Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di “esperienze pre-morte”, anche se non ne avessi mai sentito parlare nel momento esatto in cui iniziassi a descriverle sicuramente ne avresti come una sorta di “conoscenza implicita”. Nella puntata di oggi indaghiamo questo affascinante fenomeno che disvela alcuni paradossi molto importanti per la nostra vita… buon ascoto

Esperienza di pre-morte una conoscenza implicita

Una delle su cui vorrei soffermarmi è il fatto che sia naturale avere una sorta di conoscenza implicita delle esperienze di pre-morte. Sin da bambini sentiamo raccontare storie, religiose e non, di persone che vanno nell’aldilà. A scuola studiamo Dante con la sua visione del mondo ultraterreno ecc.

Questa quantità di narrazioni sulla vita oltre la morte è qualcosa di molto più antico di Dante, appartiene alla nostra specie e qualsiasi antropologo o paleontologo potrebbe confermarlo. Il fatto che gli antichi Egizi migliaia di anni fa, vestissero di tutto punto le persone defunte, preparassero complicati rituali di mummificazione, ci dice più o meno la stessa cosa.

Ma ne abbiamo prove ancora più antiche, di certo possiamo pensare che tutti quei rituali nei quali il defunto veniva vestito adeguatamente, riempito di oggetti appartenenti alla sua vita terrena ecc. non fossero altro che un modo per commemorare il morto (come facciamo oggi) ma dall’altro rivelano una convinzione: quella persona sparisce da questo mondo ed arriva in un altro mondo!

Data la vastissima mitologia e la fantasia eterogenea ed enorme delle tradizioni religiose di tutti i tempi direi che è ovvio che da sempre esista la sensazione ed il desiderio che giunto il nostro momento, vi sia qualcosa di oltre questo mondo. Ne abbiamo parlato di recente nella nostra trilogia dedicata proprio alla morte.

Il fatto che vi sia una conoscenza implicita inoltre potrebbe essere legato al fatto che le convinzioni di base dei popoli sono dentro di noi come schemi ed archetipi che guidano la nostra percezione. In pratica anche se non credi minimamente alla possibilità della vita oltre la morte hai dentro di te una predisposizione a crederci. Ma forse le cose sono più semplici di così?

Credere nell’invisibile

Credere nelle cose che non ci sono è da sempre un nostro grande meccanismo di difesa ed è anche una sorta di euristica che ci ha consentito di sopravvivere. La scaramanzia, come raccontiamo con dovizia di particolari in questo episodio, non è solo credere a qualcosa che non c’è ma è una sorta di costruzione di proto teorie che ci aiutano a muoverci in ambiente sconosciuto.

L’esempio migliore è quello degli esami. Immagina di avere un esame importante, ti vesti di tutto punto e metti un maglione nuovo ma con un colore un po’ sgargiante, facciamo l’azzurro. Vai a fare l’esame e tutto fila perfettamente liscio, il prof ti tratta bene e ti fa solo domande che conosci. Come sappiamo tutti la prossima volta, ad un altro esame, tenderai a mettere la stessa maglia.

E’ un classico condizionamento che funziona con tutti gli animali, funziona anche con i tuoi amici, non mi credi? Se un tuo amico un giorno indossa una maglia nuova prova a dirgli quanto sta bene con quella maglia, se ha molta stima per te e poca per i propri gusti personali, tenderà a metterla con maggiore frequenza, soprattutto in tua presenza (spesso senza minimamente saperlo).

Ora il ragazzo sa che non è stata la maglia a fargli passare l’esame, ma allo stesso tempo sa implicitamente che anche l’abbigliamento conta. Dunque perché rischiare? Rimettiamoci la maglia vincente! E magari ha anche ragione, è andato da un professore che adora proprio quella tonalità di azzurro, la cosa curiosa è che anche il prof potrebbe essere completamente all’oscuro di questa sua tendenza.

L’esame è un territorio poco conosciuto, soprattutto quelli universitari che si affrontano sempre con professori diversi. Ma se quel prof fosse sempre lo stesso, ecco che via via impareresti che ci sono ben altri indici più utili, come ad esempio conoscere bene le date oppure accennare spesso ad un periodo storico che adora ecc. Ma in mancanza di indizi ci attacchiamo a qualsiasi cosa, anche al colore della maglia! Meno sai e più ti affidi all’invisibile, che agisce come una sorta di scorciatoia cognitiva.

Uno studio sulla coscienza

La cosa davvero sorprendente delle esperienze pre-morte non è tanto il fatto che ci portino a pensare che esista una vita dopo la morte, come abbiamo visto si tratta di una convinzione che abbiamo con noi da millenni, ma è il nostro rapporto con la coscienza ed in particolare con il quesito “hard” della coscienza.

Come forse ricorderai esistono due modi di parlare di coscienza, uno è quello che usiamo di solito per indicare se una persona è consapevole. In tale definizione rientrano tutti i processi cognitivi, le analisi sull’inconscio, le intenzioni, le motivazioni, ecc. Insomma ciò che studia la psicologia da ormai 200 anni e di cui sappiamo davvero una valanga di cose.

L’altro problema è invece più squisitamente psicologico e ci dice: “che cosa è la coscienza? Perché siamo coscienti? Questa dipende dal nostro funzionamento biologico è qualcosa d’altro?”. E’ una tematica che negli ultimi anni ha riacceso la diatriba su aspetti molto particolari dell’esistenza, come l’annoso dilemma tra mente e cervello. E’ il cervello genera la mente o la mente e qualcosa d’altro?

Ma il vero passaggio sconvolgente è quello che mette in relazione la coscienza con il funzionamento del nostro cervello. Il primo problema, quello facile sulla coscienza, è semplice da dirimere: se ti droghi o prendi una botta in testa sufficientemente forte perdi (per sempre o temporaneamente) la capacità di essere coscienti di alcune cose. Dunque nel problema facile è ovvio che cervello e mente siano la stessa cosa.

Le esperienze di pre-morte e gli studi conseguenti mettono in crisi anche questa semplice visione. Se infatti è vero che gli studiosi hanno rivelato consapevolezza (come l’ascolto di un suono negli esperimenti di Sam Parnia), allora significa che quando quella complessa architettura del cervello è spenta qualcosa “sente ancora”. Allora la coscienza non è nel cervello? E qui si apre un portale multidimensionale che ci inghiotte tutti 😉

Il mistero del benessere percepito durante le NDE

Una delle prove soggettivamente più forti, secondo i sostenitori di una visione metafisica, è costituita dalle sensazioni di benessere profondo che si provano durante le esperienze di pre-morte. Se ci pensi è facile smontare le visioni sia riferendoci agli aspetti culturali (archetipici e religiosi) e sia rifacendosi agli aspetti psicologici (la dissociazione).

Ma sia l’aspetto culturale che quello dissociativo non spiegano il profondo senso di pace che spesso è attribuito a questa esperienza. Come vedrai nel video di approfondimento c’è un’altra ipotesi che arriva dalle esperienze di chi ha vissuto danni cerebrali, la più nota di tutte è quella raccontata diversi anni fa dalla neuroscienziata Jill Bolte Taylor.

Il suo TED Talk “Il mio ictus ideale” racconta per l’appunto la sua esperienza soggettiva durante un icuts. Dato che quello era l’ambito di indagine della ricercatrice, si è resa conto in itinere di cosa stesse accadendo ed è stata particolarmente attenta a tutte le proprie reazioni. Nel suo racconto narra di come lentamente le sue funzioni superiori la stessero abbandonando.

Di colpo non riusciva più a riconoscere i numeri, non riusciva più a distinguere le quantità e a muoversi come avrebbe voluto. Poi racconta: via via che si spegnevano i centri superiori del cervello (quelli deputati al ragionamento e al pensiero, per dirla male ma in modo comprensibile), ha iniziato a sentire “silenzio… ed un profondo senso di pace”.

Se ci pensiamo bene questo è ciò che accade a chi pratica la meditazione, via via che si medita il cervello funziona sempre meno o meglio, si toglie spazio di funzionamento proprio a quelle parti superiori. Quando mediti noti i tuoi ragionamenti, li metti da parte e torni a sentire e questo movimento continuo può portare a stati di “silenzio interiore” che sono spesso definiti come profondamente piacevoli.

Memoria e riconoscimento

La parte più farraginosa degli studi sulle NDE è sicuramente quella relativa ai resoconti verbali, non solo perché sappiamo da decenni quanto la memoria sia fallacie e manipolabile ma perché la maggior parte dei report su queste esperienze avviene necessariamente a posteriori. Cioè non è che una persona viene salvata, apre gli occhi e racconta ciò che gli è successo come se si fosse svegliata da un sogno.

La maggior parte dei resoconti che abbiamo sono stati anche riferiti a distanza di giorni e a volte anche di anni. Certo oggi siamo molto più attenti a questo fenomeno ma quando nacque chi si dedicò alla raccolta delle testimonianze non si fece troppi scrupoli a confondere le acque. Dunque quando si dice che abbiamo migliaia di resoconti dovremmo tenere a mente che la maggior parte sono stati presi “così”.

Significa che siano falsi? Assolutamente no, ma la probabilità che siano stati imboccati non è per nulla bassa conoscendo come funziona la nostra mente, la quale adora le storie, adora la coerenza e immagina da sempre (anche a livello archetipico) l’esistenza di una vita dopo la morte. E’ un po’ come andare in un posto pieno di “riproduzioni perfette di dolci fatti di plastica” con un bambino di 6 anni e pretendere che non cerchi di mangiarli.

Dati tutti questi presupposti mi sembra chiaro che la ricerca più interessante sia quella di Sam Parnia che non è rivolta specificamente agli stati di pre-morte quanto agli stati di coscienza. Il suo interesse non è capire se esista una vita dopo la morte ma fino a quale punto persiste la coscienza, che da un punto di vista filosofico potrebbe anche darci spunti sulla “vita dopo la morte”. La cosa più affascinante del suo lavoro è il fatto che tra qualche tempo avremo persone che si possono rianimare anche dopo ore o giorni dalla loro morte, vere e proprie “resurrezioni”.

Anche se sul fatto che alcuni ricordassero quel tipo di suono potrebbero esserci delle remore, dato che dovremmo analizzare in quale punto quella persona ha davvero “perso coscienza”, se è possibile che il nostro magazzino auditivo temporaneo (una parte della memoria a breve termine) sia accessibile o se non funzioni come in una sorta di rimbalzo come nel De ja vù…ecc.

Una ipotesi di speranza

La mia ipotesi speranzosa è già stata avanzata “nella trilogia”, ed è molto semplice e soprattutto per nulla originale. Cioè l’idea che anche la materia intorno a noi abbia in un qualche modo una forma di coscienza, soprattutto quella che è fatto parte di un organismo. E dunque come sappiamo nulla si crea e si distrugge ma tutto si trasforma, probabilmente ci trasformeremo in un altro livello di coscienza.

Questa idea che sembra uscita da un film di fantascienza ha in realtà alcuni argomenti interessanti, per quanto non sia lontanamente scientifica, e non emerge solo dalla filosofia e dalla ricerca ma anche dalla mia esperienza personale nella pratica della meditazione, dove tra virgolette ci avviciniamo in uno stato di assoluta immobilità (fisica e mentale) che ha tratti “assomiglia alla morte”.

Ti invito ad ascoltare la nostra trilogia in caso tu non l’abbia fatto, ma lo spoiler di fondo è sempre lo stesso, una idea assolutamente ipotetica e molto farraginosa ma come sentirai non ci sono arrivato mettendo in fila gli studi scientifici, come di mio solito, ma attraverso l’esperienza diretta. No tranquillo non ho avuto una esperienza di pre-morte…

Ma semplicemente mentre stavo meditando da diverso tempo, cioè almeno un’ora e mezza, durante un piccolo ritiro ho iniziato a sentirmi “un oggetto tra gli oggetti”. Il che sembra brutto detto in questo modo ma in quel momento mi sembrava la sensazione più figa del mondo, perché non dovevo fare niente per sentirmi assolutamente bene.

Ecco se vuoi capire come ho collegato questa sensazione a tutto quello che ci siamo detti, devi ascoltare la trilogia… la prossima settimana approfondiremo questo tema parlando ancora di meditazione. Ma no tranquillo il tema della “morte” sarà solo limitrofo, ma in un qualche modo sarà ancora importante tenerlo a mente.

Per oggi credo di averti detto fin troppe cose… ci vediamo al prossimo episodio.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.