“Non è mai troppo tardi” è il nome di una trasmissione Rai degli anni 60 che mia madre citava spessissimo, questa frase e questo concetto sono molto più importanti di quanto ci piaccia ammettere. E’ concetto motivante ma che molti tendono a fraintendere, comprenderlo può realmente cambiare il modo con il quale affrontiamo la nostra vita. Prima di leggere il post ascolta l’episodio del podcast…

Ops l’ho fatto ancora

Non è la prima volta che ti parlo di questi temi, mi piace pensare che sia stata mia madre ad infilarmeli in testa parlandomi della trasmissione, tuttavia credo che le cose siano meno poetiche. La ricerca degli ultimi decenni ha provato in tutti i modi quanto sia plastico il nostro cervello, quanto sia in grado di adattarsi e modificarsi sulla base delle esperienze che facciamo. Detto in poche parole, impari per tutta la vita e non è vero che ad un certo punto smetti, solo che diventi più lento ed è necessaria maggiore intenzionalità… ma puoi imparare praticamente fino alla fine e credo che si tratti in parte di uno degli scopri principali di questo viaggio.

Ora, per qualcuno questa non è affatto una notizia, tuttavia è importante ricordare che per decenni i ricercatori hanno dichiarato che l’essere umano, impara fino ad una certa età e dopo è tutta una decadenza. Non gliene faccio una colpa, dopotutto è esperienza comune che le abilità di apprendimento tendando a decadere, soprattutto se non le alleniamo consapevolmente o in quella che oggi definiamo “pratica deliberata”. Nonostante ciò la storia è zeppa di personaggi che hanno dato prova di questo, uno fra tutti è stato Leonardo Da Vinci, il quale sembra aver trascorso la vita ad imparare più che a produrre idee ed invenzioni come si crede.

Il problema è che questa convinzione, quella di non poter apprendere o di fare troppa fatica, si conficca nella nostra mente molto presto. Bastano poche prove a convincerci, restare indietro di qualche materia a scuola, avere qualche piccola delusione agli inizi, può generare la sensazione di “non avere la stoffa, non essere adatti e altre cose del genere. Lascia che ti dica una cosa, certamente è vero che esistono persone più portate ma la maggior parte della gente si misura in base a quanto tempo sono riuscite a dedicare ad una certa abilità. Lascia che lo ripeta: esistono numerose variabili, dalla genetica ai fattori socio-economici, tutti quasi fuori dal nostro controllo…

… se c’è una cosa sotto il nostro controllo è la quantità di tempo dedicato a qualcosa. Anche questo ovviamente dipende da tante variabili ma alla veneranda età di 47 anni mi sono sempre accorto di questa differenza importante. Qui su Psinel ne abbiamo parlato molte volte, soprattutto negli ultimi tempi, perché gli studi sui gemelli stanno rivelando sempre più che la maggior parte delle differenze tra loro (quando hanno lo stesso genoma e vengono separati da piccoli) dipendono dall’ambiente. A remare contro il nostro apprendere non c’è solo l’idea che… o lo sapevi fare subito o non ci riuscirai mai, un fattore di partenza ma anche un altro fenomeno sottovalutato.

La fallacia del talento

Altro cavallo di battaglia di questo blog è proprio la fallacia del talento: il fenomeno per il quale siamo tremendamente attratti dai talenti, da persone che sembrano non sforzarsi per fare cose che a noi richiederebbero molto sforzo. Ci piace vedere Ronaldo il fenomeno che fa cose incredibili, ascoltare giovani musicisti prodigio e guardare le meraviglie degli atleti olimpionici. Come visto negli episodi dedicati (si anche questo tema si ripete) si tratta di qualcosa di pericoloso, perché titilla la nostra parte pigra, non è solo un gioco di ammirazione. Ci invita a valutare meglio, inconsapevolmente, chi sembra dotato naturalmente!

Questa cosa può apparire come ingenua: “è ovvio che ci piacciano i fenomeni” ma la verità è che ci porta a svalutare l’impegno. Così a scuola ci piace il nostro amico che non sembra studiare ma riesce comunque, nello sport ci piace immaginare il Maradona di turno che senza allenamento scarta l’intera squadra e segna. So che la gente non è ingenua e sa che Maradona senza alcun allenamento e fondamento del calcio non sarebbe diventato chi è stato, tuttavia siamo attratti dall’idea che alcune persone siano speciali ed altre no. Ed indovina cosa succede quando noi non riusciamo? Ci mettiamo nel gruppo degli incapaci, di quelli che non hanno la stoffa.

Studi di diversa natura, tra i quali i più noti sono quelli riportati nei lavori di Anders Ericsson, ci mostrano invece una realtà molto diversa. Il fatto che la maggior parte dei fenomeni che ci sono stati tramandati nella storia, avevano sicuramente un dono ma era stato coltivato in modo frequente, deliberato e in alcuni cassi ossessivo. All’inizio del suo libro “Numeri uno si diventa”, Ericsson ci racconta la storia di Mozart, del fatto che suo padre avesse provato ad insegnare musica ad entrambe le sue sorelle prima di iniziare con lui. Del fatto che suo padre, sia ricordato come il primo maestro di musica che abbia scritto un metodo per insegnare ai bambini.

Ericsson poi ci porta in un terreno affascinante, quello dell’orecchio assoluto, cioè la capacità di cogliere e riconoscere l’altezza di qualsiasi suono senza alcun riferimento acustico. In pratica un tizio parla e sappiamo che è in “tonalità di re” e cose del genere. Ecco se questo non sembra un super potere che dimostra la naturale abilità di un musicista, cos’altro? Secondo Ericsson e vari altri studiosi, in realtà qualsiasi bambino sottoposto ad un adeguato training, prima di una certa età (se non sbaglio prima dei 7 anni) è in grado di acquisire il famoso orecchio assoluto. Questo è un caso in cui la neuroplasticità infantile la fa da padrona!

Tutto questo significa che il talento non esista? No, ma significa che probabilmente è qualcosa che non possiamo spiegare solo con la genetica ma dobbiamo necessariamente inserire altri elementi come l’ambiente. E nuovamente, anche qui, l’ambiente in cui nasci e cresci mica lo scegli tu, è molto spesso frutto del caso. Ma allo stesso tempo queste ricerche ci dicono che tutti possiamo apprendere, ognuno alla propria velocità ed ognuno nelle proprie modalità, ma tutti lo facciamo e possiamo tutti migliorare facendolo… (a tutte le età!).

Studi ed esperienze

Ogni volta che parlo di questi temi ricevo due tipi di commenti: quelli di chi difende il talento citando nomi di grandi personaggi del passato e quelli che raccontano esperienze! Ho recentemente fatto un video YouTube sul tema se dai un’occhiata ai commenti troverai persone che citano esperienze dirette, del tipo: “Sì, io ho 63 anni, 10 anni fa ho preso la patente e ora sto imparando una seconda lingua” ecc. Questi sono per fortuna i commenti più frequenti e sono anche quelli maggiormente affini alla mia personale esperienza, sia come uomo che come professionista.

Ho avuto la fortuna di lavorare con gli anziani in diversi campi (sia nel mio studio come psicoterapeuta e sia come perito per un Notaio) e ho scoperto un mondo incredibile. Ho scoperto anziani intenti ad apprendere nuove lingue, nuovi balli, suonare strumenti, prendere l’ennesima laurea, guidare l’auto (a 85 anni) nei circuiti ad alta velocità, ecc. Venire a conoscenza di tutte queste storie, tutte queste esperienze mi ha convinto davvero che abbiamo un potenziale di apprendimento enorme, molto più grande di quanto possiamo immaginare.

In questa società iper produttiva, dove tutti dobbiamo performare però vorrei che sia chiaro che il mio intento non è dirti: ehi devi sbrigarti, hai poco tempo per imparare a fomentare la FOMO, ma il contrario, dirti che hai tutto il tempo per coltivare le cose che ami anche se, non le sai ancora fare! Spero che questo messaggio venga interpretato in questo modo, è un invito a cercare di capire in cosa ci siamo convinti di non essere portati e, nel caso ne sentissimo il desiderio, provare a sfidare quella nostra convinzione. Perché sentirci competenti in ciò che amiamo ci fa stare bene e ci fa sentire bene!

Sentirsi “in ritardo” nella nostra società è ormai all’ordine del giorno. Un po’ perché effettivamente abbiamo perso di vista alcuni valori fondamentali ma anche per motivi legati al confronto sui social, all’idea di dover diventare tutti ricchi, tutti famosi, tutti in un certo modo. Per fortuna sembra che le nuove generazioni siano diverse ma scommetto che il nucleo di alcune cose non è cambiato così tanto, sapere che abbiamo la possibilità di dare una direzione a ciò che impariamo, a tutte le età, è per me una delle cose più entusiasmanti della vita. E non sto esagerando.

Se non mi credi provaci: prenditi qualche settimana o mese per apprendere qualcosa di nuovo, qualsiasi cosa che ti piaccia. Vuoi imparare a cucinare qualcosa che non hai mai fatto? Suonare uno strumento? Una nuova lingua? Impara qualcosa di semplice e di fondamentale (come una scala, alcune frasi ecc.) fallo fino a quando la senti tua, cioè devi saperla fare abbastanza bene e poi torna a dirmi come ti ha fatto sentire. La verità è che ogni volta che riusciamo ad imprimere intenzionalmente nuovi apprendimenti in ciò che amiamo, ci sentiamo bene, ci sentiamo appagati e soddisfatti (anche e a volte soprattutto, se quella cosa non serve a niente!).

La mia storia

Se mi segui da tempo (cosa molto probabile se stai leggendo queste parole) allora conoscerai in parte la mia storia, io sono una specie di piccolo esempio di come non sia mai troppo tardi. Qui trovi un pezzo di storia ma ecco un brevissimo riassunto: Sono stato bocciato 2 volte alle scuole superiori, dalle scuole medie in poi hanno sempre consigliato ai miei genitori di farmi studiare poco e farmi lavorare. La mia maestra delle elementari mi usava come esempio di semi-ritardo mentale, non lo diceva apertamente ma questo era il suo messaggio tra le righe e neanche così tanto tra le righe (ascolta la puntata per saperlo).

Nello sport ero una pippa, coordinato e aggraziato ma troppo grasso e spesso discriminato per questo. Ti racconto un evento: ho 15 anni e sto giocando una partita di pallacanestro, la squadra avversaria vedendomi grasso decide di farmi maracare dal più grosso. Ho fatto tipo 50 punti, perché andavo al doppio della sua velocità, correvo di brutto anche se ero grasso. Il mio allenatore capendo questo meccanismo cercava sempre di schierarmi e sperava che mi mettessero contro quello più grosso e lento. Sono nato in mezzo a chitarre e strumenti musicali così all’età di 8 anni sono andato a seguire un corso di gruppo.

Arrivo ma sapevano già tutti suonare, sapevano tutti fare il giro di “do”. La suora che teneva il gruppo, dopo avermi visto faticare per un’ora (ci credo non sapevo neanche dove mettere le dita, perché non me l’aveva spiegato nessuno) mi dice che forse era meglio che suonassi un altro strumento. Dopo qualche anno torno a suonare con quel gruppo e sono praticamente il più bravo, e no non avevo seguito le lezioni della suora, ero tornato a casa e mi ero messo in testa di suonare da solo… e così ho fatto. Insomma tutta la mia vita è stata un po’ quella di un underdog, quella dello sfavorito che in un qualche modo “ci riesce”.

Subito dopo la mia laurea a Padova torno a casa per le vacanze di Natale, mi avvicina un vecchio conoscente, il quale mi dice: “Ehi Genna, ma qui girano delle strane voci, che tu ti sia laureato con il massimo dei voti”, io lo guardo e gli dico: “ahahah no sono solo voci”. Il suo volto si è come rilassato, quasi a dire “ah ecco, mi sembrava impossibile che fossi tu”. Non so se mi spiego, poi qualche anno dopo ricontrandolo mi ha detto “scusa ma ora lo so, che ti devo chiamare dottore”. Ci tengo molto a dirti che tutte queste storie non indicano che io sia migliore di te o di nessun altro ma indicano che non è mai troppo tardi.

Non è mai troppo tardi soprattutto quando è qualcun altro a dirti che è tardi. Quando sono gli altri a convincerti che non ci riuscirai, che è inutile tentare. Ed avrei altre 1000 storie del genere, non solo mie, ma dei miei pazienti, dei miei amici e delle persone che ogni giorno online condividono con me un pezzo della loro vita. Prima o poi scriverò un libro che intitolerò proprio under dog ma a volte mi sembra di essere vittima del bias del sopravvissuto… chissà… e tu, ti sei mai accorto, hai mai toccato con mano che NON è affatto vero che siamo in ritardo?

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.