“Il potere logora chi non lo ha” rispondeva Andreotti in una nota intervista, questo non lo sappiamo ma una cosa è certa, il potere modifica le nostre percezioni e le nostre attribuzioni di significato. Il fatto di possederlo o meno all’interno di una data situazione modifica il nostro modo di comportarci.
Da sempre filosofi e pensatori hanno dibattuto su questa tematica perché ha una valenza sociale cruciale, per la prima volta nella storia del pensiero umano abbiamo una buona mole di evidenze empiriche su tali visioni del potere.
Spoiler: No, la soluzione non è eliminare ogni forma di potere o ridistribuirlo in ogni caso… buon ascolto:
Una faccenda complessa
Come abbiamo visto nel recente episodio dedicato alle discussioni difficili ogni argomento complesso porta le persone a creare opposti semplici, il bias binario. Sul potere questi opposti possono essere rappresentati dal pensare che la soluzione sia “eliminare il potere” (potere si, potere no) oppure “distribuire il potere” (si o no) ecc.
La nostra specie si è evoluta attraverso la cooperazione, per riuscire a far interagire diversi membri di un villaggio e soprattutto coordinarli, è stato necessario creare gerarchie. Tutti gli animali sociali hanno una gerarchia, certo questo non significa che sia un bene anche per l’animale umano. Anzi, questo è uno di quei casi che fanno vacillare l’idea che “naturale” significhi necessariamente “buono”.
Tuttavia è innegabile il fatto che la cattiva distribuzione del potere sia una delle cause principali del mali del mondo. Lo so sto generalizzando ma non credo di andarci troppo lontano, possiamo vederlo nel nostro piccolo: con il capo dispotico, il manager sadico o l’impiegato delle poste altezzoso. Potremmo chiamare in causa fiumi di letteratura psicologica (e filosofica) per spiegare questi effetti ma le cose sono evidenti.
Ciò significa che siamo cattivi? Forse qualcuno è più cattivo di altri ma di certo gli studi di Paul Piff che abbiamo visto in questo episodio ci mostrano chiaramente quanto, una piccola dose di “potere artificiale” possa modificare l’atteggiamento, le percezioni e la valutazione delle persone.
Potremmo chiamare in ballo ancora tutti gli studi (citati in puntata) da Zimbardo a Milgram tuttavia quelli di Piff son o talmente eclatanti… ragazzi è una semplice partita a Risiko, non ha dovuto costruire una finta prigione o allenare degli attori a fingere di prendere scosse!
Lezione uno e lezione due
Come probabilmente sai x sogno da sempre che un giorno la psicologia, quella “vera”, quella basata su evidenze sperimentali, venga insegnata nelle scuole. Ed immagino già la prima e la seconda lezione: “vedete ragazzi, noi siamo pieni di bias che funzionano in questo modo. La seconda lezione vi mostrerà un bias interessante che vi consentirà di mettere in discussione anche la mia autorità in quanto professore”.
“La seconda lezione vi dice che, chi ha più potere in una qualsiasi relazione, tende a modificare il modo con cui vede il mondo”. Lo so, sono un po’ esagerato, ma sarebbe bello che una cosa del genere venisse insegnata a scuola, non per crescere squadre di rivoluzionari ma persone consapevoli. Farlo quando il cervello è super attivo e plastico potrebbe migliorare la nostra società in molti modi.
Gli psicologi studiano da più di un secolo l’interazione con la società, si chiama psicologia sociale. Anche se ha questo nome dall’aria molto umanistica è una delle aree della psicologia più empiriche. Tra gli esperimenti più affascinanti di questo campo è proprio questo tipo di psicologia ad avere i dati più interessanti.
Cialdini, Zimbardo e altri autori che abbiamo nominato migliaia di volte qui e che probabilmente hai sentito nominare da una valanga di formatori, rientrano tutti nell’ambito della psicologia sociale. Ebbene una delle prime cose che si studia in questo campo è come e quanto la nostra mente tenda a costruire categorie, schemi, stereotipi e pregiudizi.
E soprattutto quanto questi ci servano da un lato per risparmiare energia e dall’altro siano la causa principale non solo dei nostri errori di ragionamento ma anche delle nostre percezioni. Non so se lo sai ma probabilmente, se mi stimi e mi segui da tempo mi immagini più alto di quanto sono e viceversa (per la cronaca sono basso 1e78 cm).
Percezione e mente
Uno dei primati di PsiNel è stato quello di portare nel campo della crescita personale l’idea di embodiment o emboided cognition. Sì lo so che ci sono tanti che ne parlano oggi ma posso assicurarti (tirandomela un bel po’) che siamo stati i primi, non è perché siamo più intelligenti degli altri ma è perché abbiamo iniziato prima con un approccio scientifico.
Quindi negli anni passati abbiamo visto che: se una moneta è più grande viene percepita come di maggiore valore, non solo anche se è più pesante ed anche il contrario. Cioè se si chiede ad una persona di indicare la moneta con maggiore valore si tenderà a propendere verso quella che pesa di più o di diametro maggiore.
Abbiamo visto che un curriculum fisicamente pesante viene apprezzato maggiormente, quindi se vuoi inviare un curriculum efficace usa carta pesante (metti tutto ciò che può appesantirlo) ecc. Abbiamo visto che Silvio Berlusconi così come altri uomini di potere vengono valutati quasi il 30% più alti di quanto non siano nella realtà ecc.
In altre parole ciò che ci circonda, in base alle sue qualità (reali o immaginate) modifica nettamente la nostra percezione. Ecco, lo stesso vale per chi ha potere e sa di averlo e per chi subisce il potere sapendo di essere di fronte ad una persona con tale ruolo.
Tutti potremmo giovare nel conoscere queste evidenze ma credo che coloro i quali possono realmente trarne un reale vantaggio competitivo, siano proprio le persone che gestiscono il potere. Perché sapere di sopravvalutarsi, sapere di poter ricadere in determinati bias specifici, può aiutare questa gente a migliorarsi, paradossalmente ad acquisire ancora più potere.
Ti avevo avvisato
Ti ho avvisato il problema non è il potere ma come lo gestiamo. Così come il problema non è tanto avere a disposizione un coltello ma chi lo impugna e per quale motivo. Non possiamo vivere senza coltelli, così come non possiamo vivere senza centri di comando, certo possiamo migliorarli, possiamo rendere la cosa condivisa, possiamo trovare nuove strutture e catene, ma ci sarà sempre una gerarchia.
Ora il problema è che molte persone di potere lo diventano proprio perché il loro desiderio è quello di sentirsi tali. Quindi quel manager a cui stai pensando non ha fatto carriera solo perché è bravo o perché ama la sua azienda, ma anche perché adora esercitare il potere. Questa è una cosa che sappiamo da secoli, anche se in realtà è una prerogativa delle società moderne.
Infatti mentre fino a pochi secoli fa o ci nascevi con il potere o raramente potevi raggiungere posizioni del genere, oggi tutti con una buona preparazione possiamo aspirare a diventare “persone di potere”. Il rischio è quindi che una persona capace, dalle buone intenzioni, si possa trasformare proprio in quello stereotipo del capo dispotico, non tanto per mancanza di abilità ma perché sottovaluta il “fascino tentatore del potere”.
Questo discorso non deve però farci abbandonare il cardine della realizzazione personale: la responsabilità. Per quanto sia vero che c’è tale tendenza, ognuno è responsabile dei propri comportamenti. Per cui, se sei un capo e dopo aver ascoltato questa puntata ti stai chiedendo se sei stato vittima di questo effetto, allora probabilmente è così, ma devi assumertene la responsabilità.
Sapere come funzioniamo non dovrebbe mai fungere da scusa per le nostre malefatte, se ci accorgiamo di essere stati dei “capi dispotici” possiamo fare davvero tanto, anche magari citando questa puntata. Sì avete capito bene, fate una bella prestazione e citatemi… nel Qde vi mostro al meglio come fare 😉
A presto
Genna