Vorresti “diventare più presente” nella tua vita quotidiana? Magari è qualcosa che pensi da tanto perché ti senti spesso “fuori dal presente” o forse perché hai letto gli straordinari benefici del “dimorare nel presente”.
Purtroppo non è così semplice “essere presenti”, ecco come la “tecnologia” può esserti d’aiuto:
Semplice no? Ti basta avere un cellulare o meglio uno smartphone con tutte le diverse possibili suonerie ed il gioco è fatto! Purtroppo anche questo non è proprio vero, manca un pezzetto ancora.
La pratica! Ascoltare il podcast e pensare: “Mmm questo sembra un concetto interessante, ne terrò conto per il futuro” serve a poco. Inizia a programmare le tue sveglie ed inizia a praticare.
In questo post trovi una approfondita disamina sulla “pratica informale” ed anche come fare per scegliere quella più congeniale a te.
Da molti anni ormai ti parlo dei benefici della “presenza”. La saggezza antica è zeppa di consigli simili, partendo dall’oriente e passando anche per l’occidente.
Tuttavia di tanto in tanto si sente dire a qualcuno: “ma meditare significa non pensare e mi sembra assurdo allenare la gente a non pensare”. Da poco ho letto un articolo simile.
Bene, a questi professori mi piacerebbe porre una semplice domanda: “lei ha provato a meditare per un tempo sufficiente a valutare la meditazione stessa?“.
Altrimenti è come dire che andare in bicicletta fa male senza esserci mai saliti. Si, non ho bisogno di buttarmi dal 3° piano per sapere che mi farò male, ma qui le cose sono diverse.
Perché si confonde il “pensare” con il “pensare”…
Meditare non significa non pensare ma significa diventare consapevole dei propri pensieri. Sembra la stessa cosa ma non è così!
Mentre ci sono solo pochi studi sugli effetti negativi della meditazione (si contano forse si una mano) ce ne sono migliaia sui suoi benefici. E questi articoli positivi, ci tengo a sottolinearlo:
Sono spesso fatti da persone che non meditano. Cioè non sono fatti da “invasati della materia o dei fedeli seguaci di qualche culto”, ma da ricercatori che hanno deciso di indagare il fenomeno.
E, molti di questi ricercatori che cosa fanno dopo un po’ di anni di studi? Iniziano a meditare! Sconvolti dalle loro stesse ricerche decidono di intraprendere un percorso di meditazione.
Attenzione, non sto dicendo che meditazione e presenza siano la panacea contro tutti i mali, ma semplicemente che si tratta di una modalità di allenamento del nostro cervello davvero formidabile.
Chi ha passato anni a guardare i cambiamenti del cervello nei praticanti di meditazione lo sa bene. Ma lo sa forse ancora meglio, chi ha iniziato a trasformare la propria vita attraverso la presenza.
Anche solo qui su psinel puoi trovare decine di testimonianze di praticanti felici della loro pratica. No, non sono pagati ed io non mi faccio pagare… no non sono “paladini della meditazione” e neanche io lo sono!
Se mi segui da un pò di tempo sai che il mio punto di vista sulla presenza e sulla consapevolezza non è quella del “religioso assenso” ma è quella della continua messa in discussione di quegli stessi principi.
Non credo a tutta la tradizione mistica che sta dietro alla meditazione, questo forse ti stupirà, ma secondo me la famosa illuminazione altro non è che il risultato di un lungo processo di auto-conoscenza.
Processo che può avvenire attraverso qualsiasi esperienza, dal suonare uno strumento alla corsa. Quindi non necessariamente durante la meditazione di qualsiasi genere essa sia.
Tuttavia il meccanismo di base di allenamento dell’attenzione, che ci sposta da una modalità del “fare a quella dell’essere” sembra essere l’atto fondamentale per raggiungere questi livelli.
Lascia che mi spieghi meglio: se suoni uno strumento oppure fai sport, di certo sai che in tutte queste pratiche ci sono degli esercizi chiamati “fondamentali”.
Questi fondamentali sono “i fondamenti” di quella disciplina. Ad esempio, se vuoi imparare a suonare la chitarra, ci sono alcuni fondamentali che dovrai continuare a fare, per sempre!
I giocatori professionisti passano ore ed ore a fare palleggi e passaggi, così come i musicisti con 40 anni di esperienza, passano ore ed ore a fare le scale che hanno appreso a 11 anni.
Si tratta di quelle basi che se solide, reggono tutto il castello della competenza che stiamo cercando di allenare!
La meditazione o meglio l’esercizio della presenza, è secondo il mio punto di vista, il fondamento di come esploriamo il nostro mondo interiore. Quindi un aspetto centrale di ogni tipo di crescita psicologica.
Ripeto, non è l’unico modo per farlo, lo si potrebbe fare anche attraverso altre vie, ma perché buttare via millenni di esperienza che abbiamo già accumulato?
Non si tratta di credere ciecamente a ciò che ci è stato tramandato, ma di farci sopra della ricerca e di praticare i risultati di questa ricerca, in una continua spirale di miglioramento.
Nell’audio ti cito uno studio sulla mia professione ma questo non è l’unico campo in cui è stato accertato il potere della presenza. Così come imparare a fare le scale con uno strumento non ti garantisce di diventare un bravo musicista, allo stesso modo portare presenza non ti rende automaticamente una persona migliore.
Come ogni fondamentale, la pratica della consapevolezza è una sorta di allenamento di base che puoi generalizzare a tutta la tua vita. Ma da sola a volte non basta… ecco perché l’inserimento di accorgimenti anche tecnologici, come quello che abbiamo appena visto insieme.
Prima di concludere questo post voglio ricordarti che “presenza” non significa “concentrazione o sforzo”… ma significa “consapevolezza”. Per cui ogni volta che senti la sveglia suonare non devi fare uno sforzo di attenzione.
Ma devi sintonizzarti su ciò che ti circonda. All’inizio ti sembrerà uno “sforzo di concentrazione”, tu limitati a sintonizzarti con ciò che ti circonda attraverso i sensi…
…comprenderai tutto e meglio dopo aver letto il Qde di questa settimana…buona pratica!
In questo post trovi una app che fa praticamente ciò che ho descritto nel podcast di oggi…grazie Daniele.
Genna