In questo preciso momento, mentre leggi queste parole, una parte della tua mente si sta chiedendo se “andare via o restare”. Ti stai chiedendo se leggere questo post e ascoltare il Podcast sia buono o cattivo per la tua sopravvivenza.
Non si tratta del semplice “mi piace o non mi piace” questo contenuto ma di una spinta arcaica che ognuno di noi ha dentro e nella puntata di oggi imparerai a conoscerla, riconoscerla ed utilizzarla per pensare e vivere meglio.
Buon ascolto a chi ha deciso di restare…
Shuld I Stay Shoul I Go
Qualche giorno fa, nel mio canale di Instagram, ho postato un breve video dove suono questa mitica canzone dei Clash, che significa letteralmente “dovrei stare o andare?”. Una domanda che ci poniamo dalla notte dei tempi e che, anzi, si pone ogni forma di vita.
Diversi anni fa, parlando di quello che viene chiamato “meta-programma” abbiamo visto la tendenza delle persone ad andare “verso le cose o via dalle cose”. In PNL vengono chiamati meta-programmi ma non sono poi così “meta”, nel senso che non appartengono al pensiero, alla parte “sopra” ma è una spinta atavica e biologica.
Nonostante tale spinta sia arcaica e in un qualche modo biologica, essa può essere riconosciuta ed eventualmente modificata. No, l’obiettivo non è snaturarci ma è comprendere ancora una volta che noi esseri umani abbiamo un super potere, quello dell’apprendimento.
Tali spinte ereditate non sempre sono adeguate al nostro tempo e alle situazioni. Ormai tutti sappiamo che molti dei famosi Bias non sono altro che eredità di un passato evolutivo, che non sempre è adeguato. Per quanto sia anche sbagliato definire i Bias come errori di pensiero (cosa che ho fatto anche io qui da qualche parte).
Non sono errori ma adattamenti all’ambiente che purtroppo sono più lenti di quelli che servirebbero ad una specie evoluta come la nostra, per questo motivo la nostra sopravvivenza non è più connessa agli aspetti biologici ma culturali.
Il pericolo più grande
Il pericolo maggiore di parlare di questo “istinto” è legato al nostro caro evitamento: sento che le cose non mi piacciono, ho sentito che è necessario affidarci al nostro intuito e abbandono la situazione. Questo è particolarmente pericoloso in situazioni ben specifiche, vediamo quali:
L’ambiente più pericoloso è quello familiare, come abbiamo visto molte volte le relazioni intime sono quelle più insidiose. Il motivo principale è che ci conosciamo talmente bene, siamo talmente legati che basta una parola fuori posto per farci scattare.
Scappare dai propri familiari (quando non ci sono alla base reali abusi fisici e psichici) è il modo migliore per garantirsi una sofferenza molto prolungata, non solo perché potremmo sentirci in colpa ma perché prima o poi possiamo ritrovare quei legami altrove.
Le relazioni sono croce e delizia degli evitamenti, per tanto, se sentiamo di voler fuggire da una relazione dovremmo per lo meno interrogarci su cosa stia realmente accadendo dentro di noi. Il primo ambito pericoloso dunque sono le relazioni intime ed il secondo sono le relazioni frequenti (amici, colleghi ecc.) per lo stesso motivo.
Infine il terzo ambito è quello delle situazioni che non conosciamo bene, anche in questo caso potremmo confondere il naturale sentimento di diffidenza verso il nuovo come un segnale istintuale di pericolo da seguire senza indugio. Perché magari abbiamo letto che il nostro istinto è più intelligente della parte razionale.
Istinto e razionalità
Come accennato nella puntata, istinto e razionalità sono due facce della stessa medaglia, che però non si mostrano mai completamente. In altre parole non possiamo essere completamente emotivi-inconsci ed instintivi o totalmente razionali, consapevoli e ragionevoli.
Così come non possiamo eliminare la parte emotiva da quella razionale e viceversa, la verità è che i nostri processi di pensiero sono unici, cioè avvengono da un substrato inconscio (emotivo istintuale) e vengono espressi attraverso filtri consapevoli o semi consapevoli.
Prima o poi farò una puntata ad hoc, ma la ricerca è molto chiara: quando la situazione è pericolosa e di emergenza, quando abbiamo poco tempo per pensare e ragionare, allora affidarci all’istinto non è solo l’unica scelta ma a quanto pare è spesso la migliore opzione da prendere.
Al contrario, quando abbiamo tempo per pensare, quando la situazione è complessa e non c’è una vera urgenza, allora agire di istinto è quasi sempre l’opzione sbagliata. Non sono io a dirlo ma una valanga di studi sulla psicologia delle decisioni.
Lo so non è sufficiente per farci capire quando sarebbe bene affidarsi all’uno o all’altro, per questo pensavo di farci una puntata ma in linea di massima queste sono le distinzioni principali a cui fare riferimento nella nostra quotidianità.
Avvicinamento allontanamento
I comportamenti di base che stanno dietro queste tendenze umane (e non solo) sono quelli di avvicinamento ed allontanamento da qualcosa. Lo sappiamo tutti istintivamente, senza bisogno di parole che se tutti vanno in una certa direzione anche noi saremo pronti a seguirli, soprattutto in situazioni di pericolo (vedi ciò che dicevamo qui sopra).
Se stai passeggiando in una via e sei da solo e di colpo vedi che davanti a te una decina di persone sta correndo nella direzione opposta con lo sguardo spaventato, cosa fai? Molto probabilmente ti giri e ti metti a correre con loro, senza sapere perché, senza porre troppe domande (sulla base del viso delle persone), ti giri e corri!
Questa scenetta è stata ripetuta in molte candid camera del passato (quelli che oggi si chiamano “prank”), questa scenetta non mostra solo il nostro continuo mimetismo, la tendenza ad imitarci senza saperlo, ma mostra anche la spinta primordiale evolutiva in azione. Corri perché se tutti corrono allora significa che il pericolo c’è ed è grande!
Meglio sbagliarsi e farsi prendere in giro dagli autori dello scherzo piuttosto che rischiare che ci sia un animale feroce, un tizio con un fucile che spara a caso ecc. Ancora una volta: quando c’è di mezzo la sopravvivenza si attivano questi schemi che per millenni ci hanno salvati… ma valgono sempre?
Ovviamente la risposta è NO! Così come nel caso dello scherzo in realtà stiamo apprendendo un comportamento erroneo, cioè non quello di attivarci quando vediamo persone scappare ma impariamo che quel luogo (in caso nessuno ci spiegasse niente, neanche che si tratta di uno scherzo) diventa “pericoloso”… normale apprendimento.
L’apprendimento
Gli esseri viventi imparano per tutta la vita e noi esseri umani ancora di più e molto più velocemente. Non tutti sanno che gran parte della psicologia scientifica nasce proprio in seno all’apprendimento: Pavlov e Skinner sono noti per un termine inquietante, il condizionamento, ma che roba è? Semplice apprendimento!
L’esempio che faccio più spesso è legato al nostro caro smartphone: ti è mai successo di ricevere una, due o addirittura tre telefonate indesiderate e spiacevoli di seguito? Cosa succede in quel momento? La maggior parte della gente, che magari era entusiasta di ricevere una chiamata, inizia a mettere in silenzioso se non addirittura spegnere il telefono.
Perché “impariamo” che da quell’oggetto arrivano solo cose negative, e senza rendercene conto lo mettiamo da parte. Questo accade in continuazione sotto traccia, anche in questo momento, basta un pensiero fuori posto per farti cambiare idea su di me, anche stupidaggini.
Non sai quanta gente in questi anni mi ha scritto cose del genere: “ho visto che hai sbagliato a scrivere quella frase, uno psicologo dovrebbe essere capace di scrivere, non ti seguo più”. Lo so sembra un contesto diverso ma è molto simile: dato che io pensavo che gli psicologi non sbagliassero a scrivere…
… “tu scrivi male questo viola le mie aspettative e decido di non seguirti più!” Lasciando perdere la fallacia logica nel ragionamento, il lettore non attiva solo credenze sconclusionate ma lo fa perché soffre a vedere le proprie aspettative violate, questo provoca sofferenza e si allontana da ciò che legge.
I Bias
Potremmo vedere questo istinto (mi piace chiamarlo così perché è in comune con ogni essere vivente) possa essere annoverato realmente tra i bias. Ne abbiamo parlato molto ma come ti accennavo questi non sono davvero “errori di pensiero” (come anche io affermavo) ma sono tendenze umane che possono condurre ad errori.
E’ che noi li abbiamo scoperti proprio attraverso gli errori, non li avevamo ancora collegati ad un passato evolutivo, cioè al fatto che si tratta di atteggiamenti che sono propri della nostra specie perché ci aiutano a sopravvivere. Nota che non ho detto che ci “aiutavano” ma che ci “aiutano”.
La caratteristica dei veri bias è esattamente questa: essere un tratto essenziale del nostro patrimonio evolutivo ed essere dunque utili. Certo nel nostro mondo moderno dobbiamo stare particolarmente attenti, perché questi vanno bene nei momenti di reale “emergenza” ma poco quando abbiamo il tempo di ragionare.
Conoscerli, riconoscerli e notarli dovrebbe essere motivo di gioia secondo me. E’ come conoscere la tua anatomia, di certo non ti serve conoscere ogni dettaglio, ma sapere le basi di come funzioni, e questo è probabilmente uno dei driver più antichi che possediamo, per questo nascosti ma decisivi nelle nostre azioni.
Continueremo questa chiacchierata nel nostro QDE…
A presto
Genna