Ti piace la meditazione e ti stai chiedendo cosa c’entri con l’ipnosi o con il rilassamento? Allora questa puntata è perfetta per te! Oggi torniamo a parlare di “ipnosi e meditazione“.
E’ una puntata dove cercherò di illustrarti in modo semplice le sottili differenze tra ipnosi, meditazione e rilassamento. Una differenza che può fare “la differenza” nella tua crescita personale.
Magari sono anni che ti chiedi: “e l’ipnosi regressiva?” parliamo anche di questo…buon ascolto:
Gli stati modificati di coscienza
Per anni mi sono auto-definito “esperto di stati modificati di coscienza”, perché la mia formazione ha ruotato per anni intorno all’ipnosi, al rilassamento e alla meditazione.
Ma che cosa è uno stato “modificato di coscienza”? E’ innanzitutto il modo edulcorato con cui noi italiani chiamiamo gli stati “alterati di coscienza”. Abbiamo tolto “alterati” perché ha una connotazione negativa.
Tuttavia noi esseri umani andiamo da sempre alla ricerca di questi stati mentali particolari, ne abbiamo tracce dalla notte dei tempi, dagli antichi Egizi che usavano l’ipnosi ai Greci con i loro “misteri eleusini“.
Le pratiche di guarigione e le religioni di tutti i popoli hanno metodiche di modificazione ed utilizzo degli stati di coscienza. Sembra che noi esseri umani ci siamo da sempre accorti dell’importanza di questi stati.
Per secoli sono stati visti come “rituali di specifiche culture” ma da circa un paio di secoli, soprattutto grazie all’avvento del metodo scientifico, abbiamo iniziato a studiarli approfonditamente.
Modificati e non alterati
Il vantaggio di chiamare questi “stati” come “modificati e non alterati” non è solo comunicativo, ma serve anche per ricordarci che tali situazioni sono del tutto naturali.
La scienza è assolutamente convinta che si possa entrare ed uscire da stati di “trance ipnotica”, che si possa diventare presenti e consapevoli in base alle condizioni del contesto, e ovviamente che ci si possa rilassare.
Insomma tutti noi abbiamo esperienza di questi stati, anche se molti di noi non se ne rendono conto. In realtà non è facile accorgersene a meno che uno non inizi a studiarli o ad avere qualche “problema con loro”.
Tutti abbiamo l’esperienza di addormentarci, lo stato di “sonno” può essere considerato come uno stato fisiologico composto da parecchi “micro stati” nei quali la nostra coscienza si modifica profondamente.
Ma tra la “veglia ed il sonno” vi sono tutta una serie di “stati intermedi” che per anni sono stati utilizzati per descrivere bene la differenza tra “veglia e trance”, dove “trance” sta proprio come “stato di mezzo” tra la veglia e il sonno.
Ipnosi, sonno e attività elettrica
Come sanno in molti lo stesso termine “ipnosi” deriva da greco Hypnos cioè sonno. Moltissime persone, compresi miei colleghi, sono convinti che la trance sia uno stato di mezzo tra “la veglia ed il sonno”.
Ma le cose non stanno così o meglio non sono così semplici. Se segui questo campo da tempo (compresi i primi anni di Psinel) avrai sicuramente sentito parlare delle varie “frequenze cerebrali”.
Il nostro cervello emette un leggero campo elettromagnetico che può essere rilevato da una macchina l’ellettroenecefalo gramma. Nei primi anni del 900′ alcuni ricercatori hanno suddiviso la frequenza di questa attività in varie “onde”.
L’ipnosi è stata vista per molto tempo come uno stato di transizione tra le onde “alfa” e quelle “theta”. Lo stesso identico movimento che si fa quando si entra nel sonno.
Da questa osservazione è stato semplice immaginare che per entrare in uno stato di “trance” bastasse quindi abbassare “la frequenza di queste onde” attraverso stati di “profondo rilassamento”.
Il rilassamento
Se la “trance” non è altro che uno stato “pre-sonno” allora basta rilassarsi a tal punto da entrare quasi nel sonno, uno stato di “dormi-veglia”. Questa è stata l’idea di molte persone che hanno iniziato a lavorare con l’ipnosi.
Ma nello stesso tempo i miei colleghi non si accontentavano di queste approssimazioni e delle rilevazioni degli EEG, si perché lo stato di trance si poteva raggiungere anche in situazioni molto lontane dal rilassamento.
Per cui serviva un altro concetto per descrivere la trance, costrutto che ci è stato dato da un noto psicologo Pierre Janet (maestro di Jung) che parlò di dissociazione.
La dissociazione era visto come un naturale meccanismo di difesa contro contenuti psichici disturbanti. Se non vuoi ammettere a te stesso una certa cosa ti “dissoci da essa” (ti stacchi) relegandola nell’inconscio.
Negli anni abbiamo capito che questo meccanismo dissociativo evidente in determinate psicopatologie non è patologico di per se. Anche in questo momento per leggermi devi “dissociarti momentamente” dall’ambiente esterno.
La dissociazione
Così i miei colleghi hanno iniziato a vedere l’ipnosi o meglio il meccanismo sottostante alla “trance ipnotica”, come una “dissociazione indotta”. Ora non voglio annoiarti con le diverse evoluzioni di questa teoria ma ce ne sono state molte.
Ma il concetto più importante che voglio farti notare è che nessuna di queste parla di “rilassamento” o di “consapevolezza del momento presente”. Sono cose molto diverse da un punto di vista tecnico e scientifico.
Ultimamente queste differenze si sono evidenziate anche a livello di strutture cerebrali per evidenziare che la trance non è per nulla “uno stato di abbassamento della coscienza”.
E per “abbassamento” intendo avvicinamento ad uno stato di sonno. Si di certo il sonno è lo stato “più dissociato di tutti” ma non è il rilassamento la sola chiave per raggiungerlo.
Già Janet notò che la nostra coscienza è fatta di “arcipelaghi di consapevolezza” cioè di continue piccole dissociazioni utili ad allocare le nostre risorse attentive.
La comune trance quotidiana
Se ti faccio pensare intensamente a qualcosa, così intensamente da farti perdere il senso del “tempo e dello spazio” come quando vai a vedere un bel film, ecco in quel momento creiamo una piccola dissociazione.
E’ chiaro quindi che la “dissociazione” è uno stato naturale che continuiamo a vivere, ed è per questo che Ernest Rossi e Milton Erickson hanno coniato il termine di “everyday common trance”.
La comune trance quotidiana sarebbe uno stato dissociativo naturale che si prende il nostro cervello per ricaricarsi. Uno stato legato ai cicli sonno-veglia, altra cosa che ha confuso di non poco i non addetti ai lavori.
Ma ripeto, non voglio complicare le cose e ti lascio con un bel pò di letteratura nel Qde per farti approfondire, la cosa eclatante è il ruolo dell’attenzione in questo processo.
In altre parole possiamo esaminare uno qualsiasi di questi stati senza scansionare il cervello delle persone ma semplicemente cercando di capire “a cosa stiamo prestando attenzione”.
I limiti dell’attenzione
Visto che la nostra attenzione consapevole è limitata siamo costretti a creare tante piccole dissociazioni, alcune sono più consapevoli di altre, come quando per l’appunto stai leggendo un testo interessante.
Visto che la nostra attenzione si occupa di molte più cose di quante noi possiamo immaginarcene diventa chiaro che la nostra “attenzione” debba necessariamente spezzettarsi per funzionare adeguatamente.
Questo spezzettamento è la dissociazione, un naturale meccanismo che ci aiuta ad allocare efficacemente la nostra risorsa più importante: l’attenzione!
L’ipnosi è una metodica che serve per dirigere l’attenzione in modo che il soggetto diventi capace di recuperare “risorse interiori dissociate” per potarle nella vita quotidiana.
Per poterlo fare bene serve una guida che analizzi le nostre “risorse” e cerchi di riattivarle attraverso tutta una serie di tecniche che oggi chiamiamo “ipnosi”.
Diventare consapevoli dell’inconsapevole
Tra le molte cose superlative scoperte da Milton Erickson c’è proprio il fatto di addestrare le persone “alla trance” cioè a riconoscere questi stati transitori giornalieri al fine di utilizzarli.
Non è diventare consapevoli di aspetti inconsci e nascosti ma è diventare coscienti di come tendiamo ad entrare ed uscire da questi stati. Qualcosa di molto simile alla pratica della meditazione come abbiamo notato anni fa.
Infatti tutto l’addestramento meditativo sta nel cercare di osservare i movimenti della nostra coscienza e accorgerci quando tendiamo a perderla per ritrovarla.
Non è un cercare di “restare presenti” ma è un notare quando perdiamo tale presenza, è una sorta di esplorazione di come tendiamo naturalmente a dissociarci.
Nella meditazione impari ad osservare come tendi a dissociarti e riassociarti, a disidentificarti e identificarti. E’ uno stato di osservazione e non uno stato di perdita di consapevolezza.
Conoscere se stessi
A furia di entrare ed uscire dalle nostre identificazioni e dissociazioni impariamo a vedere come tendiamo ad attribuire alla realtà “senso”. Si questo è un livello avanzato ma lo raggiungiamo.
La cosa interessante è che riesci a notare questo solo staccandoti dal tuo mondo “concettuale”, qualcosa che per molti è una sorta di auto-ipnosi ma posso assicurarti che è molto diversa.
Chiuunque abbia mai sperimentato sulla propria pelle lo stato di “trance ipnotica” e lo stato di “presenza” sa che sono due cose molto diverse tra di loro. Il fatto è che se non sei allenato fai fatica a distinguerli e sembrano quasi uguali.
Proprio come se tu non sapessi suonare la chitarra e guardando due chitarristi di livello avanzato non riuscissi a notare che uno dei due è nettamente più bravo.
Si, in questo caso sarebbe tutta questione di orecchio e esperienza musicale, non basta aver ascoltato molta musica, come tutti possono fare, ma è necessario aver sviluppato una certa competenza tecnica. E’ un riconoscere!
Riconoscere
Il fondamento della pratica di meditazione di consapevolezza è dunque la capacità di riconoscere dove ti trovi. Ed è per questo che secondo me dovrebbe essere il primo passo verso queste metodologie.
In altre parole non ti sto dicendo che una è migliore dell’altra ma solo darti un’idea da dove partire, e se vuoi farlo da solo, avvisarti del fatto che la cosa migliore è partire dalla meditazione.
E te lo dice uno che è partito si dalla meditazione ma si è poi spostato per anni sulla ipnosi e l’auto-ipnosi. Perché vedevo nella meditazione solo l’aspetto folcloristico e non quello tecnico, come con il chitarrista!
Potrei ancora approfondire e dirti che il “monoideismo plastico” della ipnosi, aspetto tecnico che crea la dissociazione indotta, è profondamente diverso dalla conspevolezza.
Ma averi bisogno di un altro post ed un’altra puntata per farlo, continueremo questa chicchierata nel Qde… ti avviso questa volta leggerlo o meno fa davvero la differenza!
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A presto
Genna