Sai che cosa è il “dialogo interiore o self-talk? Se bazzichi sul mio blog sicuramente si e di certo “lo hai già sentito”. In caso tu non abbia la più pallida idea di che cosa sia, si tratta di quel “parlottio interiore” di cui la maggior parte della gente è consapevole. Da decenni i miei colleghi studiano questo fenomeno ed oggi vedremo le “leggi che lo guidano”. Questo è il tema della 30° puntata del podcast…
Sei riuscito ad ascoltarlo? no non intendo il tuo dialogo interiore, quello sono certo che tu sia riuscito ad ascoltarlo 😉 Infatti tutti abbiamo una sorta di “voce narrante” nella nostra testa. Molti di noi ne sono pienamente coscienti mentre altri un po’ di meno. Da anni gli psicologi sportivi sanno che la forma ed il contenuto di questo dialogo (che loro chiamano self-talk) ha un enorme effetto sulla performance.
Ma chi ha realmente sdoganato questi termini al “grande pubblico” è di certo la PNL che lo ha battezzato “dialogo interno” per distinguerlo dal “dialogo ricordato”. Quindi, quando oggi parliamo di self-talk ci riferiamo ad entrambi questi due tipi di “dialogo”. Sia quelli che ci ricordiamo, come tracce registrate, e sia quello che si genera spontaneamente come una sorta di “ragionamento fra se e se”.
Se segui psinel da tempo sai che abbiamo fatto un sacco di esercizi utilizzando questo “dialogo”.E forse saprai che nel tempo, appassionandomi di meditazione ho iniziato a “lasciarlo da parte“.Si perché mi sono sempre più convinto che questo dialogo può fare spesso più male che bene e con la meditazione è possibile raggiungere un livello di comprensione para-linguistico, o meta, cioè che sta dietro ai sistemi rappresentazionali.
Qualche tempo fa ti ho parlato in un mio delirio dei tre livelli di accesso all’esperienza da cui puoi scoprire la relazione fra “self-talk e stato di presenza”. Attraverso questi stati inizi a renderti conto che “sei molto di più dei tuoi pensieri e delle tue emozioni!“. Questo dato di fatto ci indica che il nostro è una funzione del nostro essere ed anche se arriva a conclusioni interessanti non è il nostro vero “essere”.
Questo ragionamento arzigogolato è facilmente riassumibile nella metafora del GPS. Se ci pensi anche il navigatore della tua auto è importante,soprattutto se ti muovi in territori sconosciuti.Questo ti permette di guidare sapendo che non perderai la strada, ma non sempre ci azzecca.E visto che “la mappa non è il territorio”, il tuo dialogo interiore è il responsabile della scrittura di questa mappa, cioè descrive il territorio ma non lo è…
…la maggior parte della nostra sofferenza psichica deriva dallo scambiare la mappa per il territorio o detto con parole più “orientali”, la sofferenza deriva dalla identificazione eccessiva con i nostri contenuti mentali (che poi sono le nostre mappe).Quindi il “dialogo interiore” così come tutti gli altri sistemi rappresentazionali, ci aiutano nella costruzione di queste mappe…ma stanno ad un livello gerarchico inferiore…
…in altre parole se sei troppo identificato con un contenuto mentale il tuo dialogo interiore sarà guidato da questa identificazione. A questo punto molti abbandonano l’idea di usare il self-talk per lanciarsi solo sulla “presenza”, essendo questa che gerarchicamente decide. Però… come per il sistema mente-corpo, anche in questo caso esiste una curiosa circolarità. Come ti ho detto più volte se in psicologia A causa B…
…spesso anche B faciliterà A in modo circolare. Così, se la presenza influenza il tuo self-talk,anche quest’ultimo influenza la tua presenza. Per cui, scoprire le leggi che regolano (in parte)questo dialogo interiore può aiutarti a gestire meglio la tua mente. Si tratta di consigli che possono tornare utili per “gestirlo al meglio”e comprendere come funziona questa nostra peculiarità umana.
Ecco le 7 leggi del self-talk:
1) Medita: meditare ti permette di toccare con mano la differenza fra il tuo “parlottio interiore”e la tua “vera mente”. Molti di noi confondono il loro pensare sotto forma di dialogo interiore con il loro essere, dopo tutto “cogito ergo sum”, ma io lo cambierei con “sento dunque sono” più che”penso dunque sono”.
2) Datti del tu: come ti raccontavo nel podcast una recente ricerca ha dimostrato che quando“parliamo con noi stessi” è più utile darci del “tu”(seconda persona singolare) piuttosto che usare la prima persona singolare, cioè “io”. Questo dato non è affatto scontato visto che a molti viene spontano parlare “a se stessi” in prima persona piuttosto che in seconda…ed invece a quanto pare funziona meglio dandoci del tu.
3) Parla in positivo: lo so che sembra una cavolata ma parlarsi evitando il “non” è meglio sei desideri generare risorse e soluzioni piuttosto che perderti nei dettagli. Questo non significa evitarlo sempre, quelle sono seghe mentali.
4) Metti in discussione: metti in discussione ciò che ti dici quando non ti piace, quando emerge una”convinzione depotenziante e/o catastrofica. Fallo, ricordandoti che l’antidoto migliore, per quanto mi riguarda è la meditazione. Tuttavia mettere in discussione (in modo soft) i propri pensieri ti rende più flessibile.
Chiediti semplicemente se”le conclusioni a cui sei arrivato sono davvero vere e come fai a saperlo”… (NB metti in discussione solo i pensieri che non ti piacciono,quelli belli, lasciali stare).
5) Attento ai giudizi: nota come giudichi la gente, questo ti da modo di osservare come giudichi te stesso. Anche in questo campo, la cosa migliore da fare è meditare e notare quando stai giudicando…ma puoi farlo anche mentre parli con te stesso in mezzo alla gente…noti che ti stai giudicando troppo e lasci andare.
E’ chiaro che se sei addestrato alla meditazione questo è molto semplice, se invece non lo sei,metterti li a discutere con te stesso sui giudizi può non essere troppo produttivo. Notali e lasciali andare, nel caso rendili più morbidi…cerca di ammorbidire il tuo modo di giudicare osservando ogni polarità della situazione.
6) Gioca con le sottomodalità: ascolta ciò che ti racconti durante una certa performance e quando becchi un bel dialogo potenziante, aumenta il volume, rendilo più intenso, più veloce. E’ bene farlo un po’ prima, visto che solitamente quando stai effettuando una certa performance sei nel”flow”, ma anche durante a volte può essere utile, c’è solo un modo per scoprirlo, provarci…
7) Se il tuo self-talk ti tortura, chiedi aiuto! Nella mia esperienza ho visto tante persone che cercavano di utilizzare i trucchetti del self talk per cercare di”stare meglio”. C’è chi si ripete mille volte che sta bene e si sente figo, le famose affermazioni. Oppure chi cerca di contestare ogni pensiero ecc. Se il GPS va in tilt, portalo dal meccanico che in questo caso è uno psicoterapeuta.
Bene, tutto era nato dalla ricerca “sul tu” ma sono molti gli studi che ci dicono quanto faccia bene”mettersi a giocare con il dialogo interiore“. Prova questi consigli, che ho giocosamente chiamato”leggi” 🙂 e fammi sapere che cosa ne pensi lasciando un commento qui sotto ed aiutandomi a “spargere la voce” cliccando su mi piace o votando il podcast su iTunes…grazie 😉
A presto
Genna