“Conosci te stesso” è una delle massime più antiche e note nella storia del pensiero umano che ha assunto diversi significati in base ai contesti in cui è stata utilizzata.
Se segui Psinel sai che qui la “conoscenza di se stessi” è imprescindibile dalla ricerca personale, tuttavia spesso le persone tendono a vedere questa “conoscenza” nel modo sbagliato.
Si tende a credere che conoscersi sia come “compilare una lunga lista di attributi” ma in realtà è più simile a “conoscere una amico”… vediamo come:
“Conoscere un amico”
Conosci i tuoi amici? Probabilmente starai annuendo in questo momento, perché ci sembra di conoscere le persone che ci circondano. Se però modificassi leggermente la mia domanda e ti chiedessi:
“Pensi di conoscere al 100% i tuoi amici?” la cosa sarebbe profondamente diversa, a meno che tu non sia una sorta di mitomane (che ha come mito l’amico) non potresti rispondere affermativamente.
Perché le persone sono universi complessi e anche se conosciamo molto bene chi ci circonda, difficilmente possiamo pretendere di conoscerli a mena dito.
E quando conosci a mena dito le variabili di un sistema cosa succede? Che puoi controllarlo… e a volte ci illudiamo che le cose stiano così e che siano così semplici, soprattutto quando quella persona da conoscere siamo “NOI”.
Infatti così come non puoi conoscere “un tuo amico” al 100% non puoi farlo neanche con te stesso, per tanti validi motivi ma il principale è legato al fatto che “oltre ad essere infiniti” siamo essere in divenire.
“Panta Rei” (Eraclito)
Tutto scorre anche la nostra personalità, che come abbiamo visto in varie occasioni è molto più malleabile di quanto non si creda. Di certo esistono dei “nuclei” e delle ridondanze ma sempre in divenire.
E’ come se immergendo una mano nel fiume pretendessi di sentire la sensazione di ogni singola molecola di acqua di cui è composto, in realtà come ha già detto Eraclito millenni fa, non possiamo mai sentire la stessa acqua.
Possiamo però osservarne i movimenti, intuirne la direzione e anche cercare di sfruttare al massimo la sua energia. Non è difficile qui cogliere la similitudine con il flusso del nostro pensiero.
Analogia che abbiamo usato molto spesso per descrivere la pratica della meditazione come la capacità di osservare questo fiume e di renderci conto quando un suo “contenuto” ci porta altrove.
Quella parte che noi “cerchiamo di conoscere” in realtà è dinamica e in continua fluttuazione, per cui nel momento in cui la conosci in realtà cerchi di concettualizzarla bloccandola. Che fare allora?
Ri-conosci te stesso
Allora è necessario imparare a ri-conoscere se stessi più che cercare di conoscersi, in termini occidentali, cioè concettualizzandoci. Perché nell’istante in cui entriamo in un concetto perdiamo “il suo scorrere”.
Ora ti starai forse chiedendo a cosa ti possa essere utile tutta questa “teoria strampalata”, è un goffo tentativo di farti “sentire” da un lato l’impossibilità di conoscerti al 100% e dall’altro la meraviglia di questa cosa.
Infatti non si tratta di un limite ma di una “possibilità”, il fatto di non poterti “com-prendere” cioè prenderti nella tua totalità non è solo dovuto ad un limite sensoriale e cognitivo.
Si è chiaro che se tu sapessi tutto di te in un dato preciso momento probabilmente avresti un overload di informazioni, ma non è questo che intendo. Intendo che tu non puoi sapere tutto ciò che ti frulla per la testa.
Lo abbiamo provato con le neuroscienze, quando in modo quasi inquietante ci hanno dimostrato che le nostre decisioni sono prese qualche millesimo di secondo prima della decisione cosciente.
Emergentismo
Chi conosce un po’ di “espistemologia della scienza” sa che una delle teorie su come emerge la nostra coscienza si basa proprio sulla teoria della complessità. Ora non voglio annoiarti ma le cose stanno così.
Se prendiamo l’acqua come esempio abbiamo la molecola H2O, che come sai dalle scuole medie è la composizione di 2 atomi di idrogeno (H) e 1 di ossigeno (O). Ma la propietà “liquida” (“acquosa”) non sta in nessun atomo.
Nessun atomo da solo esprime la “acquosità” della molecole d’acqua. Questa emerge dalla interazione tra gli atomi. Proprio come una sinfonia che emerge dalla interazione tra gli strumenti ma non è nei singoli strumenti.
Ecco noi siamo un “pullulare di complessità” che vede emergere continuamente contenuti mentali diversi. Ci piace immaginare di poter trovare una causa primigena: “ecco sto pensando a questa cosa perché…”.
Ma la verità è che la maggior parte delle cose che ti passano per la testa sono “simulazioni virtuali” della realtà di cui spesso è molto difficile comprenderne le cause.
Alla ricerca del colpevole
Così quando sappiamo che sono “le forse elettromagnetiche” che creano e tengono su la molecola H2O (cosa di cui non sono sicuro) ecco che tiriamo un sospiro di sollievo perché abbiamo trovato “il colpevole”.
I nostri sensi sono portati a notare le causalità della vita, cioè cosa ha fatto generare cosa. Dove sta la causa dell’effetto che vediamo! Nel mondo fisico questo è essenziale per garantirci la sopravvivenza.
Purtroppo applichiamo lo stesso principio ai nostri contenuti mentali, nella maggior parte dei casi questo non ha alcun male, anzi molte volte è utile. Ma in alcuni casi diventa deleterio, soprattutto quando cerchiamo “i colpevoli”.
Cosa mi ha fatto sentire così male? Cosa mi ha condotto a questo pensiero triste? Forse non mi conosco a sufficienza, dovrò analizzare gli spazi reconditi e ameni del mio inconscio.
Nel mondo fisico questa logica “causa-effetto” funziona molto bene, non sempre ma nella maggior parte delle volte si. Quando però si ha a che fare con la vita (in ogni sua forma) le regole del gioco cambiano profondamente (da lineari a circolari).
La memoria auto-biografica per ri-conoscersi
Il colpevole della nostra personalità è la “memoria auto-biografica” un (non) luogo dove conserviamo tutto ciò che sappiamo su noi stessi. Sembra una metafora vero, ma non la è!
Ce ne siamo accorti studiando persone che hanno avuto problemi al cervello e che a causa di tali danni hanno letteralmente “perso l’identità”. Come in un film dove il protagonista perdendo la memoria non sa più chi è.
Il fatto che si possa perdere tale identità significa che in fondo noi non siamo quella cosa li. Lo abbiamo visto molte volte parlando di come le pratiche contemplative modifichino la nostra personalità.
Tu sei anche quella cosa lì, quel racconto, quella narrazione. Tuttavia quella narrazione non sempre ci rispecchia, però essendo abitudinaria tendiamo a non rendercene conto.
Quando dico di “ri-conoscere” intendo la capacità di osservare tale processo per ciò che è, una narrazione. In quel preciso istante ti ri-conosci al di là di tali racconti, di tali ricordi, delle tue aspettative, ecc.
E’ solitamente un rapido sguardo, riusciamo a farlo senza neanche troppo esercizio, tuttavia “occhiata dopo occhiata” iniziamo a “ri-conoscerci”, ecco il senso della puntata di oggi.
Gli schemi
Noi siamo “fasci di schemi”, tendiamo a ripeterci in modo incredibile senza rendercene conto. Non nel senso che facciamo le stesse cose (anche quello) ma nel senso che la vita stessa è una ridondanza (ripetizione) di processi.
Quelli psicologici che interessano a noi sono facilmente riconoscibili, e la sensazione che si prova quando si inizia a riconoscerli è come quando ci si accorge che un amico (si ancora con sto amico) sta agendo in un modo che conosciamo.
Magari inizia a raccontare la solita storia e noi sappiamo dove andrà a parare (questo si lega alla tematica della scorsa puntata sulla lettura del pensiero) e così come è sgarbato interrompere un amico è sgarbato farlo bruscamente con te stesso.
“Perdonami caro amico se t’interrompo ma dobbiamo andare in quella direzione in questo momento”. Ecco un’interruzione gentile come questa potrà infastidire leggermente ma ha un buon effetto… anche su di noi.
Per riuscirci devi ri-conoscerti che come hai capito si tratta della nostra buona e cara meta-cognizione, la capacità di cogliere i tuoi pattern, i tuoi schemi mentali, i tuoi processi, mentre stanno avvenendo.
Come pesci volanti
Se resti in quiete li vedi saltare davanti a te come “pesci voltanti”. Questa è l’immagine che mi viene in mente perché di solito non si notano, scorrono nelle profondità condizionandoci… se meditiamo li vediamo saltare fuori dall’acqua.
Se pratichi la meditazione lo sai, più riesci a restare in quiete dentro di te e più riesci a “guardarti dentro” senza farti trascinare da loro. Loro chi? I contenuti mentali (pensieri, emozioni, aspettative, credenze, ecc.).
Ci sono molti modi per “analizzarci”, dopotutto gli stessi padri della psicologia del profondo (Freud e Jung) hanno svolto auto-analisi per decenni e in modi davvero creativi.
I contenuti di noi stessi anche quando “non stiamo meditando”, mentre guardiamo un film, leggiamo un libro, ascoltiamo un podcast ecc. Ma per riconoscerli è necessario “notarli”, ancora una volta ri-conoscerli!
Ti è già capitato migliaia di volte durante la tua vita, ma molti di noi non se ne rendono conto o meglio non fanno tesoro consapevole di ciò che “notano”. Come ad esempio quando ci riconosciamo nei nostri genitori, negli amici e nelle persone che ci circondano.
Insomma ci sarebbe ancora molto da dire su questo tema, come sempre continuiamo le nostre riflessioni sul Qde…
Alla prossima
Genna