
La nostra mente è una macchina predittiva che cerca di anticipare tutto ciò che sta per accadere, lo fa per molti motivi ma uno dei principali è legato a cercare di risparmiare energie. Anticipiamo o cerchiamo di anticipare praticamente qualsiasi cosa… ma la verità è che la maggior parte delle cose non si possono realmente prevedere e allora entra in campo la vera arma segreta degli esseri umani: improvvisare!
Abilità hard e soft
Improvvisare può essere visto come un creare senza essere preparati. Il che stride un po’ con ciò che hai appena ascoltato vero? Perché effettivamente per riuscire ad improvvisare serve preparazione, forse stiamo parlando di 2 cose diverse. Essere preparati in una certa materia non significa essere preparati ad utilizzare quelle informazioni, lo sanno bene gli studenti che subiscono una interrogazione a sorpresa e magari, proprio in virtù della sorpresa si intimoriscono e faticano a recuperare le informazioni. Quindi sono “preparati” ma allo stesso tempo “non sono pronti”.
Quindi non serve solo la preparazione per poterlo fare ma anche essere pronti a farlo. E questo è evidentemente qualcosa che ha più a che fare con il nostro mondo emotivo che con quello cognitivo strettamente inteso (cioè con il tipo di abilità specifica che dobbiamo mettere in campo). Sappiamo che questa distinzione è fasulla, perché tutte le cose che facciamo hanno a che fare con come ci sentiamo. Quindi la preparazione per poter improvvisare deve necessariamente trarre forza sia dalle competenze chiamiamole hard, cioè l’aspetto tecnico e sia quelle soft, cioè l’aspetto emotivo-relazionale.
Come probabilmente mi hai già sentito dire la distinzione tra hard e soft arriva dall’industria metallurgica, dove non sapendo come dare nome alle altre competenze non pratiche hanno dato tale distinzione. La verità è in realtà sotto gli occhi di tutti: senza competenze soft non si possono davvero creare ottime competenze hard e anche viceversa… quindi come fare? Per evitare fraintendimenti (per quanto mi riguarda) bisogna fare un addestramento completo che parta da quelle hard senza nascondere o sottovalutare quelle soft.
Perché partire da quelle hard? Ti faccio un esempio, se per caso ti piace cantare (anche solo sotto la doccia) avrai di certo sperimentato questo fenomeno più volte: se conosci il testo della canzone la canti meglio. Questo non solo perché conosci già i passaggi da fare ma perché hai il tempo di dedicarti maggiormente ad aspetti espressivi del brano, quindi sottigliezze che sono a cavallo tra hard e soft. Ma il contrario è davvero difficile a meno che tu non sia davvero un mostro nell’hard, cioè se non conosci una canzone per nulla è quasi impossibile che tu possa cantarla al primo ascolto (a meno che, ripeto tu non sia un mostro del canto).
Quindi la risposta al tema dell’improvvisazione è che se vogliamo riuscire a farla dobbiamo essere preparati, giusto? Si, preparati ma non necessariamente pronti, torniamo a ciò che si diceva poco fa: essere pronto richiede sapere cosa sta per accadere anche solo a grandi linee. Se ti chiedo di valutare la forza di una piccola scossa, sapendo di riceverla o ricevendola random essa cambierà parecchio in base alla possibilità di prevederla o meno. Se la prevedi è meno forte, ti prepari, se non la prevedi sarà più intensa ma meno stressante (perché non starai in tensione tutto il tempo aspettando il colpo).
Mostri della improvvisazione
Noi esseri umani siamo tuttavia bravissimi ad improvvisare e direi che questa è una delle qualità più rilevanti della nostra specie. Noi non abbiamo un habitat, ci siamo dovuti adeguare all’ambiente per poi costruirlo a nostro comodo; non possediamo specifiche abilità che ci consentano di sopravvivere (sentire certi odori, captare determinati suoni ecc.), insomma ci mancano tutte queste cose. Come diavolo abbiamo fatto? Beh attraverso la nostra capacità di immaginare un futuro che ancora non esiste, attraverso i complessi meccanismi di riconoscimento di pattern e previsione di tali ricorrenze.
Immagina di dover creare un compito di improvvisazione per dei bambini, come glielo spieghi? Ad esempio: tra poco chiederò ad ognuno di voi di iniziare una storia e di dire massimo 5 parole, la persona sulla vostra destra prenderà il turno e dovrà aggiungere un pezzo alla vostra storia, e avanti così. Quindi come fanno ad improvvisare? Per prima cosa dovranno ascoltare con attenzione quanto detto dalla persona alla loro sinistra, comprendere il contesto della frase ed immaginare cosa potrebbe venire dopo nella narrazione.
Per riuscire a farlo dunque servono le abilità di base della lingua, capire cosa si sta dicendo, l’ascolto attento o attivo (se sei distratto anche se sai la lingua non capisci niente) e la capacità di immaginare il proseguire di questa storia. Se dovessimo farlo fare ad una macchina e ci riuscisse bene sai cosa verrebbe fuori? Una Intelligenza Artificiale di quelle che oggi usiamo tutti, un large language model, come chat-gpt per intenderci (che ci tengo a dirlo non sta scrivendo questo post ;-)) sembra dunque una abilità semplice ma non la è per nulla.
Per riuscire a creare una narrazione coerente non devi solo saper dire la cosa più probabile, immagina che il bambino dica: “ero immerso nell’acqua fino alla gola quando… “, ma deve anche dare una propria interpretazione magari positiva, il secondo bambino dirà: “quando mi accorgo che il mio corpo è sempre più leggero e posso nuotare”. Si tratta di dare una direzione a quel contesto, che certamente diverrà via via sempre più stretto ma che richiederà sempre una certa dose di creatività. Quindi improvvisare significa saper riconoscere pattern e saper aggiungere qualcosa restando ancorati alla struttura del pattern di riferimento.
Tutti i musicisti che leggeranno questa frase capiranno al volo: improvvisare non è il semplice “creare dal nulla” (che tanto semplice non è però seguimi) ma è un creare da qualcosa che è già presente, un vero e proprio atto creativo, nel senso stretto del termine. Creare nel senso di generare qualcosa e allo stesso tempo innovare qualcosa che già c’era. Se fosse solo creare a caso sarebbe un po’ come se nel gioco di esempio riportato poco fa, i bambini dicessero cose a caso invece che ascoltare e rispettare il tema principale della storia. Secondo te sarebbe più facile o più difficile? Di certo più facile! (ecco perché ho detto “semplice creare”).
Improvvisi sempre
In realtà, tranne in specifiche situazioni, ogni volta che interagisci con qualcuno (specie con gli sconosciuti) stai in un qualche modo improvvisando a partire da un tema comune. Più sei bravo a capire il tema comune, a metterlo realmente “in comune” (da dove deriva il termine comuni-cazione) e più riesci ad interagire bene ma non solo, improvvisare non significa solo interpretare al volo ciò che abbiamo davanti ma anche e soprattutto, adattarci a quando le cose cambiano. Quindi se il nostro interlocutore sembra infastidito da ciò che diciamo cambiare discorso o viceversa.
Certo, anche in condizioni del tutto nuove noi tendiamo a rispondere usando frasi che conosciamo, che a volte usiamo tantissimo durante le interazioni: come i saluti, le frasi fatte, i discorsi tipici (il tempo, la politica, il ritardo del treno ecc.) ma in realtà per metterle bene in campo (nel campo della interazione) dobbiamo improvvisare. Proprio come un jazzista non sta facendo note che si inventa ma recupera da un vocabolario di note che conosce per improvvisare, più è ampio il suo vocabolario è più è probabile che possa aggiungere qualcosa di nuovo e innovativo allo scambio musicale.
Quindi riassumendo: per improvvisare bene dobbiamo essere preparati, tale preparazione allarga il nostro vocabolario e ci da più libertà espressiva (come nell’esempio della conoscenza del testo quando canti), ma non basta, serve anche esperienza. Cosa fa l’esperienza nella improvvisazione? Ti allena, aumenta la preparazione e forse anche il vocabolario e fa qualcosa di ancora più rilevante: ti da fiducia nella tua capacità di interagire in quel modo. Ti da quella fiducia che sembra dire: qualsiasi cosa accada durante questo momento io saprò cosa fare in base alla richiesta.
Questa faccenda sembra quasi magica ma se la guardiamo da vicino è molto razionale. Quando studi tanto non sai esattamente se sai tutto! (Lo so è un esempio che faccio spesso ma è utile ripeterlo). Quando studiamo diventa evidente la differenza tra fase di assimilazione delle informazioni e la fase di produzione di quelle stesse informazioni: in pratica una cosa è leggere un brano ed un’altra è rispondere a delle domande su quel brano. A molti studenti sarà capitato di studiare molto ma poi, durante l’esame non riuscire più a riattingere a quelle informazioni.
Gli esperti di metodo di studio lo sanno molto bene, ed è per questo che fanno tesoro delle fasi di testing o auto-testing. Cioè una volta assimilato il materiale preparano delle domande per verificare la capacità di recupero. Si perché assimilazione e recupero sono le 2 facce indispensabili di questo processo. Ecco sono le stesse per la capacità di improvvisazione: assimilazione significa prepararsi in quel contesto e il recupero è la capacità di attingere alle informazioni giuste nel momento giusto.
Fiducia nel recupero
Dato che non sappiamo come e quando e quanto dovremo recuperare di ciò che abbiamo assimilato entrano in gioco le emozioni. Certo anche il grado di preparazione e di ripetizione, ma una volta che hai studiato e ripetuto molte volte ciò che resta è quella sensazione di sicurezza che, qualsiasi cosa ti chiedano tu sappia rispondere. Ed è per questo che i maestri dei metodi di studio ti dicono che l’unico vero momento nel quale dovresti iniziare a preoccuparti se sai o non sai è quando ricevi la prima domanda. Prima di quel momento non puoi saperlo.
E’ come quando fai un lungo viaggio, riempi le valige e durante il tragitto ti chiedi: “ma ho preso lo spazzolino da denti?” ed è solo in quel momento che inizi ad accedere ai ricordi inerenti a quella richiesta. E quante volte un pensiero del genere, nel momento sbagliato ci manda nel panico? Magari appena saliti sul treno, quando non possiamo davvero verificare nelle valigie perché c’è troppa gente? Ecco cosa succede quando ci facciamo prendere dall’ansia da prestazione ed è in quei momenti che la nostra super abilità di improvvisazione viene meno.
Ma questo non significa che tu non sia bravo ad improvvisare, ci tengo a ripeterlo in caso non ci fossi riuscito: lo fai sempre, ogni volta che devi tirare fuori qualcosa che hai assimilato senza esserne stato avvisato in precedenza, quando non sei pronto ma lo diventi perché ascolti e rispondi. Cioè cerchi di capire la collocazione degli oggetti nel magazzino della mente attraverso l’ascolto e rilanci con ciò che troni in quel preciso momento. Certo non è così semplice ed automatico in ogni contesto ma lo fai più spesso di quanto si possa pensare.
Purtroppo il tema dell’improvvisazione è ormai noto nella musica, nel teatro ma non nella vita. All’interno della quale ha assunto un significato solo negativo, se uno improvvisa è perché non sa le cose, purtroppo capita ma la verità è che per improvvisare davvero bene, le cose, è necessario saperle. Altrimenti non stai improvvisando ma stai dicendo cose a caso, proprio come se fossi uno di quei bambini che invece di rispondere in modo coerente dice frasi sconclusionate. Tuttavia un problema esiste ma in realtà mi servirebbero altre 10 puntate per parlarne: se sei bravo ad improvvisare dai l’idea di sapere più di quanto tu sappia.
Se sei bravo a fare questa operazione è possibile che tu possa ingannare con maggiore facilità le persone, magari non perché tu voglia farlo ma perché le tue abilità di base danno quell’idea. Un fine dicitore anche se parla di cose che non conosce può di certo fare una bella figura, usando giri di parole arguti e utilizzando esempi calzanti ma non esplicativi.
E magari, se parla bene, può sembrare più preparato di un’altra persona realmente dotta ma con minori doti di “recupero”… insomma una questione complicata… per oggi finisco qui e fammi sapere se ti piace quest’ultima idea.
A presto
Genna
Ps. Non è divertente che da qualche anno a questa parte mi firmi ovunque come “Dott. Gennaro Romagnoli” e alla fine dei miei post (dal 2007) io li termini con Genna? A me fa ridere non so a te… e se mi segui sai perché ho dovuto mettere quell’antipatico titolo davanti al nome.