“Se non riesci ad avere successo in ciò che fai è tutta colpa dell’autostima, è lei a causare questo problema!”, hai mai sentito o pensato cose del genere? Potrà sembrarti strano ma credere che l’autostima così come qualsiasi altra “qualità psicologica” sia la causa di qualcosa è un errore comune. Non fai le cose perché ti manca autostima ma non hai autostima perché non fai le cose, uno strano circolo tra causa ed effetto che tutti dovremmo conoscere…

Le qualità psicologiche

Si lo ammetto, ho scritto autostima nel titolo per attirare la tua attenzione anche se non si tratta proprio di una informazione fuorviante (un clickbait) perché l’autostima è un esempio lampante di tale meccanismo: la confusione tra causa ed effetto. Una confusione che come vedremo è del tutto normale, dato che effettivamente tali qualità possono diventare a loro volta causa in un principio di circolarità che permea (sembra ad ora) ogni cosa intorno a noi. Se mi segui già lo sai, lo abbiamo visto centinaia di volte: le qualità X (mettici ciò che desideri: autostima, calma, centratura, felicità, carattere, volontà, ecc.) sono il frutto di azioni e abitudini non il contrario.

Ancora una volta il parallelo con l’allenamento fisico rende tutto più chiaro: la forza è il risultato dei tuoi allenamenti, è l’effetto causato dalle tue azioni. Ora il problema è questo, su cosa abbiamo maggiore controllo, sulle cause o sugli effetti? Sulle cause, puoi allenarti con impegno ma non avere esattamente gli effetti sperati. In tal caso potrai cercare di capire cosa migliorare ma solo dal punto di vista della preparazione legata alle cause, le quali sono molto utili proprio perché possiamo gestirle meglio. Gli effetti sono ciò che cerchiamo ma per ottenerli dobbiamo concentrarci sulle cause.

Come miglioro quello che faccio? Posso personalmente gestire (più o meno direttamente) solo le cause, cioè i comportamenti che portano a certi effetti. Voglio un bel voto ad un esame? Su cosa ho il controllo per davvero, sul voto stesso o sullo studio? Lo so sono domande retoriche ma servono per farci capire quanto ci facciamo ingannare da questa confusione. Che, ci tengo a ribadirlo, è del tutto comprensibile data la complessità del nostro mondo. La realtà è circolare, quella causa prima aristotelica non l’abbiamo ancora trovata proprio per questo motivo, perché è difficile districare le cause e gli effetti quando c’è un sistema, un circolo e non una linea.

I paradossi emergono quando cerchiamo di scomporre il sistema senza conoscerlo. Ad esempio: sono un cacciatore-raccoglitore che sta iniziando ad intuire come funziona la crescita delle piante. Noto che quelle esposte al sole crescono con vigore mentre quelle all’ombra fanno più fatica. Allo stesso tempo però mi rendo conto che quelle troppo al sole rischiano di bruciarsi, come faccio a spiegarmi questa faccenda? Probabilmente non conoscendo i meccanismi della omeostasi darò spiegazioni inventate: il sole può essere “buono o cattivo”, spiegazioni che comunque possono aiutarmi davvero.

Infatti queste storie (come abbiamo visto nella precedente puntata) ci aiutano anche se non sono vere. Pensare che il sole “sia cattivo” in certe ore del giorno può evitarti dei colpi si sole e altri problemi. Tuttavia le narrazioni non sempre colgono tutto il necessario e quindi generano a loro volta dei paradossi parcellizzando la realtà. No non è una cosa strana, lo facciamo tutti e tutti i giorni: vedo un mio collega tutto mogio e penso che stia così perché “è depresso” oppure perché “l’ho visto litigare con la moglie” ed invece è reduce da un iron man ed è semplicemente stanco. Meno conosco il collega è più è facile inventare cavolate su di lui e viceversa.

I paradossi della realtà

Dunque un sacco di complessità che ovviamente può essere poco rappresentabile come una linea retta che vada dal punto A, che rappresenta una causa verso il punto B, l’effetto. E’ chiaramente maggiormente comprensibile se la vediamo come un cerchio, perché è esattamente ciò che accade con tutta la natura, ed è stato il centro di discussione di moltissimi filosofi e anche psicologi degli anni passati. Basti pensare al meraviglioso concetto della cibernetica che è stata la madre di moltissimi sviluppi tecnologici ed anche strettamente legati al campo della psicologia, si veda tutta la storia della arci nota scuola di Palo Alto.

Lo so è un casino, però questa faccenda del fatto che “non sapere” contribuisce alla confusione tra “cause ed effetti”, che a sua volta è sostenuta dalla circolarità della nostra realtà ci aiuta a tenere a mente una cosa semplice ma fondamentale: più conosciamo ciò che ci circonda e più ci rendiamo conto che siamo immersi in una complessità enorme. In mezzo a tutto questo caos però abbiamo capito un sacco di cose, una tra queste: abbiamo la possibilità di influire sulla nostra mente. Lo sappiamo da un sacco di tempo ma oggi abbiamo tolto diversi veli di mistero e reso la cosa più semplice e accessibile.

Tornando a Palo Alto, sarebbe impossibile capire esattamente quali sono le cause e gli effetti di qualcosa, l’unico modo per capire come funziona un circolo del genere è: intervenendo sul sistema per vedere cosa succede. Agire per capire e non capire prima di agire, nella loro classica e sempre affascinante visione pragmatica della vita, che io sposo pienamente. Anche le ricerche attuali sul comportamento stanno rivelando esattamente le stessa cosa, se vuoi avere un effetto di qualsiasi tipo devi concentrarti sulle cause comportamentali, sulle azioni!

Ciò non significa sminuire i processi cognitivi ma a quanto pare a tale livello i paradossi sono decisamente più alti, mentre a livello del comportamento, delle azioni, è molto più difficile che avvengano (anche se capitano chiaramente anche li). Scusami se mi sono perso in questi dettagli tecnici ma sono importanti per andare a fondo della questione che ho battezzato: “la grande confusione”. Perché è davvero uno degli ostacoli più presenti nella vita delle persone, quando confondiamo queste cose iniziamo ad incastrarci in spirali che ci conducono ad auto demotivarci.

Ora torniamo all’autostima perché è un tema che mi sta particolarmente a cuore, devo ammetterlo a me non piace per niente come tema perché troppe volte implica il “sentirsi migliori degli altri“, senza conare che è un costrutto con basi poco solide. C’è il suo fratellino più serio la auto-efficacia che potrebbe sostituirla o comporla ma sono ancora cose tecniche. Ora puoi chiamarla come ti pare “fiducia in se stessi”? Ok chiamiamola così, questa fiducia non è una risorsa magica con cui nasci ma qualcosa che costruisci.

Un’altra causa-effetto

Come avrai intuito le cause e gli effetti sono un circolo e quindi diventa un caos determinare la vera direzione quando guardiamo l’intero sistema nel suo insieme. Un modo interessante di approcciare questo problema è guardarlo da entrambi i punti di vista e cercare quello su cui abbiamo maggiore potere, certo che alcune persone hanno la fortuna di nascere con qualche talento in più. Il che non significa che siano migliori ma nascono con possibilità maggiori che poi dovranno coltivare. Ma pensare che quindi tutto sia causato dalla genetica e dal nostro ambiente ci chiude in un mindset statico, ci incatena a convinzioni depotenzianti.

Al contrario, pensare di poter fare sempre qualcosa, di poter sempre “essere causa degli effetti che desideriamo” ci aiuta molto. Credere che la fiducia in se sia una specie di sostanza magica che o la possiedi o non la possiedi è il modo migliore per evitare di impegnarsi per costruirla, trasformandola in causa e non in un effetto. “Non posso fare quelle cose perché non ho abbastanza fiducia in me stesso”, il fatto che non abbia fiducia mi impedisce di fare quelle cose che, guarda caso, facendole potrebbero proprio aumentare la tua fiducia.

Noi facciamo già naturalmente così ed è per questo che sorgono anche alcune superstizioni: vado all’esame vestito in un certo modo e prendo un bel voto, questo premio (rinforzo), aumenterà la probabilità che io mi vesta in un certo modo. Non conta che sia vero, come abbiamo argomentato in questo episodio sui gesti scaramantici, ma conta che possa farci entrare nello stato mentale giusto. E’ qualcosa che percepiamo come parte delle cause che hanno creato l’effetto voto alto, di certo non siamo stupidi ed iniziamo a credere che non serva studiare ma è come se sapessimo sotto sotto che quel maglione magari, piace ai prof.

Per tale motivo la nostra mente non può fare a meno di fare cause ed effetti di ciò che ci circonda ma dobbiamo stare particolarmente attenti quando c’è di mezzo una qualità umana, la quale tendiamo spesso a vederle come genetiche, innate, naturali e quindi genuine. Mentre pensiamo che ciò che impariamo invece sia innaturale, frutto di sforzo e quindi poco genuino. La verità è che siamo tutti predisposti per le qualità umane e psicologiche ma nessuno “nasce imparato” e tutti le apprendiamo e affiniamo durante l’arco di tutta una vita.

Insomma la nostra realtà è circolare ed isolare causa ed effetto è sempre difficile, dipende spesso dal contesto e da che punto di vista prendiamo la cosa. Dunque la confusione non è solo presente ma è inevitabile, per questo ci serve un pizzico di consapevolezza per evitare di cadere nella trappola. Ancora meglio, per notare quando siamo immersi in questa palude che come probabilmente avrai notato la confusione è simile se non identica a quella “processo-risultato”, di cui abbiamo parlato proprio di recente in Live. Succede perché segue la stessa logica in cui il processo è la causa ed il risultato l’effetto, molto semplice: i risultati sono causati, sono l’effetto prodotto, dai processi messi in atto.

La confusione processo risultato

Qui abbiamo visto un sacco di volte questa enorme confusione che in realtà è frutto della stessa ambiguità che deriva dalle cause e dagli effetti. E’ ovvio che siano i processi a condurre ai risultati, cioè che siano loro a causarli, tuttavia noi tendiamo a concentrarci su questi ultimi e a cancellare i precedenti. Perché? I motivi sono molti ma una delle cause principali è ancora la nostra economia cognitiva e anche l’inesperienza. Da un lato l’economia cognitiva per risparmiare energia ci fa vedere le cose come più facili di quanto non siano e dall’altro ci fanno credere di avere già esperienza.

Ti faccio un esempio a cui dedicherò prima o poi un episodio. Io ho sempre fatto sport ma ho deciso di curare attentamente il mio fisico negli ultimi 7 anni, quando un amico personal trainer mi disse: “Genna lo sai che hai 38 anni (avevo quell’età) e che dai 40 in poi se non accumuli massa muscolare farai sempre più fatica e ne perderai sempre di più?”. Questo discorso insieme ad alcune esperienze mi hanno convinto ad allenarmi contro resistenza e devo dirti una cosa: non sono mai stato fisicamente così in forma in vita mia, sia dal punto di vista funzionale che da quello estetico. Ora ti spiego perché è importante questo aspetto estetico…

Prima di vedermi davvero fisicamente in forma ero convinto di 2 cose collegate: che chi aveva un certo fisico fosse necessariamente dotato geneticamente e che io non sarei mai riuscito ad avere alcune forme. I motivi sono molti, il primo deriva dal fatto che da bambino e da adolescente sono sempre stato obeso e credevo di avere accumulato così tanti danni alla mia pelle da non poter avere, ad esempio, gli addominali in vista. Oppure ero convinto che dato che tutta la mia famiglia sembra avere braccia e spalle piccole non sarei mai riuscito a sviluppare queste parti del mio corpo… ebbene mi sbagliavo alla grande.

Oggi quando guardo una persona della mia età (46 anni a fine agosto) capisco immediatamente se è una persona che si allena (o si è allenata) e capisco anche che ad una certa soglia di età non esistono più persone “geneticamente fortunate” (o per lo meno la genetica ha molto meno effetto se non la alleni). Cioè se non ti alleni e non mangi bene a 46 anni si vedrà al di là della tua predisposizione naturale. Ora tu mi dirai: cosa c’entra questa storia con il tema di oggi? C’entra tantissimo perché vedi prima io non riuscivo proprio a notare chi si allenava, a parte quelli davvero enormi e pensavo che chiunque mi sembrasse maggiormente in forma rispetto a me, fosse fortunato. Oggi invece ho la certezza che quella non è fortuna ma è allenamento, cioè riesco a capire meglio la distinzione tra “cause ed effetti”.

Perché ci sono passato, perché so che quei risultati non possono essere il frutto della fortuna o della genetica. Lo stesso ci capita per le abilità psicologiche, siamo convinti che una persona calma, in grado di comunicare bene, lo sia per motivi naturali non perché ci ha lavorato sopra. Invece, per lo stesso motivo suddetto, sono in grado oggi di riconoscere chi ha lavorato su se stesso e chi non lo ha fatto. Nuovamente succede di notarli con maggiore facilità dopo una certa età, non prima, in gioventù infatti siamo molto più legati a ciò che abbiamo ricevuto dal nostro nucleo familiare, insomma… ancora causa ed effetto rivelano cosa è davvero utile osservare.

Tutto ciò, come abbiamo visto molte volte, ci protegge anche dall’invidia. Infatti invidi solo una persona di cui non riesci a vedere come abbia fatto a fare ciò che fa e non uno che sai quanto “culo si è fatto per raggiungere quei risultati”. Non invidi un tizio che va tutti i giorni in palestra e per questo ha un grande fisico, semmai potresti invidiare la disponibilità di tempo e di denaro ma non il fatto che si sia impegnato tantissimo. Insomma chiarire la confusione tra causa-effetto riguarda praticamente ogni ambito della nostra vita, riuscire a fare questa sottile distinzione può renderci più consapevoli, più abili e meno influenzati da pregiudizi ed influenze esterne.

Insomma questa distinzione ci protegge da moltissimi errori mentali, mettila in pratica e fammi sapere come migliorerà la tua vita!

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.