In questo momento, mentre stai leggendo, queste parole sono il centro del tuo focus attentivo (almeno spero) ma contemporaneamente puoi sentire il peso del tuo corpo, la sensazione di tenere in mano qualcosa, i suoni che ti circondano ecc.
Nonostante la tua attenzione sia focalizzata in un punto, un’altra parte di questa consapevolezza è come espansa dolcemente verso l’esterno (e anche verso l’interno del corpo) anzi, con un pizzico di sforzo puoi renderti conto di avere sempre questi due tipi di attenzione…
Centrale e periferica
Immagina di essere al buio (non un buio totale) e di avere a disposizione una torcia, ogni volta che punti la tua luce verso qualcosa la illumini, la rendi più chiara e visibile rispetto allo sfondo oscuro e sfocato. La nostra attenzione funziona più o meno in questo modo, se hai letto “Facci Caso” conosci tutti i dettagli di questo affascinante meccanismo.
Tale meccanismo non è solo affascinante ma è VITALE! Infatti la nostra attenzione deve costantemente occuparsi della periferia, perché altrimenti qualsiasi minaccia potrebbe coglierci alla sprovvista. Ma tale periferia non è solo un luogo distante, una sorta di attenzione depotenziata, è un’attenzione tutta a se stante.
Non è un caso che se vuoi vedere le famose stelle cadenti riuscirai a farlo con la periferia dell’occhio, perché quando una minaccia è abbastanza vicina non hai bisogno di percepirla flebilmente, la vedi e basta. Invece se è molto lontana hai bisogno di un campanello di allarme maggiormente preciso, tale campanello è la periferia.
Ma non funge solo da “allarme” funge anche da consapevolezza! Se stai bene puoi guardare un panorama e godertelo tutto, anche se in realtà i tuoi occhi stanno cogliendo solo una piccola percentuale di ciò che vedi, è la parte periferica del tuo occhio che tende a mettere le cose insieme e a completarle affinché tu possa vedere “il tutto”.
Insomma l’attenzione periferica non è solo una attenzione “su cui non presti tutta la tua attenzione” ma è un luogo dove l’attenzione funziona in modo diverso. La cosa diventa evidente quando parliamo del meccanismo di “figura-sfondo” di cui ci siamo occupati qui e in MMA: x
Figura-sfondo
I primi teorici della percezione i famosi “psicologi della gestalt” (da non confondere con i terapeuti) avevano capito che per percepire uno stimolo questo doveva stagliarsi su uno sfondo. Se non c’è lo sfondo allora la tua visione non può cogliere le differenze e non nota lo stimolo, sembra banale ma non lo è per niente: no sfondo no figura.
In altre parole la periferia dell’attenzione funge come da sfondo della percezione, e gli oggetti che passano dalla nostra coscienza diventano di volta in volta “le figure” (cioè l’attenzione centrale) su cui riponiamo le nostre risorse. Ma come sappiamo la nostra mente non è consapevole anzi per la maggior parte del tempo è “inconsapevole”.
Ed ecco che tale metafora: figura-sfondo e periferia-centro si presta perfettamente a questa differenza tra “conscio ed inconscio”, o per dirla in modo meno criptico “consapevole e inconsapevole”. E come sappiamo per quanto non siamo consapevoli dell’inconsapevole è proprio quest’ultimo a farla da padrone.
No tranquillo non voglio convincerti che la tua attenzione periferica sia più importante di quella centrale ma che, viste tali premesse, è il caso di occuparcene in modo un po’ più approfondito. Non solo attraverso le ricerche ma anche attraverso l’esperienza diretta che in questo caso è la nostra cara pratica meditativa.
Nella mia esperienza posso assicurarti che la parte periferica è ciò che mi consente di vedere le distrazioni “prima” di notare “come mi sento” mentre sto svolgendo una certa ruotine, insomma è molto importante tenerla a mente e lavorarci sopra, altrimenti perdiamo un bel pezzo del nostro intento.
Meditazione aperta e chiusa
In letteratura le pratiche di meditazione vengono suddivise in due grandi famiglie: open monitoring (monitoraggio aperto) e le focus oriented (orientate alla concentrazione). Tuttavia, una volta che una persona ha fatto esperienza della consapevolezza sa bene che in realtà il passaggio dall’una all’altra è una questione davvero formale, facciamo un esempio pratico:
Immagina di dover restare concentrato su un testo, in quel momento ciò che stai cercando di fare è “focus”, cioè concentrazione massima su ciò che fai cercando di escludere qualsiasi cosa accada al di fuori di quel compito. Ma se restassi in quello stato faresti fatica a renderti conto dell’attenzione saltellante, che come sappiamo è inevitabile x.
Sì anche se sei molto concentrato, molto allenato, è inevitabile che di tanto in tanto la tua attenzione salti, se sei troppo concentrato lo vivrai come una sorta di “uscita dallo stato”, il che non è un male, tuttavia nella meditazione di consapevolezza lo scopo non è restare concentrato ma notare le distrazioni.
Immagina di dover leggere con questo riferimento: stai attento a quando ti distrai… riusciresti a leggere? La risposta è SI, riusciresti a farlo. Ma se fosse il contrario? Leggi senza mai distrarti, riusciresti? La risposta è NO, perché la nostra attenzione è disegnato per saltellare.
Se questi ti sembrano giri di parole è perché non hai mai provato la sensazione di restare nel presente e notare quando perdi tale attenzione. In quel momento ti rendi conto che la distinzione classica tra i diversi tipi di pratica è utile solo ad un livello didattico, dove devi imparare a restare sul pezzo o imparare ad accogliere tutto ciò che emerge.
Se sei allenato invece tocchi direttamente con mano il fatto che restare nel focus non significa essere talmente concentrato da perdere la cognizione di spazio-tempo, come succede nella trance ipnotica, altrimenti per l’appunto sei in trance e non sei più presente. Come abbiamo visto in questo episodio x.
Cogliere le distrazioni
Insomma capisco che si tratta di un discorso per chi conosce la meditazione o per chi desidera approfondirla, non è facile da cogliere. Proprio qualche giorno fa ho parlato con una “chattato” con una ragazza che mi aveva chiesto proprio qualcosa del genere: “ho letto il tuo libro ma non capisco cosa significa cogliere le distrazioni”.
Ho cercato di risponderle (nella passeggiata) con l’esempio della lettura e lei mi ha detto una cosa del genere: “ma io non mi distraggo e quando capita non mi tratto male, torno semplicemente al punto di partenza”. Questo potrebbe essere vero se leggi 5 minuti, ma se leggi per diverso tempo è impossibile che nella distrazione non ci sia un commento, un giudizio.
Quando mi ha chiesto chiarimenti mi ha risposto: “si ma non riesco proprio a capire che vantaggi potrebbe portare la capacità di tornare indietro gentilmente”. Una cosa che detta ad un praticante di meditazione sembra una bestemmia! Sì perché per chiunque esplori la propria attenzione è evidente il vantaggio di accorgersi di aver perso l’attenzione.
Sono certo che la ragazza sia intelligente quanto tutti noi, ma allo stesso tempo sono certo che non sia così tanto consapevole del proprio mondo interiore. Ripeto, non perché sia “stupida” ma perché non si è mai messa li a provare queste metodiche consapevolmente.
Mediamente le persone non si preoccupano di conoscere come funzioni la propria attenzione, la colpa non è loro ma dell’educazione di base, che non ci insegna neanche come funziona questa cosa fondamentale. Come ripeto spesso nei miei corsi e nei miei scritti:
“Professori e insegnanti ci hanno detto per anni di stare attenti, ma se qualcuno avesse alzato la mano e avesse chiesto di specificare cosa intendesse con attenzione, credo che nessuno sarebbe stato in grado di rispondere adeguatamente”.
Continuiamo questo discorso nel nostro Qde
A presto
Genna