Eccoci a parlare ancora di uno dei temi più conosciuti nel campo della meditazione, la “metta” o “gentilezza amorevole” (benevolenza), un termine che sembra uscito dal diario di un giovane adolescente.
Alla meglio da un poeta o uscito dalla bocca di qualche strano personaggio new age. In realtà si tratta di una delle forme più antiche e studiate di pratica meditativa, ne abbiamo già parlato in un lungo e in largo e oggi approfondiamo…
Buon ascolto
Un augurio
La prima cosa necessaria da sottolineare quando abbiamo a che fare con la “gentilezza amorevole” è quella di vederla come un augurio, una benedizione e non come una formula magica che lanci nell’universo sperando che ti risponda!
Questa differenza è essenziale non solo per evitare la temibile scaramanzia della legge di attrazione (ne parliamo mercoledì 8/04/20 su Instagram in Live) ma anche perché desiderare di stare bene troppo intensamente è un evitamento. Lo so è un discorso che facciamo spesso ma che poco si afferra!
Parliamo di psicologia: se io continuo ad avere ansia o un qualsiasi altro problema di gestione delle emozioni, immaginare di non averlo più è un evitamento non è una preparazione alla gestione ottimale del mio stato interiore.
Infatti anche tradizionalmente la pratica non consiste nel vedersi sani e forti ma nell’augurarsi di poterlo diventare. Non è una aspettativa nei confronti del futuro ma è un augurio affinché si possa un giorno stare bene, un augurio indiscriminato e non preciso.
Dei provare quella che chiamiamo da anni compassione verso te stesso, cioè diventare consapevole di ciò che ti turba e augurarti di riuscire a gestirlo. Non è una tecnica per cercare di sentirsi bene, ma è terribilmente difficile non vederla così, sai perché?
Ti fa stare bene subito bene!
Perché augurare il bene al prossimo ci fa sentire bene subito! Ha un effetto quasi immediato sul nostro umore, e questo effetto potrebbe rivoltarsi contro di noi illudendoci che sia quella sensazione la cosa da ricercare. Ma non è così!
Non dobbiamo ricercare il sollievo che ci da il fatto di provare compassione verso noi stessi e gli altri ma dobbiamo ricercare la compassione stessa, cioè il desiderio che stiano bene. Lo so che sembra la stessa cosa ma non la è per nulla!
Una cosa è augurarsi che un esame vada bene ed un’altra è sperare che non ci facciano certe domande o di prendere 30. Queste ultime sono aspettative sulla realtà, simulazioni che ci portano lontano dal momento presente e dalla verità delle cose che ci circondano.
E’ facile confondere una “preghiera con una aspettativa” ma sta proprio qui la differenza tra il credere che ciò che stiamo facendo sia un modo per ingraziarci l’universo e vedere questo processo al contrario: dove sei tu che invii la tua gentilezza amorevole verso l’universo.
Se la vediamo in questo modo siamo contenti tutti: sia chi come me è uno scettico e utilizza queste metodiche per motivi legati alla ricerca e sia chi invece tradizionalmente crede davvero di poter inviare amore verso l’universo.
Tu in fondo lo sai!
Nel processo della gentilezza amorevole si cerca di sviluppare dentro di se compassione, il desiderio che quella persona stia bene, che tu stia bene ecc. Tale desiderio dovrebbe essere espresso come un atto di generosità verso se stessi e verso il mondo non come un’azione egoistica.
Ma devo dirti una cosa che forse conosci e che non ti piacerà: la persona più importante per te sei tu! Inutile girarci troppo attorno tu sei il centro del tuo universo anche se non te ne rendi conto, anche se pensi di essere la persona più altruista sulla faccia della terra.
Se non ti accorgi di questo hai le solite due alternative: 1) Sei un essere illuminato, sei nato così oppure lo sei diventato meditando negli anni; 2) Ti auto-inganni credendo che gli altri siano più importanti di te perché non ti stimi per qualche motivo.
Si poi c’è una terza opzione quella della ignornaza: sei completamente inconsapevole di questi fenomeni. Ma se mi stai leggendo sono quasi pronto a scommettere che nessuno degli “psinellini” è completamente all’oscuro di questi profondi meccanismi.
Rendersi conto che tutto viene filtrato da noi, dal nostro modo di vedere il mondo è il primo passo per diventare maggiormente consapevoli di come tendiamo a strutturarlo dentro di noi. Ed è anche il primo vero passo della gentilezza amorevole.
Se non hai amore per te stesso non puoi darlo agli altri
Questa massima si può riassumere nella analogia dell’aereo che abbiamo fatto più volte anche nell’episodio odierno. Oppure si può guardare da un altro punto di vista riprendendo la metafora dei porcospini di Schopenhauer te la ricordi?
Ci sono dei porcospini che stanno cercando riparo per la notte in una giornata di freddo intenso. Per poter massimizzare il calore devono avvicinarsi tra di loro, ma se lo fanno con troppa veemenza rischiano di ferirsi a causa degli aculei.
Solo chi ha sufficiente calore per se stesso può permettersi di stare alla distanza giusta senza ferire e senza ferirsi a propria volta. Ok questa analogia è perfetta per descrivere come tendiamo a relazionarci con gli altri ma può esserci utile anche oggi.
Se non abbiamo amore per noi stessi è praticamente impossibile svilupparne per altri e quando ci riusciamo diventa un sacrificio talmente alto che tendiamo a devastarci per fare una cosa impossibile: controllare le altre persone, nel bene o nel male.
Se per stare bene devi fare si che tutte le persone a cui vuoi bene stiano bene prima di te, sappi che questo è meraviglioso pensiero atrulistico che tende però a nascondere il fatto che tu non sei capace di stare tranquillo senza preoccuparti per gli altri.
Le nostre sindromi
Questo è esattamente ciò che ci può capitare quando un nostro caro si ammala improvvisamente, ci spendiamo completamente per lui e però allo stesso tempo dovremmo stare attenti a noi. Ed è ciò che sta accadendo a causa del Coronavirus ai nostro professionisti sanitari.
Dove per curare il prossimo, anche in condizioni assurde (senza DPI, mascherine, guanti ecc.) con il rischio appunto di vedere il più alto tasso di deceduti tra il personale medico nel mondo, si proprio qui da noi in Italia. Lo so che sembra un discorso diverso ma è molto molto simile!
La “sindrome di fight club” di cui ci siamo occupati di recente sembra quasi dirci: “se tutti stanno male posso finalmente stare bene anche io” qualcosa di opposto al desiderio che gli altri stiano bene, di opposto alla nostra compassione e alla nostra “gentilezza amorevole”.
Tuttavia non pensare che sia così poco frequente come pensiero, perché tendiamo sempre a paragonarci agli altri, a pensare che se lui sta bene allora io non ho abbastanza, non guadagno abbastanza, non sono fortunato come lui ecc.
Essere felici del mondo che va a rotoli perché la nostra vita va a rotoli è l’esatto contrario di ciò che ti sto invitando a fare. Tuttavia devi sapere che non è anormale pensarlo di tanto in tanto, se dovesse capitarti notalo e torna gentilmente a te stesso e alla tua “compassione”.
Coltivare la gentilezza amorevole
Se sei affetto dalla “sindrome” appena descritta allora stai tranquillo esiste una cura: ed è la nostra cara consapevolezza unita proprio alla gentilezza amorevole. Tuttavia non si tratta di una formula magica che una volta ripetuta modifica per sempre il tuo atteggiamento mentale!
Come tutte le cose che funzionano davvero richiede apprendimento, dedizione ed esercizio continuo. Non ti basta averlo fatto una volta insieme a me qualche giorno fa, devi ripeterlo da solo, scoprire quali sono le modalità migliori per te.
Per fortuna il laboratorio dove puoi mettere in campo queste competenze sei tu, è la tua interiorità e non hai bisogno né di un monastero isolato dal mondo e né di un grande maestro illuminato. Hai già tutto ciò che ti serve per iniziare a coltivare questa speciale dote di cui tutti siamo predisposti.
Hai presente il nostro IOS? Ecco la I di “intenzione” è uno degli aspetti più importanti per coltivare la gentilezza amorevole, devi essere intenzionato ad inviare il tuo desiderio che le persone che “immagini” stiano bene… a partire da te stesso!
Funziona al primo colpo? No, come tutti gli esercizi richiede che tu abbia una esperienza di prima mano, devi provare a farlo e soprattutto farlo quando sei in meditazione, come spiegato nella puntata. Puoi farlo anche senza meditare? Certo, ma meditando hai un’esperienza completa.
Resilienza e gentilezza amorevole
La resilienza psicologica è uno dei temi più discussi degli ultimi anni, anche noi ne abbiamo parlato un bel po’, si tratta essenzialmente della capacità di rialzarsi dopo una batosta!
E’ un termine tratto dalla meccanica dei materiali, è la capacità di un materiale di tornare alla propria forma originaria. E come abbiamo visto nella puntata sulla “crescita post-traumatica” nel campo della biologia è qualcosa che supera questo concetto meccanico.
La vita è diversa, se non si spezza diventa più forte, una pianta che viene piegata dal vento diventa più forte proprio in virtù di quelle oscillazioni casuali. Se sei costretto a camminare invece che andare in auto le tue gambe diventano più forti ecc.
Ora cosa c’entra la nostra “gentilezza amorevole” con la resilienza? Tantissimo! Se non sei gentile con te stesso rischi di vivere esperienze negative in modo completamente differente. Se pratichi la meditazione lo sai molto molto bene.
La prima volta che riesce davvero ad essere gentile con te stesso, mentre magari ti cogli ad essere completamente distratto può trasformarsi in una piccola illuminazione. Qualche tempo fa ho fatto una sorta di “aggiornamento pazzo” (che trovi su Telegram).
L’aggiornamento del gruppo s’intitola: “mentre meditavo sono scoppiato a ridere” perché ad un certo punto mi sono accorto di essere distratto, in quel preciso istante sono esploso in una fragorosa risata. Vedi, sono convinto che quella risata sia il segnale di anni di “metta”.
In quel preciso momento avrei potuto proseguire la pratica per ore e ore, mi sentivo così elettrizzato dall’essermi scoperto distratto… insomma vai ad ascoltare l’audio.
Puntare il dito
Una delle cose che puoi iniziare a fare sin da subito è quel gioco che ti consiglio nell’episodio: ti affacci alla finestra e guardi la gente che se ne va in giro in questo momento di crisi. Ogni volta che noti un giudizio negativo ti fermi un istante e pensi a qualche “buona ragione”.
Se hai pensato: “ma guarda il mio vicino di casa che è la terza volta da stamani che esce di casa con il cane, povera bestia”. Prova a pensare che magari ha un cane complicato che necessita di essere portato più volte fuori e magari, neanche lui ne ha così tanta voglia.
Cerca una risposta alternativa e anche plausibile, cioè dire: “Forse il cane sta controllando la sua mente” non è proprio sano 🙂 Questo discorso del giudizio fa parte di molti contenuti di Psinel perché è proprio da questa porta che siamo entrati nel mondo della meditazione.
Se mi segui da tanto sicuramente ti ricorderai che non abbiamo iniziato con questi argomenti ma con l’ipnosi, la PNL, le tecniche di immaginazione e di rilassamento. Non ne parliamo più perché sono stupide ed inutili? No, semplicemente perché ho capito che la divulgazione deve essere scientifica.
E oltre ad essere scientifica deve anche essere efficace, e quelle tecniche accennate sono molto efficaci quando vengono usate da altri su di noi, possibilmente quando sono in mano a professionisti che hanno studiato per anni.
Continuiamo questo affascinante discorso sulla “gentilezza amorevole” senza meditare e sul giudizio nel nostro Qde (Quaderno degli esercizi).
A presto
Genna