Lo ammetto, la pubblicazione di questa puntata è avvenuta per un solo e semplice motivo: l’avevo promesso ai miei follower su instagram.

Ma è sempre un piacere rispolverare tematiche del passato, sia per ripassarle (come sai “ripetita Iuvant” e “la ripetizione è la madre di tutte le abilità”) e sia per approfondirle.

Oggi parliamo del viaggio dell’eroe (VdE) e di molto altro, buon ascolto:

Noooo ancora il VdE!

Questa è la terza puntata ufficiale del podcast sul VdE e anche l’ennesima sul potere delle storie. La questione è semplice: sono argomenti che possono espandere la nostra visione del mondo.

Non è un’esagerazione: metti in pratica gli esercizi della puntata, prendi davvero carta e penna prova a descrivere le sfide della tua vita secondo questo antico “modello narrativo”.

Ti accorgerai che il solo ripensare gli eventi della tua vita come una “sfida ed un viaggio” è già sufficiente per innescare tutta una serie di ampliamenti di prospettiva.

Ti aiuterà a fare il passo più importante per ogni percorso di crescita personale: conoscere te stesso! Il che non significa che tu non ti conosca ma significa che puoi sempre migliorare tale conoscenza.

Le storie per conoscersi

”Come può una storia consentirmi di conoscermi meglio?”, questa è la domanda di fondo che ogni persona ha in mente quando sente parlare del VdE.

Le risposte sono tante ma quella essenziale è questa: immagina che il tuo cervello pensi solo in Giapponese, che quel dialogo interno che crei continuamente sia “in Giapponese”.

O conosci la lingua oppure ti sarà realmente difficile muoverti tra i pensieri, anzi sarà praticamente impossibile. Che tu te ne accorga o meno le narrazioni che crei non sempre sono “traducibili”.

Un po perché non si tratta solo di un “dialogo” ma di qualcosa di ben più complesso, un flusso di energia e informazione filtrata dai tuoi canali sensoriali.

Ed un po’ perché non siamo abituati a pensare che “pensiamo per storie” ma ti basta davvero chiudere gli occhi per qualche istante per rendertene conto.

Appena dirigi un pizzico di consapevolezza verso i tuoi processi interiori ti rendi subito conto che sei intento a “raccontarti storie”.

I “piani di azione”

Per anni miei colleghi hanno studiato come le persone formulano “piani d’azione” e come tendono a portarli avanti.

Facciamo un piccolo esempio, immagina che ti inviti ad un corso gratuito diciamo a Milano o Roma, fermati qualche istante per immaginare cosa dovresti fare per venirci.

Se non sei un fortunato abitante di una delle due Città di certo avrai pensato per prima cosa al trasporto e al pernottamento, nel caso il corso duri più di una giornata.

E tutto questo lo avrai fatto… sotto forma di storia! Non solo il “piano d’azione” è una storia in se ma forse avrai anche immaginato un pezzo del corso e forse anche il suo termine.

Ti sembra una cosa assurda? Non la è affatto, anzi, anche quando leggi un libro o guardi un film immagini che cosa potrebbe accadere tra “un po’” e a volte rischi anche di rovinarti il finale.

Simulare la realtà

Abbiamo recentemente parlato del fatto che il cervello è una sorta di macchina che simula la realtà. E tale simulazione è narrativa, cioè è composta da una o più storie intrecciate tra loro.

No, non è una questione di “dialogo interno”, perché una storia potrebbe anche non aver bisogno di parole, potresti ad esempio “vedere tutto” sotto forma di immagini o filmati.

Lo dico per tutte quelle persone che non hanno la consapevolezza di notare il proprio “dialogo interno” ma è così, anche tu lo hai seppur in sotto fondo.

Ora la domanda che potrebbe frullarti per la testa è: ma a cosa mi serve conoscere una struttura narrativa se io stesso sono una sorta di registra sceneggiatore “inconscio” (o ingenito)?

La risposta è semplice: perché tale struttura è qualcosa che appartiene all’umanità, è una sorta di narrazione universale alla quale tutti siamo “sottoposti”.

Gli organi vestigiali

Hai mai sentito parlare degli “organi vestigiali”? Sono quelle parti del corpo umano e animale che sembrano non avere più un ruolo attuale.

Un esempio sono in alcuni cetacei, che sembrano avere delle ossa del tutto simili a zampe, probabilmente risalenti a quando erano anfibi, cioè potevano camminare sulla terra.

Oppure per noi umani c’è un pezzo del coccige che sembra essere il rimanente di una coda da scimmia. Oppure cose come l’appendice nell’intestino che infatti viene rimossa senza problemi.

”Vestigiale” significa “impronta”, qualcosa che resta dentro di noi come una sorta di indizio ma che sembra non avere valore.

Anche il cervello ha delle “forme vestigiali” che per qualcuno sono archetipi, cioè storie antiche che hanno modellato la nostra mente. Una di queste è il viaggio dell’eroe.

Un film già iniziato

Quando veniamo al mondo  entriamo in un “film già iniziato”, una narrazione che ci precede e che resisterà anche alla nostra scomparsa.

Purtroppo il nostro cervello fa fatica ad inquadrare una prospettiva così ampia, a meno che non siate degli appassionati di storia ma in generale vede solo “il suo atto”.

Il cervello è progettato per nascere come “essere unico” con il famoso “egoismo infantile”: i bambini pensano che tutto giri attorno a loro.

Questo è un buon modo per attirare l’attenzione dei caregiver (chi si occupa del bambino) ma che crescendo va abbandonato per una visione maggiormente ampia.

Le storie che ti precedono e che trovi lungo l’arco della tua vita influenzano pesantemente chi sei e cosa fai, anche se non te ne rendi conto.

Le storie cambiano di continuo ma…

Nonostante le storie culturali siano in continuo mutamento esistono alcune cose maggiormente resistenti, come gli schemi sottostanno a tali storie.

Le struttre con cui sono narrate tali storie restano pressoché simili per molto tempo e noi occidentali abbiamo una lunga storia alle spalle.

Dalla mitologia della Grecia antica alla logica aristotelica, abbiamo ereditato categorie di pensiero delle quali pochi sono consapevoli.

Proprio come non siamo consapevoli di entrare a far parte di un “film già iniziato”, del quale spesso ci sentiamo protagonisti senza trama.

Il mondo però è in continua accelerazione e questa non è una mia banale opinione ma è quella di moltissimi esperti.

In mezzo a rapidissimi mutamenti è sempre utile trovare dei punti di riferimento, uno di questi è proprio il Viaggio dell’eroe che continua ad avere un proprio fascino incrollabile da millenni.

Narrare la propria vita

Quando una persona subisce un forte trauma o ha avuto un passato turbolento fa fatica a ricostruire la propria storia.

Il primo motivo è sicuramente legato ad una sorta di auto-protezione inconscia che ci porta ad evitare le cose che ci fanno male.

I clinici sanno bene che quando c’è una “incoerenza narrativa” spiccata  devono alzare le antenne, perché li può annidarsi qualche problematica.

Per questo esercitarsi nel narrare la propria storia non solo fa bene per tutti i motivi che abbiamo citato più volte ma da coerenza anche alla propria vita.

Perché quella memoria “auto-biografica” ha necessità di coerenza (più o meno strutturata) per poter archiviare al meglio le informazioni e dare forma alla nostra personalità.

Ecco il video:

Il video che hai appena visto è la “passeggiata” a cui accennavo nella puntata, qui ritrovi sia i 12 passi del viaggio dell’eroe e sia alcune considerazioni importanti, oltre che ad un esempio molto divertente.

Nel Qde (quaderno degli esercizi) inserirò tutte le puntate che ho fatto su questa tematica, sono diverse e tutte intrecciate fra di loro, dal VdE al potere delle storie.

Il raccontare storie è talmente importante che non solo ci ha consentito di creare le moderne civiltà (come sostiene Harari nei suoi testi) ma ci fa comprare o meno le cose.

Lo storytelling

Agli albori di questo blog avevo dedicato tutta una piccola parte al nascente “storytelling”, cioè alla capacità di raccontare storie. Lo scopo in quel caso era legato alla crescita personale.

Ma nel tempo lo storytelling si è staccato dalla sua culla, il mondo narrativo dello spettacolo: narrativa, sceneggiatura, teatro ecc. Per arrivare nel mondo del mercato, cioè nel marketing.

Saper raccontare la storia di un prodotto, dell’azienda o di un’idea è da sempre stata la sua carta vincente verso una estrema divulgazione. Anche quando le storie sono negative e “segrete”.

Molti conoscono la “Red Bull” e la sua incredibile storia di ascesa nel mondo delle bibite. Te la faccio molto breve, tra le varie tecniche di viral merketing una era incredibilmente efficace.

Si sparse la voce che la Red Bull fosse così potente da essere stata vietata in diversi paesi, in parte era vero, alcuni paesi erano contrari inizialmente all’idea di “enery drink” ma non perché fosse super potente.

Cogliere la storia giusta

Così gli “omini marketing” di Red Bull, invece di cercare di andare contro questa sorta di leggenda metropolitana l’hanno semplicemente assecondata.

E nel giro di pochissimo tempo una marea di giovani non vedevano l’ora di rompere le regole per provare il “drink reso illegale” perché troppo potente.

Lo so questa storia viaggia sul filo della legalità e dell’etica, ma Red Bull sapeva bene che il suo target sarebbero stati i giovani, e chi meglio di loro amano trasgredire?

Tutto si riduce alla storia che ti ho raccontato sui transformers alla festa di compleanno del piccolo Davide. Li hanno vinto le vecchie e buone storie raccontate a voce, ma solo perché lo storytelling dei transformers non era ancora ben impiantato nelle loro giovani menti.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.