Ciao,
hai già iniziato la tua pratica quotidiana di meditazione? Se lo hai fatto seguendo psinel sai che da un bel po’ di tempo sto studiando, praticando ed approfondendo questa metodica con grande soddisfazione. a differenza delle solite tecniche di cambiamento personale la meditazione non promette “effetti magici” se non la si pratica con dovizia, per molto molto tempo…
…in questi anni ho condiviso con te il mio punto di vista da praticante, anzi puoi rintracciare nei post precedenti quando ho iniziato a parlare in modo “serio” di meditazione (circa nel 2009).
Così in questi anni molti mi hanno chiesto consiglio sulla propria pratica, ed il motivo principale di queste richieste è riassumibile in un singolo concetto: “come mai ci sono giorni in cui la meditazione sembra andare alla grande e giorni invece in cui sembra fare schifo”?
La risposta più ovvia e banale sta nella tua vita, cioè in che cosa stai vivendo in quel periodo. Se ti stai lasciando con la ragazza e ne eri molto innamorato è chiaro che la meditazione possa non essere “come sempre”. E’ ovvio che questo cambia anche in base alla quantità di pratica che hai alle spalle. Ma nonostante questa differenza metrica (cioè misurata nel tempo) la cosa che sconvolge maggiormente sta proprio nella “differenza”!
La differenza fra quando stiamo bene e ci mettiamo a meditare e quando invece non stiamo proprio bene. Questo fatto ovvio non lo è altrettanto per chi medita da poco tempo e magari ha iniziato a raccogliere i frutti di questa pratica. E si vede, per così dire, sfumare mesi e mesi di esercizi quando le cose “la fuori non vanno bene”.
Questa primo ostacolo è uno dei più difficili da superare, la molla principale sta nel sopravalutare le abilità acquisite nella pratica.
Meno pratica hai e più difficile sarà accorgerti da dove “arrivano le distrazioni”. Per tanto, seti trovi in una situazione del genere, il mio consiglio è quello di fare le cose “con calma“ed auto compassione, come detto nel podcast41.
Riparti dai primi esercizi di focalizzazione su qualcosa di esterno, come i suoni, e via viari avvicinati a te stesso, tornando al tuo corpo e poi al tuo respiro. Invece che cosa fanno la maggior parte delle persone?
Esatto aumentano le ore di pratica, convinte chese le cose non vanno bene meditare un po’ di piùpotrà solo aiutarle a risolverle. Ok, il ragionamento non fa una grinza, ma dipende…dipende sempre da quanto quel “pensiero esterno” ti disturba. Se insisti “con forza” stai prima di tutto facendo una cosa contraria alla meditazione, che dovrebbe insegnarti ad accettare le cose prima di cambiarle.
Il secondo aspetto importante da sottolineare èlegato alla natura di ogni abilità. Se ad esempio vuoi imparare a suonare la chitarra, all’inizio ci saranno degli step difficili da superare (come mettere le mani, le note, il barrè ecc) ad un tratto si raggiunge una dimestichezza tale per cui si possono suonare molte cose. Come la famosa”canzone del sole” ecc. ma se si vuole già ad esempio fare qualche arpeggio le cose iniziano a cambiare…
…e cambiano ancora di più quando si rende conto che tenere il tempo è complesso così come tante altre piccole cose che fanno la differenza fra un”chitarrista da spiaggia” ed un vero appassionato per non parlare del “chitarrista professionista”. In ognuno di questi step (che ovviamente non esistonoma li ho creati per semplicità) c’è una sorta di “sbarramento tecnico” che dice più o menouna cosa del genere:
“Fino a quando non sarai riuscito ad acquisire leabilità X e Y non potrai fare il salto”. Questoconcetto molto chiaro in ogni tipo di abilitàviene spesso dimenticato nelle abilità di tipopsicologico. Il primo motivo per cui accade èche tutti nasciamo con una certa quantità diabilità psicologiche innate e poi apprese. Eci sembra che quelle siano quelle “più giuste”e da li leggiamo il mondo.
Mentre imparare a suonare la chitarra non èqualcosa di naturale (anche se pure in questocampo potremmo fare un discorso simile conchi crede “di essere portato” e spesso finiscecon lo studiare poco e non cavare grossirisultati dalla sua innata abilità) entrare inuno stato di presenza lo è eccome. Per cuici sembra di esserne già attrezzati…
…ma non solo, ci sembra che quel tipo disensazione di presenza, quella ad esempio chesi raggiunge nei primi mesi di pratica siaquella “finale”… ma non è così. Via via chesi pratica questo stato s’intensifica cambiandoe rendendoti più sensibile, al punto che puòsembrare di “non arrivare mai”. Propriocome accade in qualsiasi campo delloscibile umano.
Quando ad esempio qualche piennellista midice di aver capito tutto sul funzionamentoumano capisco che ha studiato pochissimo;)quando invece sento dire che “c’è sempreda imparare” capisco di essere davanti auno che ha studiato e praticato per anni. Cosìquella sensazione di “non arrivare” non èun segnale di pericolo, ma al contrario èil segnale che stai per “salire di livello”.
Così tornando al nostro chitarrista: una cosa èimparare a suonare la “canzone del sole” ed unaaltra è suonare un pezzo jazz. Ma in realtà ilvero maestro non lo vediamo mentre fa Jazzma guarda caso mentre suona qualcosa disemplice. Se come me hai mai fatto unaaudizione per entrare in una scuola dimusica sai che ti chiedono cose moltobanali e semplici…
…non vogliono infatti vedere se sei in grado disuonare la chitarra a 300 km/h mentre le daifuoco con la bocca 😉 ma vogliono vedere esentire se hai “sviluppato il tuo tocco” o seinvece sei ancora alle prime armi. E nonhanno bisogno di sentirti suonare il jazzper capirlo, gli basta un semplice pezzo in4/4. Così un vero musicista passa ore edore ad affinare i fondamentali della suatecnica…
…non perché non li conosca, anzi! ma perché è ripartendo dai primi passi che riesce a fare quel salto di qualità. Meditare è tornare con costanza sui fondamenti dell’attenzione, la vera arte è evitare di spaventarsi quando il percorso sembra stranamente tortuoso, non giudicarsi duramente e perseguire. E nel caso che dicevo prima, quando qualcosa nella realtà non va troppo bene…
…rallentare! se durante una scala di note inizia a farti male la mano, un vero maestro ti ferma e non ti lascia proseguire, pena la tendinite (che io ho avuto ;)) che ti ferma per troppo tempo. Meglio rallentare, applicare il nostro non-giudizio a ciò che capita ed andare avanti in modo gentile e cauto. Tenendo sempre in mente che se il percorso si fa tortuoso significa che forse stai “per fare il salto”:)
Ti lascio con una storiella zen che mi hai sentitodi certo raccontare più volte, ma è perfetta perconcludere questo post:
Un giorno un giovane allievo si reca dal suomaestro e gli dice: “maestro questa settimanala mia meditazione è stata tremenda…nonriuscivo a concentrarmi e la mia mentecontinuava a vagare…cosa posso fare?” Ilvecchio maestro lo guarda intensamente egli dice “passerà”. Il giovane va via un po’confuso… torna dopo una settimana e dice:
“Maestro avevate ragione, questa settimana la mia meditazione è stata perfetta, ero ben concentrato, nulla riusciva a distrarmi ed ho sentito attimi di illuminazione”. Il vecchio maestro lo guarda intensamente e gli dice:”passerà” 🙂
A presto
Genna