La pazienza è davvero la virtù dei forti? Questa sembra una domanda retorica ma non la è, nella puntata 387 del podcast torniamo a parlare di pazienza e cerchiamo di farlo da diversi punti di vista, perché essere pazienti significa un sacco di cose.

Personalmente non mi considero una persona paziente, avendo a che fare con esperti di meditazione che passano mesi in ritiro, credo di non essere un buon esempio, ed è proprio per questo che ne sono diventato “esperto” e oggi condivido con te ciò che ho appreso.

Solo la metà

Qualche giorno fa ho fatto una storia di Instagram nella quale ho chiesto se ti senti “paziente o impaziente”, ebbene poco più della metà ha risposto di essere una persona “paziente”. E’ un dato che non mi sorprende per due motivi: il primo è che la distribuzione dei miei follower segue abbastanza bene la distribuzione della popolazione.

Cosa significa? Significa che se prendo le mie statistiche generali dell’account (poco più di 37mila follower) sono del tutto sovrapponibili a quelle di chi usa i social in Italia. In altre parole ho un bel campione semi-rappresentativo della nostro Bel Paese.

Come secondo motivo non sono sorpreso perché spesso, noi non siamo dei bravi giudici di noi stessi nel decretare la nostra pazienza. Senza contare il fatto che spesso le persone confondo “pazienza e tolleranza”, le due cose sono affini ma ciò che intendiamo qui è qualcosa di leggermente diverso.

Essere pazienti significa saper gestire intenzionalmente lo spazio tra stimolo e risposta, il che significa che non rispondiamo subito perché non ci va di farlo subito e non perché siamo in un qualche modo inibiti alla risposta. A questo, da psicologo, dobbiamo aggiungere il fattore “desiderabilità sociale”.

Tempo fa abbiamo dedicato una puntata alla “desiderabilità sociale” in altre parole la gente tende a rispondere in modo da dare una buona impressione di se stessa più che cercare di dire “come realmente si senta”. Non è un atto di sfiducia verso chi partecipa ai questionari, è un dato di fatto che accada così, per tanto bisogna tenerne conto.

La pazienza come sofferenza

Non stupisce che le persone attribuiscano aspetti negativi alla pazienza, visto che per noi significa letteralmente: sofferenza, sopportazione, pathos. “Devi essere paziente” per noi significa letteralmente: “devi essere capace di tollerare la sofferenza dell’attesa” o qualcosa del genere, nulla di edificante.

E’ una distinzione molto simile a quelle che facciamo tra “sopportazione e accettazione”, sopportare non significa accettare le cose che ci accadono. E accettare le cose non significa sopportarle, e di conseguenza arrendersi ad essere, ma significa diventare consapevoli di ciò che accade e, attraverso tale consapevolezza valutare il da farsi.

Così come nel nostro parlare “sopportare e accettare” sono la stessa cosa, una cosa che non ci piace perché implica la resa e la sconfitta, lo stesso capita per la pazienza. Essere pazienti in un mondo sempre più veloce e performante è come dire ad un pilota di Formula 1 che la cosa più importante che deve fare è terminare la gara e non cercare di vincerla.

Non è né motivante e né edificante pensarla in questo modo: allora perché si dice che “la pazienza è la virtù dei forti”? I motivi sono molti ma credo che i principali siano legati a come è costruito il nostro mondo, il quale ci porta sempre a fare progetti a talmente “lungo termine” che noi non ne saremo i beneficiari.

Per far sopravvivere la tua specie non devi pensare alla tua sopravvivenza, ma a quella di chi ti sta accanto ed è più giovane, normalmente sono i figli per i quali sacrifichiamo tutto, ma non solo. Oggi sempre più persone ci invitano a fare scelte ecologiche (giustamente) per salvare il pianeta, di certo non è per noi è per i posteri.

Godiamoci tutto e subito

La consapevolezza di non poterci godere tutto e subito, come siamo stati abituati da bambini o come ci abituano le pubblicità che ci vendono grandi speranze, non è affatto piacevole. Il nostro cervello ci dice: “ehi tu quelle risorse devi averle subito altrimenti rischierai qualcosa”, siamo biologicamente programmati per evitare la scarsità di qualsiasi cosa.

Quindi essere impazienti non significa solo, in certi casi, restare bambini incapaci di dilazionare il piacere, ma significa anche renderci conto che tutti possiamo diventare vittime di spinte biologiche, come quelle legate alla “scarsità”. Insomma se esiste l’impazienza un motivo ci sarà ed evolutivamente sembra assolvere proprio a questo tema.

Senza contare che in determinati casi essere impulsivi può essere un bene, come quando dobbiamo reagire velocemente ad un pericolo imminente o cogliere una certa occasione di passaggio. Insomma il tema della pazienza è molto più arzigogolato di quanto si possa immaginare, e non abbiamo ancora parlato di procrastinazione.

Nella puntata di ho parlato ancora una volta di uno degli studi di psicologia più incredibili di tutti i tempi, il famoso “test dei marshmellow” (se mi ricordo te lo metto qui sotto) che era arrivato a decretare che i bambini in grado di dilazionare il piacere avessero poi avuto una vita piena di successi.

Sicuramente chi è maggiormente in grado di dilazionare il piacere è anche più bravo a pianificare, evitare di sprecare risorse ed impegnarsi di più in assenza di rinforzi, perché sostanzialmente ha imparato ad auto motivarsi e auto rinforzarsi. Insomma la persona motivata ed eccellente per antonomasia.

Nel nostro tempo?

Alcune persone sono convinte che la tecnologia ci stia rendendo sempre meno pazienti ed in parte hanno ragione. Un tempo se inviavo una email non mi aspettavo di certo di ricevere una risposta immediata, un po’ perché ero abituato al mondo cartaceo (io sono un ibrido strano essendo del 1978 e da sempre appassionato di tecnologia) ed un po’ perché la gente si prendeva i propri spazi per farlo.

Oggi se non rispondo ad una email entro 24 ore ci sono persone che mi scrivono che “sono un maleducato”, per non parlare dei messaggi sui social dove la gente pensa che si debba rispondere in tempo reale. Ecco alla luce di tutti questi fattori, di un mondo carico di “super stimoli” che fagocitano le nostre risorse attentive, come se la caverebbero oggi dei bambini sottoposti a quello stesso test?

Ebbene qualche anno fa è stato fatto e devi sapere che i bambini moderni resistono tanto quelli del 54 se non di più! Quindi al contrario di quanto ci si potesse aspettare invece di diventare sempre meno pazienti abbiamo la stessa pazienza se non un “pizzico in più”.

Insomma come hai visto questa storia della pazienza è molto complessa e non si può spiegare bene dicendo cose banali del tipo: “hai miei tempi eravamo più pazienti perché avevamo meno stimoli” si è vero ma gli studi non sembrano confermarlo così apertamente.

Ti piace come tema? Ci sono ancora un sacco di cose che devo raccontarti per aumentare la nostra consapevolezza… con un pizzico di pazienza ci vediamo sul nostro QDE per proseguire la chiacchierata.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.