E’ possibile sentirsi a proprio agio in qualsiasi situazione? Beh dipende dalla situazione ovviamente ma in generale esiste una abilità psicologica che consente alle persone si adattarsi a qualsiasi situazione, io la chiamo “sempre casa”, usando come analogia l’idea di sicurezza che ci da il fatto di starcene a casa o in un luogo nel quale ci sentiamo completamente al sicuro. Oggi vediamo insieme questo concetto e come svilupparlo nella nostra vita…
Il grande assente per la sicurezza
Il grande assente di tutto il mio discorso è l’altro, cioè il fondamento di ogni nostra sicurezza (o insicurezza). Il primo luogo in cui dobbiamo sentirci bene è la relazione con il prossimo, questa è probabilmente la sfida più grande di tutte e mi dispiace non averla sottolineata nei contenuti podcast e video. Il motivo è semplice: l’abbiamo già fatto un sacco di volte e per riuscire a spiegarlo bene a chiunque avevo necessità di semplificare e di saltare il famoso e fondamentale argomento dell’attaccamento. Come infatti ricorderai il tema dell’attaccamento spiega molte cose sul perché potremmo sentirci “fuori casa”.
Detto in poche parole in base alla qualità delle relazioni che abbiamo avuto da bambini con i nostri caregivers (i genitori) dentro di noi si forma una base sicura che ci consente di esplorare il mondo esterno. Questa base sicura però non si sviluppa per tutti nello stesso modo, secondo i teorici dell’attaccamento possiamo appunto averne una sicura, una insicura, una ambivalente ed un’altra ansiosa (e anche altre che evito di menzionare per non aumentare troppo la complessità del tema in esame). Questa faccenda ben visibile nei bambini resta appiccicata a noi in un qualche modo, cioè tendiamo a ripeterla anche da adulti.
Questo tema è scivoloso perché fa pensare alle persone di essere ormai senza speranze: “se i miei genitori non mi hanno voluto abbastanza bene non ci posso fare niente”. Ed in parte questo pensiero è vero, non possiamo tornare indietro nel tempo e recuperare quei momenti, però possiamo lavorarci sopra decisamente molto. Facciamo un esempio numerico: pensa alla tua capacità di sentirti a tuo agio con il prossimo, anche con quelle persone un po’ difficili della tua vita e pensa come cambierebbe se riuscissi a migliorare del 5% queste tue capacità? E del 15%? Non esiste una giusta percentuale ma se proprio dovessimo spararne una plausibile si attesterebbe tranquillamente al 50%.
Detto in termini diversi sarebbe: come ti sentiresti se potessi raddoppiare le tue abilità sociali? La crescita del 50% è esattamente il doppio di ciò che possediamo ora, non mi sembra affatto poca roba, anzi. Allargando l’esempio chiediamoci: come sarebbe se potessimo raddoppiare la nostra capacità di adattarci alle situazioni al punto da sentirci sempre bene “nei nostri panni”? E se ci riuscissimo il doppio delle volte? Il senso della misura delle cose ci aiuta da un lato ad essere umili e dall’altro a comprendere che se vogliamo migliorare, semplicemente, possiamo!
So che molte persone che ascoltano il podcast non leggono il post (e alcune guardano solo il video ecc.) quindi mi dispiace non aver incluso questa variabile fondamentale: la relazione. Fortunatamente possiamo iniziare da cose piccole come quelle descritte nella puntata, perché la intersoggettività è molto più complessa della sensazione di sentirsi a casa o di sentirsi bene nella propria pelle. Questa è probabilmente l’espressione più adatta al termine casa, sai quando si dice che il corpo è il nostro tempio? Le cose stanno davvero così? Secondo le neuroscienze: assolutamente sì!
Il corpo è il nostro tempio
Per stare bene in qualsiasi luogo dobbiamo partire dal luogo che ci portiamo sempre dietro: il nostro corpo. E quando parlo di corpo in realtà non parlo solo dell’aspetto fisico, della capacità di muoversi adegutamente nello spazio, ma intendo qualcosa di molto più ampio. Intendo la sensazione fisica, propriocettiva (entero ed interocettiva – cioè sentire dentro il corpo, fuori dal corpo e la sua posizione) ma intendo anche a ciò che ci sembra lontano dal corpo: la mente. Pensieri, emozioni, aspettative, avvengono tutte nella nostra mente che emerge dal nostro corpo (dal cervello e da altre interazioni), no corpo no mente… anche se le cose spesso non ci sembrano così.
Come abbiamo visto in questa mitica puntata sull’andare o restare, tutti gli esseri viventi hanno un sistema di valutazione immediata e spontanea su ciò che li circonda. Quando vedi una cosa, una persona, un luogo, la prima cosa che il tuo organismo si chiede e se è il caso di restare o di andare, se si tratta di una cosa che ci fa sentire bene (sicuri) o male (insicuri). Questa percezione avviene prima nel nostro corpo, alcuni la chiamano addirittura “neurocezione” per descriverne meglio la natura biologica. Che poi chiaramente diventa subito psicologica, cioè influenza il nostro modo di pensare e di interagire. Sta succedendo anche adesso mentre mi leggi (ormai dovresti saperlo) una parte di te si chiede se valga la pena o meno continuare a leggere.
Quando ti senti “fuori casa” è perché quel sistema si è posizionato sulla difensiva invece che sulla esplorazione. Pensaci quando stai esplorando un posto nuovo, con il desiderio di farlo, con la spinta data dalla curiosità una delle ultime cose che potrebbe venirti in mente è: “chissà come sarebbe se fossi a casa”. Questo succede quando le cose non vanno come vorresti, come quando ti ritrovi in mezzo al traffico e pensi: “ma chi me lo ha fatto fare di uscire di casa?” e/o in situazioni del genere. Questo mio discorso potrebbe far pensare che sia necessario provare a calmarsi e a sentirsi a proprio agio anche in quei momenti ma non è proprio così…
Il mio invito non è rivolto al cercare di stare più calmi ma a cercare di sentirsi bene dentro se stessi, la cosa sembra la stessa ma non è così. Puoi sentirti bene dentro te stesso e dove ti trovi in questo preciso momento (anche se non sei a casa) al di là del fatto di sentirti sereno e rilassato. Anzi quando siamo particolarmente sereni e rilassati non abbiamo neanche il bisogno di chiederci se ci sentiamo bene nei nostri panni, mentre al contrario, molte persone sentono uno strisciante e continuo bisogno di sentire di appartenere, di avere collegamenti e radici in diversi frangenti della vita.
Tu sei il tuo primo panorama, il tuo primo contesto, questa sembra un’affermazione strana ma lascia che mi spieghi meglio. Vedi le cose che apprendiamo sono “stato-dipendenti“, cioè solitamente sono legate allo stato mentale e alla situazione che le ha generate. La sicurezza che provi quando sei a casa è legata a casa tua, alle persone che ti circondano, all’idea di essere protetto ecc. Ma sarà capitato a molti di potersi sentire poco sicuri anche stando in casa, come è possibile? Perché sei tu, come ti senti, come ti percepisci a generare questo panorama interiore che diventa un contesto, diventa un punto di vista ed è questo ciò che intendo in questo episodio.
Costruire il tuo panorama interiore
Il modo più semplice per spiegare questa faccenda del panorama interiore è quello dei famosi “occhiali rosa”, hai mai sentito questa affermazione? La si usa di solito per rimarcare che ognuno di noi vede il mondo in modo soggettivo ma non se ne rende conto e pensa che tutti lo vedano allo stesso modo, in questo caso rosa, ma non è così. Se sono abituato a vedere il mondo come pericoloso e minaccioso sarò sorpreso dallo scoprire che alcune persone intorno a me non la vedono così. Facciamo fatica ad uscire da noi stessi, diciamo tecnicamente noi addetti ai lavori a “decentrarci” da noi stessi.
Facciamo fatica a renderci conto che spesso le nostre reazioni al mondo sono dovute più a come lo vediamo che a come è realmente. Moltissimi pensatori del passato ci erano arrivati ma oggi lo sappiamo con una certa contezza: non vedi il mondo per come è ma per come sei tu! Se non riesci a sentirti a tuo agio è perché per qualche motivo stai interpretando la situazione come pericolosa, poso sicura, poco accudente ecc. Magari hai ragione, sei in stazione alle 22 di sera e non c’è nessuno? Fai bene a tenere la guardia alta.
Ma se sei al ristorante con gli amici, passeggi nella tua Città in pieno giorno o sei sul lavoro, sentirti come minacciato dall’ambiente non ha altrettanto senso, in quei casi è quasi di sicuro il tuo modo di vedere attraverso i tuoi occhiali. Sono le tue lenti sporche non è il mondo ad essere zozzo, questo passaggio di consapevolezza ti aiuta sin da subito a fare un passaggio di prospettiva, semplice ma necessario e potentissimo. Sei tu il panorama dal quale osservi il mondo, la maggior parte delle volte nelle quali ti senti poco sicuro (quando non sei in un posto sicuro) è legato più a come sei tu che al contesto. Ciò non significa che bisogna fregarsene di ciò che abbiamo intorno ovviamente!
Non significa neanche che tu possa controllare il mondo esterno o modificarlo come se vivessi in una simulazione (anche se per molti questa ipotesi non è così fantascientifica come appare) ma di certo se puoi lavorare su qualcosa, se si trattasse di variabili da poter modificare, avresti molto più potere su di te che sul contesto. A molti sembra il contrario: se non mi trovo bene in un posto faccio molto prima a cambiare luogo piuttosto che adattarmi mentalmente ad esso, ed in parte è vero. Ma sono certo che per chiunque mi abbia letto sino a questo punto le cose siano abbastanza chiare:
La sensazione di sentirci a propio agio in mezzo alla tempesta non è un interruttore tutto o niente, e non è neanche l’invito a mettersi in condizioni pericolose per testarlo. Ma è la capacità di ascoltare e sentire il nostro corpo in ogni istante, si perché la cosa che accade quando ci sentiamo in pericolo è disconnetterci prima da noi stessi e poi dagli altri intorno a noi. Diventando più presenti, cioè rivolgendo l’attenzione alle sensazioni nel qui e ora, ci connettiamo alle parti più intelligenti di noi, funzioniamo come afferma il dott. Daniel Siegel, in modo maggiormente integrato (si l’abbiamo già sentita questa, vero).
Meglio ti sentirai nei tuoi panni, meglio ti senti con te stesso, con il tuo corpo e con i tuoi contenuti interiori e meglio saprai adattarti alle situazioni esterne. E’ una cosa semplice che inizia dalla decisione di spostare l’attenzione dalla tua mente (che probabilmente in quel momento ti mostra tutte le cose che non vanno) al tuo corpo, per poi spostare questa connessione anche all’ambiente esterno. E’ ancora una volta una cosa semplice ma non facile, richiede tempo e dedizione ed una buona dose di pazienza e gentilezza verso se stessi.
Come ti senti in questo preciso momento?
A presto
Genna