Non tutti sanno che esiste un effetto psicologico che ci porta ad essere poco gentili con le altre persone. Non tutti sanno che la gentilezza non è solo un modo per essere più educati ma un metodo per attingere pienamente al tuo potenziale. Insomma la gentilezza non è solo qualcosa che tutti vorremmo ricevere dalle persone intorno a noi ma è anche un metodo rivoluzionario per gestire al meglio noi stessi e gli altri…

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Disclaimer: se sei qui per la prima volta e non hai mai sentito parlare di “gentilezza” come mezzo per la tua crescita personale, ti chiedo di essere paziente (gentile) e di seguire tutto il discorso prima di formare una opinione. La gentilezza, intesa in questo modo, è stata studiata da moltissime ricerche. Aggiungere gentilezza alle nostre vite le migliora… ti lascio al post e alle tue opinioni. Grazie

Ho intitolato questo episodio: “il potere della vera gentilezza” perché è chiaro che esistano casi in cui è necessario NON essere gentili! Ed è chiaro che la gentilezza può a volte rivelare insicurezza e paure, diventando quello che oggi viene chiamato “pelaser” un individuo che necessita di costante approvazione dall’esterno. Per tale motivo non dice mai di no, cerca di rendere tutto più accomodante ecc. quello che in un linguaggio che a me non piace, in alcuni ambienti, chiamano “Beta”. Ecco quella NON è vera gentilezza.

La vera gentilezza a cui mi riferisco è un atteggiamento ma soprattutto un comportamento consapevole! Non lo fai reagendo al mondo ma rispondendo al mondo. Non è un riflesso di accondiscendenza ma una spinta intenzionale, per questo serve pratica per poter sentire i veri benefici del mettere in pratica la gentilezza… quella Vera 😉

Se sei gentile sei un ruffiano!

Al giorno d’oggi abbiamo idee strane sul tema della gentilezza: se per strada ci avvicina una persona con fare molto gentile come prima cosa pensiamo subito che voglia qualcosa da noi. Se il cameriere è molto gentile pensiamo che si tratti di una tecnica di marketing del ristorante e peggio di tutte, se vediamo una persona particolarmente gentile con gli altri pensiamo che sotto sotto sia un debole! Perché abbiamo questa idea stereotipica della gentilezza?

In parte perché è vero, la gentilezza può essere usata come arma di ruffianeria per manipolare l’opinione delle persone. Un tempo se il tizio di un villaggio vicino era troppo gentile significava che forse c’era sotto sotto il tranello e nella nostra società costellata dal marketing, quando uno è gentile pensiamo sempre che lo faccia per motivi economici. Forse il modo peggiore di vedere la gentilezza però non è legato all’ambito della persuasione, nel quale ovviamente ha un peso specifico molto rilevante, il problema più grave è legato alle relazioni interpersonali casuali.

Esiste un fenomeno di regressione verso la media, raccontato da Kahneman nei suoi lavori (si ancora lui), che ci mostra quanto le persone, a casa di una sorta di “cattiva valutazione” tendino a credere che essere poco gentili sia conveniente. Dato che ogni volta che siamo gentili con uno sconosciuto tendiamo a pensare che egli debba esserlo con noi, è una tendenza naturale, una aspettativa sulla quale si fonda la reciprocità dei nostri popoli; dato che ci aspettiamo questo è più facile scoprire che alla gente non importa nulla delle nostre aspettative.

In poche parole ciò significa che quando stiamo cercando di capire se sia più corretto essere gentili o meno, se dovessimo valutare il comportamento delle persone in risposta alla nostra gentilezza, probabilmente converremmo tutti sul fatto che non sia sempre conveniente essere gentili. Ora, tale tendenza è ancora una volta qualcosa che ci portiamo dal passato, una gentilezza rivolta solo a chi faceva parte del nostro gruppo e neanche così tanta. Anche perché essere troppo gentili (soprattutto con se stessi) avrebbe portato con maggiore facilità ad essere auto-indulgenti, un atteggiamento che i nostri antenati non potevano permettersi!

Dunque non stupisce che molti eroi moderni NON siano gentili, anzi siano proprio l’opposto, sono uomini e donne dure dal cuore tenero ma solo in specifici momenti. L’uomo forte non è gentile e se guardiamo bene al nostro governo attuale scopriamo con molta facilità che anche lo stereotipo femminile non ha molto a che fare con la gentilezza, e non mi riferisco solo alla nostra presidente del consiglio ma a tutte le figure di potere femminili del nostro parlamento (e non solo).

Due facce della stessa medaglia

Parlandoti di Self-Kindness in questi anni abbiamo visto quanto essa possa essere potente per la nostra crescita personale e se ricordi bene forse starai già pensando ai 2 circuiti neurali coinvolti. Infatti pare proprio che l’effetto principale dell’essere più gentili con se stessi non sia quello di farci poltrire (l’auto indulgenza cieca) ma sia invece la possibilità di tornare in sella, una volta caduti, ancora e ancora, senza farci fermare dai nostri meccanismi di difesa. Abbiamo parlato diverse volte di questo tema, clicca qui per approfondire gli effetti della gentilezza sul cervello ma il tema è molto semplice.

Quando sbagli e quando valuti te stesso nella tua interiorità, se non sei abbastanza gentile rischi di attivare uno stato di difesa cronico dentro di te. Dato che non ti piace cosa pensi di te stesso smetti di farlo, dato che non ti piace pensare di aver sbagliato inizi a punirti e questo ti fa stare sulla difensiva. La cosa peggiore è che non ti accorgi di stare sulla difensiva fino a quando non accade qualcosa che ti fa saltare, ma questo stato di attacco-fuga sotterraneo in realtà ti impedisce di accedere al tuo vero potenziale.

Pensaci, quando stai bene sei mediamente gentile con te stesso: immagina di essere bello rilassato, sei molto tranquillo e sereno e di colpo ti rovesci addosso un po’ di acqua al bar. Se sei bello sereno probabilmente ti metterai a ridere, se al contrario sei già sulla difensiva (verso te stesso) è possibile che quel semplice schizzo ti faccia schizzare! Tutti sappiamo sotto sotto che quando accumuliamo stress esso tende a farci esplodere, ma non è questo il caso, non si tratta solo di stress in generale si tratta del fatto di dover restare sulla difensiva nei confronti della persona più importante in assoluto per noi… noi stessi!

Si creano così dentro di noi come due personalità, non nel senso di una vera dissociazione, ma è come se si creassero dentro due persone che dibattono: la prima ti dice che devi essere più ………… inserisci una qualità umana (forte, risoluto, attento, premuroso ecc.) ed un’altra che invece cerca di compensare questa cosa magari dicendoti cose del tipo: ma chi se ne frega, io sono più forte, se siamo fortunati. Ma se lo siamo meno può partire un ciclo di auto svalutazione nel quale entrambe queste parti iniziano a rivolgersi contro di noi: “sono stato proprio stupido”, “si è vero, sei stupido, lo sai da sempre eppure continui ad insistere” ecc.

Ci infiliamo in cicli di valutazione e svalutazione personale, senza renderci conto che la stessa persona a cui ci stiamo rivolgendo siamo sempre noi, che il terreno di combattimento dove queste due voci si scontrano, siamo sempre noi. Quando invece riusciamo ad essere più gentili con noi stessi, quando una delle due voci riesce a dire: “Ok, hai sbagliato ma va tutto bene, ora ti riprendi un attimo e poi ci riprovi”, ecco che l’attacco-fuga si smorza e lascia lo spazio alla ricostruzione della nostra forza interiore. E’ come quando uno ti taglia la strada, pensi di volerlo ammazzare ma poi ti guarda e ti chiede sonoramente scusa, hai presente?

I bambini sanno come fare

Hai mai visto un bambino che impara a camminare o andare in bicicletta? Ecco forse è meglio parlare del primo compito, perché a quell’età siamo talmente ingenui e liberi che è ancora più facile capire dove voglio andare a parare. Hai mai visto un bambino che sta imparando a camminare (al di là di problemi specifici) darsi per vinto alla prima caduta? E alla seconda o alla terza? Molto probabilmente no, le risposte sono molte ma di certo c’entra il fatto che il bambino non ha ancora interiorizzato un giudice interiore in grado di commentare cosa sta facendo in quel momento.

Per dirla in modo ancora più prosaico, al bambino non gliene frega niente di sbagliare, il fatto che continui a cascare è una cosa naturale del processo di apprendimento. Al contrario è possibile vedere bambini più grandi incastrarsi in circuiti di auto svalutazione, magari proprio imparando ad andare in bicicletta, è più raro che accada perché sono ancora giovani ma di certo più probabile di quando hanno imparato a camminare. A furia di crescere impariamo un sacco di cose e tra queste anche come giudicare e monitorare i nostri progressi e in alcuni casi impariamo ad essere poco gentili con noi stessi.

Questa “poca gentilezza” oltre a farci stare in stato di allerta facilita quella che viene chiamata: incapacità appresa“. Ne abbiamo parlato molte volte ma essenzialmente accade quando proviamo a fare una cosa molte volte senza riuscirci, alla fine tendiamo ad arrenderci. Questo tema scoperto da Martin Seligman (che ha dato vita al campo della Psicologia Positiva) viene spiegato attraverso un modo specifico di spiegarsi le situazioni (lo stile esplicativo) nel quale tendiamo ad iper generalizzare ciò che ci è accaduto, diventando poco gentili con noi stessi.

Cioè la differenza tra chi molla prima e chi molla dopo sta anche nel modo con il quale spiega a se stesso quei fallimenti. E’ come se il bambino cadendo ripetutamente dalla bicicletta iniziasse a pensare: “tanto è inutile che ci riprovi, evidetemente non sono portato per andare in bici come gli altri”. E per aggiungere una ciliegina sulla torta potrebbe pensare: “sono proprio una frana in tutto quello che faccio”. Ora se fossimo di fronte ad un adulto, attraverso domande mirate potremmo aiutarlo a riflettere meglio sui propri pensieri, sulle proprie generalizzazioni, questo potrebbe aiutarlo (è ciò che si fa in molti tipi di terapia).

Tuttavia non è così facile, soprattutto quando siamo immersi in quella situazione e non solo per i bambini ma anche per gli adulti. Essere più gentili ci impedisce di fare iper generalizzazioni, per spiegarmi meglio torniamo all’esempio del tizio in auto che ci taglia la strada. Se il tizio ci si mette davanti e non ci chiede platealmente scusa (cosa che se colta smorza la nostra ira) potremmo iniziare a generalizzare: “ecco guarda come guida questo qui, si vede che non sa guidare. Anzi secondo me lo ha fatto apposta perché gli stiamo sulle scatole, ora gli faccio vedere io”…

Vulnerabilità e gentilezza

Cosa succede quando il tizio alza la mano e ti chiede subito scusa? Capisci che ha capito di averti recato sofferenza, capisci che ha capito di aver sbagliato. Certo potresti anche pensare che il tizio abbia paura di uno scontro con te ma in realtà la vera gentilezza sgorga dalla capacità di osservare la sofferenza. Quando il tizio alza la mano è come se ti dicesse: “ho capito di averti fatto del male, mi sono messo nei tuoi panni e ti chiedo scusa per la mia azione”. Non ti sta dicendo: “aiuto ti chiedo scusa perché ho paura di te” ma ti sta dicendo che ha riconosciuto di averti ferito.

Ed infatti la vera gentilezza sgorga da questo riconoscimento della sofferenza e dal desiderio di rimediare. Essere gentili perché si ha paura delle conseguenze è diverso dall’esserlo perché comprendiamo la sofferenza arrecata. Lo stesso succede dentro di noi: gli esercizi di self-kindness funzionano bene quando riconosciamo la nostra sofferenza e non perché pensiamo che se non siamo gentili con noi stessi le cose peggioreranno (cioè per paura). Il paradosso è che ciò può condurre ad avere paura della propria sofferenza e di conseguenza, di conseguenza cercare di evitarla.

Per essere gentili dobbiamo entrare in contatto con la vulnerabilità, nostra e altrui. Le esperienze della nostra vita e la cultura attuale ci rendono molto poco aperti alle nostre vulnerabilità, anzi potremmo affermare quasi che non ci sia tempo migliore per poterlo fare. Perché non è che prima si stesse meglio a tal proposito, la cura e la gentilezza nelle relazioni come qualcosa di realmente positivo è qualcosa di molto moderno. Ecco che oggi abbiamo una grande possibilità, quella di educare con più gentilezza e anche insegnare la gentilezza come strumento per vivere meglio.

Per questo abbiamo scritto un libro per bambini, è uno strumento duplice che aiuta sia i genitori che il piccolo a fare esperienza consapevole della gentilezza. Il che implica uno sviluppo migliore delle abilità di empatia, mentalizzazione, cioè costruzione di come funziona la propria e l’altrui mente. Tale processo non ha mai fine ma ciò che sappiamo dalla psicologia evolutiva (quella dei bambini) è proprio attraverso un rapporto “gentile” che si forma con più una base sicura in grado di farci esplorare il mondo. In grado di attivare il senso di curiosità ed esplorazione.

Questa cosa succede anche da adulti, magari dopo che la persona in auto davanti a voi ha alzato la mano e magari sorriso, iniziate a chiedervi cose su di lei. “Chissà magari è di fretta perché ha un’urgenza o semplicemente è stata un po’ sbadata. Chissà dove sta andando”, possono scattare pensieri che ci portano ad essere curiosi e non a cercare la lotta o la difesa (o interromperla quasi subito a seguito della gentilezza). Insomma spero che sia chiara questa analogia con ciò che succede dentro di noi quando ci trattiamo male, quando ci “tagliamo la strada da soli”.

La ricerca

Questa parte sarebbe scontata ma so che non tutti seguono questi temi. La ricerca sul tema della gentilezza verso se stessi e verso gli altri è enorme, ti basta dare un’occhiata su Google scholar (seleziona “articoli scientifici”, cerca parole come kindness, self-kindness ecc.) per vedere quanta letteratura c’è a disposizione. Trovi di tutto, anche studi che cercano di smontare queste idee, come in ogni ambito serio di ricerca. Essere un pizzico più gentili con noi stessi e con gli altri implica uno sforzo rilevante, soprattutto da adulti e soprattutto se non siamo abituati a farlo… sembrerà assurdo ma cerchiamo di essere più gentili proprio nei confronti di questi sforzi.

Ti invito ad ascoltare le puntate linkate qui in alto per comprendere al meglio tutto questo discorso. Di mezzo non ci sono solo prove empiriche, cliniche neuroscientifiche ma ci sono anche tradizioni millenarie che da sempre parlano di qualcosa del genere. Sono davvero convinto che un pizzico di gentilezza in più in ogni aspetto della nostra vita non possa fare altro che migliorarlo, la gentilezza è una sorta di agglomerante che ci consente di unire insieme le persone, le situazioni e soprattutto le nostre risorse interiori!

Piccola nota dolente: hai presente la storia degli atti di gentilezza fatti a caso? Quelli citati nella puntata e spesso in generale nel campo della psicologia positiva? Ecco è uscita una recente menta-analisi che ci dice che non avrebbero molto effetto sulle persone. In realtà le cose sono più complesse di così, ci sono moltissime altre ricerche che ci dimostrano la forza della gentilezza in termini sperimentali. Ma la cosa più importante che tu possa fare e NON credere né a me e né alla ricerca, cercare invece di sperimentare sulla tua pelle.

Inizia ad essere più gentile verso te e verso gli altri, fai piccoli atti di gentilezza casuali soprattutto quando non ne hai voglia. Vedi un tizio che avrebbe bisogno di aiuto e pensi: “ok dovrei aiutarlo ma sono di fretta” ecco fermati e aiutalo se puoi, poi prova a notare come ti senti. Nel podcast ti ho detto che ti senti bene anche solo facendo gesti gentili, ed è vero, bisogna ricordare che la cosa su cui abbiamo maggiore controllo sono le nostre azioni.

Non possiamo cercare di sentirci sempre gentili, di guidare le nostre emozioni e i nostri pensieri, questi sono simulatori che tendiamo a trattare per oracoli, possiamo invece sempre decidere di agire. Non significa che abbiamo il 100% di controllo sulle azioni ma di certo è qualcosa di più semplice da fare per ottenere risultati… e poi è chiaro che facciamo le cose con noi stessi, con tutto noi stessi. Agire gentilmente vi condurrà a notare più facilmente le vulnerabilità, migliorerà le vostre capacità di costruire una buona teoria della mente vostra e altrui e ripetiamolo…

La gentilezza vi condurrà ad accedere con maggiore facilità al vostro vero potenziale!

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.