
Ogni volta che ripenso a questo concetto mi ritrovo a pensare: “ah se qualcuno me lo avesse spiegato prima”. Sembra un concetto banale quello che dice che se vogliamo una vita facile dobbiamo saper affrontare le cose difficili ma in realtà è molto più complesso di quanto appaia. C’è chi pensa che questo pensiero sia stupido perché invece di massimizzare la nostra felicità (cosa che fanno gli appassionati di crescita personale oggi) punta a migliorarci e farci crescere (altro tema oggi un po’ osteggiato)… lasciate che mi spieghi meglio…
Lo stato di natura
Come sappiamo uno stato di natura dell’essere umano non esiste, cioè noi esseri umani così come molte altre specie siamo fatti non solo di natura ma anche di cultura. E tale situazione ha effetti profondissimi, giusto per dirne alcuni: la riceca ha provato che in base a dove nasci potresti avere o meno determinate tendenze psicologiche (all’aggressitivà, al ragionamento, alla musica ecc.). Insomma l’ambiente in cui nasci e cresci ha un potere incredibile tuttavia pochi si ricordano che il nostro meccanismo di base per la sopravvivenza è ancora quello di risparmiare energia.
In una società sempre più inclusiva affermare di dover affrontare le cose difficili della vita per essere più felici sembra un’offesa e in parte potrebbe davvero esserla. Ovviamente non sto dicendo che se nasci con gravi problemi, fisici, mentali o socio economici sei destinato ad una vita più felice, ma sto dicendo che cercare solo la felicità evitando il dolore e tutte le altre cose negative della nostra vita, non solo è una pia illusione ma porta ben presto ad una infelicità molto peggiore. Quindi tornando a noi potremmo dire che siamo fatti per risparmiare energia e questo ci fa tendere ad una sorta di evitamento della fatica… ci piace la comodità.
No, non è una cosa che appartiene all’uomo moderno, in diverse opere classiche del passato si racconta di come Efesto avesse creato dalle sue fornaci di fabbro un’ancella in grado di servire le persone, dei combattenti in grado di affrontare popoli nemici ecc. Insomma l’idea di automatizzare qualcosa al nostro servizio esiste praticamente da sempre e come abbiamo visto diverse volte (in caso fossi nuovo qui trovi qualcosa) noi siamo animali tecnologici, cioè non esisteremmo senza la tecnica. Ti ho parlato di questo per sottolineare il fatto che è del tutto umano immaginare qualcosa che ci aiuti a risparmiare energie, fa parte del nostro programma di sopravvivenza.
Attenzione però perché questo non significa che l’essere umano sia intrinsecamente pigro ma significa che ha la tendenza a risparmiare energia. E in certi casi tale inclinazione lo fa sembrare un vero pigrone. Il punto è che siamo ciechi a diverse dinamiche psicologiche sottostanti: l’evitamento del dolore e l’adattamento. Così come siamo poco consapevoli del nostro voler risparmiare energia lo siamo anche nei suoi effetti più rilevanti, come ad esempio il fatto di abituarci velocemente a qualcosa. Come abbiamo visto in questo episodio l’abitudine è sia una manna dal cielo per riuscire a motivarci ma anche uno dei limiti più importanti da affrontare nella nostra vita.
Queste cose che ti sto raccontando non sono una esclusiva di noi esseri umani ma dell’intera natura. La natura sembra avere questo programma di abituazione e di creazione di schemi comportamentali utili al risparmio energetico. Lo so che potrà sembrare strano ma siamo riusciti a condizionare esseri unicellulari, piante, batteri, insomma tutto ciò che è vivo (e cosa di rilievo per gli appassionati del tema: non necessariamente con un sistema nervoso). Quindi il tendere al piacere, confonderlo con la soddisfazione, cercare di evitare il dolore, massimizzare i comportamenti facili, sembra una condizione ecologica.
Fai la cosa difficile
Allo stesso tempo ciò che ti dico in questa puntata assomiglia al consiglio: fai prima la cosa più difficile. Prima il dovere e poi il piacere. Non significa neanche questo in termini molto stretti, perché in realtà ci sono situazioni in cui è meglio partire da cose più facili per poi passare a quelle più difficile, pena una perdita di motivazione istantanea. Quindi ciò che intendo in questo episodio non è il semplice: se non soffri non puoi godere, cioè un inno a cercare la sofferenza ma è invece più simile alla constatazione di una delle 4 nobili verità del Buddismo: la vita è sofferenza.
E io aggiungerei, la vita è ANCHE sofferenza e non dobbiamo dimenticarlo. Cioè dato che siamo programmati per tutto ciò che abbiamo visto è facile illudersi ma soprattutto confondere il dolore con un segnale negativo: se c’è dolore, se c’è sforzo è perché forse non hai trovato il modo migliore di fare quella cosa. Ovviamente questa cosa è in parte vera, ma non perché lo scopo principale della vita sia evitare il dolore ma perché noi siamo dei bravissimi ottimizzatori. Il problema del non rendersi conto di questa tendenza diventa particolarmente pericoloso nel campo della psicologia e della crescita personale.
Quando si inizia a pensare che per migliorare sia necessario stare sempre bene, che sia costantemente necessario monitorare il proprio stato interiore e cercare di tenerlo positivo. Questo genera ciò che i teorici dell’ACT (Acceptance and Commited Therapy) chiamano “evitamento esperienziale”, che da anni additiamo (qui su Psinel) come il nemico principale di ogni crescita personale. Sai perché? Non solo perché ti fanno diventare sempre meno capace di affrontare il mondo interiore ed esteriore, ma perché cambiano la valenza di qualsiasi esercizio di crescita personale rendendolo spesso, inutile o addirittura dannoso.
Esempio: la meditazione è uno strumento eccezionale per vivere meglio ma se ti metti a meditare quando stai male, per evitare la sofferenza di quel momento, per distrarti dalla sofferenza, non solo non riuscirai a farlo (perché la vera meditazione è invece la capacità di affrontare qualsiasi cosa sia li presente) ma la farai male e ti farà male farla. Per questo ti dico che la meditazione è un allenamento, infatti questo discorso vale solo per chi medita con lo scopo di superare un momento di difficoltà, come evitamento del dolore. Lo so è un paradosso perché come appena ricordato la vera meditazione consiste nell’osservare ciò che c’è e non ciò che vorremmo ci fosse.
Ma non hai idea di quante persone lo facciano e solitamente appartengono a 3 tipologie: 1) i neofiti che non hanno mai meditato, giiustamente trovano un bel video che dice “meditazione per l’ansia” e ci si tuffano e pesce. 2) Chi medita di tanto in tanto e non ha ancora capito bene e infine 3) chi seleziona apposta certe meditazione (spesso decontestualizzandole) per sentirsi meglio e confonde così gli obiettivi delle pratiche. La cosa è ancora più complessa infatti ho deciso di farci un episodio apposta, in modo che chi mi segue possa avere una guida chiara per usare qualsiasi strumento di crescita personale nel modo migliore possibile (e soprattutto il più sicuro possibile).
Il pensiero positivo
Tutto ciò non è solo contro il pensiero positivo, cioè contro l’idea di dover sempre essere positivi, non aver mai pensieri negativi ecc. Ma è proprio contro l’idea che il mondo si possa semplificare in buono e cattivo, positivo e negativo, quando in realtà il mondo è sempre più complesso di così. Ora non starò a ripetere che c’è da tempo una confusione tra psicologia positiva e pensiero positivo, la prima è scientifica la seconda è una moda astrusa del nostro tempo (ops l’ho fatto lo stesso). Ma è importante tenere amente che le cose di cui ci importa per davvero non sono mai buone o cattive in modo netto ma sempre in modo sfumato.
Facciamo alcuni esempi dal più semplice al più complesso: amo i miei gatti per la maggior parte del tempo ma quando mi svegliano di notte impazziti perché si ricorrono e giocano li ucciderei; amo il mio lavoro ma dover fare tutta la burocrazia che ci sta in mezzo e gli altri 1000 ostacoli quotidiani mi scoccia parecchio; amo la psicologia ma devo fare i conti con il fatto che la ricerca un giorno dice una cosa e il giorno dopo il contrario di quella cosa… eppure amo tutte queste cose! Certo che ognuno di noi persegue la propria felicità, desidererebbe avere più cose positive che negative nella vita.
Tuttavia la vita è fatta di entrambe queste cose, fare finta che l’una non esista è come fare finta di non avere una parte del corpo. Purtroppo però quella parte del corpo la hai e se non te ne prendi cura rattrappisce e ti rovina la vita. Si, credere di dover provare solo emozioni positive nella nostra quotidianità ci porta a rovinarci la vita, ad avere aspettative irrelistiche e va contro qualcosa che purtroppo (o per fortuna) abbiamo installato di base: la tendenza a vedere gli aspetti negativi. Si, per sopravvivere la natura ci ha regalato: ansia, tristezza, rabbia, paura… e tutte hanno un proprio senso.
Per questo adoro esercizi paradossali come la premeditatio malorum degli stoici o la peggiore fantasia di Giorgio Nardone, perché entrambe queste pratiche (così come la disperazione creativa nella CBT) fanno esattamente il contrario di quanto ci dice una falsa razionalità: ti mostrano anche l’altro lato della medaglia. E più sei invischiato nel tentativo di fuggire quell’aspetto della vita e più ti farà bene invece farci amicizia… lo so, avrei molti più followers se mi limitassi a dire ciò che la gente vuole sentirsi dire, che tutto è facile, che le cose saranno sempre positive, che basta fare quell’esercizio e non si proveranno più quelle sensazioni…
…e invece resto dell’idea che sia più importante che chi è arrivato a leggermi fino a questo punto abbia una visione del mondo più ampia, migliore, più flessibile ed equilibrata. E’ questo che realmente ci fa crescere, la consapevolezza che noi siamo tutto, che noi conteniamo moltitudini … nel male e nel bene!
A presto
Genna