Da quando abbiamo la possibilità di scrivere teniamo diari, gran parte di ciò che sappiamo dei personaggi del passato è dato da questi.

Questa forma di espressione che sgorga quasi spontaneamente (come ipotizzava Lev Vygotsky) durante l’infanzia e poi con forza in adolescenza, è un potente strumento di crescita personale.

Oggi riprendiamo gli incredibili studi del prof. James W. Pennebaker su quella che lui stesso ha definito scrittura espressiva, buon ascolto:

Scrivi che ti passa

Un tempo si diceva “canta che ti passa” ed effettivamente chi ha coniato questa frase in parte aveva ragione, se canti una canzone mentre svolgi un lavoro duro questo passa “più velocemente”.

Possiamo dire lo stesso per la scrittura? Si e no, perché mentre il canto ti distrae da un’attività pesante (come sapevano i primi schiavi americani) la scrittura non è una distrazione, anzi!

Scrivere significa affrontare di petto i propri pensieri “congelati” per riuscire a “scongelarli” e consentire al tuo sistema mente-corpo di digerirli al meglio.

Lo so sono tutte metafore ma a quanto pare descrivono bene come funziona il cervello “traumatizzato” e devi sapere che tutti abbiamo piccolo o grandi ferite.

I “vampiri energetici”

Spesso questo termine viene associato ad aspetti magici e newage per descirvere entità non ben definite che ti succhiano energie. Qualcuno la usa per descrivere le persone che succhiano risorse alle altre.

Qui voglio usare il termine “vampiro energetico” per mostrare come funzionano i ricordi spiacevoli nella nostra vita. Nella puntata ti ho raccontato la faccenda parlando di “gabbie mentali”.

Quando un ricordo spiacevole viene messo da parte (tecnicamente viene dissociato) per restarsene li buono buono necessita della tua energia mentale.

Per questo sono convinto che i veri vampiri energetici siano dentro di noi e siano però allo stesso tempo una fonte luminosa a cui guardare.

Chi è senza ferite è un bambino

Secondo il famoso Psicoanalista e scrittore James Hillman “chi non ha ferite è un bambino innocente, tutta la nostra maturità è segnata da riti di passaggio che implicano piccole o grandi ferite”.

Hillman ci dice che un vero uomo ha sicuramente addosso delle cicatrici, queste possono essere grandi o piccole, aperte o chiuse ma chiunque sia in cammino in questa vita porta con se “eventi dolorosi”.

Come sappiamo per riuscire a far splendere qualcosa di oscuro dobbiamo “prestarvi attenzione”, proprio come un vecchio cimelio che necessita di essere pulito e restaurato.

Parafrasando Jung (maestro di Hillman) “le ferite sono feritoie attraverso le quali possiamo osservare la luce… e le ferite sono come delle bocche che hanno bisogno di essere ascoltate”.

Integrare

Ciò che accade quando scrivi di un evento “doloroso del passato” non è la sua cancellazione ma la sua integrazione.

La scrittura aiuta a costruire ponti fra reami di significato che hai immagazzinato nella memoria auto biografica, è qualcosa di simile al discorso sulle risorse e sul priming.

Quando integri parti di te queste si trasformano e ti trasformano in qualcosa di nuovo, come quando apprendi una nuova abilità.

Ti ricordi cosa significa non saper leggere? O non saper andare in bicicletta? Probabilmente no, perché questi apprendimenti sono integrati nella tua personalità.

La scrittura facilita i movimenti di integrazione delle nostre parti dissociate, avrebbe detto Jung e Pierre Janet prima di lui.

La chiave di tutto sta nell’aggettivo “espressiva”

In realtà gli studi di Pennebaker non si sono rivolti esclusivamente agli aspetti negativi e traumatici dei ricordi ma tutti erano volti all’espressione emotiva.

Cioè al cercare di esprimere i propri sentimenti su un qualcosa in forma scritta. I ricercatori hanno fatto questo anche in contesti diversissimi dal trauma.

Come ad esempio hanno fatto Robert Bangert-Drowns e Gestern e Baker, i quali hanno scoperto gli effetti benefici della scrittura espressiva nello studio.

Facendo delle pause dove gli studenti potevano scrivere le proprie emozioni e pensieri riguardo quella parte di “lezione”.

Dare voce alle emozioni

Sembra strano parlare di emozioni e di scrittura, dopotutto scrivere qualcosa che riguarda una “lezione universitaria” non sembra affatto emotivo.

E invece abbiamo emozioni su tutto e costantemente, anche in questo momento mentre stai leggendo provi delle emozioni seppur magari silenziose.

No tranquillo non devi diventare un “segugio da emozioni” quello lo facciamo già ogni volta che parliamo di “intelligenza emotiva”.

Ma significa imparare a dare voce al tuo mondo emotivo attraverso la scrittura espressiva, che ti ricordo consiste nello scrivere nel modo più libero e spontaneo possibile.

La “Letting Go Experience” (LGE)

I risultati degli studi sono molto chiari, più riesci a raggiungere uno stato di “rilascio emotivo” e meglio è, la famosa “catarsi”.

Quando si parla di “rilascio” molti immaginano un fiume in piena che rompe gli argini ed invade tutto, e spesso accade in questo modo ma non sempre.

Infatti questa esperienza può essere anche molto piccola, non devi necessariamente struggerti anche se ti aspetti che accada così.

Quando Pennebaker descrive la LGE chiama in causa il nostro amato Milton Erickson descrivendo quello stato simile alla “everyday common trance“.

Andare attivamente alla ricerca di emozioni forti durante la scrittura può avviare un effetto paradossale nel quale, non trovi nessuna emozione dirompente.

Inibizione paradossale

Questo effetto paradosso è sperimentato spesso da chi utilizza le tecniche della terapia strategica come la peggiore fantasia.

Nella qualse si chiede di pensare “a tutte le proprie peggiori fantasie”. E indovina cosa succede? Molte persone quando ci provano NON ci riescono.

Lo stesso può capitare quando decidi di sederti e di scrivere su un tema particolare andando alla ricerca del “rilascio emotivo”.

Evita di preoccuparti perché spesso questi esercizi hanno effetti a scoppio ritardato, no non capita sempre e capita poco con la peggiore fantasia ma con la scrittura è diverso.

Scrivere non è pensare

L’effetto paradosso avviene soprattutto con il pensiero, perché proprio quando vai a cercarlo lui sfugge. Scrivere non è davvero pensare, è un’azione direttamente connessa con il pensiero ma non è il pensiero.

Come ti dicevo è un po’ la differenza fra fare un’operazione a “mente” oppure “su carta”. Se la svolgi a mente sei costretto ad occupare molte energie mentali.

Se invece scrivi i numeri puoi fare a meno di doverli tenere a mente e questo ti consente di ragionare meglio. I pensieri si comportano “come i numeri” occupano spazio e rompono le scatole.

No non ti sto dicendo che se usi bene il diario “smetterai di pensare” ma che il tuo rapporto con quei pensieri cambierà. Riuscirai a defonderti da quei contenuti mentali per vederli come semplici “pensieri”.

“Genna ma guardarsi dentro non rende ciechi?”

Se ti ricordi caro psinellino abbiamo già visto come “costruire gli occhiali protettivi” per guardarsi dentro senza rischiare la “cecità”.

La scrittura ti consente di staccarti dai tuoi contenuti mentali e di vederli per ciò che sono. Quando diciamo “metti i tuoi pensieri su carta” e molto meno metaforico di quanto sembri.

Mentre con la “presenza” (i nostri occhiali) riusciamo a fare spazio ai nostri pensieri, ad accettarli e guardarli senza indentificarci con essi o rendendoci conto quando accade.

Durante la scrittura accade qualcosa di molto simile, mettendo su carta quei contenuti riusciamo per qualche istante a defonderci da loro, cioè a fargli spazio dentro di noi, ad accettarli e accoglierli.

Non è un semplice “vomitare”, non è una “catarsi emotiva” ma è un processo di auto conoscenza che è perfettamente in linea con ciò che dico da anni sulla crescita personale: “fa rima con… conosci te stesso”.

Il diario “segreto”

Dalle ricerche sulla scrittura emerge chiaramente che fra i temi più importanti da “mettere su carta” ci sono i nostri segreti inconfessabili. Proprio come si faceva con il “diario segreto”.

Chi non ha avuto un diario segreto alzi la mano? Ecco io non lo mai avuto prima di iniziare a studiare psicologia e annotare un sacco di cose strane che hanno fatto anche nascere Psinel.

Però mia sorella lo teneva e molte mie compagne di classe ne avevano uno. La storia ci dice che da quando esiste la scrittura esistono “diari segreti”, confessioni su carta.

Usare il diario come “confessionale” sembra essere un buon modo per ottenerne validi risultati. Forse più che mai in questo periodo storico dovremmo pensarci, oggi che sembra sempre più difficile coltivare buone relazioni.

Non solo “aspetti negativi”

Come abbiamo visto nella puntata sulle risorse quando cerchiamo di scrivere solo “cose negative” su un certo tema capita spesso che emergano le nostre risorse.

In altre parole se provi a scrivere un evento negativo del passato (non troppo pesante) dopo vari minuti di espressività potrebbe capitarti di iniziare a scrivere “cose positive”.

No non è solo l’effetto paradossale di cui parlavamo poco fa, sono convinto personalmente che si tratti del modo di funzionare del nostro cervello che fa emergere spontaneamente le nostre risorse.

Negli esercizi di Pennebaker questo aspetto non è sufficientemente evidenziato, nessuno ti dice che potresti ad un certo punto: metterti a scrivere cose positive. Io lo ritengo importante.

Per comprendere fino in fondo questo passaggio DEVI ascoltare la puntata dedicata alle risorse. Tuttavia la maggior parte delle ricerche hanno trovato maggiori benefici lavorando su ricordi “negativi”.

Scrivere a ruota libera

Come vedrai anche nel Qde scrivere “a ruota libera” è qualcosa che puoi apprendere e che assolve diverse funzioni come abbiamo visto.

Alcuni studi tratti dalle brillanti intuizioni del famoso Lev Vygotsky hanno portato numerosi ricercatori a sperimentare forme di scrittura libera in tenera età.

Ed hanno scoperto che i bambini che erano liberi di scrivere “senza regole” imparavano prima sia a scrivere che a leggere, dimostrando di avere un pensiero maggiormente organizzato.

Non solo i bambini, alcuni studenti universitari sono stati invitati a scrivere “liberamente” per 10 minuti al giorno migliorando le loro capacità espositive e la loro creatività.

Uno strumento di consapevolezza

Lo scopo principale della scrittura espressiva, così come viene esplicitamente esposto dai suoi autori: è quello di accrescere la consapevolezza delle persone.

All’interno del libro “Il potere della scrittura” di James Pennebaker e Joshua Smyth vengono citati gli studi di Ellen Langer sulla consapevolezza ed anche gli albori della mindfulness con Kabat-Zinn (oltre a Milton Erickson e molti altri).

Insomma non si tratta solo di “vomitare su carta” in modo libero ciò che ti ha fatto soffrire nel passato, ma si tratta di una vera e propria palestra di auto esplorazione e di una conseguente maggiore consapevolezza.

Non mi stupisce per nulla che vi siano punti di contatto con tutti questi autori che si sono prodigati nella ricerca di attività in grado di migliorare la condizione umana sotto tutti i punti di vista.

Molto di più di ciò che appare

Come vedi la scrittura in generale e la “scrittura espressiva” in particolare possono avere diversi benefici sulla tua crescita personale.

Lo so che sembra scontato mettersi li a scrivere i propri pensieri, provaci! Fallo come viene descritto negli esercizi ed inizia questo viaggio.

Si perché si tratta di un viaggio che puoi fare dentro te stesso. Purtroppo internet non è il posto più adatto per approfondire questi temi, ma se mi hai letto fino a qui…

…lasciami un commento e fammi sapere se desideri che faccia un’ennesima puntata sugli studi di Pennebaker e sulla scrittura espressiva come strumento di crescita personale.

A presto
Genna

Ps. Hai notato il sottofondo musicale? Ti piace? 🙂


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.