L’intelligenza artificiale è qualcosa con cui facciamo i conti da decenni ma solo negli ultimi anni è ormai diventata un tema di discussione rilevante. La psicologia se ne occupa da molto tempo e ultimamente si chiede in quale e quali modi avere a che fare con questa “forma di intelligenza” potrà cambiare il nostro modo di pensare… potrà cambiare la nostra “mente”.
Intelligenza Artificiale e Psicologia
Quando diversi anni fa mi sono messo a parlare di questi temi sono arrivati alcuni commenti del tipo: “scusa ma cosa ha da dire la psicologia sulla intelligenza artificiale?“. Non era messa in questo modo così provocatorio ma il tema è questo e la risposta è molto semplice: la psicologia e gli psicologi non solo hanno partecipato alla costruzione di quella che oggi viene definita IA ma si pongono domande su come interfacciarsi con essa possa cambiarci.
Sembrano argomenti futuristici ma già nei primi anni 2000, quando frequentai il corso di Ergonomia presso l’Università di Padova (prof. Giuseppe Mantovani) si parlava apertamente di questi temi. Cioè di come funziona l’interazione tra uomini e macchine e come tali ecosistemi avessero un impatto sulla nostra mente. Erano ancora argomenti lontani da quelli attuali ma in nuce il tema era già quello di come ci avrebbero influenzato questi strumenti. E anche come già ci stessero influenzando, i media, compreso internet c’erano già!
Per fortuna non abbiamo bisogno di teorie accademiche o di esperienze incredibili per renderci conto di quanto le informazioni che incontriamo possano avere impatto sulla nostra mente. A tutti sarà capitato di leggere un libro e di avere profondi cambiamenti, oppure di guardare un film che ha risuonato in modo molto forte ecc. Secondo alcuni colleghi è abbastanza semplice capire perché le narrazioni a cui siamo sottoposti possano avere un effetto così potente… per l’apprendimento.
La maggior parte di noi, ancor prima di scottarsi, aveva capito che avvicinarsi alle fiamme non era una cosa buona, perché? Perché molto probabilmente quando abbiamo iniziato ad avvicinarci ad una di esse un nostro cargivers (genitore) può averci urlato: “no, non toccare! Quella cosa lì fa male, ti fa la bua”. Quindi abbiamo imparato a non fare una certa cosa perché qualcuno ce lo ha detto, banale vero? Non tanto, poiché si tratta di una delle modalità di apprendimento che consentono la nostra formazione.
Questo tipo di apprendimento viene anche chiamato “vicario”, perché non ha bisogno di essere vissuto in prima persona, ma ci basta sentirne un resoconto per convincerci. Pensa che tali racconti sono talmente potenti da modificare le tue memorie: sono noti gli esperimenti della Loftus nei quali i bambini sono stati convinti di aver mangiato troppi dolci e di essere stati male (cosa non vera), con l’intento di non farglieli più mangiare o di limitarli. Anche una storia finta ti cambia e anche profondamente!
Interazione uomo macchina
Messa così (interazione uomo macchina) sembra una cosa futuristica, come se stessimo per diventare tutti dei moderni cyborg e c’è chi afferma che lo siamo già. Questa dicitura però nasconde qualcosa di molto più profondo e cioè che l’evoluzione umana è da sempre legata alla nostra capacità tecnica. Cioè alla capacità di costruire e tramandare artefatti utili ad un qualche scopo: dal dominio del fuoco all’alfabeto, sino ad ogni prodotto culturale, in una certa ottica è tutto “tecnica”.
Questo concetto non piace a chi pensa che esista una differenza abissale tra “natura e cultura” e tra ciò che produce l’essere umano e ciò che sappiamo essere naturale. Per me queste sono false dicotomie, non starò qui a cercare di smontarle perché servirebbero trattati di filosofia (e io non sono un filosofo) ma di certo è utile iniziare a pensare che senza gli artefatti (smettiamola di chiamarla tecnica, altro termine che spaventa) noi ci saremmo estinti. Il nostro quid, in quanto esseri viventi non sta solo nell’intelligenza ma sta in come utilizziamo questa intelligenza.
La stessa cosa possiamo dirla per gli artefatti, la nostra capacità di sopravvivere è legata a doppia mandata con la capacità di costruire, migliorare e tramandare strumenti utili. Utili per sopravvivere, il che detto in modo più astratto significa: utili a gestire al meglio il nostro budget energetico (spoiler, se muori va sprecato). Ecco perché, secondo tale ottica, i nostri organismi (e quelli di ogni essere vivente) sono progettati per cercare un costante risparmio energetico.
Se mi segui sono concetti che ormai conosci molto bene, così come forse ricorderai un recente video Youtube nel quale abbiamo parlato di come Harari tema l’evoluzione di queste macchine. Il motivo è dato dalla loro capacità di generare narrazioni, cosa assolutamente da tenere sott’occhio, realmente i racconti e le storie a cui siamo sottoposti sono in grado di cambiare le nostre menti… ma c’è di più, qualcosa di ancora più interessante dal mio punto di vista.
Sto parlando di ciò che ti ho raccontato nell’episodio dedicato ad Alpha Go, l’intelligenza artificiale di Google per battere i campioni di Go. Così come sappiamo che l’interazione con i nostri artefatti ci hanno cambiato, così come sappiamo che le narrazioni possono cambiarci, da quel documentario emerge che giocare contro una IA è in grado di cambiare. Di cambiare strategie di gioco e schemi di pensiero di veri e propri campioni mondiali di quelle discipline (non di mio nonno che non sa neanche cosa sia “Go”).
Bilancio costi benefici
Ogni adozione tecnologica segue un bilancio costi benefici, siamo diventati talmente bravi a risparmiare energie che oggi, per restare in forma andiamo in palestra! E questo a molti sembra un’assurdità, a tratti la è, tuttavia bisogna sempre pensare a costi-benefici. Se una persona lavora a 50 km da casa, di certo potrebbe prendere la bicicletta o addirittura decidere di andarci a piedi, tuttavia dovrebbe tenere in conto tutto il tempo necessario. Certo se lavora a 2 km e prende l’auto è un problema ma farsi 50 Km tutti i giorni di certo toglierebbe tempo alla famiglia, agli hobby, allo studio e a molto altro.
Oggi, per trovare una persona abile nel calcolo a mente, bisogna andare cercare con il lanternino. La causa? Le calcolatrici! Se non avessimo però utilizzato le calcolatrici saremmo probabilmente ancora molto indietro con diverse cose della nostra modernità, compreso il computer che ti consente di leggere queste parole. Cosa dici? Non stai usando un computer ma uno smartphone, come sai anche quello lì è un computer 😉
Ora la questione è che mai prima d’ora ci siamo trovati davanti alla possibilità di creare una vera intelligenza in grado di sostituire non solo il lavoro fisico ma anche quello mentale. Qui il discorso su costi e benefici si fa ancora più complesso, per quando lo sia a sua volta anche quello legato alla salute fisica, tutte cose che oggi sappiamo grazie alla possibilità di poter fare ricerca. Quella possibilità ci è data sempre dalla nostra capacità di costruire artefatti… Voglio insistere su questo aspetto!
L’attenzione su questi temi è abbastanza alta ma come accade solitamente ci sono solo due schieramenti: chi pensa che siamo spacciati e chi pensa di essere di fronte ad una nuova e benefica era. Sono temi mitici che tendono a ripetersi di fronte a forti cambiamenti tecnologici ma che purtroppo, nel dibattito pubblico, tendono a iper semplificarsi diventando una lotta: buoni contro cattivi. Personalmente credo sia un grave errore e penso che per un problema complesso sia necessario un dibattito efficace.
Non tanto “complesso come dibattito” ma che prenda in esame la complessità e cerchi di evitare di trasformare questo prezioso tema in una battaglia politica noi-contro loro e che invece si cerchi di comprendere che, molto probabilmente, il modo con il quale parliamo di queste tecnologie influirà sulle nostre scelte future in tal senso. Scelte che potranno determinare grossi cambiamenti sociali. Insomma non è il semplice tema del “fa bene o fa male” è come al solito, più complesso di come appare.
La complessità non ci piace
Colgo la palla al balzo per ricordare che i principi di cui discutiamo valgono (quasi) sempre: perché non amiamo la complessità? Perché ci fa spendere un botto di energia mentale, ci appare poco utile ed in molti contesti la è. Cioè se devi decidere che strada prendere mentre scappi da un predatore non hai il tempo di pensare alla “complessità” della situazione, ma se devi decidere se utilizzare uno strumento (potenzialmente molto utile) allora devi pensare alla complessità.
E bisogna affidarsi ad un pensiero multidisciplinare, quindi informarsi da più fonti e cercare di evitare il pensiero dicotomico, che è la morte della complessità. Ecco cosa intendo per complessità, smetterla di affidarci alla pancia per cercare di guardare le cose con una mente allargata e spero che Psinel contribuisca proprio in tal senso a questo dibattito. Perché ormai la risposta alla domanda di oggi è chiara: SI l’Intelligenza artificiale può cambiare le nostre menti!
Esattamente come ogni altro nostra invenzione ha fatto nel passato ma questa volta la faccenda è davvero molto molto più rilevante. Per questo c’è bisogno di teste pensanti che possano esprimersi in tal senso, siamo già in ritardo, così come lo siamo sempre stati rispetto alla nostra inventiva, ci serve accortezza ma non limitazione mentale. Perché come forse avrai intuito io sono ottimista, sono convinto che al netto di tutto, per l’ennesima volta, abbiamo inventato qualcosa di straordinario.
Dibattito infinito ma che va comunque affrontato, anche se ci “fa fatica mentale”, come si direbbe. Per questo ti invito come sempre a commentare questo post, il podcast ed il video Extra che uscirà martedì (e che poi troverai anche qui sopra).
A presto
Genna