aspetto più debole. In questo esempio è evidente che se non sono disposto a percepire le mie parti delicate non affronterò mai il nuovo, non mi esporrò mai a situazioni potenzialmente dolorose, e tutto questo peggiorerà proprio quella vulnerabilità.
Questo discorso è pericoloso: NON sto dicendo che ti devi lanciare tutte le volte che qualcosa minaccia i tuoi aspetti deboli, ma sto dicendo che se riesci a fare le cose “nonostante le tue debolezze”, facendolo con i tuoi tempi, le tue modalità, stai crescendo, stai insegnando a te stesso come affrontare quell’ostacolo. Ed il modo più potente di farlo è partire proprio dalle proprie ferite, nuovamente sto parlando di consapevolezza non di cercare di essere dei super eroi. E’ come decidere di partire per un lungo viaggio con un’auto a noleggio, per prima cosa cerchiamo di capire se il mezzo è in condizione di farcela.
Certo è importante sapere quanto carico può portare, che velocità può raggiungere e mantenere ma la prima cosa è capire se ci lascia a piedi oppure no! Il problema sta nel fatto che tale attenzione non deve diventare un’ossessione, non devi diventare una sorta di controllore del problema ma comunque tenerlo a mente. E’ come se tu sapessi di avere una ruota un po’ sgonfia, non puoi fermarti ogni 2 chilometri per controllarla, puoi comunque andare piano e cercare di sentire cosa succede momento per momento. Senza dover controllare costantemente quell’eventuale punto debole del veicolo.
Questo punto di osservazione funziona bene se fatto prima, come nelle aziende quando si fa il “peggior scenario” per vaccinarsi e cercare eventuali soluzioni. In questo caso possiamo anche dedicare del tempo attivo a cercare i nostri punti deboli ma se, il viaggio è già iniziato allora serve un’osservazione consapevole e allo stesso tempo flessibile. Cioè in grado di sapere che la ruota è sgonfia ma senza fermarsi ogni due per tre per capire se sta per esplodere. La consapevolezza è sempre la chiave che può trasformare un’ossessione in attenzione gentile e un evitamento in una sana pausa.
Consapevolezza e equilibrio
Il tema del cercare di mettere in campo le nostre fragilità, di diventarne più consapevoli spaventa le persone. Come direbbero i piloti esperti: non devi guardare l’ostacolo ma dove stai andando. Questo nella nostra precedente analogia corrisponde allo scendere dall’auto continuamente per capire se la ruota sta per abbandonarci. Allo stesso tempo però l’aspetto centrale sta proprio nel non dimenticarsi che c’è quel problema e allo stesso tempo non averlo davanti agli occhi, in modo che non intralci le nostre azioni, il nostro “guardare oltre l’ostacolo”.
La consapevolezza tuttavia non è qualcosa di magico di per se, a volte abbiamo anche bisogno di un pizzico di inconsapevolezza per fare le cose, anzi facciamo un sacco di cose senza la sua piena presenza. Perché? Perché non esiste una piena e chiara consapevolezza, questa sarebbe una sorta di illusione di controllo su noi stessi e sugli altri e come puoi immaginare, non puoi controllare le persone (e neanche te stesso su molte cose). Ti dico questo perché temo sempre che la gente creda che io pensi che sia necessario essere “sempre consapevoli”.
No, non è necessario! Così come non è necessario che tu faccia allenamento ogni giorno e ogni ora, che tu legga libri interessanti in ogni momento libero della giornata o che tu, abbia sempre e costantemente una alimentazione perfetta. L’equilibrio o flessibilità sono fondamentali per riuscire a gestire al meglio la nostra mente e la nostra vita: essere troppo rigidi conduce quasi sempre a finire nel lato opposto della faccenda. Se cerchi di allenarti sempre rischierai di farti male e questo potrebbe condurti a doverti fermare a lungo.
Se mangi sempre e solo cose sane, senza mai darti il piacere di un leggero sgarro, allora sarà più facile esplodere in abbuffate. Come dice Giorgio Nardone: se te lo concedi potrai rinunciarci ma se non te lo concedi diventerà irrinunciabile. Questo aforisma spiega bene il meccanismo. A questo proposti cito anche il mio amico Andrea Biasci che sull’alimentazione dice di mangiare 80% di cibo sano (pulito) e 20% di ciò che ami, insomma sono percentuali non esatte ma che descrivono nuovamente che l’abilità più potente è la flessibilità.
Insomma un discorso gigantesco sul quale dovrei scrivere un trattato in compagnia di numerosi esperti, nonostante la complessità della faccenda spero di essere riuscito a darti una idea di ciò che intendo. Quindi certamente lavorare sulle nostre fragilità ci farà bene, soprattutto se non l’abbiamo mai fatto, soprattutto se pensiamo di non averne ma, come vedremo nel prossimo episodio ci fa bene anche conoscere i nostri punti di forza.
A presto e buon fine 2025 per chi mi legge nel giorno di pubblicazione dell’episodio
Genna



