In questa puntata del podcast mettiamo insieme alcune osservazioni sulla intelligenza artificiale e sul digitale in relazione al nostro modo di cambiare. Perché per quanto possa sembrare strano la nostra evoluzione è direttamente connessa agli strumenti che inventiamo e che utilizziamo.
Un musicista ha un cervello simile ma molto diverso rispetto ad un impiegato o un tassista, tutto ciò è dovuto sia alla meravigliosa neuro plasticità e sia ad un adattamento generazionale alle nuove tecnologie, al semplice fatto che siamo: animali tecnologici.
A non tutti piace questa definizione ma in caso tu non l’abbia mai sentita, prenditi alcuni minuti per ascoltare la puntata di oggi:
Il cervello non mente
Qualche giorno fa mentre parlavo con alcuni amici di un tizio che racconta di aver praticato la meditazione per più di 50 anni alcuni di loro mi hanno detto: “Beh se millanta allora sarebbe il caso di infilarlo dentro una risonanza magnetica”. No, nessuna tortura ma un modo preciso per poter vedere se quelle aree del cervello che tanto abbiamo citato nel passato hanno modificato aspetto e funzionalità.
Si perché nel nostro cervello ci sono le tracce di ciò che facciamo, dei nostri interessi e di molto altro. No, non troverai un luogo con scritto “area della meditazione” ma una serie di circuiti che modificano il proprio funzionamento sulla base dell’utilizzo. La stessa cosa che accade ai muscoli i quali possono atrofizzarsi se non vengono usati oppure restare tonici con un pizzico di allenamento o addirittura ipertrofici con duri training.
E’ la nota neuroplasticità all’opera che negli ultimi secoli ha ribaltato il nostro modo di vedere e concepire il cervello. Ma soprattutto ha ribaltato il concetto di apprendimento e di cultura: chi si aspettava che una cosa ritenuta fissa dall’infanzia potesse modificarsi a tal punto da modificare non solo il suo aspetto e la sua funzionalità ma che questo abbia anche un effetto reale?
Quando la gente mi dice: “io non credo alla psicoterapia, io ho bisogno che qualcuno mi cambi fisicamente il cervello” spesso rispondo con le ricerche in questo ambito, affermando che in realtà, durante la nostra seduta il loro cervello cambia. Anche in questo momento il tuo cervello sta cambiando, si adatta alle strutture linguistiche che vede e forse, sta imparando qualcosa che non conosceva prima.
Ognuna di queste interazione non è semplicemente “un pensiero” ma si tratta di una serie di sostanze chimiche, potenziali d’azione (corrente elettrica) e micro movimenti che stanno accadendo dentro di noi. Anche dentro di me mentre scrivo queste parole, in base a come organizzo i miei pensieri, contemporaneamente li sto anche modificando… poco ma si stanno modificando.
Tassisti e musicisti
Nel campo dell’apprendimento sappiamo con certezza che i cervelli di musicisti e tassisti hanno “muscoli differenti”. Sono molto simili ma hanno delle differenze legate all’utilizzo che ne hanno fatto durante la loro vita. Sembra assurdo ma guardando il cervello di una persona potremmo quasi capire a cosa si è dedicata in vita, certo non con estrema precisione ma possiamo andarci vicini.
Ora ti starai forse chiendo a cosa serva tutta questa teoria per parlare di come cambiamo in base alla tecnologia: serve per farci capire come il nostro cervello non solo apprenda ma si modifichi in base a ciò che apprende. E tale modifica, secondo me, è la chiave sulla quale dovremmo spostare l’attenzione per approfondire tali dinamiche: in che modo l’intelligenza artificiale può cambiare il nostro cervello?
Una cosa è certa, come gli studi di Alexander Luria citati in puntata su persone premoderne e moderne nella Russia del 900′, allo stesso modo c’è differenza tra chi utilizza il digitale e la tecnologia e chi non lo fa. Non sappiamo ancora se ci sono degli svantaggi, di certo chi non li usa li vede come il demonio ma si tratta di una diatriba che si perde nella notte dei tempi.
Ripetiamo ancora che Socrate, attraverso Platone, fa sapere a tutti del suo dissenso nell’utilizzo della scrittura. Poiché questo artificio ci avrebbe resi tutti stupidi, ma senza fare quel salto mentale nel iniziare a pensare che il linguaggio stesso sia una tecnologia senza la quale le sue idee non sarebbero state trasmesse a nessuno. Te ne ho parlato talmente tante volte che mi “annoio da solo” 😉
Ma sono concetti importanti soprattutto in una tematica del genere, cioè di come la tecnologia e in particolare un altro tipo di intelligenza può aiutarci a capire meglio chi siamo. Esattamente come andare in un’altra Città straniera può aiutarci a capire meglio come è fatta la nostra stessa cultura, avendo così un altro punto di riferimento che non tutti notano.
L’Italia è il paese più bello del mondo
Quante volte hai sentito dire questa frase? Allora se te la dice uno che ha girato tutto il mondo la cosa potremmo dire essere attendibile, altrimenti è un po’ come dire: “il podcast di PSINEL è il podcast più bello che ci sia in Italia” ma senza averne ascoltato nessun altro. Ok lasciamo stare il fatto che si tratta di una verità incotrovertibile (sto scherzando) ma senza un punto esterno non possiamo giudicare l’interno.
Per ora ci siamo solo confrontati come intelligenza con quella animale e con quella della natura in generale. Un gran bel confronto dirai, ma la verità è che anche noi siamo animali e anche noi siamo naturali, per tanto non è stata proprio una vera e propria fuoriuscita da noi stessi per guardare il modo con cui valutare l’intelligenza. Solo negli ultimi decenni abbiamo iniziato a farlo sempre più seriamente grazie alla IA.
Ok qualcuno ora potrebbe alzare la mano e dire: “si certo però anche la cara intelligenza artificiale è qualcosa che abbiamo inventato noi non è un essere alieno diverso da noi” sarebbe un’ottima obiezione a questa idea di uscire dal seminato per poter dare un’occhiata più ampia. Tuttavia è solo uno dei modi con i quali possiamo espandere il nostro punto di vista, non è realmente qualcosa al di fuori di noi.
Ad esempio, chi viaggia tanto potrà confermarti che sotto sotto noi umani siamo simili in ogni luogo del mondo. Che i paesaggi mozza fiato di un’isola sperduta delle Hawaii non sono così diversi dalla nostra Sardegna, che quel cibo così esotico è molto simile ad un cibo che faceva nostra nonna. Qui potrei citare Jung e dire che in fondo in fondo abbiamo tutti un inconscio collettivo composto da archetipi comuni.
Il punto di partenza per me è sempre quello di iniziare a vederci come “animali speciali”, non nel senso che siamo migliori degli altri animali ma nel senso che siamo particolari. E la nostra peculiarità più grande sta proprio nel fatto che senza tecnica (da Prometeo ad oggi) noi non potremmo fare praticamente nulla e ci saremmo già estinti millenni fa. Ora qualcuno forse avrà altre ipotesi ma per me questa è la più solida.
Pre digitali e digitali
Esattamente come negli studi di Luria potremmo parlare già di due popolazioni differenti i pre-digitali e i digitali ma con pre-digitali non intendo la differenza tra nativi e non nativi (altra distinzione da indagare) ma intendo chi usa questi mezzi e chi invece li evita, magari sulla scia del “è tutto innaturale e stupido perché dovrei utilizzarlo?”.
Ecco questa posizione preclude una valanga di opportunità che un pò per fortuna e un bel pò per sfortuna è accaduta a causa della pandemia. Questo eventi ha dato una spunta incredibile agli aspetti tecnologici che, detto tra noi avrei preferito aspettare qualche anno invece che restare chiuso in casa. Il punto centrale di tutto ciò è che facciamo fatica a pensare una cosa molto interessante:
La tecnologia può di certo renderci disumani ma per quanto mi riguarda ci lascerà solo l’umanità. Si hai capito bene, proprio la tecnica ci darà la possibilità di coltivare le caratteristiche tipiche dell’umano: l’empatia, l’amore, la relazione, i valori ecc. Tutte cose che il lavoro serrato degli ultimi anni ci ha tolto, così come l’estremo specialismo, ma che prima o poi salterà per lasciare il passo all’umanità.
Ad esempio abbiamo scoperto che le IA sono bravissime a fare tutto ma non ad entrare in realzione, cosa che a noi consta di un minimo sforzo per una macchina è qualcosa non solo di incredibilmente dispendioso ma di quasi impossibile. Lo stesso vale per l’esempio dei medici che ti faccio spesso, tra 10 anni le macchine saranno le chiurghe più efficaci e precise del pianeta.
I chirurghi diveranno dei controllori, dovranno cioè capire se la macchina sta facendo tutto adeguatamente. Se poi immaginiamo che sarà un altro algoritmo a controllare tutti le analisi, le comorbilità ecc. Cosa gli resterà? Gli resterà la capacità di comunicare questi dati, di interpretarli e di entrare in relzione con i pazienti, insomma niente di più umano.
Lo so ragazzi sono temi che trattiamo spesso ma è bene ripeterli e anche arricchirli con ulteriori riflessioni. Per questo ti invito a venire anche sul nostro Qde dove proseguiremo la nostra conversazione ma con toni più liberi ed intimi.
A presto
Genna
Ps. Nella puntata affermo che la parola “tecnologia” è apparsa di recente, lo avevo sentito dire da Alessandro Barbero ma non sono riuscito a trovare la fonte. Sicuramente il termine tecnica (techne) è stato approfondito e fatto emergere da Aristotele ma sono solo pochi “secoli” che parliamo di tecnologia nell’accezione attuale.