Immagina di vedere un bambino di 4 anni in grado di comporre musica, in grado di suonare uno strumento con la stessa abilità di un compositore adulto. La prima cosa che ci salta in mente è che si tratti di un prodigio, una di quelle rare situazioni nelle quali qualcuno nasce con caratteristiche uniche ed incredibili, a tal proposito saltano subito alla mente nomi come Mozart e molti altri piccoli fenomeni… dunque o nasci con il talento oppure non potrai mai raggiungere quegli stessi risultati?
L’annosa questione personale
Per chi segue Psinel (questo progetto di divulgazione) sicuramente si tratta di un argomento trito e ritrito dato che il nostro primo post su questo tema risale a oltre 10 anni fa. Si tratta di un tema che mi sta particolarmente a cuore dato che io non mi sono mai sentito particolarmente talentoso se non (a tratti) per quanto riguarda la musica. Per tutta la mia vita e ancora oggi mi sento spesso rappresentato dal termine “UnderDog”, cioè lo sfavorito, quello che chi osserva dall’esterno sembra essere il peggiore, quello senza talenti particolari. Negli anni devo ammetterlo mi sono un po’ innamorato di questa posizione, lascia che mi spieghi meglio.
Quando ero ragazzino ero fuori forma ma correvo fortissimo, così il mio allenatore di pallacanestro quando vedeva un altro ragazzo ben messo nell’altra squadra mi metteva subito in campo. La sua speranza era che mi facessero marcare proprio dal tizio grosso quanto me, di modo che io potessi sorprenderlo con la mia velocità, la quale ovviamente non era proprio così spettacolare ma era abbastanza per superare l’altro ragazzo. Quelle rare volte in cui mi sono trovato coinvolto in una baruffa per strada sono sempre stato visto come quello debole da attaccare… da chi non mi conosceva, la cosa ovviamente faceva ridere i miei amici dato che sono sempre stato uno dei più combattivi e forti nella mia compagnia (da adolescente).
Se potessi avere una foto dei miei compagni di scuola delle elementari e medie quando hanno saputo che mi sono laureato (e con il massimo dei voti) scommetto che ci sarebbe molto da ridere (ti ho raccontato questa storia in questo episodio x). Non ti racconto queste cose per tirarmela ma per dirti che da sempre sono stato visto, da chi non mi conosce, come una persona con poco talento. Al punto tale che mi ci sono convinto anche io e per compensare mi sono sempre impegnato parecchio, almeno da quando ho capito il valore dell’impegno. Lo so è noioso sentir parlare qualcuno di se stesso ora amplio subito il discorso.
Raccontarti questa parte mi serviva per dirti che io “sono di parte”, non sentendomi con nessun talento specifico mi sono sempre visto come una persona però in grado di costruire abilità e competenze. Dato che il talento non era sotto il mio diretto controllo ho optato invece per l’impegno, tipico tra l’altro di chi si sente sottostimato da bambino (vedi complesso di inferiorità secondo Adler) ed è forse grazie a questa spinta che ho iniziato ad amare la crescita personale. Sì, perché è proprio in questo “pezzo di psicologia” che si gli autori hanno preso tutte le ricerche che andassero in una singola direzione: se ti impegni puoi raggiungere risultati se non ti impegni non li meriti.
Una cosa che può sfociare anche in una sorta di volere e potere, cioè chi pensa che solo con il credere forte forte si riesca a fare tutto, quella che oggi viene definita da qualcuno come “motivazione tossica”. Tuttavia sia su me stesso che sulle persone che in questi anni ho aiutato a raggiungere i propri obiettivi, chiunque riesca ad abbracciare un mindset dinamico sul tema dell’impegno nota dei risultati positivi nella propria vita. E ovviamente succede anche il contrario, chiunque inizi a pensare di essere determinato dalla natura, di non poterci fare niente per migliorarsi, cioè di avere un mindset statico, paga a caro prezzo questo atteggiamento nel lungo andare.
L’elefante nella stanza
L’elefante nella stanza nelle dicotomie “talento-impegno”, “mindset fisso o statico”, ecc. è sempre lo stesso: natura o cultura? Cioè le tue capacità sono settate dalla natura (dal tuo DNA) oppure si tratta di qualcosa che puoi plasmare a tuo piacimento? Anche qui siamo di fronte ad una sorta di dicotomia bianco o nero che in realtà non ci porta da nessuna parte, iniziare invece a vedere l’interazione biologia-ambiente-cultura come un sistema aiuta parecchio in tal senso. Non a caso oggi le persone serie parlano modello Biopsicosociale, che integra in sé gli aspetti biologici (la natura) le sue interazione con la mente (psico) e con la società.
Nessuno scienziato serio (e neanche nessun filosofo o pensatore) oggi si sentirebbe di schierarsi con uno o l’altro aspetto di tale dicotomia, ma quando c’è di mezzo il tema del talento siamo in molti a schierarci a volte, senza neanche saperlo. In questi giorni sto leggendo “Determinati” di Robert Saplosky, e prima o poi dovrò farci una mega reaction perché i temi sono proprio questi. Il talento ci affascina ma guarda caso funziona esattamente come tutti i bias che abbiamo scoperto negli ultimi decenni, infatti sembra proprio una bella scorciatoia mentale per risparmiare tempo ed energia.
Immagina di dover selezionare qualcuno per una missione molto pericolosa, la scelta di questo candidato potrebbe determinare vita o morte dei partecipanti all’impresa. Ed immagina di non conoscere le persone che hai davanti a te, di certo dovresti affidarti all’istinto, sapere che un tizio ha il talento del combattimento che tutti gli riconoscono sarebbe un buon indizio per selezionarlo. Anche se dovessi decidere tra lui ed un tizio fisicamente più grosso perché ha fatto anni di palestra, e se dovessi combattere probabilmente avresti ragione, quel ragionamento rapido ti aiuterebbe.
Ma immagina di dover scegliere tra Alberto (il tizio con il talento per la lotta) e Franco, un altro tizio che dice di fare sport da combattimento da 20 anni e di aver avuto un passato come semi professionista di MMA. Se non conosci il mondo degli sport da combattimento potresti farti fregare dall’idea che Alberto ha fatto “molte volte a botte”, ma se avessero la stessa età ti assicuro che Franco sarebbe la scelta migliore. Solo che chi non conosce il mondo del combattimento molto probabilmente, vedendo magari un’indole aggressiva di Alberto potrebbe scegliere proprio lui… facendosi fregare.
(Nota: Sì Franco se si allena e ha combattuto per anni è sicuramente più forte di Alberto, anche se quest’ultimo avesse fatto 200 risse nella propria vita. Franco è più allenato, preciso e preparato… Alberto non arriverebbe al secondo Round contro Franco, fai un giro su YouTube e cerca i fenomeni che sfidano i fighter professionisti per farti due risate).
La fallacia del talento
Se questa frase ti risuona è perché ne parliamo da anni (c’è anche un episodio omonimo) si tratta di un effetto psicologico molto potente: apprezzare maggiormente il talento rispetto all’impegno. Esatto, proprio quello che stiamo dicendo da un po’ e che penso sia bene continuare a ricordare, perché è la fonte di moltissime problematiche nel campo dell’educazione e delle gerarchie sociali. Non si tratta di una semplice idea, le cose stanno davvero così, tendiamo ad apprezzare maggiormente il bambino prodigio rispetto all’artista che ha studiato e sofferto per anni.
Come abbiamo già visto si tratta di un meccanismo naturale, ti serve per selezionare velocemente le persone, ci serve per credere che le cose si possano ottenere senza troppi sforzi (per lo meno che qualcuno ci sia riuscito) e ci fa pensare un po’ alla magia del caso. Un po’ come guardare la storia di un tizio che vince alla lotteria, ci fa sperare ed immaginare cosa avremmo fatto noi con tutti quei soldi, oppure guardarsi i programmi con le ville da sogno dei ricconi. Così come esistono i ricconi e i vincitori delle lotterie è molto probabile che esista anche il talento, inteso come vantaggio biologico di base, ma sapere che questo è in grado di alterare in peggio le nostre percezioni e i nostri comportamenti è ancora più importante!
Se uno volesse essere proprio equanime dovrebbe lodare anche il talento oltre all’impegno, sicuramente si ma la verità di come stanno le cose nella vita quotidiana è molto chiara: solo se ti impegni raggiungi risultati. Lo so non è bello, non è romantico ma è una affermazione auto-evidente, che tutti possono sperimentare sulla propria pelle. Lo sforzo profuso verso un obiettivo ha la capacità di rendere tutto migliore, soprattutto per chi lo compie, non è un caso che molti prodigi si annoino nel fare ciò che madre natura gli ha donato. Non è mancanza di riconoscenza e gratitudine verso il fato ma è perché senza impegno le cose non hanno sapore!
Questa è una lezione che viene dimenticata non appena si entra in contatto con il talento puro, una sorta di archetipo del mago, in grado di fare cose straordinarie e senza sforzo. Pensaci, chi è davvero più figo, un tizio che sta suonando un brano difficilissimo mentre è tutto teso e contrito o uno che lo fa distrattamente, senza dare peso a ciò che sta facendo? Questo effetto si ha anche per qualsiasi maestria, la quale affascina per ammirazione (e a volte anche per invidia) ed ispira le persone. La maestria è sempre senza sforzo evidente e questo ci fa pensare che esista una qualche magia dietro, quando la maggior parte delle volte (se non tutte) è frutto di anni di studio, addestramento ed esperienza.
Quindi in realtà siamo attratti dalla maestria e dalla sua apparente mancanza di sforzo. Questo vale per ogni ambito, pensa ad una persona al bar tutta impacciata mentre ordina da bere ed un’altra che sembra “di casa”, che chiama per nome il barista e gli sorride come se stesse facendo la cosa più naturale del mondo, quale dei due ti piace di più? Probabilmente la seconda, spigliata e leggera, questo ci attrae non solo perché la filmografia è zeppa di questi prototipi umani ma soprattutto perché ne siamo attratti. Di solito infatti, chi agisce senza sforzi è più bravo, più competente e cosa paradossale, si è sbattuto di più!
Il fenomeno
Non posso terminare questo post senza nominare Caleb Hayes per intero, questo bambino fenomenale che all’età di 9 anni suona come un batterista professionista. E posso assicurarti che è davvero così, ha delle abilità che non possono essere il frutto del caso, ed infatti non lo sono: Caleb non si è svegliato una mattina sapendo suonare la batteria, ma guarda caso ha il padre batterista. Il talento è innegabile ed è lo stesso padre che racconta nelle interviste di essere il primo a sorprendersi dell’abilità del figlio di “ascoltare un brano e riuscire a riprodurlo”, ovviamente non alla prima prova come nei film ma dopo averlo fatto diverse volte.
Ti ricordi quando eri bambino e ti innamoravi dei dinosauri, delle principesse e cose del genere? Personalmente conoscevo i nomi di tutti i dinosauri e di tante altre cose assurde, i bambini hanno la capacità di fissarsi con le cose e lavorarci sopra duramente a volte più degli adulti. Ti basta solo pensare a come abbiamo imparato a camminare, cadendo un’infinità di volte prima di riuscirci e dentro di me sospetto che questa sia la magia che fa nascere i prodigi. L’unione di un sicuro talento, probabilmente genetico ereditato dal padre musicista (esistono variazioni epigenetiche ereditabili create dall’ambiente, in questo caso dall’amore per la batteria del papà) dell’amore per lo strumento di Caleb e sicuramente di ore di “gioco deliberato” hanno fatto la magia.
Come ti dicevo l’unico piccolo talento che sento in me è proprio quello musicale, anche io come Caleb ho un padre musicista, anche io sono nato in mezzo alla musica. Credo di aver sempre avuto un forte senso del ritmo e di aver giocato da sempre con ogni strumento che mi è capitato sotto mano. Sì anche nel mio caso “genetica”, mia madre cantava e ballava molto bene, senza aver studiato nulla di tutto ciò, anche mio padre è un auto didatta. Tuttavia credo, facendo un esperimento mentale molto facile, se prendessi un Gennaro bambino e lo mettessi in una famiglia di “non musicisti” otterrei lo stesso risultato?
Ehi intendiamoci, non sono mica un super musicista professionista, ma suono da 30 anni e me la cavicchio abbastanza bene. Il risultato più bello per me è la passione, tutt’oggi suono quotidianamente, è il mio hobbie, la mia passione, la mia ancora da sempre. Ma tutto questo sarebbe accaduto lo stesso se fossi stato adottato da un’altra famiglia con gli stessi geni? Non credo affatto! Avere attorno le chitarre, mamma e papà che cantano e suonano con gli amici, una casa piena di musica, non penso che abbia contato poco. Guarda caso cosa ama il padre di Caleb? La musica metal, cosa suona da paura il fenomeno? Il Metal!
E con questa puntata abbiamo dato “un colpo al cerchio ed uno alla botte”, uno al talento e l’altro all’impegno. Ogni volta che parlo di questi temi c’è sempre chi alza la mano e mi indica un Caleb di turno, purtroppo sull’aspetto genetico non possiamo farci niente e anche su molto altro. Ma su cosa scegliere di leggere, ascoltare, vedere, frequentare, studiare, approfondire, su questo abbiamo moltissimo potere… alla faccia di Sapolsky, se sei arrivato fino a qui non è per la mia scrittura (che fa un po’ schifo) ma è perché ti piace questo tema e hai scelto di proseguire.
Così puoi scegliere di impegnarti se ti sta a cuore qualcosa, non conta dove arriverai il premio stesso sta nell’impegno. Il premio sta nell’amore il processo non la meta… lo sappiamo da sempre ma lo dimentichiamo fin troppo spesso.
A presto
Genna