Quante volte hai sentito parlare di linguaggio del corpo? Oggi è talmente noto come termine che viene usato anche negli sport. “Ehi guarda il linguaggio del corpo di quel tizio, si vede che sta dominando”. In campo psicologico da anni girano libri, corsi e contenuti che cercano di rivelare come interpretare questo tipo di comunicazione sottile che ognuno di noi inevitabilmente mostra agli altri… oggi ti racconto cosa c’è di vero e cosa c’è di falso in questo campo!

Partiamo dalle basi

Il linguaggio del corpo non è propriamente un linguaggio, cioè non ha le stesse regole di sintassi e di semantica che appartengono al modo con il quale intendiamo questi termini. Questa faccenda potrebbe sembrare una cosa tecnica ma è in realtà alla base di uno dei fraintendimenti più grandi di questo campo: infatti se ti illudi che sia come “il linguaggio verbale” significa che scavando potresti trovare le regole per interpretarlo, così come esistono regole esplicite ed implicite per l’interpretazione del linguaggio verbale.

Nonostante questa differenza ci sono aspetti di somiglianza molto forti, come ad esempio la polisemia, cioè il fatto che una parola possa avere più significati e la contestualità, il fatto che senza contesto è davvero difficile capire cosa significhi una certa parola. Questo vale anche per il linguaggio non verbale. Come ormai sanno anche i muri questo tema è diventato famoso in ambito psicologico da quando un tizio, con un nome molto particolare Albert Mehrabian, ha fatto alcune ricerche sconvolgenti. Scoprendo che in determinate circostanze il linguaggio verbale aveva impatto sulla comprensione del messaggio di solo il 7%!

Tutto ciò ha fatto nascere un sacco di leggende, quasi a dire che il verbale sia praticamente inutile, per fortuna le cose non stanno così. Intanto diciamo che lo stesso autore ha cercato di fermare questa diffusione sbagliata senza riuscirci (basta andare sul suo sito) e poi altri autori hanno ripetuto l’esperimento. Una cosa sola è stata sempre confermata: il linguaggio non verbale costruisce il contesto di comprensione del verbale, cioè come dici le cose fa capire alle persone se stai scherzando, se sei arrabbiato, se sei innamorato o attratto da qualcosa, senza neanche dirlo ecc.

Come raccontato e probabilmente avrai visto numerose volte, possiamo dire ad una persona “sei un maledetto”, ed in base al tono di voce che usiamo possiamo suonare: giocosi, arrabbiati, indispettiti, indagatori, seduttivi, ecc. Quei geni di Palo Alto che hanno analizzato la famosa pragmatica della comunicazione umana affermavano che il non verbale meta-comunica, cioè veicola un significato meta che in realtà da vero senso alla frase. Se ti dico quelle parole in modo scherzoso di fronte ad una terza persona che non ci conosce bene capirà subito alcune cose:

Per prima cosa capirà che state scherzando, come seconda cosa comprenderà che tu e la persona con cui state parlando avete un rapporto speciale. Probabilmente vi conoscete o la vostra conoscenza di quel momento vi consente di giocare e scherzare (anche solo il contesto potrebbe permetterlo, magari ad una festa tra amici ecc.). Insomma quel tono di voce veicola un sacco di significati importanti, ma non lo fa nello stesso modo in cui lo fanno le parole, cioè in modo abbastanza preciso ed univoco. Questo accade a tutto ciò che c’è di “antico dentro di noi”: è efficace ma non è preciso.

Efficenza e precisione

Il linguaggio non verbale non è studiato solo dagli psicologi e dagli studiosi di tutti i tempi, ma anche dagli etologi, da coloro i quali studiano gli animali. Si perché si tratta di un modo di comunicare antico che probabilmente abbiamo evoluto anche noi da un modo pre-verbale di comunicare. Tutte le cose “antiche” (per antiche intendo che condividiamo filogeneticamente con i nostri antenati e con gli animali) sono efficienti ma poco precise: ci salvano la vita anche a discapito della verità. Un altro tipo di linguaggio antico che condividiamo con gli animali sono le emozioni, anche loro sono efficienti ma non precise.

Sto passeggiando in un bosco e di colpo sento un rumore dietro ai cespugli, di colpo il mio sistema di attacco-fuga si attiva, i miei sensi di espandono e i miei muscoli sono pronti all’azione. Magari è stato solo un colpo di vento, tuttavia la reazione che abbiamo è del tutto simile a quando stiamo per reagire ad una reale minaccia. Al nostro organismo non gliene frega niente della differenza, perché anche se sbagliasse 99 volte, quella occasione in cui c’è un serpente vi salverebbe la vita e la nostra sopravvivenza vale la pena di sbagliare 99 volte su 100.

La stessa cosa può capitare quotidianamente con il linguaggio non verbale: vedi un tizio che viene verso di te con fare minaccioso, ti prepari a discutere o a difenderti fisicamente (o alla fuga) ma di colpo ti rendi conto che sta proseguendo per i fatti propri. Magari è arrabbiato con la persona dietro di te oppure con la persona con la quale sta facendo una telefonata dagli auricolari. Mi capita spesso di vedere gente che parla da sola e da psicologo penso: “un comportamento interessante” e poi mi accorgo che stanno chiacchierando con gli auricolari. Insomma siamo efficienti ma non precisi nell’interpretare gli altri.

La cosa straordinaria è che in realtà noi leggiamo questo tipo di comunicazione in ogni interazione, che sia con conoscenti vicini a noi (nella nostra zona di intimità) o con sconosciuti che ci passano accanto (anche a distanza di metri). Monitoriamo costantemente ciò che ci circonda e ci adattiamo, se non mi credi la prossima volta che vai in una grande stazione ferroviaria, prova questo gioco. Siediti e osserva le persone che sono in piedi a guardare i tabelloni del treno, vedrai che fanno tutte piccoli movimenti di aggiustamento per consentire alle altre persone di avvicinarsi, allontanarsi, passare oltre ecc.

Ci influenziamo vicendevolmente in una danza incredibilmente affascinante, lo abbiamo visto molte volte in passato in queste puntate. Quindi in realtà noi siamo bravissimi a leggere il linguaggio non verbale, questo funziona molto bene quando accade in modo spontaneo le cose tendono a diventare difficili quando ci serve maggiore precisione. Capire che un tizio è di fretta e per questo ti ha urtato andando al binario è facilissimo, capire se è un borseggiatore che forse ci ha urtati per derubarci è un po’ più complesso (soprattutto se sfrutta proprio il contesto della stazione).

Psicologia complice e segnali deboli

Lo studio del comportamento non verbale per interpretare le intenzioni altrui inizia da molto lontano, nella modernità con il nostro Freud. E’ stato tra i primi a dichiarare che per quanto una persona volesse celare le proprie intenzioni le sue mani, il tono della sua voce l’avrebbe in un qualche modo tradita. Il tema era semplice: esiste un inconscio che agisce senza che tu lo sappia proprio attraverso il tuo corpo. Ora questa ipotesi è sulla bocca di molti colleghi tuttavia, per quanto vera da molti punti di vista, in realtà non esistono segnali univoci e precisi non verbali! Nuovamente, efficienza ma non precisione.

Il problema è che quando inseriamo le molte variabili psicologiche come: aspettative, scopi, influenzamenti (priming), tono dell’umore ecc. Diventa abbastanza difficile decifrare dei gesti e, come già detto in puntata, più conosciamo la persona e più è possibile che anteporremo anche i nostri desideri, scopi e aspettative. Purtroppo con le variabili psicologiche accade anche con gli sconosciuti: immagina di vedere una ragazzo o un ragazzo di piacevole aspetto, mentre stai camminando ti guardano con un leggero sorriso. Ora, se pensi di essere attraente o di avere un aspetto simpatico penserai di aver fatto, in un qualche modo colpo su quella persona.

Viceversa, se pensi di non essere attraente o di non essere simpatico, potresti pensare che ti stesse prendendo in giro o che sorridesse alla persona dietro di te. Ma se accade con conoscenti e non, come mai affermo che siamo molto bravi a leggerlo? Perché è assolutamente così, non potremmo camminare in un luogo affollato se non riuscissimo a leggere il non verbale altrui. Non solo non potremmo neanche guidare in mezzo al traffico, per quanto esista un Codice della Strada, questo non è sufficiente a garantirci di riuscire a comprendere, leggere, le intenzioni degli altri automobilisti.

Se ci pensiamo bene però capire come si sposta una persona, se è aggressiva o meno in un determinato vicolo buio, sono cose molto lontane dal capire se una persona sta avendo pensieri positivi o negativi verso di noi durante una conversazione. Per non parlare dei singoli gesti che dovrebbero rappresentare qualcosa: le manipolazioni del volto, il toccarsi i cappelli ecc. Quindi questi gesti non indicano nulla? No, probabilmente indicano qualcosa ma capirlo con precisione è difficile e potrebbe portare fuori strada chi cerchi di comprendere le intenzioni altrui.

Questi segnali in realtà non sono deboli (come ho scritto nel titolo del paragrafo) ma sono zeppi di rumore, cioè di molte altre informazioni che tendono a coprire il segnale da catturare. Il che rende ancora più difficoltoso trovare una spiegazione a quei gesti. Un’altra obiezione a queste mie osservazioni consiste in quegli studi che hanno dimostrato (anche se con poche evidenze serie) che non fare gesti manipolativi durante un colloquio di lavoro, non incrociare le braccia ecc. aumentano la probabilità di essere assunti o di essere valutati positivamente.

La cultura: ciò che pensi è spesso ciò che vedi

Potrà sembrare assurdo ma diverse ricerche indicano che, esperti di selezione, così come i poliziotti, studino ancora su certi testi che indicano una interpretazione specifica. Per tanto, anche se avere le braccia conserte non indica realmente chiusura, loro pensano che sia così e quindi stare con le braccia e gambe aperte, aumenta la probabilità di essere valutati positivamente. Non solo, la cultura cinematografica di personaggi perfetti, che hanno solo mimiche perfette, ci ha convinti che quello sia il modo giusto di comportarsi.

La giurisprudenza è zeppa di errori compiuti da agenti di polizia, giurie e addirittura avvocati che si sono fatti prendere da un comportamento bizzarro. Un caso emblematico sembra essere il caso di Amanda Knox, la quale fu accusata di aver ucciso l’amica e compagna di studi Meredith Kercher, proprio sulla base di alcuni comportamenti bizzarri. Come ad esempio, durante un sopralluogo sulla scena del crimine, aveva fatto una piroetta su se stessa canticchiando una canzone, che non è proprio ciò che ci si aspetta da una persona in quella situazione.

Quindi se fai un colloquio di lavoro o se devi essere valutato bene, cercare di dimostrare calma, non manipolarti il viso, stare aperto con la postura, sono tutti ottimi consigli. Ma non è perché realmente chi mostri comportamenti del genere sia realmente peggiore da assumere, a meno che non vogliate assumere una persona che sembri competente e non che lo sia davvero! Personalmente ho conosciuto professionisti con l’aspetto trasandato, pieni di movimenti stereotipati, zeppi di idiosincrasie tra verbale e non verbale… eccezionali nel proprio lavoro e nella propria vita!

Alle scuole medie, mentre giocavo una partita appassionata di palla avvelenata, ho colpito in pieno viso una mia compagna di classe facendole parecchio male. Il professore mi ha mandato dal preside adducendo: “l’ha colpita con l’intenzione di farle male”. Posso assicurarti che non era così e per fortuna l’ha capito subito anche il preside! Anche in quel caso il prof. ha confuso la mia trance agonistica con un intento malevolo. “Guarda è tutto rosso, sembra arrabbiato (si perché quando ti accusano ti arrabbi) sicuramente l’ha tirata appositamente per fare male”. No io volevo solo giocare, forse competere, mica colpirla in volto.

Ciò che pensi è spesso ciò che vedi, significa che probabilmente il prof. ha usato un senno di poi senza rendersene conto. Lo facciamo tutti e lo facciamo sempre nel giudicare le azioni altrui: cerchiamo una causa e mescoliamo ciò che vediamo con ciò che abbiamo visto per darci ragione, per trovare un colpevole, per trovare un senso a cose che molto spesso non hanno (quel) senso. Tutto questo non significa che sia sbagliato studiare il linguaggio del corpo, imparare ad osservarlo e spostare la nostra attenzione su questo mondo, è meraviglioso, ma dovremmo farlo come dei naturalisti che osservano la natura.

Entrare in relazione

Osservare senza interpretare è una delle cose più difficili in assoluto, perché il nostro cervello adora dare senso alle cose. Leggere testi che ti danno “delle interpretazioni univoche” rischia di farti leggere il tuo punto di vista, non l’altra persona. Senza contare l’aspetto più pericoloso di tutti: se sei intento a cercare di capire il non verbale del tuo interlocutore rischi di perdere il contatto con quella persona. Cioè l’aspetto fondamentale di ogni comunicazione, la relazione, l’interazione tra di voi e non l’analisi logica reciproca di gesti e parole.

immagino che questa cosa possa confondere: dato che nella puntata ho detto che più ci conosciamo e più è difficile interpretare l’altra persona, perché la relazione dovrebbe essere la soluzione? Perché la relazione è un metro di misura che tutti conosciamo intuitivamente: tutti (più o meno) sappiamo quando le nostre parole feriscono un amico o il partner. Se non lo sappiamo è perchè in realtà quando succede ci disconnettiamo dalla relazione; anche questo può accadere per varie ed eventuali (anche in modo inconscio) tuttavia è la modalità con la quale da millenni cerchiamo di comprendere il prossimo.

La madre che va dal figlio, si siede accanto a lui e gli dice dolcemente: “va tutto bene?” lo fa perché nota, proprio attraverso la sottile e profonda relazione, che qualcosa non le quadra. Ed è anche la cosa che tende a sfumare quando i ragazzi iniziano a diventare indipendenti durante l’adolescenza, per non sentirsi più bambini accuditi dai genitori, tentano di evitare la relazione e di tanto in tanto anche i genitori lo fanno perché gli adolescenti sono più complessi da comprendere dei bambini. Lo fai anche tu istintivamente con le persone che ami e di cui ti importa davvero.

Immagina di essere con tua moglie ed un gruppo di altri amici (alla mia età presumibilmente altre coppie). Avete appena finito una bella cena ed un amico esclama: “su ragazzi facciamo i giovani e andiamo in quel locale”. Cosa fai per capire cosa vuole fare il tuo partner? Beh semplice, lo/la guardi negli occhi e cerchi di capire se desidera andarci o meno. Certo poi magari le chiedi dolcemente cosa ne pensa, ma dal semplice sguardo e dalla conoscenza pregressa capisci tutto. Se al contrario per qualche motivo se disconnesso dal tuo parnter, questa cosa non accade… e spesso porta a grossi litigi.

Ergo, se vuoi interpretare bene il linguaggio non verbale di chi ti sta accanto non guardare quello, pensa in termini di relazione e non di analisi di un linguaggio segreto da interpretare. Altrimenti sai cosa succede? “Beh cara sembravi entusiasta, ho notato dal tuo non verbale che volevi proprio andare in quel locale, l’ho visto dal tuo entusiasmo”. Insomma un bel casino che emerge ogni volta che pensiamo di poter leggere in trasparenza le intenzioni altrui. Al punto tale che oggi questo viene anche annoverato tra i famosi BIAS, proprio come Bias della trasparenza.

Il messaggio più importante di questa puntata è che il non verbale è estremamente efficiente nel salvarci la vita ma è davvero poco preciso nel comunicare intenzioni e significati specifici. Tenerlo a mente può aiutare a notare quando finiamo per interpretare le persone accanto a noi sulla base di nostre assunzioni, ciò ti renderà maggiormente in grado di interpretare i vari feedback in modo flessibile e utile alla situazione. Non è magia ma serve un certo grado di consapevolezza e di allenamento… continuando a tenere a mente che nessuno, ma proprio nessuno, può leggerti la mente (almeno per ora, aspettiamo la IA che lo farà per noi ;-))

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.