Sono passati quasi 20 anni dalla pubblicazione del testo di Carol Dweck “Mindset” eppure ogni volta che ne parlo la gente mi guarda sbalordita, c’è chi pensa si tratti del semplice “credici forte” e chi invece pensa che sia una sorta di barzelletta senza fondamento scientifico… la verità è che si tratta di una delle scoperte più incredibili della psicologia e oggi voglio parlartene attraverso alcuni aneddoti della mia vita.

Il regalo più bello della psicologia

Uno dei regali più belli che mi abbia fatto la psicologia ed il suo studio è stato proprio comprendere che attraverso un impegno programmato sarei riuscito a migliorarmi. Forse detta così sembra troppo semplice ma se hai ascoltato l’episodio hai probabilmente afferrato al volo ciò che intendo. Ora cerchiamo di fare un po’ di chiarezza, come mai la gente è così attratta dall’idea che esistano delle caratteristiche fisse? Non mi riferisco (solo) al talento ma in generale… perché?

Le risposte sono molte ma essenzialmente se torniamo indietro di qualche generazione, cercare di capire in cosa eri maggiormente portato era certamente una cosa giusta. Se non eri un nobile ricco (ma a volte anche in quel caso) non avevi né il tempo e né le risorse per dedicarti a qualcosa che non fosse già sotto il tuo radar. La vita era breve e pericolosa, non c’era il tempo di capire se eri bravo o meno a fare quella cosa, o ci eri “portato” o altrimenti era una perdita di tempo.

Se torniamo mentalmente indietro nel tempo non era così sbagliato cercare di cogliere i talenti delle persone ed indirizzarli in questi termini, vedendoli come “fissi” e non “dinamici”. Non c’era il tempo per trasformarli in dinamici! Della serie: ti butto in acqua da bambino, se riesci a nuotare bene se non ci riesci amen. Un discorso brutale ma che in un qualche modo sembra essere rimasto nella nostra testa insieme al suo assioma fondamentale: NON sprecare risorse.

Tutto il nostro organismo si fonda su questo “risparmio energetico“, se ci pensi è una sorta di super potere solo che non sempre è utile, anzi al giorno d’oggi è spesso dannoso. Soprattutto quando abbiamo a che fare con il tema del miglioramento personale: credere di essere fissi, statici, sia nel male che nel bene, non è utile. Cerco di spiegarmi meglio: per tutti è normale immaginare che sia sbagliato vederci come fissi e non migliorabili se ci immaginiamo di voler migliorare, ma in realtà vale anche per chi “si sente già migliore”.

Questa è una delle cose più interessanti degli studi sul Mindset che spesso non viene raccontata, cioè il fatto che se tu sei molto bravo in un certo ambito ma pensi che il tuo sia “un dono fisso”, sarai molto meno disposto a metterti in gioco. Quando sbaglierai soffrirai tantissimo perché non penserai che quell’errore sia un modo per avere feedback che ti aiutano a migliorare, ma penserai che quegli errori siano il segnale del fatto che non riesci più ad attingere al tuo “superpotere innato”.

Talento e Mindset

Più pensi di essere talentoso (nel sua accezione classica) è meno sarai disposto ad impegnarti e accettare i fallimenti, anzi direi che i danni peggiori del mindset fisso non sono su coloro i quali non credono di farcela ma su chi pensa di esserci “nato con la stoffa”. La vita è sorprendente e quando pensi di non poter proprio migliorare o cambiare qualcosa di te arriva un evento che ti fa ricredere. Certo non capita sempre e per tutti ma può capitare che qualcosa ci faccia cambiare idea.

Al contrario, se pensi di essere una persona con il talento, quello vero, quello innato… allora sarà molto più difficile scalfire questa convinzione, perché il talento ti rende speciale. Ma allo stesso tempo ti rende schiavo di doverlo preservare, sia mai che qualcuno inizi a pensare che “il dono sia terminato”, che tu non abbia in realtà quelle capacità innate, ecc. Questa storia del mindset non è il semplice: credici forte ma è il cercare di mettere in una nuova prospettiva il nostro modo di apprendere e di affrontare gli ostacoli.

La visione del mindset non ti dice che non esista il talento, che non esistano predisposizioni o persone realmente dotate, ma ci dice che vedere le cose in questo modo fa funzionare tutto molto peggio. Per prima cosa impedisce al 99% della popolazione non dotata di raggiungere livelli altissimi e a volte anche superiori a chi invece “nasce imparato” (se una cosa del genere esiste). Ci rende fobici delle sfide, le quali potrebbero rivelare che non siamo talentuosi o peggio che quel briciolo di talento si è disciolto al sole del tempo.

Il Mindset fisso crea errori di valutazione su noi stessi e sugli altri: ci fa immediatamente reagire eccessivamente ai fallimenti (nostri e altrui), ci fa vedere le cose come non migliorabili, ci fa entrare in un circolo di “sindrome dell’impostore”. Anzi direi che questa “sindrome” diventa particolarmente ostica in chi pensa che le doti che abbiamo a disposizione siano uniche e immodificabili. Blocca la nostra esplorazione del mondo, limita la nostra naturale curiosità e tutto questo con uno scopo ben preciso, ancora una volta: la sopravvivenza.

Perché valutare al volo le potenzialità di una persona? Perché i nostri antenati non avevano il tempo da dedicare a lunghi training, dovevano cercare di capire al volo chi avesse o meno determinate qualità. Se non eri bravo ad usare la lancia (probabilmente) non perdevano tempo ad insegnartelo ma cercavano qualcuno che lo sapesse già fare. Forse è anche per questo che tra i nostri nomi e cognomi spesso vi è specificato cosa facciamo: calzolai, fabbri, notai, ecc.

Il risparmio energetico

Tale risparmio non ci induceva solo ad usare i pregiudizi come metro di valutazione rapida ma ci proteggeva dall’indagare a fondo le varie possibilità. E’ probabile che sapessero che con le adeguate istruzioni quel nostro compagno sarebbe potuto migliorare nell’uso della lancia ma non c’era tempo. Inoltre le preziose calore procacciate quotidianamente dovevano essere utilizzate per altro, mica per capire se anche tu potevi diventare un bravo “utilizzatore di lance” come il tuo vicino di capanna.

Forse per tali motivazioni, compresa la bassa aspettativa di vita, i nostri antenati ci hanno donato una eredità di “mindset fissi“. Qualcuno potrebbe dire: “dipende” perché effettivamente non sappiamo come vivessero i cacciatori-raccoglitori, ciò che sappiamo però è che tale organizzazione ha molti più anni della nostra modernità il che fa pensare che sia normale avere ancora “comportamenti vestigiali” da loro ereditati.

La conoscenza delle cose e della natura era “diretta” nel senso che non si indagava più di tanto cosa potesse esserci in profondità, per lo meno non subito e sicuramente attraverso la costruzione di storie e narrazioni che facessero tornare i conti (come abbiamo visto più volte parlando di come si struttura la conoscenza). Se un albero dava frutti questo era ciò che bastava sapere, quando sembrava non darne più ci si spostava altrove, anche se magari poco dopo ne avrebbe dati altri. Lo stesso probabilmente succedeva con la valutazione delle abilità proprie ed altrui.

Se uno era bravo bene, faceva quella cosa, se non era bravo era meglio si dedicasse ad altro, perché la sua mancanza di abilità sarebbe potuta costare troppo cara. Credo che questo sia anche uno dei motivi per i quali abbiamo la nostra “fissità cognitiva“, cioè la tendenza a non modificare le nostre percezioni in base alle modifiche che avvengono nel mondo circostante. E’ anche questo un modo di risparmiare energia ma è anche un modo per tenere tutto ordinato, ci fa sentire bene pensare di avere tutto sotto controllo.

Succede proprio con le personalità anche della gente che conosciamo oggi, ti faccio un esempio. Per caso conosci qualche tuo compagno di classe che a scuola era una capra e poi per qualche motivo è diventato molto bravo? Oppure un tuo amico che in adolescenza era obeso e poco sportivo ed ora, dopo anni di palestra sembra un atleta professionista? Ecco è altamente probabile che molte di queste persone, nonostante abbiano cambiato rotta, vengano percepite in un qualche modo (dai loro amici stretti) come ancora “pigri e stupidi” in un qualche modo.

IO statico IO dinamico

Invece della parola “mindset” l’autrice avrebbe tranquillamente potuto usare il termine “IO” o Sè (ed infatti lo fa a tratti) perché essenzialmente è ciò che succede: noi tutti abbiamo un senso di noi stessi abbastanza stabile e fisso. Non ci vediamo come esseri in divenire, ci sembra addirittura assurdo che la maggior parte dei nostri organi non siano più gli stessi di qualche anno fa a causa del turnover cellulare, eppure è così. Noi siamo come quell’amico che ci sta sempre accanto e che diventa l’ultimo a rendersi conto che stiamo ingrassando o dimagrendo.

Anche questo è un modo per risparmiare energia ed è anche un modo per muoversi agilmente nel mondo, pensa se ogni volta che esci di casa il tuo cervello dovesse aggiornare tutti i piccoli cambiamenti che sono avvenuti. Ogni singola auto che è parcheggiata, scooter, bicicletta, traffico, abiti delle persone intorno a noi ecc. se dovessimo ogni volta che guardiamo qualcosa o qualcuno aggiornare questi dati sarebbe un dispendio di energie cognitive enorme!

Ma la realtà delle cose è che TUTTO cambia e di continuo sia intorno a noi che dentro di noi. Possiamo cogliere molti di questi cambiamenti ma ci serve attenzione intenzionale, infatti capita quando siamo in pericolo. Se c’è un tizio che ti sembra pericoloso in un locale, lo vedi andare in bagno ed uscire vestito in modo diverso, te ne accorgi subito. Perché temi possa nuocere alla tua salute, “magari esce dal bagno con un fucile ed inizia a fare fuoco sulla gente”.

E’ un paradosso: più siamo tranquilli e sereni nelle relazioni intorno a noi e meno notiamo i cambiamenti. Infatti non è un caso che molta gente modifichi le proprie abitudini solo quando è diventano realmente pericolose per la propria vita. Il pericolo attiva il nostro mindset dinamico, ci consente di accogliere l’idea che si possa ed in alcuni casi si debba cambiare.

Come vedi non si tratta del semplice: credici che ci riesci! Ma il tema del mindset ha maggiormente a che fare con come percepiamo le cose e noi stessi. E’ un concetto più profondo della semplice “credenza”, tuttavia, per essere davvero semplici e facile riassumerlo dicendo: chi crede nel fatto che può migliorare ha un mindset di crescita. Ma il fatto che ci sia la parola “credenza” non significa che sia solo una credenza, potremmo dire che si tratta di un sistema di credenze.

Infatti è possibile avere il mindset di crescita sul lavoro e non averlo in famiglia o viceversa. Sembra strano ma le cose funzionano così, esattamente come avevamo già visto parlando di un altro tipo di atteggiamento mentale, quello del Focus. Insomma la faccenda è ancora più complessa, magari ne riparliamo quando questo caldo sarà terminato. A proposito, il prossimo episodio sarà proprio sulla relazione tra caldo e aggressività.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.