Essere è da sempre visto come una caratteristica femminile, qualcosa che ha a che fare con un animo dolce e candido, nella puntata di oggi cercherò di dimostrare perché dovremmo occuparci della gentilezza.
Ti mostrerò varie situazioni nelle quali la gente perde la propria gentilezza e cercherò di dimostrarti che provare a notare quel momento e comportarci di conseguenza è un super esercizio di crescita personale.
Aggressività e sessualità
Secondo Arthur Schopenhauer prima e secondo Freud dopo, gli esseri umani sono dotati per natura di due pulsioni di base: l’aggressività e la sessualità. Due spinte ancestrali che servono ancora oggi per la nostra sopravvivenza.
L’aggressività serve per difendersi dai predatori e la sessualità per proseguire la specie, in realtà anche l’aggressività serve per lo stesso motivo, la continuazione di noi stessi cioè la salvaguardia della specie.
In psicologia abbiamo visto per anni queste due tendenze all’opera fino a quando non abbiamo iniziato a porci domande su altri aspetti, potremmo dire più “luminosi” del nostro animo umano e animale, cioè altri aspetti collegati alla nostra sopravvivenza.
Per riuscirci abbiamo studiato in modo comparato il nostro comportamento con quello degli animali e in particolare con i nostri cugini primati, i quali gestiscono le relazioni sociali ad un livello base, in modo molto simile a come facciamo ancora noi esseri umani (o Homo Sapiens).
Tra questi comportamenti quello che più ha fatto pensare è una sorta di reciprocità innata, dove io faccio una cosa per te e tu ne fai una per me, sembra un comportamento logico e naturale per la sopravvivenza di un gruppo di individui.
Reciprocità e altruismo
Alcuni studi sui bambini però sembrano mostrarci il lato migliore di questa tendenza che abbiamo in comune con altri esseri viventi. Prima di proseguire dai un’occhiata a questo filmato sull’altruismo nei bambini:
Nel filmato si vede un bambino insieme al suo genitore ed uno strano sperimentatore che fa cose buffe, come ad esempio dimostrare di non riuscire a liberare le mani per aprire un armadio. Il bambino osserva e spontaneamente va ad aiutare lo sperimentatore.
Subito dopo il ricercatore fa cadere un oggetto e aspetta, nuovamente il bambino parte, lo raccoglie e glielo porge. Tutti questi esperimenti come vedi non sembrano dettati dalla reciprocità ma da una innata tendenza all’altruismo.
Qui lo chiamano così ma volendo potremmo anche dire che si tratta della “gentilezza” che abbiamo visto nell’episodio odierno. Il bambino per poter aiutare l’adulto deve prefigurare nella sua mente ciò che sta pensando e provando l’altra persona.
E’ una sorta di proto-mentalizzazione, o detta in modo più becero ma più comprensibile è una sorta di empatia. Sappiamo bene che siamo dotati dei famosi “neuroni specchio” che ci portano a entrare in connessione con il prossimo.
Neuroni specchio ed empatia
Ogni volta che parlo in pubblico dei neuroni specchio racconto di una vecchia “candid camera” (quelli che i giiiovani di oggi chiamano “prank”) dove si vede un tizio in mezzo alla strada con una pila gigantesca di scatoloni.
Questa pila traballa, come se avessi 30 pizze una sopra l’altra, e la gente che lo osserva non solo scoppia ridere ma si preoccupa che caschino magari colpendoli ma sembra traballare insieme a lui.
Quando vediamo una persona in difficoltà la prima cosa che accade, se gli prestiamo davvero attenzione, è che ci mettiamo nei suoi panni spontaneamente, senza alcuno sforzo cognitivo o meta-cognitivo.
Tuttavia norme sociali e culturali, convinzioni personali e distrazioni di vario genere possono farci passare del tutto inosservato questo fenomeno. Abbiamo la naturale predisposizione ad aiutare il prossimo, questo sembra rendere il mondo un posto migliore.
Tuttavia la cultura in cui cresciamo può modificare di molto tale atteggiamento fino a situazioni assurde come quella della “responsabilità condivisa” del caso Genovese di cui ci siamo occupati quando abbiamo parlato di Zimbardo.
Film e romanzi
Per quanto le nuove generazioni si siano salvate dal famoso “uomo che non deve chiedere mai”, tipico della mia generazione oggi il pericolo è ancora più grande, perché molti ragazzi di oggi hanno il mito del cinico stronzo e antipatico ma geniale.
Si, piace anche a me il personaggio del Dr. House o Rick di “Rick e Morty”, sono meravigliosi ma alimentano l’idea che le persone davvero intelligenti, forti e furbe, sono tutt’altro che gentili ed empatiche come dimostrano gli studi di psicologia comparata.
Qualche “cinico” potrebbe dirmi che si tratta della legge del più forte, i ragazzini si prendono in giro per dimostrare chi è “l’alfa del gruppo”, lo stesso fanno le ragazzine e tutto questo ci porta al bullismo e a cose del genere.
Altro fenomeno che qualche cinico può etichettare dicendo: “ma guarda che fa bene subire del bullismo, è un modo per estromettere i più deboli dal gruppo e consentire la riproduzione dei membri più forti della specie”.
Questa è una perversione darwiniana con cui probabilmente Darwin non concorderebbe, però dietro a questi pezzi culturali, non solo rappresentati da film e romanzi ma anche da teorie scientifiche si cerca di giustificare un “cattivo comportamento”.
La cooperazione
La verità è che noi siamo diventati chi siamo non grazie alla competizione e alla capacità di estromettere i “meno adatti” ma dalle enormi abilità di cooperazione che possediamo. Abilità strettamente legate alla reciprocità, all’empatia e alla capacità di condividere narrazioni.
Possibile che serva la psicologia per parlare di queste cose? Ovviamente no, ne hanno parlato in lungo e in largo i filosofi, scannandosi sul fatto se siamo “lupi in mezzo ai lupi” o se abbiamo l’istinto di “aiutarci reciprocamente” e poi ne hanno stra parlato (in tutti i sensi) le religioni.
Le quali divulgano da sempre un messaggio di amore, reciprocità, apertura ecc. Al punto che oggi se parli di queste cose in pubblico pensano subito che tu sia un religioso o peggio un estremista radicale, cosa oggi presente in ogni telegiornale.
“Ama il prossimo tuo come te stesso” oppure i fiumi di parole proferiti nel buddismo e in altre religiosi potremmo tradurli in: tratta bene gli altri perché tu sei gli altri, tu fai parte di una specie che è sopravvisuta grazie a tale atteggiamento.
Questo non significa che siamo tutti bravi e tranquilli, abbiamo anche cooperato per creare atrocità enormi come il nazismo e cose del genere. Ma significa che abbiamo una spinta innata non solo alla aggressività o alla sessualità ma anche alla cooperazione.
Hai mai cooperato con una persona molto scortese?
Ti è mai capitato di lavorare con una persona “poco cortese”? Scommetto che non ti sei trovato benissimo e se la scortesia è stata molta potresti aver vissuto un piccolo incubo. Perché lavorare in un clima di tensione non è mai bello!
Essere gentili per davvero, quindi senza manipolare, senza sottomettersi, senza farlo ironicamente dando ragione per poi schernire alle spalle, è dannatamente più difficile che comportarsi scortesemente.
Perché richiede la capacità di “pensare agli altri”, di dargli attenzione e dignità, la stessa che desideri ricevere anche tu quando ti confronti con una persona (conosciuta o sconosciuta che sia).
Mentre scrivo mi sembra di dirti cose “ovvie” ma purtroppo la mia esperienza personale e clinica mi confermano che non sono ovvie per nulla. Anzi ci sono persone convintissime che il vero atteggiamento “potente” sia scortese.
E persone che purtroppo sembrano non riuscire proprio ad essere cortesi per mancanza di mentalizzazione, non riescono a mettersi davvero nei panni delle persone introno a loro, non per motivi strutturali ma per motivi funzionali. Non gli manca niente, solo l’allenamento 😉
Codici e cortesia
Le “regole di cortesia” sono norme sociali e culturali che abbiamo sviluppato nel corso dei millenni, sino a qualche secolo fa chi non era in grado di rispettarle poteva finire molto male: se allontanato dal villaggio rischiava seriamente la pelle.
L’educazione non serve per “gestire i nostri istinti innati di aggressività e sessualità” (si serve anche a quello ma non solo) ma serve per creare un terreno comune che ci consenta di comunicare efficacemente con le persone che appartengono al nostro “popolo”.
Ancora oggi abbiamo tali differenze, esistono gesti che in Italia sono premurosi che in altre zone del mondo sono visti come maleducazione e viceversa. Sono segnali comuni che ci aiutano a comunicare ma non solo:
Ci aiutano a restare sereni, più o meno tranquilli di fronte ad un altro essere umano che come sappiamo è diventato rapidamente, nel corso della storia, l’animale più pericoloso. Pensa se ti sentissi minacciato ogni volta che incroci uno sconosciuto, la vita sarebbe terribile.
E con tale tensione continua, dovuta all’imprevedibilità delle azioni altrui, non avremmo collaborato e creato le società moderne. Insomma essere cortesi non è solo uno sforzo cognitivo e meta cognitivo ma è anche il segno di un impegno sociale concreto.
Insomma se vuoi migliorare questo mondo, parti in piccolo, parti da te stesso, cerca i essere “più gentile” con le persone che ti circondano e prova gli esercizi di oggi… continuiamo questo affascinante discorso nel nostro QDE.
A presto
Genna