
Praticare la meditazione è meraviglioso ma anche impegnativo! Per questo da sempre esistono metodi informali per avvicinarsi e per espandere la sua portata. In questi anni ne abbiamo sperimentati tantissimi ma ne esiste uno che sta alla base di tutti gli altri. Il semplice “notare qualcosa in modo intenzionale”. Purtroppo la sua apparente semplicità lo fa sembrare di poco conto quando in realtà è il fondamento di tutto… oggi vediamo come e perché praticarlo.
La consapevolezza
Notare o come dicono gli americani “il noticing” è la base per ogni esercizio di consapevolezza, che sia svolto in modo intenzionale o meno. Cioè se decidi intenzionalmente di notare qualcosa durante una determinata attività (es. Notare il colore blu quando vai a fare una passeggiata) e quando di colpo, non intenzionalmente, vedi il blu e ti ricordi della tua intenzione. Accorgermi di qualcosa è la chiave per iniziare a fare qualcosa di diverso, qualcuno direbbe che accorgerti è il primo passo per decidere in modo consapevole.
E’ banale ma immagina di avere un’auto con la spia rotta del carburante, cosa accadrebbe? Che ogni volta dovresti aspettare di terminare la benzina per capire se è il caso di andare a fare rifornimento. Sembra assurdo ma molte persone vogliono migliorare, stare bene, crescere se stessi, senza passare dalla consapevolezza. Potrei stare qui ore a mostrarti cosa intendo e come questa tendenza sia endemica nella nostra società del mordi e fuggi, del tutto e subito ecc. Ma la verità è molto semplice, senza una adeguata consapevolezza si faranno sempre le cose con gli occhi chiusi… sperando che il carburante non finisca!
Certo è che portare consapevolezza su tutto è un casino altrettanto. Serve la giusta consapevolezza, il giusto grado che non deve trasformarsi in controllo e monitoraggio continuo ma semplicemente nella capacità sana di riconoscere senza reagire ma agendo. Cioè una persona può diventare molto consapevole ad esempio di una propria tendenza interiore, anzi può essere anche uno dei motivi che accrescono la sua sofferenza. “Dottore sono molto impulsivo e rispondo male spesso alla gente, vorrei controllarmi ma non ci riesco”… questa è la tipica domanda nello studio del professionista.
Ed è per questo che l’esercizio del notare funziona molto bene quando lo usiamo su piccole cose, che accadono nel presente (dentro o fuori di noi) e se lo facciamo con la consapevolezza di avere delle reazioni a quegli stimoli. In realtà la vera consapevolezza, quella che si esercita attraverso la pratica meditativa ha poco a che fare con il controllo ma ha più a che fare con lo spazio. Non è un controllare costantemente ciò che proviamo ma è un concederci di notare qualsiasi cosa possa emergere dentro o fuori di noi… la vera consapevolezza non restringe ma fa spazio!
Notare senza reagire… è questione di equilibrio
Cosa intendo per notare senza reagire? E’ ovvio che quando notiamo qualcosa immediatamente dopo emergano delle associazioni interne ed esterne. Se noto ad esempio di avere sete subito dopo inizierò a pensare a come procurarmi da bere. Oppure se noto che mi sto arrabbiando potrei cercare di calmarmi oppure mi arrabbio ancora di più perché ho appena notato che sono arrabbiato. Insomma un vero casino. Perché facciamo così? Perché i nostri tempi di reazione sono molto più rapidi di quanto ci piaccia pensare, soprattutto quando sono rivolti a difenderci.
Che tale difesa sia reale, come scappare da una bestia inferocita, oppure che siano puramente immaginati, come ricordare un litigio con il proprio capo, in entrambi i casi la reazione potrà essere o di attacco o di ritirata. O ci arrabbiamo di più immaginando cosa diremmo al nostro capo la prossima volta, perdendoci in un film dove gliene diciamo quattro magari lamentandoci con le persone accanto a noi. Oppure facciamo il contrario, il solo pensiero di una eventuale conseguenza ci atterrisce, ci blocca e ci fa rivolgere l’attacco verso di noi (“Vedi sei sempre il solito che fa così e cosà” ecc.).
Il notare, così come lo stiamo intendendo come esercizio intenzionale è diverso da questo tipo di descrizione qui sopra. E’ più la capacità di osservare cosa accade più che darle corso, è un’osservazione leggermente distaccata o meglio è proprio l’atto di notare che ci defonde dal nostro contenuto mentale. Il problema è che non basta farlo una volta e non basta farlo senza conoscere alcuni principi della pratica meditativa molto importanti, tra i quali il nostro “gioco delle sensazioni” o per i più tradizionalisti, l’equanimità.
E’ esattamente questo l’approccio migliore per trasformare il semplice atto di notare in una pratica in grado di renderci davvero più consapevoli. Come abbiamo visto nei nostri episodi dedicati a questo tema (clicca qui link per vederli) si tratta della capacità di non attaccarci a ciò che ci piace e a non scappare da ciò che non ci piace. Gli orientali dicono che la consapevolezza assomiglia a tenere tra le mani un uccellino: se lo stringi troppo poco vola via, se lo stringi troppo lo soffochi. Devi trovare la giusta via di mezzo di stringerlo, cioè il giusto equilibrio tra attaccamento e fuga e tra l’aspettativa di ciò che stai facendo e la realtà che hai di fronte.
Essere presenti significa osservare ciò che c’è e non ciò che vorremmo ci fosse. Questa è un’altra piccola distinzione cruciale che ci aiuta a comprendere la differenza tra il crearci un’aspettativa e osservare le cose come stanno. Certo che per notare devi creare una piccola aspettativa di ciò che osserverai ma deve essere solo una guida intenzionale, una sorta di promemoria, esattamente coma un percorso di meditazione. Nel quale sai quale parte del corpo osservare, sai che dovrai passare da un punto all’altro ma non cerchi né di anticipare e né di osservare ciò che non è presente perché te lo aspettavi.
Scusa non faccio prima a meditare?
Ovviamente sì, la pratica della meditazione è il modo più potente ed efficace per riuscire a migliorare la nostra consapevolezza! La meditazione è davvero una meraviglia per me, tuttavia so che molte persone fanno fatica a portarla nella propria vita, spero che questo atto semplice di notare possa portare le persone poi a provare la pratica della meditazione. Ma è spero sia chiaro che la pratica formale rimane (almeno per me) il veicolo più efficiente ed efficace per migliorare noi stessi, il problema sorge quando a causa del fatto di non aver mai sperimentato una pratica del genere non si riesce neanche a “notare bene”.
Lascia che mi spieghi meglio: tutti sappiamo notare qualche cosa che accade là fuori, come la presenza o meno di un colore ma non tutti siamo altrettanto capaci di farlo con la nostra interiorità, come notare la presenza o meno di distrazioni. Questo crea un problema, perché i nostri pensieri sono effettivamente ciò che ci distrae maggiormente dall’essere presenti, anche quando stiamo osservando qualcosa che si trova fuori di noi. Se hai letto “Facci Caso” o mi segui da diverso tempo ricorderai tutti gli studi su questa tematica davvero affascinante.
Questo strato di associazioni mentali ci impedisce di notare pienamente ciò che capita, per questo a volte diventa più semplice provare a notare le cose stando seduti in una stanza piuttosto che farlo camminando in un bosco. Perché più stimoli sono presenti e più associazioni mentali partono, tale scorrere mentale rende il notare le cose presenti più complicato. In caso quindi ti piacciano questi esercizi di “noticing”, in caso tu iniziassi a notare benefici concreti nella tua vita dopo una semplice passeggiata trascorsa a notare i colori, allora forse dovresti provare anche la pratica meditativa assisa (da seduti).
Una delle cose più rilevanti che abbia fatto nella mia vita è stata iniziare a meditare. Questa non è frase fatta ma è qualcosa che tocco con mano ogni giorno, la meditazione mi sorprende per davvero: se mi segui ti ricorderai di quando ho raccontato di aver praticato subito dopo il lutto di mia madre, di come mi sia venuto spontaneo fare la mia pratica quotidiana e di quanto mi abbia aiutato. Ma capita anche in cose davvero molto più semplici: qualche giorno fa sono andato a Roma ad insegnare, se sei un giovane psicologo sappi che insegno in una Scuola di Psicoterapia davvero bella, la ICNOS di Roma.
Ho il brutto vizio di partire molto presto, così mi sono svegliato alle 4 e stavo malissimo! Hai presente quando ti svegli e pensi che la cosa più intelligente che tu possa fare è tornare a letto e disdire ogni appuntamento? Ecco quella sensazione! Mi alzo comunque, faccio un po’ di allungamento e vado a sedermi nella mia postazione per la pratica pensando: “vediamo come va… in caso chiamo e vediamo cosa posso fare”. Mi siedo ed inizio a meditare… apro gli occhi dopo circa 40 minuti, fresco e sveglio come una rosa.
Benefici inaspettati
Lo so che quando si leggono certe storie si fa fatica a crederci ma non è la prima volta che mi capita. La cosa più interessante è che il suo effetto è sempre sorprendente, dato che in effetti non si cerca di stare meglio durante la pratica. Cioè mentre mediti non è che stai lì a pensare “adesso starò meglio, aprirò gli occhi fresco e riposato”, no quella è auto-ipnosi, invece qui si osserva semplicemente ciò che accade qui e ora. Se la testa fa male fa male, non si immagina che sia più leggera e fresca, semplicemente si osserva ciò che c’è e non ciò che vorremmo ci fosse! (lo so è noioso leggerlo molte volte ma è fondamentale!).
Mentre nella maggior parte delle tecniche classiche l’aspettativa è centrale, cioè più credi che quella cosa sia possibile e meglio è, nel caso della pratica meditativa questo non è (quasi) necessario. Cioè non devi crederci forte forte ma devi solo farlo con il giusto metodo, il quale chiaramente è avvantaggiato da una convinzione intensa ma la quale, non produce da sola tali effetti anzi. Anzi, perché spesso più vogliamo raggiungere qualcosa è meno siamo nel presente, vanificando così i nostri sforzi nel tentativo di arrivare chissà dove.
Invece, proprio secondo le molte tradizioni, meditando ti accorgi che “dovunque tu voglia andare ci sei già” e non si tratta solo di una bella frase ma di esattamente ciò che si sperimenta meditando. Ed è per questo che se resti nel presente per davvero, osservando come ti senti in quel momento, cercando solo di restare lì senza fare nient’altro, accadono piccoli miracoli. Per qualcuno si tratta di processi spiegabili attraverso varie condizioni: rilassamento generale, esposizione interna, auto-regolazione emotiva ecc.
Tutte ipotesi interessanti, a ma piace pensare che tutte le cose che funzionano davvero non hanno bisogno di forti credenze. Che tu ci creda o meno se da oggi inizi a correre con una certa regolarità (e non sei una persona che si muove molto) tra pochi mesi il tuo corpo cambierà e migliorerà. Non importa ciò che tu possa credere sulla corsa, il tuo corpo, se lo farai correttamente ti ringrazierà tra qualche tempo.
Se noti tutte queste cose sono molto semplici all’apparenza, tutte cose che sappiamo e come, quasi sicuramente sai se sei arrivato sino a qui, sono le cose più importanti. Magari approfondiamo in un altro episodio… intanto guarda il video.
A presto
Genna