Sono da sempre affascinato dalle numerose tecniche e metodi che esistono per gestire il nostro mondo emotivo. E’ davvero bello che oggi esista un’attenzione così marcata su questo tema, tuttavia per quanto si possa realmente migliorare tantissimo in questa direzione (molto più di quanto la gente immagini) non esiste una vera metodica per farlo istantaneamente. Comprendere questi meccanismi ti aiuterà, paradossalmente, a farlo meglio…

Padrone delle tue emozioni

Ultimamente girano sempre più titoli (libri) e contenuti online che ci invitano a diventare “padroni del nostro mondo emotivo”. Una cosa molto affascinante e bella che chiunque, con un filo di consapevolezza, vorrebbe possedere. Sembra una cosa meravigliosa ma vorrei mostrarti come, un pensiero del genere, in realtà non ci faccia avanzare in questo campo ma ci tenga relagati ad un passato in cui questo tema era tabù, un passato in cui le emozioni erano viste come disfunzionali.

Fino a qualche decennio fa, parlare di emozioni era roba da “romanzo”. Per secoli abbiamo visto il nostro mondo emotivo come una sorta di ostacolo, come qualcosa di addirittura negativo (pensa ai peccati capitali, alcuni di loro sono emozioni). Insomma come ci racconta spesso Umberto Galimberti gli antichi Greci cercavano di tenere lontano dalla città gli Dei, i quali arrivavano per corrompere, sovvertire, modificare l’ordine prestabilito. E questi dei erano una sorta di rappresentazioni del nostro mondo emotivo.

Quindi per tanto tempo abbiamo vissuto e visto le emozioni come qualcosa di estraneo, alieno a noi. Effettivamente è qualcosa che sembra agire al di fuori della nostra consapevolezza, quando siamo in preda alla rabbia ci trasformiamo e potrei fare diversi esempi simili per altri stati emotivi. Quindi era più che normale vivere questi stati come negativi, qualcosa che la gente non vorrebbe sperimentare. Infatti arriviamo fino al XX secolo per iniziare a categorizzare le emozioni in 2 grandi categorie: positive e negative.

Ancora qui c’è il connotato di “buono vs cattivo”, che nel corso di quel secolo ha perso forza. Oggi parliamo di emozioni dolorose ed emozioni piacevoli, il che può contenere ancora qualche ombra di giudizio edonico ma ha perso la sua idea di “cose da avere e cose da non avere”. Oggi non solo sappiamo che le emozioni fanno parte di noi ma sappiamo anche che il nostro cervello è “basato su di esse”, cioè se di colpo perdessi la capacità di provare emozioni non funzioneresti meglio (come volevano gli antichi) ma molto, molto peggio.

Come facciamo a saperlo? Per i diversi casi nei quali le aree del cervello deputate alla elaborazione emotiva sono state danneggiate. In questi casi i soggetti sviluppavano incapacità di decidere che tipo di vestiti indossare, quali strade prendere, ecc. in pratica tutto il loro apparato di ragionamento ne era compromesso. Sì, hai capito bene, il loro ragionamento, la loro preziosa e altissima cognizione viene totalmente deturpata quando le emozioni non funzionano più a dovere.

Spegnere le emozioni

Se segui il mio lavoro di certo già conoscevi queste differenze. Il punto è che quando iniziamo a pensare che esistano tecniche e metodi per provare emozioni a comando (magari dicendoci qualcosa nella testa o cambiando ciò che ci diciamo) stiamo ancora confondendo le cose, vediamo le emozioni come una sorta di orpello sfigato della razionalità… ma non è così, semmai è il contrario. E’ la ragione che senza emozioni non funziona più, cioè cercare di comandare a bacchetta le emozioni sarebbe come inserire una nuova app nel telefono e sperare che questa ne allarghi lo schermo.

Tutto ciò non significa che non sia possibile migliorare il nostro modo di gestirle ma significa che questo punto di vista non ci aiuterà affatto. Sarebbe come immaginare che sterzando il volante dell’auto ciò che stiamo dirigendo non siano le ruote ma la strada stessa. E’ come pensare di storcere la strada e non guidare le ruote nella giusta direzione. Certo qualcuno potrebbe pensare che sia la stessa cosa da un altro punto di vista ma non è così. Perché se pensi di storcere la strada non starai attento agli ostacoli che potresti incontrare e ti convincerai che quella strada resterà tale per sempre… ma non è così!

E’ un po’ come quando eravamo bambini, fuori piove, allora significa che probabilmente è causato da me, dalla mia tristezza e dal mio umore. Un pensiero magico bellissimo ma disfunzionale, perché se per caso non potrai andare in spiaggia potresti prendertela per assurdo con te stesso. Se invece iniziamo a ribaltare la questione, a vedere la pioggia come qualcosa che capita ma per la quale possiamo prepararci. Possiamo preparare gli abiti e i mezzi necessari per muoverci agilmente anche quando piove. E se siamo pronti, se sappiamo che pioverà, possiamo anche metterci l’animo in pace… un po’ come fanno i londinesi da generazioni!

Quindi si puoi allenare le tue emozioni, puoi preparare il terreno, inserire il seme ma non puoi controllare il tempo, il sole e la pioggia. Puoi solo fare sì che tutto funzioni al meglio, ed è per questo che oggi quando si parla di regolazione emotiva si parla di organismo e di corpo, di stile di vista e di allenamento. Perché sappiamo che lo scopo principale delle emozioni non è farci emozionare, farci soffrire per ciò che viviamo ma è regolare la nostra energia, fare una sottile e onnipresente operazione di allocazione energetica!

Pensare di poter comandare a bacchetta questi meccanismi è davvero una sorta di deliro di onnipotenza, uno potrebbe pensare che sia positivo averlo ma la ricerca clinica ci dice che le cose non stanno cos’. Certo sentire di avere agency, cioè di poter avere una qualche influenza sul mondo emotivo, è positivo. Ma pensare di poterlo controllare così come gestisci l’arredamento di casa è invece profondamente deleterio, perché ti espone ad enormi delusioni e conseguenti illusioni di rimbalzo.

Cosa intendo per “illusioni di rimbalzo”?

Emozioni e contenuti mentali di varia natura, che si creano in risposta al fatto di non riuscire a controllare l’emozione stessa. E’ un po’ come se il famoso barone di Munchausen nel tentativo di tirarsi fuori da solo dalla palude attraverso la nota mossa del “codino”, se la prendesse con il suo braccio perché non ci riesce. Nella storia fantastica che sto raccontando il barone finisce nelle sabbie mobili e riesce a salvarsi da solo tirandosi fuori attraverso il codino. Si prende il codino e si tira fuori dalla palude (da solo).

Ecco immagina che non ci riesca ed invece di prendersela con i sistemi di riferimento se la prenda con il suo braccio o con i suoi capelli. Sembra assurdo solo se pensiamo che le emozioni siano qualcosa che arriva da fuori, qualcosa che si può cercare di arginare e limitare. Al contrario se iniziamo a vedere il nostro pensare come anche emotivo o meglio come, soprattutto emotivo, ecco che le cose si chiariscono. Vedi lo so che sono ripetitivo, se per caso mi segui avrai sentito molte volte queste differenze ma…

Noi pensavamo di essere uomini razionali che di tanto in tanto venivano disturbati dalle emozioni. Le emozioni erano viste come piccole isole in mezzo ad un mare di razionalità ed invece, è esattamente il contrario: ci sono isole di razionalità e consapevolezza in mezzo ad oceani sconfinati di emozioni. E la verità è che se inizi a vedere e percepire (e vivere) le emozioni in questo modo non solo impari a gestirle meglio ma scopri di essere molto di più dei tuoi contenuti interiori.

Infatti sono proprio gli stati emotivi che regolano quanto ci identifichiamo con un certo contenuto mentale. Immagina questo scenario interiore: sei sovrappensiero e ti salta in mente una cosa non bellissima che hai fatto anni fa, qualcosa per cui di solito ti senti in colpa. Ci hai già fatto i conti magari ma non così a fondo, se questa cosa emerge quando sei sereno e tranquillo, magari in un contesto positivo, probabilmente ti rompe le scatole per qualche minuto ma poi svanisce. Se al contrario ti becca nel momento sbagliato ecco che potrebbe attirare con forza la tua attenzione.

La vulgata vuole che sia la natura dei contenuti a determinare il tuo stato ma le cose non sono così semplici. Cioè qualcuno potrebbe dire che il mio esempio sia assurdo perché il mio stato emotivo dipende da ciò che mi passa per la testa, ed in parte avrebbe ragione… ma solo in parte! Perché in realtà il nostro panorama interiore non è attraversato da singoli elementi alla volta ma da molte cose insieme, solo che non ce ne rendiamo conto. Possiamo essere attraversati dai peggiori pensieri ma se siamo in una situazione serena (e siamo sereni) probabilmente non ce ne renderemmo neanche conto.

Una macchina previsionale

Il pensiero, comprese le emozioni, seguono la regola della previsione, cercano di prevedere il mondo che ci circonda. Per questo continuiamo a creare ipotesi su ciò che sta per succedere. E’ proprio questa la dinamica che creiamo meditando, cerchiamo di mantenere in coscienza i contenuti mentali, senza identificarci con essi e allo stesso tempo cercando di restare nel presente. Quando sei sereno, magari coinvolto in una attività piacevole, succede qualcosa di simile: stai giocano a pallone con gli amici ma ti salta in mente qualcosa di brutto… ecco che ti arriva il passaggio e te ne dimentichi di colpo.

Certo non funziona sempre, se il ricordo che ritorna è davvero traumatico potrebbe darti da pensare in qualsiasi momento. Tuttavia di solito, non siamo attraversati da mostri del genere e anzi, iniziare a temere la nostra interiorità perché potrebbe generare pensieri del genere, è una delle trappole più comuni della mente! Il vero inferno è credere di non poter pensare o provare certe cose. Cioè immaginare di poter controllare la macchina che fa previsioni, proprio come una madre apprensiva non ti farebbe vedere alcuna scena pericolosa di un film.

Quella stessa madre sarebbe di certo premurosa ma se sbagliasse a calibrare la protezione, invece di aiutarti ti renderebbe gradualmente meno capace di sopportare eventuali disagi del mondo. Ecco quando iniziamo a pensare o credere di dover sperimentare solo certe emozioni, certi pensieri, certi contenuti mentali, iniziamo a costruire una prigione speciale dentro di noi. Una prigione che nel lungo andare può anche condurre a problematiche gravi, come hanno sottolineato più volte i seguaci della scuola di Palo Alto attraverso il concetto di “tentata soluzione”.

Tuttavia non sono stati i soli, purtroppo anche la nostra amata psicologia, quella degli albori, ha marciato sul tema dei nostri contenuti interiori pericolosi. Freud con i suoi meccanismi di difesa e l’idea di sbirciare nel rimosso ci ha terrorizzati dalla bestia che potrebbe viverci dentro, ancora peggio (o meglio dipende dai punti di vista) ha fatto Jung, con il suo concetto di ombra e con la mirabile idea che, molte delle nostre problematiche derivino dalla mancanza di sacro, metafisico e spirituale…

Uff quante altre cose ci sarebbero ancora da dire, come sempre lascio a te la palla, fammi sapere cosa ne pensi e se vuoi che insista su tematiche simili. Lo so, non sono i classici “4 consigli per” ma sono certo che possano essere decisamente più utili nel lungo andare…

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.