L’Intelligenza Artificiale non è una roba da nerd! Non si tratta di una moda passeggera ma di una delle più grandi rivoluzioni tecnologiche della nostra epoca. Oggi voglio mostrarti 5 sfide che l’IA lancia direttamente alla nostra psiche, al nostro cervello. Diventeremo tutti “immemori” come ammoniva già Socrate millenni fa? Una cosa è certa, prepararsi ragionandoci insieme è già qualcosa…

Le 5 sfide

Le sfide che ho elencato nella puntata sono dirette al nostra mente! Realmente abbiamo perso la capacità di fare i calcoli a mente perché sono arrivate le calcolatrici, insomma è la storia della coperta corta che tra poco riprenderò… adesso per chi non fosse riuscito ad ascoltare ancora l’episodio elencherò brevemente queste sfide. La prima e forse la più scontata è legata alla pigrizia: come ormai dovresti sapere il nostro cervello cerca di massimizzare l’utilizzo delle proprie risorse, è un economo parsimonioso ed è dunque attratto da tutte le situazioni gratuite. Cioè per tutto ciò che gli consente di risparmiare energie.

Per questo se i temi te li fai scrivere dall’IA, se gli fai prendere decisioni importanti, se ti appoggi costantemente a lei/lui, corri il rischio di diventare sempre meno capace di fare quelle cose. E tieni a mente che fare un tema è solo un esempio ma è molto più ampio di quanto si possa immaginare. Infatti per fare un tema non devi solo saper “scrivere” devi saper creare collegamenti logici, saper unire i puntini, inventare e creare nuove narrazioni… fare un tema non è solo fare un calcolo, come con la calcolatrice, il rischio forse è ancora più alto.

E’ stata la stessa AI a dimostrarci che proprio grazie all’analisi statistica del testo fosse possibile non solo azzeccare le parole giuste ma anche comprendere i contesti creando da zero modelli del mondo coerenti. Un’altra sfida è quella del deterioramento dell’agency, che ti racconto meglio nel prossimo blocco perché voglio collegarmi ad un’altra sfida: quella delle narrazioni. Questa è una delle più distopiche ed è stata sollevata da Harari nel suo ultimo libro “Nexus”, riguarda il fatto che l’IA possa un giorno creare nuove narrazioni.

O meglio, il realtà le sta già creando e dato che la nostra società e la nostra specie si fondano sulle narrazioni siamo di fronte ad una situazione molto delicata: l’IA può inventare nuove narrazioni, può decidere da sola e tutto questo potrebbe portarci in direzioni inaspettate. Secondo Harari quasi inevitabilmente catastrofiche secondo altri pensatori è l’inizio di una nuova era, come sempre le verità sono raramente polarizzate ed è più probabile che stia nel mezzo.

Scrivendo ora mi rendo conto che la sfida delle narrazioni e quella dell’inconscio digitale coincidono in un qualche modo. Il tema dell’inconscio digitale (ne abbiamo parlato qui) indica che ciò che stiamo producendo oggi come dato diventerà qualcosa che ci influenzerà domani. Cosa dici? Tu non lasci nulla come dato? Beh purtroppo anche solo il fatto di leggere queste parole potrebbe essere visto come un dato. Che tu abbia accettato o meno i cookie di questo sito la tua presenza qui è già un dato per il web che dirà agli algoritmi che ti piace la psicologia e che sei un ottimo intenditore 😉

Ma perché uno psicologo parla di Intelligenza artificiale?

Questa è una domanda che per fortuna ho ricevuto poche volte e di cui, su questo sito, abbiamo discusso tante volte per tanto ti rimando ai vecchi post e andrò invece dritto al tema di oggi. La storia dell’essere umano è la storia dei suoi artefatti: l’artefatto storico più rilevante è di certo stata la scrittura (se ti ricordi segna il passaggio dalla preistoria alla storia) ma ogni tecnologia che abbiamo creato ha retroagito su noi stessi. Il fuoco ci ha concesso di modificare il nostro apparato digerente e di far crescere il sistema nervoso. Allo stesso tempo però ci ha tolto la forza nelle mandibola e altre capacità di resistere al freddo.

L’invenzione della ruota ci ha consentito di trasportare cose e persone sia pesanti e sia per lunghi tragitti. Certo però ci ha probabilmente tolto molta forza e resistenza fisica, al punto tale che oggi facciamo sforzi simili in palestra. Ecco la piccola differenza tra tutte le altre epoche e quella attuale: oggi sappiamo molte più cose e sappiamo che se non usiamo più una cosa tendiamo a perderla. Questa consapevolezza ci porta in palestra perché per fortuna sappiamo che allenandoci non solo restiamo in forma ma possiamo anche migliorare tanti altri aspetti della nostra vita.

Secondo te cosa è più stressante tra il dover fare sforzi fisici ogni giorno per poter sopravvivere al poter scegliere di farli? Lo so la domanda è abbastanza scontata ma per quanto ci piaccia pensare che un tempo si stesse meglio, poter scegliere (o per lo meno avere la sensazione di poterlo fare) è dal punto di vista psicologico più salutare. Tuttavia a quanto pare la coperta è corta, le sfide che ho elencato nella puntata e nel video sono reali, davvero tendiamo a perdere capacità che potrebbe essere non troppo semplice recuperare.

Tuttavia si può anche aprire uno spiraglio positivo da queste sfide, se mi segui sai che sono di parte mi piace da sempre questo tema e sono ottimista. Mi piace pensare che l’interazione con queste cose possa migliorarci ma solo le sappiamo come farlo e credo che la psicologia possa darci diversi spunti. Il primo è questo senso di agency a cui, se hai ascoltato la puntata lo sai, dobbiamo stare particolarmente attenti. Non è una mia invenzione, ingegneri e psicologi studiano da tempo il tema del deterioramento dell’agency dato dalle macchine.

L’interazione uomo-artefatto ha una storia lunghissima, noi siamo esseri tecnologici e dovremmo iniziare a comprenderlo meglio. Ciò non toglie nulla alla nostra umanità dobbiamo solo stare attenti perché come amo ripetere, la tecnologia con la quale è iniziato tutto questo cinema (il fuoco) ci da ancora diversi problemi. La sensibilità che stiamo portando ogni giorno di più verso il nostro pianeta (anche se un po’ in ritardo) dovrebbe essere portata anche a queste tematiche… anche perché, come ogni ottimista, immagino che queste tecnologie potranno un giorno salvarci (da noi stessi).

Adattamento e neuroplasticità

Se c’è una cosa che caratterizza gli esseri umani è la nostra capacità di adattamento che, come sappiamo da qualche tempo, dipende in larga parte dalla abilità incredibile del nostro organismo di modificarsi in base alle esperienze che viviamo. Per il nostro sistema nervoso (che ti ricordo percorre tutto il corpo in ogni suo spazio, o quasi) significa “neuroplasticità”! Per secoli abbiamo pensato che il cervello fosse la parte meno plastica del nostro organismo, ed invece abbiamo capito che è proprio il contrario.

Tale neuroplasticità si adatta al nostro ambiente e a ciò che costruiamo. Per questo dopo un po’ di tempo che usi un certo strumento ti sembra che esso sia una estensione del tuo corpo: hai presente quando schivi un ostacolo con la tua auto e ti sembra di averlo schivato proprio fisicamente? Tu diventi ciò che usi maggiormente, come dicevano i filosofi: c’è una grossa differenza tra un falegname che fa una passeggiata in un bosco o un naturalista che fa lo stesso identico percorso. Il primo vedrà un sacco di legno per costruire mobili il secondo la meraviglia della natura.

No, lo sguardo del falegname non sarà eticamente peggiore del secondo, non è questo il senso. Avrei potuto dirti un falegname ed un ragioniere, entrambi avrebbero uno sguardo diverso in base alle proprie esperienze e culture di riferimento. Insomma cultura non significa solo la qualità e quantità di informazioni che ci scambiamo ma anche gli artefatti che costruiamo (i quali possono anche essere solo intellettuali). Insomma dimmi che artefatti usi (fisici o intellettuali) e ti dirò con che tipo di atteggiamento mentale e fisico affronti la tua epoca (e viceversa).

Succede da sempre ma oggi lo sappiamo o almeno ne siamo leggermente più consapevoli, non si tratta della polarizzazione del pensiero che c’è stato nella seconda rivoluzione industriale (dove c’erano due schieramenti, chi era super ottimista e chi invece andava di notte a distruggere le macchine, i Luddisti) ma si tratta di una presa di consapevolezza più ampia. Certo non tutti l’avranno perché come puoi immaginare solo una piccola percentuale della popolazione approfondisce tali tematiche. Ecco sono convinto che per chi ha il desiderio di approfondire e utilizzare saggiamente queste tecnologie ci saranno grosse sorprese in futuro!

Ma non ascoltare me, io sono solo un semplice appassionato, queste sfide però saranno ineludibili e dovremmo farci i conti. Fammi sapere cosa ne pensi… a presto (Genna IA… scherzo scritto tutto da me).

Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.