Tutti mentiamo! Secondo alcune ricerche, ogni volta che parliamo con una persona sconosciuta tendiamo a mentire circa 3 volte nell’arco di 10 minuti. Spesso sono piccole bugie, come l’alzare di poco il proprio status sociale (o abbassarlo in certi casi), questa cosa non succede solo a noi, anche nel regno animale esteso si tende a “mentire”, a dissimulare, creare false piste ecc. Insomma mentire sembra un comportamento naturale tuttavia oggi le cose ci stanno sfuggendo di mano…

Tollerare le bugie

Come appena accennato, tendiamo tutti a mentire ma a quanto pare, ci troviamo nell’era in cui tale comportamento sta diventando “troppo normale”. E’ del tutto normale sapere che i politici che abbiamo votato abbiano mentito, non intendo piccole menzogne ma del fatto che la maggior parte delle cose che hanno promesso non verranno mantenute. Così come è normale trovare esperti di qualsiasi cosa che si proclamano come “i migliori sul mercato”, “i primi in Italia”, “i migliori rispetto a tutti”, per motivi legati al marketing e al branding. Insomma siamo abituati… e la cosa non è così bella!

Di certo abbiamo sempre mentito, ma un tempo se davi la tua parola a qualcuno e poi non la mantenevi rischiavi davvero grosso. Non direttamente magari, cioè nessuno ti veniva ad uccidere se violavi un patto (dipende dal tipo di patto ovviamente) ma se la gente del villaggio veniva a sapere che “non eri un uomo di parola” allora ecco che perdevi credibilità e possibilità di sopravvivere. Attenzione però, sembra quasi che ti stia per dire che violare qualsiasi patto sia sbagliato, che la parola data valga sempre e comunque… non proprio anche se un fondo di verità c’è in queste osservazioni.

Voglio semplicemente mostrarti come è cambiato il rapporto che abbiamo con le bugie. E di come questo potrebbe influenzare il nostro atteggiamento nei confronti del mondo e soprattutto nei confronti di noi stessi. Non è un caso che proprio in questi ultimi decenni siano emerse pratiche di crescita personale che si fondano sul mentirsi: ad esempio cercare di riprogrammare chi siamo attraverso frasi ripetute (le famose affermazioni), attraverso tecniche di auto-ipnosi o cose del genere. Purtroppo tale atteggiamento non è solo di chi “offre corsi di crescita personale” ma anche in altri ambiti.

Sono noti negli ultimi anni i casi di poca replicabilità di diversi studi in psicologia. In alcuni casi ci sono veri e propri errori metodologici ma in altri sembra proprio che i ricercatori, pur di pubblicare, pur di fare scalpore, abbiano modificato i dati, insomma una vera e propria truffa. Evento che viene alimentato da come vengono pubblicati gli articoli, di solito sono quelli che hanno trovato qualcosa e non quelli che l’hanno confutata (violando il principio sacro di Popper). Di solito vengono pubblicati articoli su temi specifici che costringono i ricercatori a cambiare prospettive e direzioni di ricerca (proprio come succede per i nostri algoritmi, i quali sembrano agire esattamente come noi umani, dato che li abbiamo costruiti noi).

Insomma nessun ambiente sembra salvarsi da questa tendenza “alla menzogna”. E spero sia chiaro (se hai ascoltato la puntata probabilmente è già chiaro per te) il fatto che non si tratta di moralismo, non sto dicendo che mentire sia sbagliato per una qualche ragione specifica… ma che abbia diversi effetti negativi nella vita, per motivazioni squisitamente pratiche. Infatti la tendenza a mentire, che ripeto sembra essere insita in noi, diventa negativa quando non ne siamo consapevoli, quando ci raccontiamo la bugia delle bugie: “Gli altri mentono io no” e questo conduce alla peggiore menzogna.

Ma perché mai dovremmo mentire a noi stessi?

Le motivazioni sono tante, a partire da come costruiamo le rappresentazioni delle cose là fuori, la famosa mappa che non è mai il territorio. Voglio ricordare che questa famosa affermazione non è una semplice teoria ma una sorta di affermazione pragmatica: teniamo a mente che le nostre rappresentazioni del mondo sono solo rappresentazioni. La questione è complessa me per essere davvero prosaici: quando ti riferisci alle tue rappresentazioni, su te stesso e sul mondo (pescandole dalla memoria) non stai davvero guardando i fatti ma li stai reinterpretando. Doh!

Interpretiamo i nostri ricordi sulla base di come siamo nel momento in cui lo facciamo. E questo aspetto ci consente di tenere sempre aggiornato il nostro magazzino di memoria (aggiornato e coerente con la nostra identità) risparmiando energia. Risparmiamo perché non dobbiamo tutte le volte ripescare ogni elemento ma lo ricostruiamo in base alla interpretazione del momento. Quindi, quando racconti qualcosa a qualcuno, stai reinterpretando quella cosa a te stesso e a quella persona, non stai dicendo tutto tutto ciò che hai visto, ascoltato, pensato e percepito in quel momento.

Complesso ma banale, vero? Per costruire adattamenti, per evitare la dissonanza cognitiva, tendiamo a raccontarcela o per usare parole diverse (meccanismi di difesa “freudiani”) tendiamo a razionalizzare. A spiegarci le cose, anche se in realtà quelle cose non le sappiamo e non le abbiamo davvero capite. Sono tutti meccanismi mentali che nascono dalla necessità di risparmiare energia, nel quel troviamo anche i famosissimi bias. Per conoscere alcuni di questi meccanismi di memoria, di fallacia delle interpretazioni ti invito a guardare alcuni di questi vecchi podcast, che sono ancora attualissimi.

Mentiamo a noi stessi per dare senso a ciò che ci circonda, anche se “questa vita un senso non ce l’ha”, per citare Vasco. Lo abbiamo visto di recente la nostra mente deve necessariamente dare senso alle cose, creare cause ed effetti nel mondo anche quando queste non sono reali. Il motivo è sempre legato al sopravvivere, ti invito a recuperare quegli episodi per avere una visione più chiara di questa faccenda fondamentale. Quindi torniamo al mentire a noi stessi… scommetto che ti è capitato qualche volta nella vita, di esserti accorto di mentire a te stesso.

Cosa succede quando ti “sgami”? Non è una bella sensazione, è qualcosa di poco piacevole se non addirittura terrorizzante. Scatta una sorta di vergogna auto riferita, quella sensazione arcaica di essere sbagliati, quella sensazione di essere stati presi con le mani nella marmellata. Se ci pensi per qualche secondo, è un vero e proprio freezing! Ecco, se ti scopri a raccontartela su qualcosa, in una sorta di dialogo dentro di te, cosa succede?

I meccanismi di difesa

Questo termine coniato da Sigmund Freud aveva anche dei connotati specifici, sarebbero difese da parte delle istanze della nostra mente contro il materiale rimosso. Detto male ma in modo molto comprensibile: dato che da bambino non potevi sopportare certi dolori li hai rimossi, tale meccanismo non sarebbe l’unico a proteggerci dal materiale che non vogliamo affrontare. Ma ce ne sarebbero molti, ne abbiamo un po’ parlato in questo episodio, ma essenzialmente, qui su Psinel, quando parliamo di queste cose non ci riferiamo solo a questo aspetto, ma a qualsiasi meccanismo che ci allontani dal funzionare bene.

Come sanno i miei colleghi sono stati scritti fiumi di parole su questo tema ma essenzialmente ciò che intendiamo qui è il fatto che, per varie ed eventuali (dolore, evitamento esperienziale, dissonanza cognitiva, risparmio energetico ecc.) tendiamo a racconatrci delle piccole o grandi frottole per dare senso a ciò che ci circonda. Sembrerà strano a chi conosce la profondità del tema e anche a chi abbia cercato di migliorarsi nella propria vita ma, conoscere tali tendenze è già il primo passo per imparare a gestirle al meglio. Ma solo se ci alleniamo a riconoscere come tendiamo a comportarci.

Il primo passo da comprendere è che tali meccanismi non sono tutti così “inconsapevoli”, cioè se ci portiamo sopra un pizzico di consapevolezza possiamo rendercene conto. Possiamo ad esempio accorgerci di dirci delle piccole bugie per giustificare delle cattive abitudini. Vedi il primo passo per farci i conti è partire proprio da questo tipo di piccole bugie, ed è quello che spesso si fa con le dipendenze, cercando di far capire alle persone che quelle azioni non hanno tutti i benefici che la gente si racconta. O al contrario, che fare quelle cose non è così doloroso come si aspettano, ecc.

Qualcuno potrebbe pensare: “scusa ma se fossi così facile perché la gente continua a fare certi errori?”, perché in realtà non è così facile come sembra. Infatti non appena inizi a cercare di notare come tendi a raccontarti le cose, scopri di essere molto bravo (almeno io e le persone che ho conosciuto lo siamo davvero tanto) a giustificare ciò che fai. Vedi il punto è che essere consapevoli è sia anti-economico (per la nostra mente) e sia (spesso non ma non sempre) doloroso. In altre parole è più facile cercare una immediata giustificazione a certe nostre azioni rispetto al soffermarci a capire perché le facciamo davvero.

E’ importante sottolineare che entrambe queste motivazioni sono preziose. E’ prezioso conservare le nostre risorse mentali, perché sono realmente limitate ed è altrettanto importante (sempre per motivi analoghi) evitare di sottoporsi a dolori non contingenti. Il problema giunge quando questi meccanismi diventano così forti da imprigionarci in una valanga di narrazioni che dobbiamo continuamente raccontare a noi stessi per evitare di soffrire. Tutto questo può essere davvero aiutato da un pizzico di consapevolezza schietta nei nostri confronti e per essere davvero schietti dobbiamo anche essere pronti…

Pronti alla schiettezza?

Pronti a cosa? Alla sofferenza che emerge in quel momento e a cercare di essere gentili, la qual cosa (intendo la gentilezza) non è un tentativo di eliminare la sofferenza, non è un altro modo per fuggire, anzi, in certi casi quando inizi ad essere gentile la sofferenza potrebbe inizialmente innalzarsi. I miei colleghi usano la metafora dei pompieri, quando vedono una stanza in fiamma, sanno di dover aprire la porta ma sanno anche che è possibile, proprio aprendola, essere investiti da una esplosione. Ecco quando inizi a darti quella gentilezza consapevole, dunque senza scappare dalla sofferenza, questa potrebbe farti tornare nelle tue narrazioni, alle giustificazioni.

Lo facciamo tutti, è normale ma se protratto nel tempo, se fatto esageratamente può distruggerci la vita. Vedi quando si dice che le bugie hanno le gambe corte, si dice qualcosa di vero, sono talmente fragili che vanno rinnovate di continuo, ed è tale azione che può trasformarsi in un vero e proprio boomerang emotivo. La consapevolezza gentile e schietta non elimina tale tendenza ma ne riduce la frequenza e l’intensità, questa regolazione diventa a sua volta sempre più efficace, aiutandoci così a gestire meglio il nostro complesso ed intricato mondo interiore.

Quindi provando un po’ a tirare le fila di questo post (scritto al 100% da un essere umano, cosa da ricordare in questi giorni) è necessario ricordare che, tutti tendiamo a raccontare e raccontarci bugie, in entrambi i casi è una tendenza abbastanza comune e naturale. Evitando i discorsi sull’etica personale, cioè se sia giusto o sbagliato farlo, entriamo nel merito dell’effetto che questa tendenza potrebbe avere sulla nostra realizzazione personale. Ed è chiaro a chiunque che mentirci non è una strada buona per riuscire a vivere in armonia.

Il paradosso è che tendiamo comunque a farlo, dunque che fare? Dobbiamo accorgerci, renderci conto di quando lo facciamo, notarlo senza giudizi e cercando di essere gentili. Senza cercare con questo atteggiamento di raccontarcela, non si tratta (come probabilmente già sai) di auto-indulgenza, cioè dirti che va bene dato che lo facciamo tutti, ma di dirti che va bene provare la giusta (piccola o grande) sofferenza nell’accorgerti di farlo. Questo ti consente di osservare con maggiore chiarezza da cosa scappi, da cosa ti nascondi, cosa tendi a giustificare.

Questo processo non è magico ma può diventare un piccolo primo passo per migliorarci. Ed è una delle cose più difficili che possiamo fare ma per questo stesso motivo, anche una delle più potenti in assoluto. Fallo per un po’ di tempo, con i tuoi tempi e torna a farmi sapere come ti sei trovato.

Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.