Avere una buona conversazione è una delle cose più piacevoli del mondo. Nel campo della crescita personale si dice che “la qualità della vita sia direttamente proporzionale alla qualità della nostra comunicazione”, dedicargli un pizzico del tuo tempo è cosa buona e giusta… ecco 6 abitudini da EVITARE durante le conversazioni…

Conversare è bello e salutare

Essere migliori comunicatori, efficaci, efficienti e assertivi è di certo un lavoro che vale la pena di perseguire, tuttavia una delle cose che la maggior parte della gene non si aspetterebbe è pensare che conversare faccia bene. Non mi riferisco solo al dialogo profondo che puoi avere con amico o con il tuo confidente ma con chiunque, anzi la ricerca ha dimostrato la forza di una conversazione tra sconosciuti e quanto poco siamo bravi a valutarla.

In un famoso esperimento è stato chiesto di fare una piccola “previsione di piacevolezza” prima di effettuare un viaggio, i soggetti dovevano valutare quanto sarebbe stato piacevole affrontare il viaggio leggendo e distraendosi per i fatti propri, rispetto al conversare con uno sconosciuto. La maggior parte della gente ha risposto che avrebbe preferito di gran lunga farsi gli affari propri piuttosto che ascoltare una persona ignota raccontare i propri crucci.

Dopo aver raccolto le valutazioni i ricercatori sono partiti insieme ai loro soggetti e hanno fatto in modo che alcuni svolgessero il viaggio “piacevolmente da soli” mentre altri dovevano fare “conversazione”. Ebbene, i più soddisfatti alla fine del tragitto furono proprio questi ultimi, cioè coloro i quali avevano passato il tempo parlando del più e del meno. La cosa interessante fu che non fosse necessario avere una conversazione profonda per ottenere un tale effetto, bastava proprio una semplice chiacchierata.

Questo esperimento si aggiunge alla lunga lista di studi simili, se ad esempio vuoi aumentare il tuo tono dell’umore, esci di casa, vai al bar e scambia quattro chiacchiere con uno sconosciuto. Se riuscirai a conversare, senza litigare, senza cercare di apparire più bello, più intelligente ma con il semplice desiderio di trascorrere un po’ di tempo, ti renderai conto del potere positivo dell’entrare in relazione con gli sconosciuti, semplicemente chiacchierando.

Iniziamo con questo dato perché so cosa vuole la maggior parte della gente che si imbatte in un contenuto come questo: le strategie per vincere in ogni conversazione; le tecniche per persuadere (o non farsi persuadere) dagli altri; come presentare il tuo messaggio in modo che sia irresistibile. Sono tutte cose molto carine ed interessanti ma se non sai conversare amabilmente con uno sconosciuto non credo possano esserti di grande aiuto.

L’ascolto

Non mi stuferò mai di esaltare le lodi di un buon ascolto, quando la gente mi chiede: “ma come faccio a trovare argomenti interessanti? Come faccio a dimostrare agli altri che sono capace di comunicare bene?” la maggior parte della gente strabuzza gli occhi quando gli dico: “ascolta con più attenzione”. Chi non è molto portato alla chiacchiera pensa che restare in silenzio sia un male e lo confonde con l’ascolto: “dottore ma io sto sempre ad ascoltare, il problema è che non interagisco mai”.

No, il vero problema è che confondi lo stare in silenzio a chiederti “che cosa posso dire di intelligente” con il vero ascolto. Perché se noi ascoltassimo con più attenzione sarebbe inevitabile avere qualcosa da dire, da aggiungere o semplicemente sapere che è meglio restare in silenzio. E’ l’interesse che genera interesse, cioè più ti interessi genuinamente al prossimo e più è facile che il prossimo si interessi a te, purtroppo questa cosa funziona anche al contrario.

Se tu sei intento a cercare di fare bella figura, oltre al fatto che non stai più ascoltando, ciò che succede è il rischio di trasformare la conversazione in una esibizione di conoscenze, esperienze, forza e rango. Tutte cose che in realtà bloccano la conversazione e spostano l’asse dalla “connessione alla competizione“. Certamente ci sono persone che possono tendere spesso alla competizione ed altre che si approfittano di un profondo ascolto per sfogarsi.

Ma se riesci ad ascoltare con vera attenzione ti accorgerai di entrambe le cose e potrai decidere se interrompere o deviare la conversazione. In caso estremo la tecnica regale (ma non così semplice) è quella della meta-comunicazione, cioè iniziare a parlare su come stiamo parlando e non dei contenuti che stiamo tirando in ballo. Noti che un tizio sembra voler avere sempre ragione e questo blocca la vostra conversazione? Diglielo.

Certo non puoi dirgli: “ehi smettila di passare dalla connessione alla competizione” ma puoi dire: “scusami, mi sembra che la nostra conversazione sembri più una gara che uno scambio, non pare anche a te?”. Di certo troverai persone che potranno rispondere così: “no, a me non sembra, forse sei tu che la vedi come una gara, solo perché io ho ragione e tu hai torto”. A quel punto sai di essere di fronte ad una persona che non riesce a mentalizzare ciò che sta accadendo, allora puoi semplicemente andartene o continuare a meta-comunicare.

La meta-comunicazione

Puoi farlo in mille modi, anche molto scortesi se vuoi allontanarti: “Ah ok, quindi io voglio avere ragione… sai forse hai ragione” e te ne vai. Questo ovviamente rompe la conversazione, la cosa migliore che possiamo fare è semplicemente renderci conto che quel tizio vuole competere, poi starà a noi decidere se raccogliere o meno il guanto di sfida. E’ come se il nostro interlocutore ci stesse dicendo: “io vorrei giocare a chi è più bravo, ci stai?” e tu dicessi “certo che ci sto” oppure, “no non mi piace questo gioco”.

Il nostro scopo non è cambiare l’altra persona, aiutarla a diventare più consapevole ma è avere una chiara consapevolezza di ciò che sta accadendo: stiamo conversando, stiamo scambiano opinioni o stiamo competendo? Scoprirai che alcune persone non possono fare a meno di competere, evita di fare lo “psicologo da 4 soldi” e non interpretare il suo atteggiamento, prendine solo atto e sii preparato. Perché se sai che tende a fare così saprai anche come trattarlo, nel bene o nel male.

Una buona meta-comunicazione analizza noi stessi, cioè se proprio vuoi meta-comunicare con l’intento di cambiare il corso del discorso, puoi dire: “scusa ma oggi mi sembra di rispondere sempre in modo competitivo, non ti sembra?”. Invece di prendertela con lui/lei lo fai con te stesso e vedi cosa succede. Lo scopo di queste tecniche non è “vincere” ma è aumentare la consapevolezza di ciò che sta accadendo, la richiesta dovrebbe suonare così: “aiutami a capire come possiamo comunicare meglio”.

Purtroppo molte persone credono che meta-comunicare serva per smontare il prossimo, per dimostargli che siamo migliori o più intelligenti, NO, semmai dimostra all’altro che siamo meglio disposti a collaborare e ad aumentare la consapevolezza di ciò che sta accadendo in quel momento. Certo puoi usarla come arma, ma nel momento in cui attacchi preparati ad una guerra.

Perché dovresti evitare la guerra? Perché i benefici della conversazione arrivano solo se questa è abbastanza positiva, il che non significa che tu debba evitare tutti gli scontri, i conflitti sono spesso il sale delle relazioni ma di certo non vai a farlo con uno sconosciuto sul treno (tranne in rare occasioni). In questo episodio dedicato alla “comunicazione non violenta” ti mostro come affrontare le conversazioni difficili e conflittuali.

Dare consigli

Se c’è una cosa molto particolare nell’elenco delle 6 cose da evitare è il tema dei “consigli” e più specificamente per me si tratta di “aiuti non richiesti“. E’ chiaro che se una persona ti chiede un consiglio la cosa migliore che tu possa fare è darglielo, ed è altrettanto chiaro che un consiglio non richiesto possa suonare per lo meno fuori luogo. Immagina di essere su un treno, inizi una conversazione con un tizio che all’improvviso ti dice: “sai cosa farei fossi in te? Cambierei lavoro e andrei a vivere in un’altra città”… un po’ troppo no?

Tuttavia oggi è sempre più facile dispensare consigli: “ehi, ti consiglio questa serie tv. Ti consiglio questa applicazione pazzesca; Questo canale YouTube ecc.”. I consigli realmente pericolosi sono quelli legati ad aiuti non richiesti, cioè quando una persona ci parla di una propria difficoltà e noi gli diamo un consiglio per superarla. “Sai oggi mi sento giù”, “allora sai cosa dovresti fare? Iniziare a praticare la meditazione. D quando la faccio mi sento molto meglio e riesco a riprendermi in un istante”.

Male che vada un’affermazione del genere ci farà sentire peggio, perché la persona già non si sente bene per di più deve subire le indirette angherie del fatto che tu, invece, ci sei riuscito. Lo so è un meccanismo contorto ma non quanto quello citato nella puntata: cioè il fatto che quando aiuti una persona cara a livello emotivo, rischi di indebolirla inviandole un messaggio implicito che recita “tu non sei capace quindi ti aiuterò io”. Che se ci pensiamo bene è supposto in ogni aiuto non richiesto e in generale in ogni tipo di aiuto.

Non tutti sanno che la parte “pratica del podcast”, cioè i consigli che diamo alla fine di ogni episodio, vengono spesso molto criticati. E’ una faccenda strana, perché se da un lato sono una sorta di recap di ciò che possiamo fare praticamente, dall’altro lato sembra quasi che io stia dicendo a chi mi ha ascoltato: “dato che, tu non sei stato abbastanza attento ora ti dico cosa puoi portare a casa”. Per fortuna siete in molti a capire che si tratta di un servizio e che, molte volte, non si capisce come mettere a terra ciò che diciamo.

Insomma stiamo cercando di capire quale possa essere il modo migliore di continuare a divulgare una buona psicologia senza che la gente si senta: malata, debole, incapace ecc. Non è facile, perché la comunicazione alla “crescita personale anni 90′” a me fa venire il latte alle ginocchia, forse ho letto troppi libri e frequentato troppi corsi in un periodo buio di questa faccenda. Ma mi rendo conto che far sentire il prossimo speciale e forte, senza illuderlo e senza sbertucciarlo, non è facile… sto ancora imparando.

Indicare non è consigliare

Secondo alcuni studiosi del linguaggio comunicare equivale al complesso fenomeno del pointing, cioè della capacità di puntare il dito in una certa direzione. E’ un’abilità complessa perché non tutti gli animali la posseggono, ad esempio i cani ne sono provvisti mentre i gatti no. Cioè se indichi un oggetto in lontananza il cane capirà che stai “puntando” mentre il gatto no, per quanto io ami i gatti purtroppo a loro sembra mancare.

Se ci pensiamo bene comunicare serve per rappresentare qualcosa, cioè per spiegare ad un altra persona (o più persone) ciò che abbiamo vissuto ed è un po’ come indicassimo ciò che è successo. La parola stessa “rappresentare” indica che in realtà noi non possiamo passare la nostra esperienza diretta ad un’altra persona, ma possiamo cercare di spiegarle cosa abbiamo provato… puntando il dito verso alcune cose e verso altre no.

Perché è importante tale distinzione? Perché per puntare il dito dobbiamo fare una cosa che spesso diamo per scontata: dobbiamo metterci accanto al nostro interlocutore, altrimenti quel dito non servirà per scambiare l’esperienza ma per accusare e giudicare. A me questa pare essere una metafora molto potente, che è anche di più di una metafora dato che accade realmente quando conversiamo con il prossimo in modo amabile.

L’idea di metterci accanto per puntare le cose del mondo intorno a noi richiede, comprensione, ascolto, fiducia e tutte quelle cose belle che ognuno di noi merita e vorrebbe percepire quando interagisce con un altro essere umano. Insomma… teniamolo a mente, mettiamoci accanto alle persone e scambiamoci le nostre “puntate”.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.