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Le metafore sono in grado di modificare il nostro modo di vedere il mondo. Vedere la vita come “un gioco” oppure come “una battaglia” modifica il modo di affrontare il nostro vivere, lo stesso vale per la gestione delle emozioni.

Gestire le emozioni è forse uno degli scopi principali di ogni forma di crescita personale ed oggi scoprirai due metafore potentissime per farlo. Due semplici cosine che se tenute a mente possono cambiare il tuo modo di gestire le emozioni:

“Genna ma allora tutto quello che ho ascoltato sono solo semplici metafore?”

Le metafore sono i mezzi più potenti che abbiamo a disposizione per creare degli apprendimenti. Questo lo sapevano già nell’antica Grecia quando utilizzavano i miti per la loro pedagogia e lo sappiamo oggi in terapia grazie al lavoro di Milton Erickson.

Insomma devi stare attento alle metafore che usi, perché sono loro a dare forma a come interpreti il mondo e le azioni che fai in quel mondo. Le metafore ci permettono di avere concetti importantissimi a portata di mano.

Fra questi concetti oggi ne ho selezionati due che se compresi ed applicati possono realmente trasformare il tuo modo di vedere la crescita personale:

Fai le cose emotivamente difficili per te e diventa un “super conduttore”

Fra questi due concetti la vera metafora è solo la seconda, e voglio partire proprio da questa. Perché la verità è che la nostra società ci spinge a fare esattamente il contrario, e si tratta di un retaggio molto antico che vive ancora oggi.

Il fatto che le emozioni siano pericolose, che non debbano essere vissute o peggio che siano cose da “femminucce”. Frasi come “non piangere”, “non dimostrarti debole”, “evita di emozionarti troppo”, “le emozioni bloccano il pensiero” sono in voga ancora oggi e creano grossi problemi.

Tutte queste “idee” ci hanno lentamente portati a credere che il modo migliore per gestire le emozioni sia “NON sentirle per non dimostrarle”

Ora siamo tutti d’accordo che ci siano contesti in cui è bene non dimostrare le proprie emozioni. Se siamo al funerale di una persona che ci era antipatica di certo non possiamo gioire, o se ci troviamo in pericolo con nostro figlio è bene non dimostrarci terrorizzati.

Una cosa è “non dimostrare”, atteggiamento utile in molti contesti ed un’altra cosa è invece “cercare di bloccare le emozioni”. Riusciamo a fare questo blocco in diverse modalità, la più pericolosa è la dissociazione, cioè il far finta di niente magari cercando di distrarsi.

E mentre un tempo era difficile distrarsi oggi è lo sport mondiale. Siamo zeppi di interessanti distrazioni che ci permettano di evitare un confronto diretto con le nostre emozioni. Così ti basta dare un’occhiata al cellulare, mettere gli auricolari e gli occhiali da sole.

In un mondo sempre più interconnesso diventa sempre più facile riuscire ad isolarsi e a dissociarsi dall’ambiente esterno. Questo è “il paradiso della dissociazione” che si nutre proprio di distrazioni della coscienza, di cui il mondo moderno abbonda.

Altra “tecnica di distrazione di massa dalle emozioni” è di certo il nostro sviluppatissimo intelletto con tutte le teorie che hai a disposizione. Al contrario di quanto si creda quando si provano emozioni è bene evitare (per un primo momento) di intellettualizzarle.

Cioè bisogna evitare di dare loro un significato immediato ed univoco: “mi sento giù perché Giovanni non mi ha più chiamato e non mi ha chiamato perché è uno stronzo… (o peggio) non mi ha chiamato perché io sono uno stronzo”.

E’ chiaro che ragionare su ciò che ci accade ci porta a comprendere meglio come ci comportiamo noi e gli altri, ma l’analisi razionale ed immediata delle emozioni le blocca! Blocca quel “passaggio di corrente” di cui parlavamo nel podcast.

La mia esperienza (e non solo) mi dice che è inutile cercare di riconoscere le emozioni che sorgono a livello intellettuale. Si, puoi dargli un nome come spiega Goleman, ma l’aspetto più importante è sentire che ci sono, osservarle e lasciarle andare.

Per riuscire a farlo serve pratica, e lo strumento migliore è quello di riappropriarti della tua capacità di osservare pensieri ed emozioni… la pratica della consapevolezza. Attraverso la meditazione scopri che le emozioni sono “tue alleate”.

Attraverso la pratica della consapevolezza diventi sempre più in grado di riconoscere quella alterazione dell’umore, di ascoltarla, viverla completamente e farti attraversare da quella “scarica elettrica”

Vedi quanto la metafora sia utile? 🙂 Tranquillo non devi necessariamente meditare, anche se è altamente consigliato, ma puoi semplicemente iniziare a vivere maggiormente le tue emozioni facendoti attraversare da loro, piuttosto che bloccarle con dissociazione e seghe mentali.

Nel Qde troverai alcuni esercizi specifici per trasformarti in un vero e proprio “super conduttore”. Se non ci hai capito niente di questa metafora, devi assolutamente ascoltare il podcast 😉

Collegato a questo modo di pensare c’è di certo anche quello del “fai le cose emotivamente difficili per te”. Ho lascito per ultimo questo consiglio perché è il più semplice da spiegare dato che tutti gli appassionati di crescita personale conoscono la “zona di comfort”.

Pensaci, quali sono le cose che solitamente lasci in sospeso? Con tutta probabilità sono le cose emotivamente difficili e non le cose difficili di per se. Ad esempio cambiare la batteria di un iPhone è complesso per chi non sa come farlo ma non è emotivamente difficile…

…a meno che tu non tenga tanto al tuo cellulare e che tu tema di distruggerlo durante l’operazione. Ora al di là della metafora poco calzante è chiaro che se vogliamo migliorarci dobbiamo fare “le cose difficili” e ancora meglio “emotivamente difficili”.

Il mio semplice consiglio è questo: da domani, ogni volta che avrai davanti la tua “lista di cose da fare” prova a partire con una cosa “emotivamente difficile”, non dico che debba essere “la più difficile” parti gradualmente ma fallo.

Nel giro di poco tempo scoprirai che ciò che ti sembrava difficile…puff… è diventato facile! So che suona come una banalità, l’ennesima riformulazione del concetto di “esci dalla tua zona di comfort” ma il punto è un’altro.

La verità è che quella famosa “zona” citata e stra citata dai miei colleghi, è quasi sempre basata sulla emotività. Sono le emozioni che associamo ad una determinata azione a renderla facile o difficile, piacevole o spiacevole.

Per cui quando si dice “è importante uscire dalla zona di comfort” io ci aggiungerei una piccola ma nascosta banalità: “esci dalla zona di comfort del tuo stato emotivo, fai qualcosa che ti procuri un leggero disagio emotivo per crescere”.

Questo serve anche ad evitare ed anzi invertire il famoso “evitamento esperienziale” che ho citato spesso contro il modello standard della crescita personale. Perché? Semplice, perché una cosa è affrontare le proprie emozioni ed un’altra è evitarle

Se ad esempio mi sento in colpa perché ho ferito un amico, non è di certo mettendomi a pensare che forse “se lo meritava” o addirittura cose del tipo “forse è bene che qualcuno gli insegni come stanno le cose” a farmi crescere.

Ciò che mi fa crescere e vivere il più pienamente possibile quella emozione, e per farlo, almeno inizialmente la razionalità deve essere messa “fuori dai piedi”. E’ questa “razionalità” che cerca le scuse, le giustificazioni, gli alibi per come ci sentiamo.

Quello che invece voglio dirti con l’unione di questi 2 “mindset” è proprio l’opposto:

Vivi le emozioni per ciò che sono, senza cercare di comprendere fino in fondo che cosa vogliono dirti. Se resti in ascolto con l’orecchio “della presenza” capirai anche senza “logica”

E sono spesso i tentativi di dare una logica alle emozioni ad incasinare il nostro mondo. Questo non significa che anche le emozioni non abbiano una logica, ma noi essendo all’interno del sistema difficilmente riusciremo a capire di cosa si tratta.

Ti faccio un esempio tratto dal mio lavoro. Arriva nel mio studio una persona che vuole risolvere un problema con l’ansia. Mi racconta che ogni volta che sente il suo stomaco in subbuglio pensa di avere un tumore allo stomaco.

Quando gli chiedo perché lo pensa mi risponde che avendo avuto un padre con un tumore al colon lui è convinto di poter incorrere nella stessa malattia. Cosa plausibile a livello epidemiologico (cioè statistico) ma quando gli dico, è andato a farsi vedere?

Lui risponde, si certo, e mi hanno detto più medici che sto benissimo e che non mi devo preoccupare. Lo guardo intensamente e lui continua “ma anche se mi hanno detto queste cose continuo a voler dare un senso a ciò che provo nello stomaco”.

Questo è un classico esempio di come “per dare un senso” e quindi dare una logica ad un sentimento si cercano delle cause anche atroci. Anzi spesso sembra che la causa atroce sia quasi meglio di quella psicologica/emotiva, ok questo è un altro discorso.

Ciò che conta è sapere che “se per caso la tua auto fa dei rumori strani, è praticamente inutile piangersi addosso pensando di doverla buttare via, fino a quando non andiamo dal meccanico”. E’ chiaro che ognuno sviluppa una certa sensibilità però fidati di me, le emozioni vanno vissute al loro livello emotivo prima di essere “spiegate”.

Molto spesso la spiegazione non serve a niente, se non ad incasinare ancora di più come si sente quella persona. Ripeto, questo non significa che bisogna smettere di farsi domande su come siamo fatti, ma significa ridare forza ad un modo di pensare emotivo che abbiamo dimenticato.

Quel modo di pensare che ci salva la vita tutti i giorni e di cui ti ho parlato talmente tante volte che 😉 beh…te ne ho parlato ultimamente nel post sull’intuito che spero ti sia piaciuto come questo podcast.

Preparati perché la prossima puntata sarà la numero 100 ed ho tenuto in serbo per te un super esercizio che potrai fare subito durante le tue vacanze di Natale!

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A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.