Hai mai avuto la sensazione di sentirti “pronto a qualsiasi cosa”? No non intendo essere pronti “al peggio” ma semplicemente “sentirsi preparati”.
In psicologia chiamiamo questo fenomeno “sensazione di auto-efficacia”, quando sentiamo di essere in grado di fare qualcosa.
A volte questa sensazione non basta e serve un cambio di atteggiamento mentale che ho battezzato “il mindset del jazzista”.
L’effetto esame
Il modo più semplice di descrivere il “mindset del jazzista” è quello di tornare fra i banchi di scuola o meglio fra le fila degli studenti universitari.
Ai miei tempi c’erano esami per i quali era necessario studiare anche più di 10 libri, uno più complesso dell’altro.
Al termine dello studio nessuno poteva dire davvero “io so tutto quello che c’è da sapere” in modo assoluto (tranne rari casi).
Per affrontar l’esame dovevi “sperare che ti chiedessero” proprio ciò che eri riuscito ad immagazzinare di quei 10 libri.
Effetto salienza
Se fra quei 10 libri ce ne fosse stato uno particolarmente attraente per te (per mille motivi) è probabile che il suo contenuto sarebbe stato maggiormente disponibile.
In psicologia chiamiamo questa “disponibilità mentale” salienza, perché emerge (sale) in mezzo a tanti altri contenuti mettendosi in evidenza.
E’ un fenomeno che abbiamo visto essere ottenibile anche con sporchi trucchetti come quelli legati all’effetto priming.
Ma nel nostro esempio dell’esame più abbiamo approfondito un certo tema e più è facile che questo sia saliente rispetto agli altri e quindi emerga con maggiore facilità.
Gli scambi tra le persone funzionano come “l’esame da 10 libri”
Quando ti confronti verbalmente con qualcuno (per un motivo qualsiasi) non hai aperto davanti a te il “libro della conoscenza”.
Ma devi adattarti alle azioni e reazioni di chi ti sta di fronte. Non hai il tempo di “prepararti a casa un discorso” ma devi tirare fuori ciò che sai.
Si puoi studiare alcune tecniche linguistiche, allenarti con esercizi di retorica, studiare a fondo gli argomenti ecc.
Ma la sensazione di essere “davvero pronto” quella difficilmente potrai allenarla a casa, non è una questione solo razionale ma anche e soprattutto emotiva!
L’era della performance
Abbiamo spesso parlato del fatto di essere nell’era della “performance” dove ognuno di noi è valutato per i propri risultati tangibili.
Questo da un lato è un bene ma dall’altro ha messo a tutti il timore di non essere giudicati all’altezza.
Mentre un tempo ci sentivamo tutti dei “piccoli peccatori” (il senso di colpa) oggi ci sentiamo tutti dei “piccoli impostori”.
Nel senso che rischiamo di non sentirci adeguati alle diverse sfide che la vita ci pone davanti.
Più la società alza l’asticella e meno ci sentiamo adeguati
La memoria implicita
Ciò in cui ti sto chiedendo di avere fiducia quando ti approcci ad una qualsiasi persona è che qualcosa emergerà dalla tua “memoria implicita”, che non è composta solo di schemi motori.
Di solito si parla di memoria implicita quando si parla di apprendimenti complessi come andare in bicicletta ecc. ma si riferisce anche a ciò che è latente dentro di te, fino a quando non ti serve.
Il nostro cervello funziona per “disposizioni di informazioni” cioè per salienza come ricordato poco fa. Più una informazione è disponibile e più e facile che la utilizzeremo.
Per questo è importante studiare, perché non si tratta solo di essere fiduciosi che queste cose emergeranno ma anche di sapere che da qualche parte le “hai messe”.
La tua memoria non sta in un cassetto
L’ho detto molte volte ma è importante ribadirlo: la memoria è distribuita nel cervello, come descrive in modo eccelso Antonio Damasio nei suoi studi.
Il che significa che non esiste un “luogo della memoria” dove conservi le cose che sai. Ma che queste sono come distribuite in diverse reti neuronali sparse nel cervello, sono come “cloud di informazioni distribuite”.
Perché ti dico una cosa così tecnica? Per farti smettere di credere di avere un “cassetto” o un “ripostiglio” dove andare a cercare nella vita di tutti i giorni e nei confronti di tutti i giorni.
Una cosa è se devi studiare per un esame o per una presentazione, allora si che devi assicurati di aver mandato a memoria tutto ciò che è necessario. Li devi guardare nel cassetto e anzi creartelo.
Se invece vuoi essere sereno del fatto che, anche se non hai sotto il naso il cassetto tutto andrà bene, allora devi dimenticarti del cassetto e lasciare che la situazione faccia emergere le informazioni.
Il potere della situazione
La nostra memoria è situazionale, stato dipendente, chiamala come vuoi ma hai capito. Se ti trovi in una determinata situazione attivi determinate disposizioni mentali.
Per questo a volte cerchiamo di richiamare alcuni stati senza riuscirci, perché non siamo “nella situazione adatta per farlo”.
E’ inutile chiederti se sarai in grado di tenere testa a quella persona fino a quando non gli sei davvero davanti. Solo in quella situazione attiverai gli schemi e le risposte che cercavi.
Come diceva qualcuno “per imparare a vedere bisogna imparare ad agire“.
L’utilizzazione Ericksoniana
Da qualche anno non parliamo più attivamente del lavoro di Milton Erickson ma ricordo ai nuovi ascoltatori che per me resta un mito.
Una delle eredità cliniche più importanti di Erickson non è l’ipnosi ma il suo modo di fare terapia che si può riassumere nella parola: utilizzazione.
Cioè nella capacità di “utilizzare” qualsiasi cosa gli raccontasse il paziente al fine di farlo stare meglio.
Il materiale che il grande terapeuta usava era portato direttamente dal paziente nel suo studio, a lui bastava solo “ascoltare attentamente”.
La “teoria dietro di te”
Uno dei miei tanti maestri mi diceva spesso “metti la teoria dietro di te e non fra te e il paziente”. Con questa frase indicava di ascoltare senza giudizio.
Certo mi chiedeva di ragionare su ciò che avevo fatto “a freddo” nella tranquillità di casa mia, ma poi in seduta “niente teoria fra te e il paziente”.
Se ci pensi è un po’ ciò che sto cercando di trasmetterti oggi con la metafora del jazz quando incontri “altre persone”.
Non hai bisogno di stare dentro di te a ripeterti come dovresti comportarti o cosa dovresti dire, questo ti blocca.
Dimentica (momentaneamente) quello che sai
I fenomenologi dello scorso secolo parlavano di “epochè” di fare un passo indietro e mettere tra parentesi le proprie conoscenze.
Perché avevano capito che, per quanto difficile ed utopico, è sempre necessario dimenticarsi ciò che sappiamo per giungere a nuovi punti di vista.
Non è una vera “dimenticanza” perché come sappiamo il nostro inconscio continua a fare il suo lavorio silenzioso.
Per quanto mi riguarda è una sorta di “tecnica” che ti consente di mantenere sgombra la mente, quel teatro di disponibilità mentali.
La “coscienza” come teatro
Che la nostra mente assomigli ad un palcoscenico dove si avvicendano vari personaggi della nostra esperienza interiore, non è una novità.
Negli ultimi decenni le neuroscienze hanno comprovato questa visione di come funziona la “coscienza”, del fatto che siamo coscienti solo di poche cose contemporaneamente.
Per i miei colleghi questo spazio di “memoria di lavoro” è come un tavolo sul quale possono stare solo pochi pezzi sui quali lavorare.
Ma questo non significa che siano “gli unici pezzi che hai a disposizione”. La disponibilità dei pezzi dipende dal grado di comptenteza e della tua fiducia o auto efficacia in quel contesto.
L’auto-efficacia
E’ un costrutto psicologico che indica il grado di sicurezza nell’eseguzione di un qualche compito, è la sensazione di saper fare.
Ma non è solo una “sensazione” è anche un dato di fatto, quando si parla di auto-efficacia si intende la consapevolezza di abilità reali.
Non è l’illudersi di saper fare qualcosa ma la vera consapevolezza di saperlo fare. Ora è chiaro che questo cambia in base al livello di convinzione.
Un jazzista sa di poter improvvisare in numerosi contesti, non tutti ma di quelli che conosce ne ha una chiara consapevolezza.
Sai che non mi piace il discorso “convinzione”
Tra i due aspetti da allenare: abilità e convinzione io resto fermo sul primo, perché è l’unico realmente controllabile e “alienabile”.
Come ti dicevo nella passeggiata sui “livelli logici di Robert Dilts” a me piace lavorare sui livelli “più bassi” o sulla “realtà 1”.
Sono le fondamenta su cui poggia il tutto, senza queste basi tutto ciò che costruisci è effimero ed insicuro.
Tornando alla nostra metafora significa continuare a fare pratica con lo strumento anche se non si sa con esattezza che cosa si andrà a suonare.
”Sono pronto a tutto”
La convinzione di base da coltivare invece è questa: la sensazione di essere pronto a qualsiasi cosa, sapere che il nostro cervello sarà pronto a suggerirci la cosa giusta.
Non è una semplice “affermazione positiva” ma è un vero e proprio atteggiamento mentale che puoi iniziare a coltivare.
Come fare? Oltre a studiare le basi come dicevamo prima, devi affrontare il mondo avendo numerose prove di questo fenomeno.
Devi fare quella telefonata, andare da “quella persona”, bussare a quella porta, senza troppe preparazioni mentali, fondandoti che ciò che ti servirà dire emergerà dalla tua mente.
Qui trovi la puntata dedicata a come “imparare ad amare l’incertezza nella vita“, un concetto molto simile a quello di oggi.
Fammi sapere cosa ne pensi lasciando il tuo parare qui sotto
A presto
Genna