
Se qualcuno mi chiedesse come iniziare a portare un pizzico di consapevolezza nella propria vita gli direi: impara a fare una cosa alla vola. Non nel senso che debba necessariamente farlo sempre ma nel senso che, solitamente non siamo molto bravi a farlo. La nostra mente saltella tra un compito e l’altro e alcune cose le facciamo necessariamente in una sorta di semi-multitasking. Questa faccenda ha delle implicazioni potentissime… ascolta l’episodio prima di proseguire con la lettura:
Il Multitasking
Chiunque abbia mai approfondito questo tema sa che il multitasking “non esiste” perché in realtà facciamo costantemente multi shifting… ma è proprio vero? Non del tutto ma in generale sì. In generale è vero che noi tendiamo a saltellare velocemente da un compito all’altro senza rendercene conto. Anche in questo momento, mentre stai leggendo, stai facendo numerose cose ma non proprio tutte assieme, anche se, è necessario ammetterlo, molte avvengono in contemporanea. In particolare mi riferisco a tutto l’insieme di azioni e reazioni fisiologiche dell’organismo (mi auguro che tu stia respirando in questo momento).
Ma non solo, il fatto stesso di avere gli occhi aperti in questo momento, fa si che una parte di te stia attenzionando ogni oggetto presente intorno a te. Se ad esempio mi stai leggendo sullo schermo di un computer ma accanto a te hai il cellulare, una parte di te sta monitorando in background che non arrivino notifiche. Se accanto a te ci sono dei dolcetti, una parte di te sta monitorando se mangiarne qualcuno o meno e avanti così. L’ambiente che ci circonda ci prepara, ci attiva all’azione anche se non ce ne rendiamo conto, anche se non abbiamo alcuna intenzione di fare quell’azione.
Questo è il motivo per il quale quando inizi a mangiare stai già producendo le sostanze per digerire. Del perché quando bevi un bicchiere d’acqua e sei assettato, prevedi quando sarai dissetato e non lo perecepisci ma lo immagini. Insomma una piccola magia che ci ha da sempre salvato la vita, cercare di predire cosa sta per accadere. Ecco potremmo dire che quando ci sediamo a fare una cosa sola, questi rami attenzionali che cercano di predire, di capire, di anticipare, si ritirano gradualmente. Non subito, all’inizio quando fai una cosa sola la mente parte e pensa ad altro, come quando stai guidando l’auto.
E qui c’è un altro tema, il fatto che più un’azione è diventata automatica e abitudinaria, più lascia spazio allo scorrere delle predizioni sul mondo, cioè alla nostra default mode network che si attiva. Iniziamo a viaggiare con la mente e ci stacchiamo da ciò che stiamo facendo in quel momento, tanto c’è una parte di noi che pensa e sente di poterla svolgere comunque. Ma la verità, dati alla mano, è che ogni volta che facciamo più cose insieme tendiamo a farle meno bene di quando ne facciamo una alla volta. Nuovamente, non mi riferisco ai parametri fisiologici ma al fatto di fare una chimata alla guida e cose del genere.
Certo se non hai tempo di aggiornarti e vuoi ascoltare gli ultimi aggiornamenti sul tuo lavoro prima di arrivare a lavoro non c’è niente di male. Certo se vuoi ascoltare un podcast mentre guidi verso casa stai anche ottimizzando in parte i tuoi tempi. Ma la verità è che, di tanto in tanto, ritirare quei fili del multitasking, della predizioni, del mondo che richiede la nostra costante attenzione non è solo salutare ma è rigenerativo e potenziante. Anche solo decidere di dedicare qualche minuto, completo alla lettura di questo potrebbe essere un modo per farlo… tuttavia…
Pensieri e azioni
Tuttavia le cose che ci danno maggiore soddisfazione e tendono a trasformarsi in piccole pratiche di meditazione, non sono le attività intellettuali e di concetto ma quelle fisiche, che implicano l’utilizzo attivo del tuo corpo. Camminare, allenarti, respirare, fare yoga ecc… se per caso pratichi la meditazione sai che ci sono varie modalità dette “informali” come lavare i piatti (cosa che io onestamente non faccio praticamente mai), come fare una doccia consapevole (questa la faccio ;-)), mangiare in modo più consapevole ecc.
Mangiare e camminare sono le mie due preferite, la prima è secondo me, leggermente più impegnativa. Anche se camminare ci porta ad avere di certo più stimoli in assoluto, è come se fossimo programmati per mangiare qualcosa e dimenticarci del fatto che lo stiamo facendo. Come abbiamo visto negli episodi dedicati al mindful eating la nostra società con i cibi ultra processati, il fatto che si mangi spesso semplicemente come rimedio anti-stress e altre cosucce antipatiche del genere, hanno trasformato i nostri pasti in auto medicazione anestetizzante. Mangiamo (molto spesso) per non sentire e questo ci impedisce di godere davvero del cibo che abbiamo di fronte.
Anche cercare di avere “un pensiero solo” come si fa di solito attraverso i mantra può essere un ottimo modo per stare bene. Tuttavia nella nostra pratica di consapevolezza lo scopo, non è cercare di fermare il pensiero ma cercare di non farci trascinare dalle sue numerose tribolazioni. Certo che concentrarci su una frase ripetuta può aiutare ma è come una sorta di piccola forzatura, è come se creassimo un bug del sistema che impedisce momentaneamente al pensiero di scorrere. O di farlo in modo meno regolare e più controllato, ma non è questo ciò di cui sto parlando in questo episodio.
La vera maestria è riuscire a fare quella cosa, concentrandoci su quella cosa, senza escludere il mondo esterno, e senza escludere i pensieri che vanno e che vengono. Ma semplicemente notare quando succede e riportare l’attenzione gentilmente al momento presente, anche quando questo è difficile. No, non devi farlo come una tortura, un dogma, perché lo scopo non è non avere pensieri ma è accorgerti di quando sei immerso nel pensiero. Il punto è che inizi a migliorare da questo punto di vista non quando non hai più pensieri, o quando sei molto concentrato, ma quando riesci ad accorgerti che sei distratto e tornare indietro con una certa gentilezza nei tuoi confronti.
Come abbiamo visto tante volte il pensiero è una sorta di macchina risolutrice di problemi, una sorta di “se narrativo” che tende però a contrapporsi al nostro “se esperienziale”, quello che fa esperienza delle cose. Non è in realtà che vi si contrapponga è che in fondo, è una macchina che fa previsioni su ciò che dovremmo fare e, quando le cose filano lisce la macchina funziona benone. Ma quando le cose si complicano a volte, tende ad andare fuori giri, a farci confondere mappa e territorio, cioè pensiero e azioni. Il modo più semplice per iniziare a riportarlo a noi stessi è quello di limitare il suo proliferare, ma non con la forza di volontà ma con quella dell’osservazione consapevole.
L’osservazione consapevole
Osservare con consapevolezza ciò che stiamo facendo (e anche pensando e provando) è spesso il modo migliore per ridurre la tendenza della mente nelle sue elucubrazioni. Ma non tanto perché la zittiamo ma perché smettiamo di credere e rincorrere l’insieme di cose che ci dice, ecco questo fenomeno di certo si avvale del classico approccio non giudicante, equanime delle pratiche di consapevolezza ma puoi farlo anche senza tutto ciò. Mentre la pratica formale se viene fatta male fa quasi di certo male, cioè aumenta i tuoi stati interni negativi… perché?
Perché se stai lì per minuti e minuti a combattere con i tuoi pensieri per la presenza, senza gentilezza, senza equanimità ti sentirai stremato terminata la pratica (ora sai perché succede) se ti limiti a cercare di: camminare e basta e portare attenzione ai tuoi piedi, ascoltare la musica e basta cercando di concentrarti sulle note, prestare attenzione al tuo corpo mentre ti alleni… ecco che è possibile iniziare a limitare il chiacchiericcio e osservare in modo consapevole, quasi spontaneamente. Non è un caso che in molte pratiche si inizi proprio in questo modo, semplicemente camminando in silenzio.
Anche il semplice silenzio esterno, se perdurato, può generare una pace più profonda. Ovviamente, ed è bene sottolinearlo, tutto ciò funziona molte volte meglio se applichiamo l’atteggiamento giusto di consapevolezza, cioè quello equanime. Che nel caso fossi qui per la prima volta significa essere capaci di non attaccarci alle sensazioni belle che emergono e non scappare via da quelle brutte, e contemporaneamente cercare di essere gentili quando ci ritrova incagliati in una di queste tendenze. Ciò che dovrebbe accadere è un leggero e soddisfacente: “Oh guarda, mi sono distratto… ecco la mia mente che mi dice ancora quella frase…”.
Se sei allenato, quando accade, ti sembra quasi di prenderti in giro da solo ma non perché ti stai dicendo una bugia ma perché per la prima volta ti rendi conto di poter accogliere quelle sensazioni senza farne un dramma, senza rammaricarti se hai perso l’attenzione e senza proseguire in quella sequela di giudizi, su te stesso, sugli altri e sul mondo. Penso che in fondo, sia proprio questa esposizione spontanea ai nostri contenuti interiori a farci vivere come una tortura il fatto di non essere sufficientemente stimolati.
In altre parole, quando fai una cosa alla volta consenti a quella macchina previsionale di venire in primo piano, pensieri, aspettative ed emozioni emergono con maggiore chiarezza. Ed è questo uno degli aspetti potenti della pratica come abbiamo visto in questa puntata sui meccanismi della meditazione, esporci a noi stessi, al nostro modo di pensare. Vedi non è che tu debba rivivere i tuoi traumi del passato ma puoi imparare a riconoscerti, a vedere come tendi a fare certi tipi di associazione, e questo nel lungo andare ti dona una profondissima conoscenza di te stesso e di come funzioni.
In definitiva, fare una cosa alla volta ti porta dove sappiamo da oltre 2000 anni di dover giungere: alla conoscenza di noi stessi. Anzi per essere più precisi a tendere verso la conoscenza… perché non si tratta di una meta ma di un percorso, senza fine.
A presto
Genna



