Ti piacerebbe sapere “toccare il cuore della gente” grazie alla tua comunicazione? E’ ciò che ci ha raccontato Jeffrey Zeig il direttore della Milton Erickson Foundation.
Zeig è noto in tutto il mondo per essere stato uno degli allievi più rappresentativi di Milton Erickson e per aver preso così “la sua eredità” sulle proprie spalle.
Io e Manuel lo abbiamo intervistato, e come abbiamo fatto con Yapko anche questa volta troverai l’intervista doppiata da me… e subito sotto quella originale fatta dal dott. Manuel Mauri. Buon ascolto…
Ecco la versione originale:
Vieni a conoscere Jeffery Zeig il 2 e 3 giugno 2017 a Bologna… insieme a Giorgio Nardone e Robert Dilts
Ringrazio ancora Manuel Mauri, puoi trovare il suo lavoro su www.ipnosistrategica.it
La comunicazione evocativa
Come probabilmente già sai “la comunicazione evocativa” non è niente di nuovo, è conosciuta da millenni da retori ed oratori di ogni parte del mondo.
Tuttavia, nel nostro bel mondo moderno ci stupiamo spesso del fatto che in determinate circostante sia più utile affidarsi “al cuore”, ai sentimenti o come avrebbe detto Erickson “all’inconscio”.
E sempre più studi scientifici sono d’accordo con questo punto di vista quando desideriamo fare appello a qualità creative e a qualità intuitive della psiche.
Evocare sentimenti, emozioni, ricordi, associazioni è questo lo scopo della “comunicazione evocativa”…appunto evocare, richiamare.
Informazione Vs Esperienza
Se ti descrivessi per filo e per segno come ho imparato a suonare la chitarra questo ti aiuterebbe ad imparare a suonarla a tua volta? Assolutamente no.
Tuttalpiù il mio esempio potrebbe ispirarti e farti venire voglia di imparare ma non darti delle vere e proprie direttive su come fare.
E’ chiaro che l’informazione è utile, ma lo è di più per chi ha già una base esperienziale, cioè si è “già tuffato in acqua”, “ha già iniziato a strimpellare”, ecc.
Milton Erickson era il genio della comunicazione “analogica”, un tipo di linguaggio che mirava ad evocare sensazioni e sentimenti più che ragionamenti e piani ben precisi.
E’ la lingua dei poeti
Quando qualche giovane collega vuole imparare l’ipnosi e mi contatta resta sempre po’ sorpreso dal tipo di linguaggio che si utilizza. Ce lo ha descritto bene Yapko nella scorsa intervista:
Yapko ci racconta di quanto fosse sorpreso di ascoltare un linguaggio che sembrava avesse nessuna attinenza con l’oggetto “scientifico” che stava studiando, la psicologia.
Scherzando dico ai miei clienti: “adesso ti dirò una massima da Bacio Perugina” (no non è uno sponsor del blog ;)) e sparo una frase iper evocativa.
E’ la lingua dei poeti che cercano di creare simboli, cioè “condensati di significato” in pochi versi e guarda caso, è una comunicazione che funziona da sempre.
Secondo alcuni è la lingua originaria
Se ascolti una qualsiasi conferenza di Umberto Galimberti troverai quasi di certo un’affermazione del genere: “E’ Platone che ci ha insegnato a parlare come facciamo oggi, in maniera razionale”.
Secondo il noto filosofo (e non solo) prima che Platone rivoluzionasse il modo che possediamo di parlare, introducendo la logica nel discorso, le persone parlavano maggiormente per analogie è metafore.
Omero non avrebbe mai detto “Ulisse è coraggioso” ma avrebbe detto “Ulisse è come un leone”. E secondo altre teorie sull’evoluzione del nostro cervello i due emisferi erano “più separati di oggi”.
Si chiama “teoria della mente bicamerale” dove, avendo gli emisferi più separati dovevamo necessariamente comunicare attraverso “ponti di significato”… appunto metafore ed analogie.
L’infinito contributo di Erickson
Queste intuizioni non sono nuove e già gli antichi retori sapevano che se volevano convincere dovevano anche fare “leva sugli animi” (il pathos del discorso).
Ma il genio moderno dell’utilizzo pratico di questo tipo di comunicazione è stato indubbiamente Milton H. Erickson che ha reso “l’evocazione” volontariamente terapeutica.
Per Erickson ogni azione evocativa era rivolta al richiamo di risorse interiori nel paziente, all’insegnamento di un qualche concetto complesso attraverso l’insight.
Non era tanto uno scambio maieutico, dove attraverso intelligenti domane tirava fuori le questioni più importanti, (cosa ovviamente presente) ma era tutto “evocativo e pragmatico”.
La pragmatica della comunicazione umana
La comunicazione evocativa aveva per Erickson un preciso obiettivo, quello di far sperimentare sensazioni e sentimenti nuovi in vista di “azioni e comportamenti” nuovi.
La comunicazione rivolta ad una azione si chiama tecnicamente “pragmatica”, e guarda caso i famosi autori di uno dei libri più dirompenti degli anni 70 erano “fan di Erickson”.
E’ grazie a Bateson e al suo gruppo che il lavoro di Milton Erickson è stato notato, sono stati loro ad accorgersi di quanto fosse abile ad utilizzare questo genere di comunicazione.
In un periodo dove il massimo della terapia era la “neutralità”, il “non intervento”, le comunicazioni di Erickson erano invece intenzionate, erano rivolte precisamente a fare fare qualcosa.
Utilizzazione, Tailorismo e impacchettamento
All’inizio dell’intervista Zeig ci racconta di come questo suo supervisore lo avesse iniziato all’ipnosi. Lui si aspettava qualcosa di direttivo e rituale ed invece si è ritrovato a sentire cose come:
“Nota il movimento delle tue dita sulla sedia, nota come questo schema si modifica e nota le tue braccia ecc.”. Perché l’ipnotista faceva così? Se conosci il termine utilizzazione sicuramente lo sai.
Per utilizzazione s’intende la capacità di prendere qualsiasi cosa porti il paziente in seduta ed utilizzarlo per gli obiettivi prestabiliti in terapia.
Nell’esempio di Zeig, lo psichiatra lo invitava a notare il suo nervosismo attraverso il movimento delle dita con lo scopo di farlo entrare in trance ed insegnarli qualcosa sull’ipnosi.
Il “taylorismo ericksoniano”
No non è quello industriale ma l’idea di riuscire a “cucire addosso al paziente” l’intervento terapeutico. Quindi tailorizzare significa “fare su misura”.
Potremmo dire che questo è un termine post-ericksoniano (coniato da Zeig) per descrivere l’abilità che aveva Erickson nel creare terapie uniche per ogni paziente.
Zeig ha fatto la stessa identica cosa quando ci ha parlato del “Gift wrapping” (impacchettamento) descrivendoci una delle metodiche più potenti della comunicazione ericksoniana.
L’importanza del pacchetto
Appena tornato da Phoenix nel 2009, Manuel mi ha subito raccontato di questo strano concetto dell’impacchettamento, una sorta di tailorizzazione di ogni messaggio.
In realtà se fai una ricerca su psinel poteresti addirittura trovare qualche post scritto in quel periodo riguardo proprio queste modalità di comunicazione.
Tutti sappiamo quanto sia importante la “forma della comunicazione” ma qui non si tratta solo di dargli un “bell’aspetto estetico”, non si tratta di fare “poesia per fare poesia”.
Si tratta di impacchettare il messaggio in modo che l’altro possa comprenderlo al meglio. Se ad esempio si occupa di motori è meglio inviargli il messaggio parlandogli di motori (facile no?).
Sembra facile ma non è semplice
Ci risiamo ancora una volta con sta storia del “facile e semplice”! Si è facile creare metafore che accompagnino i tuoi messaggi ed in realtà lo fai sempre, tutti i giorni.
Non è facile farlo volontariamente con un obiettivo specifico. Perché? Perché per farlo devi innanzi tutto ascoltare con molta ATTENZIONE ciò che l’altro ti sta dicendo.
Serve un certo grado di “presenza” non solo nell’atto dell’ascolto ma anche in quello del “rimando”, cioè quando tu poi gli dici la metafora che hai costruito.
Ed inoltre c’è tutto un discorso legato alle “intenzioni dei due parlanti”… insomma ancora una volta si tratta di qualcosa di “apparentemente semplice ma di non facile.
La presenza di Milton Erickson
Come sai ho più volte ipotizzato il fatto che una delle abilità più assolute di Erickson fosse quella della presenza nel qui ed ora. L’abbiamo argomentato proprio attraverso le sue parole.
Erickson diceva spesso “ora, adesso, in questo momento ecc”, tutte frasi interpretate con l’intento di focalizzare l’attenzione per creare la dissociazione.
Ma se le ascolti con attenzione scopri che il suo obiettivo era quello di farti osservare la tua realtà momento per momento, proprio come nella nostra cara meditazione… nel Qde troverai di tutto e di più 😉
La comunicazione ipnotica è: “parlare in modo lento, incisivo e significativo, e sentire letteralmente in se stessi, momento per momento, il pieno significato di ciò che si dice” (M.H. Erickson).
Ecco un buon esempio di ipnosi
Se capisci l’inglese puoi vedere qui sotto un video molto interessante dove Zeig spiega moltissimo sull’ipnosi e fa anche una ottima dimostrazione dal vivo (intorno al quindicesimo minuto).
La crescita personale
Si lo so avrei dovuto mettere questo paragrafo all’inizio del post, dopotutto l’obiettivo dell’intervista era chiedere a Zeig che cosa ne pensasse della crescita personale e dell’auto-aiuto.
Come hai sentito tu stesso Zeig è perfettamente “in linea” con le nostre precedenti interviste. Come avevamo previsto già nel 2007… non esiste crescita personale senza psicologia…
…e psicologia senza crescita personale.
A presto
Genna