“E’ nel momento della decisione che si forgia il tuo destino” Tony Robbins
In questa frase di Robbins sono racchiusi millenni di saggezza e qualche decina di anni di applicazioni della attuale crescita personale. Il “grande Tony” non è ovviamente stato il primo a dirlo ma l’ha comunque resa famosa.
La somma delle decisioni che prendiamo nella nostra esistenza la modellano. In questo momento hai deciso di leggere queste parole e ascoltare il podcast, anche questo ti cambia.
Se ogni giorno decisi di nutrire la tua mente come stai facendo, sicuramente tra un po’ di tempo ti ritroverai “altrove”… in senso positivo.
La nave
Una delle immagini che mi colpì maggiormente quando nel 2000 partecipai al mio primo corso dal vivo di crescita personale fu proprio quella della nave tratta dal lavoro di Robbins.
Il nostro destino è come una nave, questa ha una certa direzione. Ogni volta che prendi una decisione la direzione cambia sensibilmente, ma come sappiamo bastano pochi gradi di differenza per ritrovarsi da tutt’altra parte.
Se una nave modifica la sua rotta di qualche grado, nel giro di poche ore non cambierà di molto la propria traiettoria. Ma se aspettiamo qualche tempo, giorni e anni, quelle minuscole virate avranno effetti macroscopici.
Solitamente siamo portati a pensare alle decisioni come “quelle cose importanti” ma la verità è che ogni istante siamo chiamati a prendere decisioni, anche molto molto piccole.
Ad esempio, se stai leggendo queste parole significa che hai DECISO più o meno volontariamente di capire meglio questo argomento. E’ una piccola decisione che però può portare grandi risultati.
Piccole decisioni
Oggi vado in palestra oppure no? Oggi medito oppure no? Decido di leggere un post come questo oppure no? Sono piccole decisioni che però nel lungo andare possono realmente modificarti.
Si, anche leggere questo blog e ascoltare il podcast può davvero influenzarti positivamente, nel lungo andare. In una società dove tutti sono alla ricerca della “pillola magica” pochi si accorgono del potere delle “piccole decisioni”.
Sono proprio quest’insieme di scelte che disegnano “la traiettoria della tua nave”. Questo non significa che si debba ansiosamente essere sempre accorti in ogni decisione ma che si possa, in un qualche modo modificarle.
E nello scegliere quali decisioni prendere (nota che si tratta di una decisione di decisioni) costruiamo realmente il nostro destino. Ripeto, non è necessario passare al vaglio ogni decisione però un pochino si!
Una delle chiavi per poter prendere buone decisioni indovina qual’è? E’ la nostra cara ed intramontabile consapevolezza. Per capire che tipo di decisioni stai prendendo è necessario fare “mente locale”.
La consapevolezza decisionale
Sapere di “decidere” è il primo passo per riuscire a gestire il processo decisionale, banale vero? Ma non così tanto come può apparire, perché per la maggior parte delle volte non ne siamo affatto consapevoli.
Magari stai leggendo queste parole perché non sapevi cos’altro fare e ti sei infilato in questo “tunnel psicologico”, oppure magari perché sei abituato e mi leggi tutte le settimane.
In entrambi i casi non è una vera e propria “consapevolezza decisionale”, la quale potrebbe anche non essere così importante se sappiamo che ciò che stiamo facendo è in linea con i nostri interessi e valori.
Ma per la maggior parte del tempo non sappiamo davvero perché “facciamo ciò che facciamo” e la consapevolezza torna ancora una volta ad essere estremamente preziosa.
Come ti raccontavo in puntata una tecnica molto semplice è quella di metterti li tutte le sere, con carta e penna, e scrivere tutte le piccole o grandi decisioni che hai preso volontariamente.
Decidere di decidere
Nella “crescita personale classica” (CPC) s’insegna da anni a “decidere di decidere”. Lo so può sembrare bizzarro ma anche questo semplice consiglio può essere utile, proprio perché una volta automatizzata, la decisione, va per i fatti propri.
Noi funzioniamo davvero come “le navi”, andiamo avanti per inerzia senza rendercene conto e ci crogioliamo nelle nostre “zone di comfort”. Il motivo è sempre lo stesso ed intramontabile di cui parliamo da anni:
Il nostro cervello cerca di “risparmiare energia” e per farlo si affida alle abitudini già consolidate, se non lo facesse dovrebbe sprecare una valanga di energie per ogni piccola decisione.
Il consiglio di “decidere di decidere” va quindi contro questo principio di automazione mentale ma è anche un ottimo modo per iniettare consapevolezza nel processo decisionale.
Per quanto mi riguarda non si tratta di una sorta di “atto di volontà” ma di una acquisizione di consapevolezza di quando “siamo chiamati a decidere”. E dato che lo siamo praticamente decine di volte al giorno, la consapevolezza è sicuramente la chiave.
Muscoli e consapevolezza
Nella CPC il decidere viene visto come una sorta di “muscolo da allenare”, la metafora è perfetta solo che può portare le persone a credere di doversi sforzare di continuo nel decidere.
Come dicevamo non si tratta di “volontà” ma di consapevolezza cioè dell’accorgersi di quando prendiamo la decisione. E questo, secondo gli studi della Langer funziona sia durante l’atto decisionale che successivamente.
Effettivamente è un piccolo sforzo programmato, per questo “ci sta” la metafora del muscolo. L’errore è pensare di poterlo fare con la sola volontà, la cosa migliore da fare è invece creare una buona abitudine all’osservazione delle proprie decisioni.
Possiamo farlo in tanti modi, il primo è quello descritto nel post e anche in una delle vecchie puntate cioè quello di scrivere tutte le sere 3 decisioni che sappiamo di aver preso durante la giornata.
Un altro modo è quello di usare dei promemoria che ci ricordino di prestare “attenzione”. Come un post-it, un salva schermo, un braccialetto o un semplice bigliettino inserito nel portafogli, che svetti in visibilità. Ogni volta che “paghi”, ti ricordi.
Perché è così difficile “decidere”
Come dicevamo in puntata decidere deriva da de-cidere cioè re-cidere, tagliare e lasciare da parte o più opzioni considerate per tenere solo una in considerazione.
Già da sola l’etimologia, è tutta un programma! Il processo psicologico che vi sta alla base però spiega ancora meglio perché tendiamo a fare una terribile fatica nel “tagliare fuori opzioni”.
Questo processo è chiamato “dissonanza cognitiva” e se mi segui da un po’ dovresti conoscerla più che bene. Si perché si tratta di una teoria che ha fatto molta strada sino ad infilarsi nei meandri della terapia.
E’ una teoria del 1957 formulata dallo psicologo sociale Leon Festinger e successivamente utilizzata da una miriade di esperti di psicoterapia (come il leggendario Milton Erickson) per spiegare la gestione di pensieri, credenze e valori contrastanti.
Se hai ascoltato la puntata e hai seguito l’esempio “delle scarpe” sai già tutto! Perché si tratta di un meccanismo che scatta in tutte le situazioni dove 2 o più “contenuti mentali” entrano in contrasto.
La “risoluzione cognitiva”
Quando si presentano 2 o più opzioni il nostro cervello è costretto a fare una scelta, e nel prendere questa decisione fa fatica proprio a “tagliare via le altre opzioni”.
E’ come se un attimo dopo aver scelto le “scarpe rosse” quelle “blu” che abbiamo appena scartato ci appaiano maggiormente attraenti. Emergono tutte le caratteristiche positive a cui non avevamo pensato.
Per fortuna dura poco, si perché ad un certo punto, per la maggior parte delle scelte arriva una vera e propria “scelta di campo che appiana la dissonanza”. Tale scelta è spesso buffa.
Le persone tendono a fare ragionamenti del genere: “ma si ho fatto bene a prendere le scarpe rosse, quelle blu erano davvero pacchiane. Poi le ha comprate anche Alberto blu, che ha un gusto terribile”.
Iniziamo a cercare tutti i motivi per cui abbiamo fatto bene a scegliere A piuttosto che B. Tentiamo quindi di “appianare la dissonanza cognitiva”… si “ce la raccontiamo alla grande”, anche perché…
Il paradosso delle opzioni
Come hai visto nel video qui sopra, non sempre avere troppe opzioni a disposizione è utile, anzi! Sono diverse le ricerche che dimostrano che siamo più creativi quando abbiamo “poche opzioni”.
E’ una cosa abbastanza comune, se guardi dei bambini privi di risorse, magari appartenenti a zone del mondo disagiate, puoi vedere quanto siano capaci di intrattenersi senza le 1000 diavolerie che abbiamo a disposizione.
E’ un po’ come dire che la “necessità aguzza l’ingegno” e quando abbiamo poche possibilità, poche opzioni e quindi “poche decisioni” a cui fare riferimento, siamo spesso più ingegnosi.
Visto che decidere significa tagliare allora è quasi ovvio immaginare che per prendere buone decisioni sia necessario “ridurre le opzioni”. Non solo per evitare la dissonanza cognitiva ma perché tutto diventa più semplice.
E’ lo stesso processo che utilizza la scienza per studiare la realtà che ci circonda, un processo che per alcuni è un “riduzionismo” ma che in fin dei conti diventa necessario per analizzare specifici campi.
L’importante è ricordarsi poi che quella cosa, fa parte del tutto… ma questa è un’altra storia di cui magari ci occuperemo in una prossima puntata.
E tu, sei bravo a prendere decisioni?
Applica questi consigli oppure cerca di capire come tu possa averli utilizzati nel passato e faccelo sapere con un commento qui sotto.
Spero sia chiaro che la diatriba CPC e la ricerca sulle decisioni fosse solo un pretesto per parlare approfonditamente di queste tematiche.
Come vedrai nel Qde (quaderno degli esercizi) si tratta di un “falso paragone” perché in realtà ciò che s’intende nella CPC non è il trovare “la migliore strategia decisionale”.
Ma è smetterla di farci bloccare dalla procrastinazione ed agire invece che restare troppo nella famosa “paralisi dell’analisi”. Due cose molto diverse che però possono trovare un punto di congiunzione.
Questa “congiunzione” è la psicologia delle decisioni, che oltre ad averci fatto “vincere 3 premi nobel“, sono convinto ha ancora tanto da dirci.
A presto
Genna