Noi esseri umani siamo “animali sociali” evoluti grazie alle relazioni che abbiamo costruito. Lo diciamo da un sacco di tempo perché è ormai una verità incontrovertibile: l’evoluzione è relazione!

In tale relazione costruiamo la nostra identità, quello che alcuni miei colleghi hanno battezzato “il nostro Sè”. Tuttavia pochi si rendono conto di quanto le relazioni abbiano contribuito a tale costruzione e soprattutto perché tendiamo spesso a ripetere determinati comportamenti.

Nel campo della psicologia sono state date molte spiegazioni, alcune meravigliosamente complesse, oggi voglio mostrartene una semplice: la teoria della verifica del Sé”…buon ascolto:

Verificare le nostre ipotesi

Il nostro agire e conoscere il mondo è molto simile a quello di uno scienziato che raccoglie dati di esperienza, li raccoglie in categorie e formula delle ipotesi che poi tenta di mettere sul banco di prova della vita.

Ed esattamente come gli “scienziati” tendiamo ad innamorarci delle nostre ipotesi ma soprattutto delle teorie che in un qualche modo ci hanno dimostrato essere valide in un certo momento della nostra ricerca.

Per questo la scienza è un campo controverso, perché c’è chi dice che tutti gli scienziati non facciano altro che verificare ciò che loro stessi pensano e non la verità intima della realtà. Questa è una diatriba antica che sussiste ancora oggi.

Per questo è necessario seguire un metodo, nel caso della scienza il “metodo scientifico” che sfida proprio alcuni dei meccanismi tipici del nostro pensiero, come ad esempio quello di affezionarci ai nostri punti di vista e di piegare il mondo alle teorie e non il contrario.

Se il mondo non è spiegato dalla teoria allora tanto peggio per il mondo ha detto qualcuno, ebbene la puntata di oggi parte da questo punto di vista che tutti in un qualche modo abbiamo incontrato ma che facciamo fatica a riconoscere nelle nostre vite individuali.

La profezia che si auto-avvera

Ah se avessi 1 centesimo per ogni volta che ho scritto questo effetto psicologico su Psinel sarei ricchissimo, si perché questa modalità di osservare ed interpretare la realtà spiega moltissime cose e anche la puntata di oggi.

Le nostre aspettative plasmano il nostro agire e con esso il nostro conoscere il mondo, cioè come ci formiamo in mente gli eventi che ci capitano attorno. Per tanto se uno si aspetta che il mondo sia un posto “brutto e cattivo” tenderà ad osservare solo le cose che confermano la sua ipotesi e viceversa.

Fino a quando abbiamo a che fare con convinzioni e credenze visibili la cosa è molto semplice da spiegare ma quando ci va di mezzo una costruzione molto più ampia e opaca, come quella della nostra identità, allora le cose iniziano a diventare più sfumate e farraginose.

Perché in realtà le convinzioni che costruiamo non arrivano “dal vuoto” ma da altre convinzioni di base: se penso di essere una persona “coraggiosa” allora tenderò a costruire convinzioni di un certo tipo quando è necessario avere “del coraggio”.

E tenderò di fare in modo che ogni situazione che mette in discussione questa mia convinzione “identitaria” venga scartata, decostruita e a volte completamente rifiutata dal mio cervello. Perché? Perché mette in difficoltà la convinzione più grande che possiedo, quella legata alla mia identità.

L’identità come costrutto

Sembra strano dire che l’identità è come “una convinzione” ma evita di fraintendermi non è esattamente così, però i meccanismi psicologici della costruzione di tale identità sono simili a quelli che ci consentono di costruire ogni altra convinzione.

Abbiamo visto più volte che la nostra identità è legata a doppia mandata con la nostra memoria e in particolare con quel magazzino di dati che chiamiamo “memoria auto-biografica”, se ti chiedo “chi sei?” non potrai fare altro che rispondermi con una serie di “dati anagrafici”.

Se hai studiato psicologia o sociologia in un qualsiasi contesto (alle superiori, in un esame universitario ecc.) di certo avrai incontrato diverse teorie che vedono la nostra identità legata alla socialità, cioè costruiamo il nostro “sè” a partire dal confronto con gli altri.

Questo non accade solo nei primi anni di vita, di certo in quel periodo gli apprendimenti sono rapidi e duraturi ma non è l’unico momento nel quale costruiamo la nostra identità. Essa è come ogni altro fenomeno umano: in continuo cambiamento.

Inconsapevolezza identitaria

Allora perché non ce ne rendiamo conto? Primo perché abbiamo un nucleo identitario che deriva dalla nostra parte genetica, cioè ciò che abbiamo ereditato dai nostri parenti, secondo perché alcune esperienze primordiali plasmano alcune parti del cervello per sempre e…

…terzo (ma non meno importante) tendiamo a voler mantenere una certa idea di noi stessi, una certa coerenza con ciò che pensiamo di essere. Ed è questo l’aspetto su cui abbiamo lavorato nella puntata di oggi. Aspetto che posso assicurarti non è meno importante dei precedenti.

Anche perché è l’unico aspetto su cui possiamo realmente lavorare, dal quale poter trarre dei miglioramenti personali. Non possiamo ancora modificare il nostro DNA (forse per fortuna) e non possiamo tornare indietro nel tempo e rivivere la nostra infanzia.

Ora sarebbe facile immaginare che tali parti che tendiamo a mantenere, alcune idee su di noi ecc. siano tutte “positive”, tendere a credere qualcosa di noi stessi ma di positivo per evitare di sentirci “sbagliati”, diversi, ecc. In realtà le cose non vanno così.

Secondo la teoria della “Verifica del Sé” di William Swann tendiamo non solo a cercare di confermare a noi stessi ciò che pensiamo di noi stessi, ma tale meccanismo funziona sia nel bene che nel male. Mentre nel primo caso è facile da immaginare il secondo lo è molto molto meno.

Verificare le tue parti “sbagliate”

Mentre è facile pensare che “tizio” si comporti come se fosse un campione di calcio ma in realtà è una “sega” non è facile pensare il contrario. Cioè che una persona abbia una cattiva considerazione di se e per tanto tenda a fare mettere in atto taluni comportamenti per confermarlo.

In realtà non è così difficile, ti piaceva la matematica a scuola? Prendo in esame questa materia perché è molto divisiva, probabilmente come me hai conosciuto persone molto portate per tale materia e persone molto meno portate (come me).

Che cosa fai se pensi di non essere portato in una qualche disciplina? Ti impegni di più o di meno? Lo so cari psinellini che voi conoscete già la risposta ma la verità è che tendiamo a mettere meno impegno quando notiamo di non riuscire in una qualche situazione.

Questo è ciò che accade a chi pensa di essere scarso in matematica, invece di impegnarsi maggiormente sino a comprendere magari qualcosa lascia perdere dicendo: “tanto è inutile che insista, io sono negato”. Ancora una volta siamo davanti alla famosa profezia che si auto-avvera.

Tutto questo può accadere tranquillamente al di fuori della tua consapevolezza, in altre parole potresti non essere assolutamente consapevole del fatto che “non sentirti bravo in matematica” ti conduce ad impegnarti molto meno rispetto alla media.

Capire e analizzare non sempre è utile

Ora a molti sarà venuto in mente che la soluzione a tale tendenza umana sia fare una sorta di analisi personale che conduca fin nei meandri più antichi della nostra infanzia. Ricostruendo la nostra storia personale attraverso una lunghissima terapia: non è una cosa così assurda!

Tuttavia sono qui a dirti che purtroppo, per quanto scaverai in profondità non è detto che ciò possa farti uscire completamente da tali tendenze perché sono estremamente stratificate. E’ come cercare di capire perché si formano gli uragani.

A nessuno piacciono gli uragani, tutti vorremmo prevederli e cercare di rifugiarci da essi, e quando capitano le persone cercano “una causa” perché in tal modo possono prevedere e prevenire le devastazioni da causate da tali devastanti fenomeni atmosferici.

Ma in realtà la causa dell’uragano non è una sola ma sono molte, tante piccole con-cause che hanno contribuito alla sua formazione. Allo stesso modo cercare di verificare “cosa pensi di te stesso” non è qualcosa che hai formato in un certo momento della tua vita.

E’ praticamente impossibile scoprire tutte le con-cause che hanno creato il modo in cui ti vedi, certo puoi lavorare tantissimo su te stesso, migliorarti di moltissimo ma è poco probabile che riuscirai a trovare quel “filo magico” che una volta scovato basta “tirarlo” per sciogliere ogni nodo.

E’ tutto perduto?

Mi vedo già la faccia di chi leggendo sino a questo punto si starà chiedendo che senso abbia parlare di qualcosa se poi non ci possiamo lavorare sopra. La verità è che possiamo lavorarci moltissimo ma credere che prima o poi si scoprirà la “vera causa delle cause” è un errore epistemologico.

Ripeto: è come cercare di capire perché si è creato un uragano, possiamo fare un sacco di ipotesi, possiamo trovare un sacco di cause ma non troveremo mai quella “causa efficiente” in grado di spiegare tutte le dinamiche in modo deterministico.

Questa non è una cattiva notizia! Si hai capito bene, è solo l’ennesima riprova del fatto che non possiamo controllare tutto e che c’è una parte di noi che si occupa egregiamente di noi stessi. Al punto tale che tale verifica del Sè di cui ci stiamo occupando è un suo modo per esprimersi.

Non esiste una soluzione unica ma quella proposta nella puntata, che è essenzialmente basta sulla consapevolezza è la migliore. Tornando alla nostra “analogia atmosferica” i metereologi possono sicuramente fare delle previsioni ma non saranno mai certe al 100%.

Questa imprevedibilità non dovrebbe farci pensare in modo fatalistico: “se accade accade” ma dovrebbe comunque spingerci a continuare a trovare un modo per prevedere e allo stesso tempo prevenire. Chi vive nei luoghi ad alto rischio di uragano si prepara, fortifica le case, attiva sensori ecc.

Confini e limiti

Immagina di aver appena ereditato un “terreno” su un pianeta sconosciuto, vai a vivere in quel luogo fatato e ti ci trovi molto bene al punto tale che non hai neanche il bisogno di chiederti quanto grande sia la tua nuova propietà.

Un giorno scopri che hai un vicino di casa impertinente che si lamenta perché il tuo campo di pomodori sconfina con il suo. A quel punto dovrai metterti lì e segnare il tuo confine, capire sino a che punto potrai continuare a coltivare ecc.

In altre parole dovrai capire dove sono i tuoi “confini” e fino a dove si estendono. Non è un modo “negativo” per pensare al tuo terreno anzi, è un modo saggio per capire fin dove si estende. Nel campo della crescita personale ci siamo bevuti tutti la storiella del “non pensare alle cose brutte”.

Che è l’equivalente del dire: “evita di cercare di capire sino a dove si estende il tuo terreno”. Certo se uno pensa solo in negativo la cosa non è sana ma non lo è altrettanto se finge che tutto vada bene, se fa finta di non avere limiti e confini perché qualcuno gli ha detto “fai come se”.

La vera crescita personale comprende anche l’auto consapevolezza altrimenti non è miglioramento ma è “ignoranza”, è cercare di non conoscere per paura che tale conoscenza possa danneggiarti ed invece sono qui a dirti che se vuoi migliorare DEVI conoscere.

Conclusioni inconcludenti

Quindi non possiamo fare niente per la nostra tendenza a verificare ciò che pensiamo di noi stessi? No, possiamo fare tantissimo ma solo se siamo disposti a diventare consapevoli di come tendiamo a ripetere determinati copioni della nostra esistenza.

Diventare consapevoli non è sempre piacevole e conduce le persone a scappare via da ciò che scoprono, che è come fare finta che non gli uragani non esistano e fuggire solo quando la casa sta crollando. Possiamo invece fare tantissimo se siamo disposti ad accogliere e riconoscere quelle parti.

Se siamo disposti a riconoscere che abbiamo dei confini e che solo riconoscendoli potremmo valicarli ed eventualmente espanderli. Fare finta di essere superman perché abbiamo letto che questo ci fa sentire come tali è come fare finta che la nostra casa possa resistere a qualsiasi uragano solo perché “ci crediamo”.

La verità è che tu sei un potentissimo uragano che ha una forza incredibile, risorse pazzesche ed energie potenti e sconosciute, ma puoi metterle in pratica solo se accetti il fatto che non potrai mai fotografare con assoluta precisione il tuo “uragano” e le sue con-cause.

Allarghiamo il nostro Sè partendo dalla consapevolezza… e come sempre continueremo questo affascinante discorso nel Qde di oggi.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.