
Quante volte hai sentito dire che leggere è importante? Forse te lo senti ripetere da sempre e forse questo è uno dei motivi per i quali molte persone non amano leggere. E se ti dicessi che diversi studi hanno ormai provato che il semplice leggere, anche solo una volta alla settimana, qualcosa che ci piace rallenta significativamente l’invecchiamento del cervello? Leggere è una super ginnastica per il nostro cervello e la cosa belle è che non conta così tanto cosa leggi, basta che ti piaccia…
La super abitudine
La nostra realtà è composta di narrazioni: significati intersoggettivi che si basano su accordi culturali. Anche la nostra identità si fonda in parte su cosa ci raccontiamo e come ce lo raccontiamo. A sua volta, ogni narrazione è essenzialmente composta di uno svolgimento logico supportato dal linguaggio. Dunque leggere storie, racconti, punti di vista ecc. non serve solo per informarsi e formarsi ma anche per allenare quella parte che vive essenzialmente di narrazioni. Anche se non ne abbiamo prove dirette è vero che più parole conosciamo e maggiore è la nostra capacità comunicativa (con tutti i benefici che ne possono derivare).
Scommetto che a scuola ti dicevano che era importante leggere per poter imparare a scrivere e ad esprimersi in modo corretto. Qualcosa di assolutamente vero ma in quanti ti hanno detto che fa bene al cervello? Ora ci sono molte cose che fanno bene al nostro sistema nervoso ma la lettura ha dei benefici particolarmente rilevanti, primo fra tutti il fatto di apprendere qualcosa. A questo punto potresti pensare: “ma io posso imparare anche da un video, da un audio, o addirittura in presenza”, ed avresti ragione, tuttavia leggere è una sorta di rudimento (per usare un gergo musicale).
I rudimenti nella musica sono piccoli esercizi di base (le scale e cose del genere) che vengono insegnati praticamente subito. La cosa affascinante di tali pratiche è che fungono da base per una buona esecuzione. I musicisti che suonano da 40 anni continuano a praticare i propri rudimenti, anche se si tratta di azioni che hanno ripetuto milioni di volte. Ecco la lettura assomiglia a qualcosa del genere, è una sorta di pratica fondamentale per la comprensione del nostro mondo complesso. Qualcuno potrebbe dire che siamo sopravvissuti per millenni senza leggere e scrivere…
Eppure è proprio con lo sviluppo della capacità di leggere e di scrivere che le persone hanno potuto trasferire una cultura via via sempre più articolata e umana. So che sembra un allontanamento dalla natura ma come abbiamo visto fin troppe volte io ritengo che i nostri artefatti non siano innarturali, perché li abbiamo fatti noi che siamo animali naturali (ciò non significa che siano di per se innocui). Oggi, con l’avvento dell’intelligenza artificiale sarà sempre più importante non solo saper usare bene il cervello ma continuare a preservarlo.
Come abbiamo visto in una recentissima puntata sulla tecnologia, anche lei è in grado di preservare le nostre facoltà mentali, tuttavia l’intelligenza artificiale ci porta in un terreno davvero complesso da decifrare. Lo sappiamo, se non lo usi lo perdi, dunque se di colpo l’IA iniziasse a pensare per noi, a progettare per noi, a ricordare per noi ecc. potremmo perdere tutte queste facoltà? Insomma è un tema che abbiamo visto moltissime volte ma che amo tirare in ballo anche oggi, perché ritengo che parlarne sia davvero importante!
Posso davvero leggere qualsiasi cosa?
Allora la mia risposta a questa domanda è: dipende. Se vediamo la lettura come una sorta di esercizio allora è facile costruire un parallelo. Se non ti alleni da anni anche solo una piccola passeggiata di 10 minuti può fare una enorme differenza, non conta dove la fai, come la fai, a che velocità la fai, basta che tu la faccia! Ma dopo qualche tempo, a furia di camminare per 10 minuti il tuo corpo crea degli adeguati adattamenti, in pratica i tuoi muscoli sono abbastanza forti da poter aumentare quel ritmo. Dunque se non leggi praticamente mai allora puoi leggere quello che vuoi e per il tempo che vuoi, basta che tu legga!
Il tema dell’adattamento non è solo un’analogia ma realmente rendiamo quei circuiti neurali via via più forti e, quando ci riusciamo, iniziano a funzionare sempre meglio. Ora userò un’analogia che però sembra più concreta perché parla di reali meccanismi neurofisiologici: sappiamo ormai da tempo che il cervello non resta fermo ma si modifica in base agli stimoli che riceve e che, tali stimolazioni hanno effetti praticamente per tutta la vita. Certo più giovani siamo e più tale neuroplasticità è attiva, intensa e globale, più invecchiamo più diventa lenta, passiva (nel senso che ti devi sbattere) e limitata… ma gli effetti ci sono!
Ora hai presente quando non sai fare qualcosa, come quando impari a guidare l’auto all’inizio, ti serve un sacco di energia per stare attento a tutte quelle cose che devi fare. In quei frangenti dentro di te si creano veri e proprio nuovi circuiti neurali che, a furia di essere utilizzati diventano sempre più forti e rapidi: c’è chi stima che quando nascono nuovi neuroni siano sottili e privi di guaina mielinica (il rivestimento isolante che consente una migliore propagazione del potenziale d’azione, cioè della scarica elettrochimica del cervello). A furia di usare quel circuito si mielinizza e può andare anche 3000 volte più veloce… ecco perché oggi guidi senza pensarci!
Purtroppo però abbiamo anche visto che la neuroplasticità ha 2 vite, quella prima dei 25 anni e quella dopo quest’età. Ovviamente non si tratta di qualcosa che accade di colpo ma in modo graduale, fino ai 25 anni, il cervello è una spugna, non ha bisogno di troppe ripetizioni e soprattutto non ha bisogno di sforzi intenzionali (soprattutto nei primi anni di vita). Dopo quell’età invece la capacità neuroplastica resta ma necessità di sforzi intenzionali, cioè devi decidere di migliorare quella abilità, non accade per magia.
Le persone che non hanno mai sentito parlare di queste cose tendono a sottovalutarle, in più occasioni mi sono sentito dire: “eh si certo, però ad esempio prendere la patente a 18 anni è diverso che farlo a 30” ed invece non è poi così diverso come potresti immaginare. Certo il cervello funziona meglio a 18 ma ad esempio, mia moglie ha preso la patente a 45 anni, senza mai essere bocciata, con un lavoro a tempo pieno. Si è impegnata, voleva prenderla e ci è riuscita nonostante fossero passati ben 25 anni dall’età del cervello spugna. Mia moglie non è un caso isolato, se ti guardi attorno ne troverai davvero tantissimi e ad età anche pazzesche (vorrei citare ancora una volta il mio paziente che all’età di 85 anni stava imparando il Tedesco).
Ma quanto devo leggere?
Lo studio citato, che puoi trovare qui, ci indica che la quantità di lettura del campione considerato che traeva beneficio dall’abitudine della lettura, era molto ambigua e si riferiva ad 1 volta sola alla settimana. In pratica chi leggeva anche solo una volta alla settimana con costanza aveva una probabilità molto più bassa di avere segnali di declino cognitivo. Che significa che la loro memoria, attenzione e il ragionamento, funzionavano mediamente meglio di chi invece non leggeva neanche una volta alla settimana.
In realtà abbiamo altri studi che indicano che la quantità è rilevante, questo di Chang ci mostra solo che in una grande popolazione sembra che chi lo faccia ALMENO una volta alla settimana abbia dei benefici significativi. A me queste notizie piacciono tantissimo perché sono stato il primo a beneficiarne, e ancora oggi sento che nei (fortunatamente rari) momenti in cui leggo meno mi sembra anche di generare meno idee interessanti e di avere il pensiero meno agile e flessibile. Ed è anche per questo motivo che amo condividere la mia piccola routine quotidiana che negli anni ho trasformato in una sfida.
Sto parlando della sfida delle 10 pagine al giorno che ormai è stata ripresa praticamente da ogni appassionato di questi temi. E’ una cosa molto semplice: leggere almeno 10 pagine al giorno. Tutti, tutti i giorni? No, dipende, ci saranno giorni in cui mi auguro la lettura ti prenda e tu possa leggere anche più pagine e giorni nei quali non leggi affatto perché non hai tempo o non ne hai voglia. La cosa interessante funziona soprattutto per chi non legge e, come sappiamo dalle statistiche sulla vendita dei libri e su altro, noi italiani leggiamo davvero molto poco.
Anche se negli ultimi tempi le vendite dei libri sono aumentate (probabilmente anche causa Covid) pare che il tempo medio sui libri sia molto diminuito. In pratica passiamo circa 3 ore all’anno a leggere, sembra poco e lo è, anzi è pochissimo se consideri che per leggere 10 pagine ti servono dai 20 ai 30 minuti in base al tipo di testo. Quindi una persona che legge 10 pagine al giorno, diciamo per 22 giorni (togliendo i weekend) in un mese accumula circa 11 ore di lettura. Se lo fa per anche solo 3 mesi raggiungerebbe una percentuale 10 volte superiore alla media totale dei lettori.
E’ triste da dire ma il fatto che la gente non legga abbastanza è evidente dai commenti che ogni giorno vengono scritti online. Il famoso analfabetismo funzionale non è una leggenda, è sotto agli occhi di tutti purtroppo. Ecco quella faccenda non riguarda la cultura di base, se hai letto e studiato Dante e se ti ricordi la seconda guerra mondiale, ma riguarda proprio l’incapacità di capire ciò che si legge e si ascolta. Ovviamente la cultura ha il suo perché ma ciò che tende a mancare è il desiderio di fermarsi a capire e a comprendere, aspetto che viene allenato e sviluppato dalla lettura.
Benefici inaspettati e paradossi della tecnica
Che la lettura fosse utile al cervello non mi sembra una grossa sorpresa, chiunque provi a leggere testi più o meno complessi si rende conto che si tratta di uno sforzo. Cioè guardare 30 minuti di televisione o leggere per 30 minuti sono due sforzi molto diversi, anche se pure il semplice guardare in realtà non implica solo un atto passivo, la lettura è più attiva ed impegnativa per il cervello. Mentre cercavo letteratura scientifica per fare questo episodio mi è arrivato davvero di tutto, benefici anche davvero parecchio poco conosciuti, come quelli emotivi legati alla lettura di romanzi o come quelli legati alla solitudine.
Un recentissimo studio sembra aver scoperto che chi legge non solo preserva il cervello ma ha anche relazioni maggiormente soddisfacenti, sentendosi meno solo. Lo so è strano da dire dato che la lettura è un’attività individuale, certo anche io nelle notti di inverno mi metto sul divano con mia moglie a leggere, ma leggiamo due cose diverse di cui spesso non parliamo neanche (anzi praticamente sempre dato che abbiamo interessi diversi). Ma il fatto di metterci insieme a fare qualcosa come leggere, di stare nella stessa stanza ha già un effetto di unione.
Secondo lo studio leggere migliora la cognizione sociale, lo sapevamo già perché sappiamo che chi legge romanzi ha una maggiore capacità di mentalizzare, cioè di immaginare gli stati interni altrui. Ma qui vengono citati studi di neuro immagine, cioè che mostrano i cambiamenti del cervello durante la lettura, insomma leggendo rafforzi i muscoli della socialità. Il che suona molto strano se immaginiamo il ragazzino che invece di socializzare giocando a calcio legge un romanzo ma le ricerche sono abbastanza chiare: chi legge di più è maggiormente empatico, maggiormente attento agli altri e più incline alle relazioni di chi legge meno.
L’articolo appena citato parla della lettura come di una sorta di antidoto alla solitudine moderna. In un’epoca dove siamo tutti connessi, dove abbiamo tutti la possibilità di comunicare con chiunque in un istante, questi strumenti piuttosto che aumentare la nostra capacità di socializzazione sembra che la stiano escludendo. Se mi segui sai che amo la tecnologia ma non vorrei vi fosse una sorta di effetto paradosso, come già abbiamo visto più volte con i famosi “paradossi della scelta”, nei quali più scelte abbiamo meno riusciamo a scegliere. Non vorrei che paradossalmente più strumenti e canali di comunicazione possediamo e meno ci venga voglia di comunicare.
Quindi in modo abbastanza poco prevedibile, usare uno strumento che non serve per socializzare ma che media la socializzazione, come la lettura può aumentare la sensazione di non essere soli. Si perché la “pandemia di solitudine” che oggi si incontra sempre più spesso non può dipendere solo dalle reali mancate interazioni con il prossimo ma dipende da uno stato psicologico di solitudine. Il fatto di interagire con un sacco di persone senza che queste ci lascino nulla… fino a pochi millenni fa eravamo molti meno sulla terra, probabilmente parlavamo con poche persone durante la nostra vita… eppure… insomma mi sa che ci farò una prossima puntata su questo tema.
Fammi sapere cosa ne pensi
Genna