Hai mai sentito frasi del tipo: “Come stai? Ti vedo un po’ giù oggi, tutto bene?”. Oppure: “Lo so che vorresti che io facessi quella cosa”, o peggio, “so che cosa stai pensando”?
Come avrai notati si tratta di frasi di uso quotidiano, spesso durante il podcast ti dico “come sai”, due paroline che implicano che tu sappia qualcosa ma soprattutto che io possa saperlo, che possa leggerti il pensiero.
La “lettura del pensiero” è visibile a livello linguistico ma non riguarda solo il linguaggio…
Leggere nel pensiero “è pericoloso”
Una cosa che non ti ho detto nell’audio di oggi è che “leggere nel pensiero è pericoloso” anche se ci azzecchi. Cioè anche se per caso tu “individui” davvero il mondo interiore del tuo interlocutore.
Non è sempre pericoloso ma spesso lo diventa perché alcune persone (molte persone) si sentono come “invase” da chi cerca di dirgli come si sentono. Meno sono consapevoli e più reagiranno male!
Certo se fai il mio mestiere e sai come dire le cose “leggere bene nel pensiero” può diventare un utile strumento nella tua cassetta degli attrezzi. Ma è un’operazione delicata anche per i miei colleghi.
Non amiamo essere visti come “prevedibili”, “leggibili”, “trasparenti”, lo so è un paradosso e ci sono persone che sanno di essere “libri aperti” ma difficilmente ne sono felici e soddisfatti.
Trovo estremamente maleducato cercare di intuire gli stati interni del prossimo per sottolinearlo pubblicamente. Se proprio vuoi fare una cosa del genere, porta in disparte la persona e sii molto gentile; domanda non affermare!
Più resistenza più indirettività
Jeffrey Zeig, allievo prediletto di Milton Erickson e attualmente presidente della Erickson Foundation (lo abbiamo intervistato trovi qui la puntata) ha coniato una semplice regola per terapeuti che può essere utile a tutti.
La regola recita così: “più il paziente è resistente e più dobbiamo essere indiretti”. E’ qualcosa di facilmente intuibile per tutti: immagina di voler chiedere un giorno di ferie al tuo capo.
Se lui è molto resistente in questo campo andare li e dirgli “Ohi voglio un giorno di ferie” probabilmente non servirà a molto. Se invece ci vai “più soft” e lo porti gradualmente al discorso ferie, avrai più probabilità.
I bambini lo sanno molto bene, sono indiretti con i genitori resistenti e diretti con quelli meno resistenti. Se volevo un giocattolo da bambino lo chiedevo direttamente a mia madre e indirettamente a mio padre.
I bambini sono dei geni della presuasione, non si danno per vinti ed insistono fino a quando non raggiungono lo scopo. Sono da osservare attentamente perché crescendo perdiamo tali abilità comunicative.
Non possiamo non leggerci
Questa affermazione prende spunto direttamente dal noto assioma della comunicazione umana secondo il quale “è impossibile non comunicare” ma dice qualcosa di diverso.
Che per poter muoverci adeguatamente nei contesti sociali dobbiamo necessariamente immaginare cosa hanno in mente le persone intorno a noi. Si non è necessario leggere davvero “la mente” basta osservarne i movimenti.
E in realtà lo facciamo sempre, tutte le volte che abbiamo un’altra persona di fronte. Anche se stai camminando nel centro di Milano e dall’altra parte arriva una persona sul tuo stesso marciapiede, devi capire che intenzioni ha.
E’ chiaro che più la situazione è possibilmente pericolosa e più tenderemo ad accendere tali recettori esterni. Che comunque non si spengono quasi mai quando siamo in pubblico, perché ci consentono di sopravvivere da millenni!
La lettura del pensiero di cui ci occupiamo oggi parte da qui ma non è solo questa, è una interpretazione del comportamento altrui ed una verbalizzazione si tale atteggiamento. “So che mi capisci” 😉
Presupporre di sapere
La lettura nel pensiero è linguisticamente “una presupposizione”. Per poter parlare insieme dobbiamo necessariamente presupporre delle cose, devo ad esempio presumere che tu conosca l’italiano.
Devo presuppore che le parole che utilizzo siano di tua comprensione e che il mio ragionamento sia seguito. Devo presuppore che tu sia attento e che quelle parole che ti sto dicendo abbiano lo stesso significato per entrambi.
Come puoi intuire è un “vero casino”. Infatti non è possibile essere certi al 100% che ciò che presuppongo su di te sia corretto. Certo posso osservare con attenzione il feedback che mi dai quando parlo o chiederti conferma.
Questo è già un livello avanzato di comunicazione, ma per la maggior parte del tempo supponiamo che l’altro ci ascolti e che abbia capito esattamente ciò che noi volevamo comunicargli.
Quando una persona ci “legge nel pensiero” significa che sta presupponendo di conoscere tantissimo di noi e del nostro stato interiore. Lo so che ci sono segni distintivi di alcuni stati ma non è facile coglierli.
Il non verbale
Il problema più grande della lettura del pensiero si accompagna con la moda della “interpretazione della comunicazione non verbale”. Qui su Psinel abbiamo dedicato diverse puntate a questa tematica.
La maggior parte delle “letture nel pensiero” avvengono attraverso una interpretazione del non verbale. Nota che ho detto “interpretazione” perché non è possible capire davvero cosa sta pensando l’altro anche in riferimento al non verbale.
Prendiamo ad esempio degli aspetti non verbali incontroverbili come le emozioni. Se sto parlando con una persona e questa fa una chiara espressione di “disgusto” (che è universale e facile da riconoscere).
Non significa che stia provando disgusto per ciò che gli sto dicendo in quel preciso momento. Magari sta sentendo un odore che noi non percepiamo, magari le nostre parole gli hanno aperto altre memorie disgustose ecc.
L’unico modo per saperlo e chiederglielo. “Ho notato che hai fatto un’espressione strana, forse di disgusto. C’è qualcosa che non va?”. Questo è un buon modo per cercare feedback, il peggiore è invece questo:
“Ti disgusta ciò che dico vero? Non mi mentire era chiara la tua espressione in volto. Ora fottiti :D”.
Profezia che si auto-avvera
Ho esagerato nell’esempio però la gente a volte risponde davvero così. E paradossalmente crea una profezia che si auto-realizza, perché se il disgusto era “inconsapevole” potrebbe realmente dirigersi verso di te.
Spesso tendiamo ad avere reazioni non verbali completamente inconsce, cioè non sappiamo perché le stiamo mettendo in atto. Per cui se tu mi dici che sto reagendo male alla tua conversazione è possibile che io ti creda.
E’ su questa base che si fonda la “rattifica della trance” durante l’ipnosi, dove si collegano aspetti non verbali al fatto che il cliente sta entrando in trance. Es: Vedo che gli occhi tremano e dico “bene gli occhi tremano e questo indica che tra poco entrerai in trance”.
Se ci pensi è una sorta di lettura nel pensiero che ha uno scopo “nobile” quello di convincere il cliente che può entrare in trance. Nobile ovviamente se tale utilizzo è fatto da un professionista per motivi clinici.
Infatti la “presupposizione” è una tecnica potente e subdola di persuasione ed è anche per questo che alcune persone sensibili (come me) odiano quando gli altri tentano di farlo per manipolarli (con me cadono malissimo).
Il linguaggio è referenziale
Come forse saprai (una mezza lettura nel pensiero) il linguaggio è referenziale, cioè si riferisce sempre a qualche cosa. Che è la stessa cosa di dire che il linguaggio rappresenta qualcosa d’altro, la descrive.
Tale referenza non potrà mai essere perfetta, così come la mappa non potrà mai descrivere completamente il territorio a costo di diventare il territorio. Questo fa si che tutte le nostre asserzioni sugli altri siano in parte “letture nel pensiero”.
Ma al contrario di ciò che farebbe un mentalista, durante la conversazione ciò che fanno i due interlocutori (o che dovrebbero fare) è cercare di capire se l’altro ha compreso “a cosa si fa riferimento” e in caso si aggiusta il tiro.
Quindi esistono vari gradi di “lettura nel pensiero”, di per se lo sono tutte perché non possiamo davvero trasmettere l’esperienza così come noi vorremmo trasmetterla agli altri.
Ma esistono vari gradi di approssimazione, così come esistono varie scale per le cartine geografiche con vari gradi di dettaglio, lo stesso vale per la nostra esperienza trasmessa ed espressa attraverso il linguaggio.
La trasmissione “delle mappe”
Per poter ricevere la tua mappa così come la stai descrivendo c’è bisogno che entrambi collaboriamo, dove entrambi cerchiamo di assicurarci attraverso vari feedback, se stiamo capendo e inviando le informazioni adatte alla comprensione.
Questo meccanismo però disperde moltissima energia, ed infatti lo mettiamo in atto bene solo quando è necessario. Quando dobbiamo ascoltare con attenzione qualcuno perché ha qualcosa di importante da dirci.
Per la maggior parte delle conversazioni quotidiane non siamo così attenti e ci affidiamo alle scorciatoie del pensiero. Inutile ripeterti che il nostro bel cervello è pigro e che ha tra le proprie priorità quella di risparmiare energia.
Ed è proprio da tale risparmio che nascono le peggiori “letture nel pensiero”, di quelle che ci fanno offendere gli altri, che ci portano a cercare di controllarli o gestirli… si perché puoi cercare di controllare le perosne con questo modello linguistico.
Controllare gli altri con il linguaggio
Se mi trovo in una posizione di potere o semplicemente autorevole ai tuoi occhi, ogni volta che farò una lettura nel pensiero tu tenderai a farla tua. Ovviamente se questa non sarà completamente contro ciò che pensi e in specifici contesti.
Proprio in virtù di quella profezia che si auto-avvera di cui abbiamo parlato poco fa, se sono il tuo capo e ti dico: “Ehi Francesco, oggi ti vedo particolarmente spento, come vanno le cose” è possibile che tu ci creda e vada alla ricerca di tutte le cose che non vanno nella tua vita.
Lo so che sembra assurdo, ma a volte lo facciamo anche senza pensarci, giusto per avviare delle conversazioni. Magari non vedi da tanto un tuo amico e quando lo vedi, invece di esternargli la tua felicità nel vederlo gli dici: “ehi è un sacco che non ci si vede, ti vedo pallido, va tutto bene?”.
Qualcosa che può sembrarci come un semplice convenevole diventa invece una frase terrificante, perché l’unica via d’uscita per quella persona è essere leggermente contrariata e dire qualcosa del genere:
“Ascolta, non ci vediamo da 2 anni e la prima cosa che noti è che sono pallido? Ma come cazzo fai a fare un confronto con il mio colorito classico se sono 2 anni che non lo vedi?”.
Miglioriamo con consapevolezza!
Sembra fantascienza ma queste cosa capitano tutti i giorni, i miei pazienti me ne raccontano un sacco ed è bene iniziare a penare in questi termini. Perché riconoscere ed individuare queste tendenze in te stesso e negli altri può migliorare la tua vita.
E’ così, tendiamo ad usare queste presupposizioni perché ci fanno risparmiare energia, ci fanno sentire di aver compreso le cose, mettono ordine alla naturale ambiguità della vita. E in caso non lo sapessi gli esseri umani sono la cosa meno prevedibile al mondo.
Nonostante questo ci piace pensare che le persone pensino ciò che noi immaginiamo, che non cambino idea e quando succede ci arrabbiamo al punto tale da riportarle magari in stati peggiori di prima.
Un esempio che mi avete chiesto di commentare di recente è legato ad una dipendenza, quella del fumo: “perché quando smetti di fumare tutti vogliono offriti una sigaretta? Sono invidiosi?”.
Forse sono davvero invidiosi ma sono più propenso a credere che semplicemente gli piaccia credere che “tutto è rimasto come prima” per cui anche la tua dipendenza è rimasta identica.
Perché se così non fosse dovrebbero aggiornare le proprie mappe, cosa che implica fatica. Meglio credere che tutto sia come prima, che gli altri pensino ciò che immaginiamo… tanto “mica tutto cambia” no? 😉
Fammi sapere che cosa ne pensi lasciando un commento qui sotto
A presto
Genna