Dopo averti parlato dell’impegno apollineo oggi vedremo invece l’altra faccia della medaglia: il lato dionisiaco. In questa dicotomia tanto amata dai filosofi c’è dentro un richiamo di saggezza millenaria, se indugi eccessivamente su un solo lato della faccenda rischi. Non si tratta del semplice fatto di riconoscere che tutti abbiamo bisogno di riposo, di svago, ecc. certamente anche questo conta ma si tratta di saper mescolare con consapevolezza questi ingredienti…

Un equilibrio stravagante

Quando si parla di equilibrio viene sempre in mente che esista una sorta di 50 e 50, bisogna essere ligi ai propri intenti e poi anche lasciar sfogare le nostre parti più arcaiche e cazzeggianti. In realtà la cosa è molto più complessa di così, come già discusso nel precedente episodio sia la società moderna che il nostro organismo ci portano naturalmente verso il dionisiaco. Non è solo una questione di “piacere e di dolore”, è una questione di come attribuiamo attribuiamo importanza alle cose.

L’equilibrio a cui faccio riferimento potrebbe essere ancora una volta espresso meglio con il meccanismo della flessibilità mentale anche se pure questo termine non lo esprime totalmente. In alcune antiche tradizioni la cosa sembra essere pari, se ti impegni per un tot di tempo poi devi anche bilanciare con altrettanto disimpegno, come succede in alcune pratiche meditative orientali che invitano ad essere o totalmente concentrati o completamente de-concentrati. Ecco il caos di cui abbiamo bisogno e a cui mi sono riferito in questo episodio è leggermente diverso e va gestito con saggezza.

Infatti, dato che siamo naturalmente portati al piacere e all’evitamento del dispendio energetico se bilanciassimo 50 e 50 saremmo sempre sul filo del rasoio. Sarebbe come cercare di fare il minimo indispensabile per ottenere le cose che vogliamo ottenere, come quando studi solo per superare un esame o ti iscrivi in palestra 3 mesi prima dell’estate, sappiamo tutti come finiscono queste cose. Certo magari l’esame lo passi e magari qualche chilo lo perdi ma non impari nulla né in un caso e né nell’altro.

Ovviamente non esiste una percentuale giusta caos necessario, dipende! Da cosa dipende? Dipende da quanto sei sulla buona strada per ottenere ciò che vuoi. Se ti alleni regolarmente sai bene che, oltre alle pause necessarie è anche importante essere sufficientemente flessibili per vivere bene. Non hai idea di quante persone invasate di allenamento abbia conosciuto e quante di esse confondano lo zelo e la determinazione con l’ortoressia, cioè una sorta di ossessione verso il proprio corpo. Ti mostro questi paradossi per farti vedere che di solito sono proprio le persone maggiormente impegnate ad aver bisogno del caos e non il contrario.

Cioè se sei già una persona che si allena poco o comunque non in modo così assiduo, non hai bisogno di molto caos in quel contesto. Se sei uno che studia il minimo indispensabile per fare ciò che desidera non hai bisogno di cazzeggiare troppo ecc. Questo non significa che non si possa fare una vita 50 e 50, meglio che una vita totalmente sbilanciata ma nella mia esperienza la gente tende a confondere queste cose. Come capire se il piccolo caos può esserti davvero utile? La risposta è molto facile: se il solo pensiero ti infastidisce significa che forse è il caso di inserirlo.

Rigidità e flessibilità

Se il solo pensiero di saltare un giorno di palestra, di mangiare qualcosa fuori pasto, di non studiare quelle pagine ti fa soffrire allora sicuramente ti gioverà il disordine. Perché? Perché nuovamente ciò che cerchiamo è una maggiore flessibilità mentale e non il semplice “prendiamoci una pausa”, anche se tecnicamente è proprio ciò che facciamo. In tutto ciò assume un ruolo particolare il concetto di abitudine che da diversi anni viene usato per spiegare la motivazione: non hai bisogno di motivazione ma hai bisogno di costruire delle sane abitudini.

Tutto questo è più che vero, tuttavia le abitudini per definizione sono anche rigide, sono percorsi che facciamo senza sforzo. Ecco il paradosso assurdo, una volta che hai l’abitudine ad andare in palestra regolarmente lo sforzo più grande non lo fai quando ti alleni e alzi pesi giganti ma quando rinunci a farlo per un qualche motivo. Qui su Psinel abbiamo parlato di abitudini per anni (molto prima della famosa “dittatura delle abitudini” per intenderci) ma ciò di cui ci siamo occupati meno è quando esse diventano così rigide da impedirci di vivere liberamente la nostra esistenza.

Avere abitudini sane è una manna dal cielo (o meglio “dal comportamento”), la cosa diventa pericolosa quando non riusciamo a fare a meno di metterle in pratica. A quel punto diventano meno sane, e in caso eccezionali possono anche trasformarsi in patologie. Piccolo appunto: questo non significa che se ti invasi di palestra diventi anoressica, per avere una psicopatologia complessa non basta la sola abitudine ma serve un contesto ed una predisposizione più complicati di così. Tuttavia se per caso sei predisposto senza saperlo o se il contesto che ti circonda è predisponente allora sì che quel comportamento rigido può condurre ad una vera psicopatologia.

L’esercizio presentato nella puntata ed inventato dal Prof. Giorgio Nardone (il piccolo disordine) punta ad inserire un pizzico di caos, solitamente uguale e contrario, ad una routine rigida. Viene usato nel contesto patologico del disturbo ossessivo-compulsivo e lo uso da anni come esempio del nostro equilibrio interno. Infatti non è l’unica tecnica per questo delicato problema, ma ne esistono anche di assolutamente opposte, come ad esempio l’inserire una regola in una compulsione meno organizzata. Questo lo si fa spesso con comportamenti come mangiarsi le unghie, lo abbiamo visto in questo episodio.

In quel contesto si invita il paziente a mangiarsi le unghie ma a farlo con uno schema: prima un dito, poi l’altro ecc. Dicendo: “può non farlo ma se lo fa lo fa bene, partendo dal mignolo ecc.”. Ti mostro questi esempi per farti capire che non si tratta quindi del semplice: riequilibriamo le cose ma si tratta piuttosto di cercare di scardinare un meccanismo attraverso l’inserimento graduale di alternative contingenti. Cosa che possiamo fare tutti nella nostra vita quotidiana per migliorarci, inserendo ordine nel disordine e viceversa in base all’occasione.

La saggezza antica

I nostri antenati lo sapevano bene, lavoravano duramente per sopravvivere e poi si dedicavano a bagordi pesanti durante le festività. Non erano uscite settimanali come facciamo oggi noi, nella nostra vita quotidiana che se non ha sballi regolari non va avanti ma erano invece veri e propri rituali dionisiaci da fare tutti insieme. Non si tratta di fare il tavolo in discoteca tutti i sabati o di uscire sempre tutte le sere ma di dedicare uno spazio apposito a questi aspetti rendendoli maggiormente rilevanti proprio attraverso una loro bassa frequenza.

Questo non significa che non dobbiamo divertirci, io mi diverto tutti i giorni ridendo con mia moglie, con i miei amici, con la mia famiglia. Dedicando ogni giorno una parte del mio tempo a suonare la chitarra e a fare molte altre attività non lavorative. Ma significa che se indulgiamo eccessivamente nell’aspetto dionisiaco rischiamo di rovinarlo a sua volta. Se fai sempre festa alla fine non è più una festa; se avessi la possibilità di essere sempre in vacanza alla fine ti accorgeresti che quei giorni passati sulla spiaggia non sono più una vacanza ma una piccola tortura.

Una volta Jim Carrie ha detto: “tutti dovrebbero diventare ricchi e famosi per capire che quella non è la risposta“. Lo so che se pre caso devi lavorare 13 ore al giorno con uno stipendi misero e fai fatica a sbarcare il lunario queste parole ti sembreranno assurde ma ti assicuro che è realmente così. Noi esseri umani abbiamo il bisogno costitutivo di sentire di apportare valore al mondo, oggi lo chiamiamo stupidamente lavoro o fatica ma in realtà da sempre lo abbiamo fatto anche quando non era indispensabile. Noi siamo esseri che hanno bisogno di percepirsi competenti e capaci, non solo di poterci divertire e godere la vita.

Anche perché se non ti senti competente e capace la vita te la godrai decisamente meno. Lasciarsi andare è anche in un certo senso una sorta di competenza, soprattutto nelle cose abitudinarie, riuscire a modificare anche di poco ciò che facciamo di abituale ha profondi effetti benefici sul nostro cervello. Scommetto che hai sentito un sacco di volte dei benefici nel cambiare strada di tanto in tanto e nel modificare le tue abitudini, non si tratta solo del famoso “uscire dalla zona di comfort” si tratta di aumentare la propria flessibilità.

Lo so non è facile, io sono super abitudinario ed ho bisogno di auto-disciplina per funzionare bene. Allo stesso tempo però mi ci vuole davvero poco per uscire dai binari, mi rendo subito conto che se salto troppi giorni una certa routine poi mi viene più difficile tornare a farla. E penso che questo meccanismo sia facilmente spiegabile attraverso le neuroscienze, ma ti risparmio tutti i dettagli… se vuoi possiamo dedicarci un episodio, ti aspetto nella sessione delle domande sul nostro profilo instagram o tra i commenti di spotify…ecc.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.