“Scusa ma oggi sono in uno stato mentale pessimo”, hai mai sentito una frase del genere? Ma cosa significa essere in uno stato mentale? E soprattutto perché dovrebbe essere rilevante per chi desidera migliorare se stesso? Oggi scoprirai cosa sono davvero gli stati mentali, perché sono così importanti e soprattutto come puoi sfruttarli a tuo vantaggio senza farti sfruttare da loro…

Stato mentale

Come hai ascoltato uno stato mentale non è altro che una certa configurazione fisiologica del nostro organismo abbastanza stabile da creare una sensazione di continuità. Come puoi immaginare noi siamo continuamente attraversati da ondate di emozioni, pensieri e sentimenti, i quali ovviamente sono il frutto di un complicato sistema psico-fisiologico, alcuni di essi tendono a trasformarsi in modalità di ricezione e risposta (input e output) che potremmo definire “stati interiori”, i quali generano gli “stati mentali”.

Sono molti i pensatori e gli scienziati che si sono dedicati a questo tema, uno dei miei preferiti è di certo il contemporaneo Antonio Damasio. Il quale ci racconta di come tutti gli organismi regolino se stessi ed il proprio equilibrio interiore (omeostasi) attraverso sensazioni di base (coscienza nucleare) che, nel corso dell’evoluzione abbiamo trasformato in emozioni e sentimenti. Secondo lo scienziato portoghese il nostro cervello sarebbe “emotional-based” cioè basato sulle emozioni, le quali deriverebbero dai movimenti di adattamento (interiori ed esteriori) volti al mantenimento di un equilibrio (fisio-chimico) interiore (appunto ancora l’omeostasi).

Come descritto già dai biologi di qualche secolo fa l’omeostasi è il principio chiave della vita. Ogni essere vivente deve necessariamente mantenere un certo equilibrio interiore, per farlo ha evoluto diverse modalità, anche molto ingegnose di utilizzo dell’energia (quello che viene chiamato anche come “allostasi”). Gli stati mentali sono una modalità “software” per poter gestire al meglio le nostre energie; spero mi perdoneranno le persone che non sopportano l’analogia tra hardware e software per descrivere la differenza tra cervello e mente, ma spiega bene e in modo semplice come funzioniamo.

Una qualsiasi configurazione psico-fisiologica duratura è assimilabile ad uno stato mentale, dove per duratura intendo che tenda a presentarsi con frequenza e per diverso tempo (almeno qualche minuto). Da questa prospettiva, emozioni, sentimenti, convinzioni, schemi mentali, possono tutti essere assimilabili a stati mentali, i quali sono realmente tali quando iniziano ad influenzare il funzionamento generale di noi stessi per un certo periodo. Quindi uno stato mentale non è qualcosa che accade ma è l’insieme di differenti processi e come questi riescano ad influenzare il nostro stato mentale “di base” (qui ci vorrebbero 30 virgolette).

Anche un’abitudine può essere vista come una sorta di stato mentale, dato che è stabile nel tempo, nasce da convinzioni, emozioni stabili e aiuta a mantenerle tali. Ora il fatto è che noi siamo SEMPRE in uno stato mentale ma senza saperlo, cioè noi non possiamo fare a meno di filtrare la realtà che ci circonda attraverso questi stati più o meno stabili. Se siamo giù (sia di umore o di energia) tendiamo a vedere il mondo in un certo modo, se al contrario siamo su, solitamente tendiamo a vederlo in modo diametralmente opposto. E’ esperienza comune, è qualcosa che capita ogni giorno ed ogni istante, anche in questo preciso momento stai leggendo e alimentando o perturbando il tuo stato mentale.

Ma i veri stati mentali dove sono? Un pizzico della mia storia personale

Scommetto che qualcuno, leggendo solo il post senza aver ascoltato l’episodio, si starà chiedendo dove siano i veri stati mentali, quelli che per anni abbiamo chiamato anche: stati modificati di coscienza (seguendo la mia scuola di appartenenza, si perché altrove li chiamano “stati alterati” di coscienza). Mi piacerebbe dirti che questo mondo è talmente complesso, zeppo di guru ed interpretazioni strampalate che la scienza non se ne è mai occupata, ma non è così, ci siamo occupati per anni di stati di coscienza. Ricordo ancora quando circa 20 anni fa ho iniziato a leggere le ricerche di Charls Tart su queste tematiche.

Tart è stato uno psicologo americano (scomparso di recente) che ha dedicato la vita alla indagine degli stati modificati di coscienza, dalla semplice distinzione tra sonno e veglia, passando per la trance ipnotica per parlare di qualsiasi grado di variazione tra questi. Ancora oggi i suoi studi e suoi schemi sono materiale prezioso per chiunque voglia approfondire in modo serio tali argomenti. Quindi anche se non ti ho ancora parlato di trance, inconscio, ipnosi e meditazione, devi sapere che qui su Psinel ne ho parlato per decenni, ed è anche uno dei miei temi preferiti, sui quali ho svolto ricerche e studi in anni passati.

La scoperta della mindfulness nella mia vita è accaduta proprio a causa di tali ricerche. Ci sono psinellini che si ricorderanno, ma intorno al 2009 (quando questo blog aveva già 2 anni di attività) stano studiando un fenomeno elettrico del cervello che viene denominato: inversione emisferica. In pratica, normalmente, la maggior parte di noi ha una assimmetria nel funzionamento del cervello, o meglio nella quantità di energia che attiva gli emisferi. Di solito abbiamo l’emisfero dominante (per la maggior parte della popolazione quello sinistro) che è normalmente più attivo (non di tanto ma in modo sensibile) ma quando ci addormentiamo questa differenza si capovolge.

Non solo quando ci addormentiamo ma anche quando scivoliamo in uno stato di trance ipnotica. Dato che io studiavo in una scuola di psicoterapia ipnotica mi ero comprato un bellissimo elettroencefalogramma portatile per riuscire ad osservare tale fenomeno durante le induzioni ipnotiche. Un giorno mi sono imbattuto negli studi di Richard Davidson, il quale stava studiando una sorta di lateralizzazione della corteccia pre-frontale durante la pratica della meditazione. Dimostrando che l’attivazione di una parte della corteccia prefrontale indicasse una sorta di stato di attivazione “positivo” vs uno “negativo”.

In altre parole, secondo i suoi studi, dopo 8 settimane di pratica continuativa della mindfulness questa tendenza tendeva a diventare sempre più evidente negli EEG. Così mi sono messo a meditare, in realtà avevo già fatto un corso breve di Vipassana ma mi era totalmente sfuggita la possibilità che potesse allenare il mio cervello. Così ho iniziato ad usare quella macchina per verificare le affermazioni di Davidson. Purtroppo il mio EEG non era abbastanza sensibile e non sono riuscito a registrare alcun cambiamento, ma io mi sentivo diverso, maggiormente centrato, meno in balia dei miei pensieri e delle mie emozioni. Così ho iniziato a meditare seriamente (si perché lo facevo già da anni ma a spot).

Ti parlo di me

Perché parlarti di queste cose della mia vita? Perché lo so che chi è interessato a questi temi vuole approfondire in modo serio e allo stesso tempo è in balia di una marea di cavolate e di pseudo-conoscenze su questo tema. Da oltre 10 anni ti parlo di meditazione su questo blog ma quando, di tanto in tanto, torno sul tema dell’ipnosi e della trance ipnotica c’è sempre qualche persona che scrive: “ma tu cosa ne sai dell’ipnosi?”. Ed ecco che mi tocca fare “il figo” e raccontare che l’ho studiata per decenni, utilizzata in studio con migliaia di pazienti e ho avuto anche la dannata fortuna di partecipare ad alcuni studi scientifici in merito.

So che tutto ciò fa pensare: “ehi ma quanto se la tira” ma è anche giusto dirti che queste idee sono il frutto di anni e anni di studi appassionati e disperati, non sono la semplice opinione di chi ha letto qualche libro o fatto qualche corso nel weekend. Per questo sono qui a raccontarti che l’idea di entrare in uno stato magico, in grado di farci funzionare meglio deriva proprio dal tema legato all’ipnosi. Quanto affermo che lo stato mentale è essenzialmente una configurazione neuro-fisiologica e che essa fluttua di continuo e che è soggetta ad una marea di situazioni differenti, non lo faccio per sminuirla ma per farla conoscere davvero.

Là fuori è pieno di gente che ti racconta che se seguirai le loro tecniche ipnotiche imparerai a fare cose pezzesche. Dopotuttto ti basta leggere le avventure di Milton Erickson per capirlo. In caso non lo sapessi Milton Erickson è stato uno psichiatra americano che ha letteralmente riabilitato l’ipnosi dopo che Freud, senza comprenderla pienamente, l’aveva abbandonata per creare la sua amata psicoanalisi. Chiunque legga Erickson ed in particolare i libri che ne parlano (si perché il vecchio Milton non ha praticamente scritto nulla se non qualche piccolo articolo) si ritrova in mondo fatato pieno di persone che sembrano guarire al volo e di magici poteri dei sensi in grado di cogliere dettagli non verbali che farebbero invidia al mentalista più quotato.

In realtà Erickson è stato di certo un genio, se vuoi capire come funzionano i suoi studi devi leggere le sue opere (si sono una gran rottura di scatole ma per chi è davvero appassionato è un modo eccezionale per capire davvero ciò che ci ha lasciato) ma di per se lui non ha mai puntato sull’idea psico-magica dello stato. Cioè l’idea che si ti insegno ad entrare in uno stato mentale giusto puoi fare le cose in modo pazzesco. Ripeto, queste cose sono vere, ti basta guardare gli sportivi che usano diverse routine per richiamare stati mentali ma queste sono più simili a rituali anti-preoccupazione che a tecniche di auto-ipnosi.

Quindi cosa devo fare per migliorare? La prima cosa è smetterla di credere nelle favole, se non sai fare una certa cosa l’ipnosi non ti aiuterà a farla meglio, anzi, se non la sai fare ti illuderà solo di saperla fare. Come quel tuo amico convinto di saper suonare la chitarra ma quando inizia strimpellare tutti vorrebbero fuggire inorriditi. La seconda cosa è capire che il modo più potente di usare gli stati mentali non è quello di generarli a comando (altra favoletta) ma è quello di riconoscere in quale stato ci troviamo e cercare di perpetrare o di abbandonare quello stato.

Sei di più dei tuoi contenuti mentali

Molte volte mi hai sentito dire che sei di più dei tuoi contenuti mentali, questa frase è vera ed è una delle chiavi per riuscire a vivere meglio. In altre parole, se riesci a comprendere che tu non sei le cose che ti passano per la testa ma sei il luogo dove accadono ottieni un effetto prospettiva (tecnicamente una disidentificazione) che ti consente di agire in modo più libero ed intenzionale. Al contrario più sei fuso con i tuoi pensieri e più ti senti imprigionato e in balia di questi ultimi, ma tutto ciò non significa che tu possa SCEGLIERE cosa pensare, scegliere cosa provare ecc.

Questa è una altra assurdità che si sente spesso dire: puoi scegliere i tuoi stati interiori. Questa è una cavolata pericolosa che fa sentire male chi vuole farlo, fa impazzire chi ci sta provando e in generale è iatrogenico, cioè conduce a malattie. Si perché gli stiamo dicendo che deve controllarsi, che se non riesce a controllare i pensieri è colpa sua e che se prova certe emozioni è perché non è capace di parlare bene a se stesso. Se ti ricordi qui c’è una sorta di insieme di veleni per la nostra mente: il controllo, l’evitamento (perché cerchi di pensare ad altro) e il trattarti duramente, insomma una combo pazzesca per peggiorare.

Chi afferma queste cosa spesso lo fa per motivi di marketing non è cattivo, infatti vende molto di più un corso che ti insegna a controllare la tua mente che uno che ti mostra come diventare più consapevole. Ma in fondo, credo che il peccato peggiore di chi parla in tali termini sia la mancanza di esperienza con la sofferenza, cioè se vedi delle persone per aiutarle a stare meglio cerchi di fare di tutto per riuscirci. Anche io decenni fa pensavo che si potesse controllare la mente ma mi sono scontrato con la dura realtà dei miei pazienti, certo possiamo aiutarli a stare meglio e a gestire se stessi ma non a controllare in quel senso.

Anni fa, quando ho aperto questo blog ho sfidato vari espertoni del campo, dicevo: “se pensi che questa cosa sia falsa ti invio alcuni dei miei pazienti, tu li curi con le tue tecniche magiche e poi io ti faccio tutta la pubblicità del mondo”, sai quanti hanno raccolto la mia sfida… nessuno! Anche quando dicevo che avrei pagato 1000 euro chiunque fosse riuscito a guarire i miei pazienti dagli attacchi di panico in pochi minuti, cosa che si diceva possibile un tempo, anche in quel caso nessuno ha mai alzato la mano. Ed è importante sottolineare che a quel periodo questo blog aveva dalle 3000 alle 7000 visite al giorno (tantissimissime).

Ecco ora che mi sono sfogato evita di farti fregare, diventa più consapevole, aumenta la tua capacità di capire in che stato ti trovi piuttosto che cercare di auto-esaltarti come se fossi in una gara sportiva. Si perché l’auto esaltazione può aiutare chi si occupa di alte prestazioni, ma questa è ancora un’altra storia e, per quanto sembri strano non ha troppo a che vedere con gli stati di coscienza quanto con il nostro meraviglioso modo di apprendere… infatti stato di coscienza fa rima con memoria… fammi sapere in caso approfondisco (anche se in fondo, nel nostro lungo passato, ne abbiamo già parlato).

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.