Da decenni si sente parlare di “assertività o comunicazione assertiva”, in breve si tratta della capacità di comunicare i nostri bisogni desideri senza prevaricare, riuscendo ad esprimere il nostro mondo interiore consentendo allo stesso tempo che anche gli altri facciano altrettanto.
Che tu sia un esperto o un novizio, nella puntata 453 del Podcast troverai un sacco di cibo per la tua mente… buon ascolto:
La Assertività
Il tema dell’assertività è datato poiché la sua prima teorizzazione è avvenuta nel 1949 ad opera di Andrew Salter, uno psicologo americano molto noto nel nostro campo. Il libro su cui compare per la prima volta delineato il “comportamento assertivo” è il suo storico (dal titolo inquietante per chi non conosce questi argomenti) Conditioned Reflex Therapy.
Il testo di Salter è ancora in commercio, è stato ristampato decine e decine di volte e l’ultima versione risale al 2019. Si tratta di un bestseller della letteratura sulla psicoterapia amato e odiato, soprattutto dai miei colleghi che usano l’ipnosi, dato che ha cercato di demistificarla (tentativo nobile che io ho apprezzato) ma dando spiegazioni esageratamente riduzioniste.
Uscendo dai dettagli da “Nerd della psicologia come me”, Salter in quel libro ci parla chiaramente di Assertività usando due poli opposti: “inibiti” ed “eccitati” per indicare quelli che oggi sono noti come stili “passivi ed aggressivi”. Da questo testo seminale, che puoi trovare nelle sue passate versioni anche online, nasce l’idea di poter modificare il proprio comportamento attraverso un training.
Stiamo parlando degli anni 50′, la cosa interessante per chi è interessato a capire da dove arrivano queste cose, è che il libro oggi sarebbe tranquillamente inserito nella parte dedicata al self-help, cioè quella che noi in Italia chiamiamo “crescita personale”.
Sarà poi un altro gigante della psicologia americana Joseph Wolpe che 10 anni dopo il suo collega introdusse il termine “Assertività” creando diversi protocolli di training. I quali non si riferivano solo al modo di comunicare “passivo e aggressivo” ma anche alla capacità di riconoscere ed esprimere le proprie emozioni e molto altro.
La pragmatica della comunicazione
Come ben sanno tutti gli appassionati di comunicazione la pubblicazione del famoso testo “la pragmatica della comunicazione umana” è del 1978 (annata eccezionale). Queste intuizioni che hanno cambiato per sempre il modo di vedere la comunicazione e la psicologia arrivano qualche anno dopo ed essenzialmente mettono in assoluta penombra i concetti sull’assertività.
(Nota per i Nerd: dopo tutto è risaputo che l’approccio del MRI era in netta contrapposizione con il comportamentismo ed il neonato cognitivismo.)
Nel video che uscirà martedì alle 18:00 approfondiremo questi legami con il quinto assioma della comunicazione ma per ora ci basta sapere che queste teorie, meravigliose e per le quali anche io parteggio, hanno preso molto spazio in questi ambiti. Per quanto mi riguarda la psicologia è tutta una meraviglia, per tanto conoscere i diversi sistemi è davvero appassionante e allo stesso tempo sorprendente.
Sorprende vedere i molti punti di contatto tra diverse teorie, non solo queste ma anche quelle del movimento del potenziale umano (Maslow, Rogers, ecc.) e notare quante cose siano simili. Forse la spiegazione più semplice è che stessero in realtà indagando la stessa cosa, e come sempre se scaviamo nella filosofia scopriamo che qualcuno “le aveva già pensate e dette”.
Incredibilmente trovo molte teorie del comportamentismo più pragamtiche di quelle della pragmatica stessa! Nel senso che sono modelli più semplici da comprendere e anche da utilizzare da certi punti di vista e questo le rende ottime candidate per uno degli obiettivi di PsiNel: creare percorsi si self-help evidence-based che possano aiutare le persone a gestire se stesse nel modo migliore possibile.
Torniamo alla nostra Assertività
Il testo di Salter è davvero incredibile, solo a leggere l’introduzione si comprende l’acredine che era presente in quel periodo storico e che a tratti ancora non si è placata. Magari ne parliamo in un qualche approfondimento ma il tema principale è il fatto che tali diatribe abbiano danneggato il nostro campo e lo abbiano spaccato in molte parti.
Al punto tale che ancora oggi ci sono forti differenze tra un approccio ed un altro, per quanto mi riguarda il concetto di assertività è ancora attualissimo così come il modo di vederlo a 360 gradi. Se proprio vogliamo dirla tutta tali idee sono praticamente identiche a quelle che oggi vengono presentate sotto il nome di intelligenza emotiva.
Hai mai notato che nel termine ”intelligenza emotiva” c’è un po’ di tutto? Cioè ci trovi l’empatia, la capacità di affermare se stessi, e molte altre manovre di comunicazione? Ora non è strano la cosa strana è che in un concetto così esplicito, cioè lavorare con le emozioni, in fin dei conti del lavoro vero e proprio con le nostre attivazioni fisiologiche non c’è moltissimo.
Negli anni è diventata una specie di scatola all’interno della quale far confluire diverse abilità psicologiche, tra le quali quella di gestire le nostre emozioni. Teniamo inoltre conto che il tema dell’intelligenza emotiva è stato sollevato per la prima volta in modo esplicito nel 1990, quasi mezzo scolo dopo quello di assertività.
Non so ma qualche parte di me complottista sta iniziando a fare diverse ipotesi su come potrebbe essere andata, una cosa è certa nel libro di Salter c’è praticamente l’80% di quella che oggi chiamiamo intelligenza emotiva.
Cosa è successo in 50 anni?
Sono accadute un sacco di cose ma la principale è stata lo scoprire metodologie per la verifica del funzionamento di alcune procedure psicologiche che hanno fatto in modo che l’approccio cognitivo comortamentale divenisse il ”gold standard” della terapia.
Tutto ciò ha fatto rinascere l’interesse per le metodologie di questo ambito tra le quali anche la nostra comunicazione assertiva. Nel frattempo sono arrivate altre mille teorie psicologiche sulla comunicazione e anche qui avrei un sacco da raccontare ma non voglio annoiarti troppo con i dettagli da nerd.
Torniamo solo a dire che tale interesse si è legato moltissimo al tema della autostima, che come sai a me non piace troppo per le sue varie interpretazioni ed in particolare per l’idea che si possano risolvere tutti i problemi psichici aumentando questa magica proprietà. Ancora oggi il tema dell’assertività è legato a questo.
Con ciò non voglio denigrare il tema dell’autostima ma semplicemente mostrare che ancora una volta esso è stato utilizzato come una specie di panacea per tutti i mali. Sei triste? E’ perché hai poca autostima; sei confuso? Ti manca autostima; Le tue relazioni non funzionano? Chiaro, ti manca autostima. Le cose ovviamente sono più complesse di così.
Perché il termine autostima è pericoloso? Perché essenzialmente la maggior parte della gente prende alla lettera il termine, infatti cosa devi fare per avere una “stima su te stesso”? Devi fare un confronto, e purtroppo la stragrande maggioranza delle volte tale confronto non è con se stessi ma con gli altri. Confrontarti con gli altri non è quasi mai una buona strategia, soprattutto se lo fai con persone che non conosci e che trovi sui social.
Stili comunicativi oggi
La assertività si è persa così tanto nel tempo da entrare a far parte del repertorio di persone che non fanno il mio mestiere, così come tutte le teorie belle della psicologia è stata semplificata e venduta in modo standard. Al punto tale che in giro ci sono persone convinte di essere “passive o aggressive”, cosa probabile in certi contesti ma non in tutti!
In altre parole, come sappiamo tutti dalla nostra esperienza personale ci sono persone che sembrano passive sul lavoro ma sono iper aggressive nello sport e in casa e viceversa. Se non mi credi da oggi inizia a prestare vera attenzione a questi dettagli, resterai sorpreso nel notare che anche TU cambi il tuo modo di rapportarti agli altri in base al contesto e alla conoscenza.
Qualche anno fa andavo spesso un pub di Biker padovano molto conosciuto, ci andavo insieme ad un mio caro amico a bere qualche birra nel weekend. Il mio amico conosceva molto bene il propietario con il quale passavamo sempre qualche minuto a conversare mentre le cameriere ci servivano al bancone. Il mio amico era il professore del figlio del boss del locale.
Dunque io ascoltavo le loro conversazioni pressoché in silenzio, al punto tale che una volta il tizio mi disse: “ehi sembri zittino bob come uno dei protagonisti di Clerk”. Un film di qualche anno fa nel quale c’è una coppia, uno dei ragazzi parla sempre e l’altro sembra quasi muto perché non parla mai, appunto Zittino Bob.
Qualche anno dopo, durante una grigilata a casa di altri amici vedo proprio arrivare il tizio, il boss del locale. Arriva proprio mentre stavo raccontando un aneddoto divertente, si siede li in mezzo ad altri amici e ascolta con attenzione, mi avvicina e mi dice: “ehi non mi sembrava di averti mai sentito parlare”. Ora chi mi conosce sa bene che io faccio un sacco di cose… tranne restare zitto 😉
Il contesto è tutto
Cosa avrei dovuto dire a due persone che parlavano di un ragazzo adolescente che non conoscevo e per giunta per pochi minuti mentre si aspetta una birra? Poco o niente, solo che la gente si crea immediatamente una immagine di te nei primi istanti e poi crede di aver capito tutto. Per questo ti invito ad osservare meglio come comunichi e come comunicano gli altri, senza fermarti alle generalizzazioni o alle prime impressioni.
Lo so è banale come consiglio ma è molto importante, anche perché non saprai mai come quel tuo collega reagisce se lo porti a fare una partita di calcetto o meglio se lo trovi ad una grigliata in mezzo agli amici di una vita!
E tu? Ti è mai capitato che la gente ti vedesse come “passivo o aggressivo” ed invece ti percepivi in modo completamente diverso? Vedi la psicologia e queste tecniche non devono farci pensare di conoscere l’altro ma sono strumenti che ci aiutano a conoscere prima noi stessi.
Il ragazzo aveva pienamente ragione, nel suo locale parlavo con lui pochissimo o almeno molto meno rispetto al mio amico che era il professore di suo figlio. Ma se per caso un giorno avesse provato ad aggredirmi (con le parole ovvio) di certo avrebbe cambiato immediatamente idea!
Ricorda, non hai bisogno di dimostrare a tutti quanto sei forte, chi ha bisogno di farlo significa che in fondo non si sente davvero forte. Questo è un aspetto essenziale che andrebbe ricordato in ogni corso di realizzazione personale.
Approfondiremo questi temi nel nostro video…
A presto
Genna