Oggi parliamo di “buchi neri”… no tranquillo non mi riferisco ai buchi neri fotografati dagli astronomi qualche settimana fa, ma ad un fenomeno psicologico analogo.
Il fatto di avere una serie di “aggregati psichici”, insieme di pensieri, ricordi, emozioni e sentimenti, che attraggono i nostri pensieri nel quotidiano e nelle pratiche contemplative.
Ci tengo a dirti che li chiamo “buchi neri” da molto prima che li fotografassero, per cui non è un titolo “clickbait” …buon ascolto…
La meditazione
Se hai partecipato al mio Master in meditazione (per gli amici MMA) sai che parlo di questa mia personale teoria in una settimana specifica del nostro training.
Quando si è già presa un po’ di dimestichezza con la pratica e si è già (più o meno) in grado di osservare i propri pensieri in modo maggiormente “disidentificato”.
Con l’aumentare della meta-cognizione diventiamo via via sempre più abili a notare “dove vanno a finire i nostri pensieri” durante la pratica. Se ci pensi sembra la scoperta dell’acqua calda no?
Tutti ci siamo accorti a vari livelli di poter aver avuto dei pensieri “ricorrenti” su uno specifico tema. Molto spesso questo tema è un problema o qualcosa che ci ha emotivamente colpiti, nel bene e nel male.
Non è però altrettanto ovvio diventare consapevoli del fatto che tale meccanismo è sempre presente, anche in questo momento mentre stai leggendo.
Dove va il “pensiero”?
A questa domanda abbiamo risposto tempo fa con una puntata dedicata a quella che ho battezzato: “le dimensioni della meditazione“, la mente è una macchina del tempo che simula realtà virtuali parallele.
Durante la pratica della meditazione il nostro compito è restare consapevoli a ciò che succede, anche al tipo di realtà virtuali nelle quali sguazziamo allegramente.
Il pensiero o meglio “i contenuti mentali” girano costantemente intorno a temi che hanno a che fare con la nostra vita. Tutti finiscono nelle “dimensioni” menzionate ma ognuno “si addobba casa da solo”.
Gli esseri umani sono buffi, perché sono molto simili tra loro, hanno praticamente il 99% delle stesse qualità ma allo stesso tempo ognuno è leggermente diverso.
Ciò che viviamo ci rende unici, non solo l’evoluzione che ci tiene così tanto da fare in modo che quando i patrimoni genetici di mamma e papà si mescolano, lo facciano sempre in modo nuovo (il crossing over).
Una lente d’ingrandimento e i “complessi”
Come sanno tutte le persone che fanno qualche tipo di meditazione, la pratica è una sorta di lente d’ingrandimento che ci consente di osservarci con maggiore “attenzione”… o meglio consapevolezza.
Ed è proprio grazie a questa lente che abbiamo notato “i buchi neri” o meglio la tendenza del pensiero a finire in questi “luoghi”. Che come ti ho detto non sono necessariamente traumi ed eventi negativi.
Anche un evento fortemente positivo può diventare un “buco nero” che attrae i tuoi pensieri. Questa è la differenza con l’idea di “complesso” reso noto da Jung e tratto da Janet.
Per capire fino in fondo ciò che ho detto in puntata sui “complessi” t’invito a guardare questo intervento appena hai un po’ di tempo:
I “buchi neri” sono attività del nostro pensiero, più o meno consapevoli, che possono in un qualche modo catturarci ed impedirci di essere presenti a ciò che stiamo facendo.
Non è necessario conoscerli e analizzarli come se dovessimo necessariamente farlo per vivere meglio, ma invece è molto utile diventarne consapevoli.
La “lente d’ingrandimento” è lo strumento per eccellenza ma come ti dicevo in puntata puoi riuscirci anche in altri modi. Uno è semplicemente il fatto di “saperlo” e provare a tenerlo a mente.
Ma se sei riuscito a vedere il video sai che non è una grossa novità e non la è neanche per chi ha fatto un po’ di lavoro su se stesso, la cosa però che succede è che tendiamo a dimenticarcene. Perché?
Evitamento e risparmio
Come sai dalle nostre precedenti puntate il nostro cervello fa due cose molto bene, è un grande “risparmiatore di energia” ed è bravissimo ad evitare ciò che non gli piace.
Questo evitamento non è solo legato alla realtà, cioè evitare luoghi, persone, eventi e situazioni, ma è anche un uno “slalom” tra i contenuti mentali che non ci piacciono.
Ora mi dirai: “ma come ci hai detto che questi buchi neri attirano la nostra attenzione, come si sposa tutto questo con l’evitarle?”. Si gravitano la nostra attenzione ma non sempre ce ne rendiamo conto.
Ed è per questo che per un concetto “così banale e apparentemente scontato” serve una puntata (e sicuramente non basta) per mostrarti quanto ci si possa lavorare sopra.
Perché nel momento in cui ne diventi consapevole puoi lavorarci e trarne grandi vantaggi personali, come abbiamo già visto nella puntata dedicata alla integrazione psicologica.
I “buchi neri” sono schemi
I nostri buchi neri non sono semplici eventi carichi emotivamente. Tutti sappiamo che se c’è un’incombenza emotiva la nostra testa continua a girargli attorno.
Ne abbiamo tutti fatto esperienza con la scuola, con le interrogazioni, con gli esami ecc. Ma non solo anche con le relazioni intime, con gli eventi emotivamente carichi della vita.
Ma i nostri “buchi neri” non sono semplici eventi che possono essere rielaborati, affrontati e superati. Ma sono schemi, sono modalità di “pensiero” sempre simili (o molto simili) a se stesse.
Esempio: ogni volta che litigo con uno sconosciuto tendo a sentirmi “un prevaricatore” (o una persona debole ecc.) e non importa che questo “sconosciuto” sia sempre la stessa persona o che avvenga nello stesso modo.
E’ come se il mio cervello diventasse talmente abituato a cercare di risolvere determinati problemi, ad attribuire cause ed effetti in un certo modo, da continuare a scegliere quella modalità.
Un lavoro profondo
Con un lavoro profondo su se stessi, guidati magari da un professionista, è possibile scovare tutti questi buchi e in alcuni casi modificare anche il nostro modo di “pensarli”.
Ma non sempre, per fortuna, è necessario fare un lavoro del genere. Ci basta imparare notarli e metterci un pizzico di consapevolezza ogni volta che riusciamo a “notarli” emergere.
Spesso sottovalutiamo questo aspetto, quello della consapevolezza, perché puntiamo tutto sul “cambiamento”. Scopro di avere qualcosa che non mi piace e cerco subito un modo per eliminarlo… non è una cattiva tendenza.
Lo sai vero, è ancora una volta “l’evitamento”, da solo questo “fa danni” ma a dirla tutta diventa davvero pericoloso quando si associa all’idea di poter fare “un lavoro profondo su se stessi”.
Non che sia sbagliato anzi, se lo facciamo con una guida è formidabile, ma quando cerchiamo di farlo con la nostra parte “razionale” spesso ci arrovelliamo nella ricerca della “causa primaria”.
La causa primaria… perché succede?
Quando Freud si accorse che attraverso la sua “talking cure” riusciva a far emergere “pezzi del passato” (il rimosso) e di conseguenza a sbloccare i sintomi, è stata una vera e propria rivelazione per il mondo della medicina.
Si perché in realtà sia in ambito filosofico che nella nascente psicologia già si sapeva qualcosa del genere. L’essere umano sa da sempre che se si “traumatizza” (si spaventa molto) rischia di “bloccarsi”.
Già prima di Freud le persone vedevano gente traumatizzata che per qualche motivo era “bloccata” in una qualche area della propria vita. Tuttavia è stata la psicoanalisi ha lanciare l’idea di un “lavoro profondo”.
Un lavoro rivolto alla ricerca delle “vere cause del problema”. Niente di male anzi, nuovamente qualcosa di positivo, meglio conoscere che fare finta che sia una condizione “naturale”.
Tuttavia quando noi cerchiamo di “analizzarci”, andando alla ricerca della “cause” rischiamo di arrovellarci in situazioni spesso errate. Perché, come abbiamo visto nelle scorse puntate, le cose sono molto più complesse di come appaiono.
La complessità della causa
Il nostro cervello non può fare a meno di dare senso a ciò che vede, e per farlo deve pensare in modo “causale”, cioè rispondere alla domanda: “perché sta succedendo questo? Da dove deriva?”.
Se lo facciamo nel mondo fisico questa domanda è essenziale: se continua a piovermi in casa è necessario che io mi chieda perché succede, qual’è la causa che consente alla pioggia di superare il tetto e allagare la cucina.
Ma quando applichiamo le stesse categorie al pensiero e al nostro mondo interiore le cose si complicano e di non poco. Il rischio è quello di fare una “regressione all’infinito”, perché se uno ci ragiona continua a trovare “cause e con-cause”.
I buddisti lo hanno capito millenni fa, la stessa idea orientale di “karma” ha a che fare con qualcosa del genere. Loro hanno ovviato con alcuni metodi, oltre alla meditazione ci sono “regole etiche e morali” di comportamento.
Quindi la soluzione non è: “capisci nel profondo cosa ha causato X” ma è “visto che tutto è concatenato, cerca di comportarti bene e per farlo devi diventare consapevole di te stesso e degli altri”.
Consapevolezza e accettazione
Quindi il lavoro che ti propongo con questa puntata non è di auto-analisi, di regressione all’infinito per trovare il “vero colpevole” di quegli attrattori di contenuti mentali.
Ma è di consapevolezza e accettazione e ci tengo a ribadirlo: anche nella nostra cultura occidentale esistono questi principi, ad esempio nella filosofia degli stoici.
Ma mentre quella filosofia è stata osteggiata ed ha avuto un arco limitato di tempo, gli orientali si sono trasmessi le loro conoscenze per millenni ed hanno scritto tantissimo su queste tematiche.
Per quanto le nostre culture ci possano apparire molto lontane oggi le cose non stanno più così. Sicuramente sono stati due mondi distinti e separati per millenni ma oggi come oggi… non lo sono più.
Ti invito a leggere il libro “Factfulness” e ti metto qui sotto la Live che ho fatto su spreker su questo tema… eccola:
Ascolta “Factfulness… terza Live di Psinel…” su Spreaker.Insomma il discorso è davvero interessante, la cosa più importante è diventare consapevoli di questi “buchi neri”, eventualmente lavorarci sopra, ma senza illuderci di arrivare ad una “comprensione assoluta”.
Perché questa ricerca intellettuale non farà altro che aggiungere “sovra strutture” a ciò che magari è molto molto più semplice.
Tu hai individuato i tuoi “buchi neri”?
A presto
Genna