Lo so, parlare di come migliorare il mondo in un periodo come questo non è così popolare. Le prime cose che saltano in testa sono il cambiamento climatico, le guerre e le disuguaglianze. Insomma ci sono un sacco di temi enormi su cui riflettere… ma tutto nasce da noi anzi da te…

Siamo tutti responsabili

Oggi quando si parla di migliorare il mondo non si può fare a meno di citare i temi qui in alto, tuttavia una delle cose quasi scontate che però è necessario ribadire è che ognuno di noi è responsabile. No, non significa che sia “colpa di ognuno di noi” ma che i cambiamenti a livello di società partono sempre dal singolo. Cioè da persone che coraggiosamente iniziano a fare azioni specifiche per migliorare la situazione.

E’ il classico discorso: se non inizi tu nessuno lo farà per te. Ad esempio: oggi fare la raccolta differenziata è un obbligo morale e anche legale, ma fino a pochi decenni fa le cose non stavano così. Chi si occupava di farlo era convinto di preoccuparsi del pianeta, ed è grazie a quelle persone che in modo responsabile (non trovo aggettivo migliore) decidevano di farlo. Non si tratta di una semplice “legge di governo” si tratta di un risveglio personale che diventa poi sociale.

Il problema è che questo effetto contagioso non avviene solo in positivo ma anche in negativo. Trovarti in un luogo dove tutti buttano le carte per terra invoglia anche te a fare altrettanto, ma non solo per una sorta di imitazione ma anche perché quel gesto sarà supportato dall’ambiente, in questo esempio è possibile che dove la gente butta le carte per terra ci siano anche meno bidoni della spazzatura per strada. O quelli che ci sono siano inservibili perché non svuotati ecc.

Sono effetti a cascata, hai presente la storia del “battito d’ali della farfalla che genera un uragano”? Ecco si tratta di qualcosa di simile, una tua singola azione può avere effetti molto più vasti di quanto si possa pensare, soprattutto se coinvolge direttamente (o più o meno direttamente) le altre persone. Questo succede perché noi siamo un sistema, e ormai sappiamo che all’interno di un sistema basta che un singolo elemento si modifichi da creare cambiamenti nell’intero sistema.

Una squadra sportiva

Immagina di essere l’allenatore di una squadra, dello sport che ti piace di più, ed immagina di essere chiamato a migliorarla ma senza poter cambiare i singoli componenti. Cosa fare? Per prima cosa dovrai cercare di capire se ci sono giocatori più bravi di altri, se alcuni sanno fare meglio di altri specifiche cose, poi cercare di capire come queste abilità si incontrano nel gioco di squadra ecc. Su cosa puoi agire? Di certo puoi dare schemi e strategie ma essenzialmente potrai agire sui giocatori.

Cioè la cosa più semplice e maggiormente sotto il tuo controllo non è cercare di insegnare “al gruppo” cosa dovrebbe fare e cosa non fare, ma farlo prima individualmente. Se tutti i giocatori potessero anche solo migliorare di un 5% specifiche abilità, la somma di questi miglioramenti avrebbero un impatto molto forte su tutto il gruppo. E’ chiaro che poi i singoli si debbano amalgamare tra di loro affinché le cose possano funzionare ma spero che l’analogia con lo sport sia abbastanza calzante.

Tutti sappiamo che un fuoriclasse può fare la differenza in una squadra, ma allo stesso tempo sappiamo che può anche rovinarla. Soprattutto se la differenza tra i vari componenti è molto molto grande. Immagina di avere un gruppo di combattenti di Fighters che devono scontrarsi l’uno dopo l’altro ad eliminazione diretta: se ne hai solo 1 davvero forte e tutti gli altri davvero scarsi è molto probabile che tu perda di fronte ad una squadra di mediamente forti.

Sarà necessario elevare il livello di tutti. E’ come avere un’automobile con un motore potentissimo ma che non riesce a frenare, a quel punto non te ne fai niente di andare poter andare molto veloce se non puoi gestire quella potenza. Uscendo fuori dalla metafora sportiva e tornando al miglioramento del mondo che ci circonda: se tutti buttano le carte per terra e tu sei l’unico a gettarle nel luogo adatto, il tuo contributo sarà di poco conto (purtroppo).

Siamo animali sociali e siamo terribilmente attratti dal comportamento altrui. Se tutti fanno una cosa è molto probabile che la faremo anche noi, per fortuna però oggi abbiamo la possibilità di agire non solo sul nostro buon senso e buon cuore ma anche alla luce dei dati della ricerca. Anche se tutti inquinano intorno a me, questo non toglie che io possa cercare di inquinare di meno se so che la temperatura globale si alzerà fino a spazzarci via dal pianeta.

Spinti a lasciare il segno

Quando mi viene detto che i ragazzi di oggi vogliono lasciare un segno perché sono imbevuti di narrazioni esagerate della televisione e dei social, mi viene sempre in mente Alessandro Magno ed il suo rapporto con la letteratura. Si racconta che il grande condottiero portasse sempre con se una copia dell’Iliade da leggere ogni sera prima di coricarsi, anche quando era nel bel mezzo di una campagna militare.

Di cosa parla Omero? Bè in fondo lo sappiamo tutti, parla di eroi e atti coraggiosi, mostra in modo mitico come si dovrebbero comportare gli uomini. Queste narrazioni contenevano profonda saggezza, abbiamo già visto in altre puntate come tali storie fossero in realtà patrimoni culturali che si trasmettevano da padre in figlio. Il massimo per un antico greco era quello di diventare un eroe, compiere gesti mitici e finire nella storia… oggi diremmo lasciare il segno.

Dunque ad uno sguardo allargato non sembra che “il lasciare il segno” appartenga alla nostra epoca, ma sembra far parte della nostra storia. Perché? La risposta più semplice che mi salta in mente è ancora una volta di ordine evolutivo: se ci pensiamo con attenzione diventa chiaro che se ognuno si impegnasse al massimo per “lasciare questo segno” tutta la società in cui è inserito (al di là del tempo) ne trarrebbe un qualche vantaggio in termini di sopravvivenza.

Sembra che il rapporto con la morte che avevano gli antichi greci fosse molto diverso dal nostro, poiché per loro non esisteva una sorta di vita oltre la morte. Tutto ciò che li consegnava alla gloria non si svolgeva nell’aldilà, il premio finale per una vita pia (come nel Cristianesimo) ma nella vita terrena, dunque era normale pensare di voler lasciare un segno. Anche se in quel periodo se ci pensiamo erano in pochi a pensarlo seriamente, perché la maggior parte della gente pensava a non morire di fame.

Insomma la storia sembra dirci che questa sensazione di voler lasciare un segno sul pianeta non appartenga al nostro tempo semmai appartiene alla nostra cultura (occidentale). Queste riflessioni non esulano il fenomeno da problemi di varia natura, come il fatto che alcune persone possano agire in modo sconsiderato per avere un posto nella storia. Però è bene tenerlo a mente, soprattutto quando abbiamo a che fare con le nuove generazioni.

Da sempre chi è più anziano vede i giovani “più esaltati e meno preparati della propria generazione”, è una storia che si ripete. Un po’ perché è vero, i giovani sono sempre più avventati degli anziani (anche per motivi di neurosviluppo, il cervello si completa verso i 25 anni), è un po’ però perché chi è più grande teme da sempre che il più giovane possa sovvertire l’ordine costituito.

La probabilità di “essere ricordati”

La nostra epoca è molto particolare, ognuno di noi lascia segni indelebili nel web, il quale se non scomparirà nei prossimi mille anni, di certo porterà con se alcune delle nostre tracce. Senza contare che noi viviamo in un periodo molto particolare da molti punti di vista: siamo in un passaggio di millennio, insomma una cosa che capita solo ogni mille anni. Siamo a cavallo con la rivoluzione informatica, qualcosa che ti assicuro essere decisamente significativa e in più ci siamo beccati la pandemia, un evento letteralmente epocale.

Spero tuttavia sia evidente che lo scopo di queste riflessioni non sono quello di illuderci di essere speciali in un qualche modo, anche se siamo mediamente fortunati se abbiamo l’intento di “restare nella storia”. Il mio invito è molto più semplice: dai il meglio di te in ciò che sei chiamato a fare oggi e migliorerai il mondo intorno a te. E se tutti avessimo questa mentalità scommetto che il mondo migliorerebbe ancora di più.

Lo so che qualcuno sta pensando: “eh si ma se io lavoro in un’azienda non etica, che produce armi, che uccide gli animali, che inquina, se do il meglio di me peggioro il mondo”. Dare il meglio di noi non significa obbedire ciecamente agli ordini che ci arrivano dall’alto, anzi l’esatto contrario, se qualcuno ti chiede di uccidere una persona, non è che facendolo al meglio delle tue capacità migliori il mondo. Per questo dobbiamo partire da noi stessi, avere chiari i nostri valori e cercare di perseguirli.

Ho sempre un certo fastidio quando vado in un’azienda e qualcuno mi dice: “si si tu vuoi motivarci per farci lavorare di più e non lamentarci”. Non è questo lo scopo della formazione, anzi un gruppo ben formato e consapevole è estremamente pericoloso per un’azienda che “si comporta male”. Perché il nostro apprendimento aumenta le nostre vedute non dovrebbe restringerle e farci agire come schiavi.

Se penso di far fare la meditazione ai miei dipendenti per renderli più docili, sto sbagliando di brutto, un gruppo di persone che medita regolarmente diverrà via via sempre più consapevole e sempre meno disposto ad agire contro la propria etica. Con questo non voglio dire che non vi sia la possibilità di usare strumenti di formazione per plagiare la gente, ma mediamente chi impara cresce, chi cresce diventa più consapevole… ed una persona informata e consapevole è molto meno controllabile.

Ecologia

Il termine “migliorare il mondo” fa subito venire in mente il tema di oggi, cioè l’ecologia. In parte è un tema molto importante, anche perché come si dice “non abbiamo un secondo pianeta”. Ma credo che al pianeta non gliene freghi niente se noi ci estinguiamo, il problema qui non è che stiamo “distruggendo un pianeta” è che lo stiamo rendendo invivibile per la nostra forma di vita.

Anche in ambito ecologico ciò che stiamo trattando è fondamentale, i cambiamenti di abitudini di un popolo sono troppo lenti per affidarci ad essi, dobbiamo affidarci alla nostra personale responsabilità. Come avrebbe detto Bateson si tratta di una “ecologia della mente”, nel senso di vedere anche ciò che viene in mente come il risultato di come trattiamo l’ambiente circostante (Ok per Basteson questo discorso è molto più complesso ma te lo risparmio).

La nostra società occidentale, come si sa, è decisamente più individualista e il desiderio di cambiare le cose, di lasciare un segno, di migliorare il mondo è visto spesso come una sorta di “mitomania”. Ma se iniziassimo a raccontare che ognuno di noi può dare il proprio contributo, spiegando tutti i vantaggi che questa sorta di mindset possiede, sono convinto si possa fare molto ed in realtà sembra che qualcosa sia proprio già accadendo.

Per quanto in modo scomposto sembra che questa autodeterminazione stia dando i propri frutti anche se ancora presto e di certo non voglio trasformare un semplice consiglio: dai il meglio in ogni situazione a cui tieni (e anche a quella cui tieni meno ma sai essere giuste). Insomma fammi sapere cosa ne pensi… ci vediamo al video extra per approfondire (che troverai qui sopra tra qualche giorno).

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.