Quante volte hai sentito parlare di “potere personale”? Se sei un appassionato di crescita personale e di formazione sicuramente lo hai sentito nominare diverse volte.
Qui su Psinel ne abbiamo parlato ma non troppo perché da anni temo che la gente confonda “il controllo con il potere personale” e la puntata di oggi è dedicata a questa sottile differenza.
Buon ascolto e buon sviluppo del tuo potenziale umano…
Il “potere personale” ed il controllo
Come hai sentito lo scopo principale della puntata di oggi è distinguere l’idea di poter controllare “il nostro stato mentale” con l’idea di avere una certa quantità di “potere personale”.
Se dico ad una persona che può “gestire la propria mente” è molto probabile che pensi subito a cose che riguardano “il controllo”: posso gestire i pensieri, le mie emozioni ecc.
Questo fraintendimento ha diverse origini e conseguenze: l’origine principale è legata proprio a come è stata presentata la crescita personale in alcuni ambienti.
Come una sorta di “cassetta degli attrezzi” per poter gestire direttamente il proprio stato interiore. Ancora prima di Bandler (uno dei co-autori della PNL) c’erano già autori che andavano in giro a parlare della “metafora dell’autobus”.
La domanda che ti facevano negli anni 90 era molto semplice: “chi è che guida il tuo autobus?” intendendo con questo l’idea di prendere il controllo su se stessi, perché se non sei tu a guidarlo qualcun’altro lo farà per te.
Cocchieri e autobus
Millenni prima di chiunque altro già Platone descriveva la nostra “mente” con la famosa metafora dell’Auriga, cioè come un uomo intento a domare due cavalli di segno opposto.
Un cavallo nero che rappresenta “i nostri istinti più biechi” ed un cavallo bianco che al contrario rappresenterebbe le nostre virtù. Ciò che deve fare il cocchiere è cercare di gestirli.
Questa metafora, ripresa successivamente da molti altri compreso Freud, oltre ad essere molto chiara è anche molto più vicina all’idea di potere personale come lo intendiamo oggi.
Più vicina rispetto a cosa? Rispetto alla metafora dell’autobus, dove ci viene detto che c’è qualcun’altro alla guida di questo mezzo e dobbiamo invece diventare noi i veri piloti.
In realtà, se uno ci pensa bene, anche l’autobus è una buona metafora, perché in fondo puoi si guidarlo, puoi influenzarlo ma non puoi controllarlo al 100%.
Mentre guidi
Mentre guidi la tua auto hai sicuramente un grande impatto su di essa. Se decidi di svoltare da un lato questa ci va, se decidi di accellerare o frenare seguirà le tue istruzioni.
Tuttavia non puoi decidere esattamente a che temperatura far andare il motore, monitorare perfettamente i giri, l’usura delle componenti interne ecc.
Anzi più stai attento a queste cose mentre guidi e meno riesci a dirigere il mezzo con disinvoltura. Puoi sicuramente imparare a guidare in modo superlativo con l’allenamento ma non avere “il pieno controllo”.
Anzi, per imparare a guidare devi rinunciare sin da subito all’idea di poter controllare tutto ciò che accade al mezzo, altrimenti non impareresti mai o meglio non oseresti mai iniziare l’apprendimento.
Man mano che diventi più bravo nella guida ciò che si espande non è il controllo del mezzo ma la tua “sensazione di poter guidare”. Infatti bastano poche ore per imparare le basi e prendere la patente.
Non è una magica previsione
Sentire di avere “potere personale” non significa immaginarsi forti e abili, soprattutto non è immaginarsi nel futuro con obiettivi già in tasca, come spesso viene insegnato da molti coach.
No, è una sensazione che senti “qui e ora”, che deriva dalle tue esperienze passate e dalla fiducia nel fatto che il tuo corpo saprà adattarsi a qualsiasi situazione.
Questo “sapersi adattare” a qualsiasi situazione non è, ripeto ancora, immaginarsi che tutto andrà bene, anzi a volte funziona proprio al contrario.
Chi fa sport di endurance conosce bene questo aspetto, se ti credi di poter fare quella impresa in modo tranquillo e sereno stai preparando il terreno alla frustrazione e, spesso, all’abbandono della gara.
Il che non significa “essere pessimisti” ma è cercare invece di essere il più realisti possibile. Perché se ci pensi bene, credere che tutto “andrà alla grande” è un altro modo per cercare di “controllare le cose”.
Alzarsi in piedi
Siediti per qualche istante, in caso tu non sia seduto e prova a rispondere a questa semplice domanda: “hai bisogno di convincerti di essere capace ad alzarti per farlo”?
Molto probabilmente no! Non hai bisogno di alcuna convinzione o visualizzazione nel futuro per sapere di saperti alzare, per sapere di avere “la possibilità di farlo”.
Se sei sufficientemente “sensibile” è possibile che per qualche istante tu ti sia chiesto “ma so davvero alzarmi in piedi?” questo succede perché il tentativo di controllarti influisce sul tuo “potere personale”.
Ne abbiamo parlato diverse volte soprattutto riferendoci alla pratica della meditazione dove il tuo compito è restare nel presente ad osservare cose che fai in automatico.
Questo “pilota automatico” non ti fa vivere il presente ma allo stesso tempo ti fa risparmiare un botto di energia. E’ utile che in questo momento tu non stia decidendo di respirare 😉
Il “potere personale” è una sensazione più che un pensiero
E ora arriviamo alla parte “hard” del nostro discorso: la sensazione di potere o di auto-efficacia per citare il grande Bandura, è qualcosa che senti più che qualcosa che “sai”.
Per tanto è poco utile cercare di sviluppare potere personale “pensandoci”, cioè cercando di capire razionalmente se sei o meno in grado di fare una certa cosa.
Anzi solitamente il pensiero, inteso come il tuo ragionare razionale, è nemico di questo aspetto perché ti porta ancora nel “controllo”, nel cercare di capire “se sai” invece di “essere”.
Lo so è un bel casino, però scommetto che per alzarti in piedi non hai dovuto dire a te stesso “ma si certo che ce la puoi fare” ma semplicemente hai sentito di poterlo fare.
E’ chiaro che però avere tutto un “record” di successi che puoi richiamare potrebbe aiutarti a sviluppare potere personale, ma la risposta ultima è una “sensazione di potere”.
Le risorse
Abbiamo già visto come lavorare efficacemente con le nostre risorse interiori in questa puntata per cui non mi dilungherò eccessivamente nella descrizione.
Se ad esempio devi affrontare un discorso in pubblico può darsi che tu vada con la mente a ripescare tutte le volte che hai già fatto quella cosa. E’ del tutto naturale.
Ed è naturale che ripensare a momenti in cui sei riuscito a farlo in modo efficace faccia emergere dentro di te le “risorse adeguate” a quelle specifica prestazione.
Tuttavia farlo in quel momento, cercare di far emergere quella sensazione può diventare “un controllo” e quindi minare la tue peformance. Si tratta quindi di un esercizio che devi fare al di fuori della prestazione.
Senza aspettarti di provare certe sensazioni, soprattutto se sono positive, questa è una delle trappole peggiori che tu ti possa auto-tendere. Vediamo meglio.
Maratoneti e sport di resistenza
Se hai letto il bellissimo libro di Pietro Trabucchi “Resisto dunque sono” conosci bene questi argomenti. In quel libro Pietro ci racconta alcune storie pazzesche di super atleti.
E nel farlo ci racconta di come il fatto di avere troppe “aspettative positive” possa in realtà minare la performance stessa. Scommetto che per anni hai sentito dire il contrario.
Immagina di essere un maratoneta che deve correre per 40 chilometri e di iniziare a fare un po’ di visualizzazione come “allenamento mentale”. Come ti vedi al ventesimo chilometro? Forte e possente o spompato?
Secondo molti coach dovremmo vederci “forti e potenti”, ma ne siamo davvero sicuri? Si perché se quando arrivi al ventesimo chilometro sei completamente spompato ecco che l’aspettative rema contro di te.
Se invece ti vedi stanco ma comunque motivato a proseguire, ecco che se in quel momento ti dovessi sentire meglio della tua aspettativa avresti ancora più forza e motivazione.
Pessimismo e ottimismo
In realtà essere ottimisti non significa pensare che tutto andrà bene, ma significa sapere che qualsiasi cosa accada, sarai in grado di farvi fronte. Ti sembra la stessa cosa? Non la è per niente!
Avere un’aspettativa negativa o meglio realistica come suggerito dal dott. Trabucchi non è un modo pessimistico di vedere la performance, ma è un modo realistico.
Perché se corri per 20 chilometri con impegno, quasi sicuramente arriverai stanco. Ma questo non significa che tu ti stia “preparando alla stanchezza”, anzi ti stai preparando a qualcosa che prima o poi accadrà.
E la soluzione è vederti e immaginarti di riuscire a portare avanti la gara nonostante quella fatica, nonostante gli eventuali intoppi che potrebbero accadere.
Questa è secondo Trabucchi una delle “chiavi della resilienza”, oltre ovviamente ad una tonnellata di preparazione fisica.
Teorie “antiche” ma sempre valide
Le due teorie che ho tirato in ballo per spigare “il potere personale” sono date ma allo stesso tempo molto importanti: “l’auto-efficacia” di Albert Bandura ed il “locus of control” di Julian B. Rotter.
Questa “sensazione di potere personale” è direttamente proporzionale alla quantità di auto-efficacia percepita. In altre parole a quanto ti senti efficacie in un determinato contesto.
Ed è anche legata al tuo “locus of control” cioè a chi o cosa attribuisci le cause degli eventi che ti accadono. Le attribuisci al “tuo interno” o al “tuo esterno”? A te stesso o agli altri/al contesto?
E’ stato proprio un ragionare sul “locus of control” che mi ha fatto pensare alla puntata di oggi, perché già Bandura utilizzava un termine che sembra riunire entrambi questi costrutti, la chiamano “agency”.
Cioè quanto ti credi che le tue azioni abbiano potere nel contesto in cui ti trovi. Sembra qualcosa di molto banale ma secondo me ha ancora molto da dare, soprattutto nel nostro tempo.
Un tempo senza “agentività”
Come abbiamo visto più volte uno dei problemi della crescente complessità della nostra società è legato al fatto che “non sappiamo chi agisce su che cosa”.
Più qualcosa diventa complesso e meno siamo in grado di capirne “i feedback”, cioè non riusciamo più ad capire se ciò che facciamo ha effetto o meno sulla realtà che ci circonda.
Ed è anche per questo che molte persone scrivono cavolate in rete, ed intendo offendere e minacciare le persone non tanto le fake news, perché non si rendono conto dell’effetto che possono avere.
Se vai in piazza ad offendere la gente il feedback è immediato, ti prendono a “calci” e fanno bene. Ma lo stesso ci sfugge con la rete e non è una propietà unica di internet ma di tutto ciò che è complesso.
La rete ha reso tutto più complesso, soprattutto l’interazione umana. Ed è un ottimo esempio di come ci sembri sempre meno di “avere agentività”. Se tutto funziona con un click e io non ne capisco il motivo che “potere” possoo mai avere?
Ed è questo il tema di oggi, farti sapere che anche se quel feedback non è diretto come un tempo tu hai sempre “potere personale” e anzi, non ne hai mai avuto così tanto nella storia del genere umano.
Per tanto… fanne buon uso
Genna