La tua forza è direttamente proporzionale alla tua capacità di entrare in contatto con la tua vulnerabilità. Lo so, questa frase sembra un paradosso soprattutto alla luce di una psicologia ingenua che ci vede come macchine da riprogrammare per il successo. E per avere successo l’ultima cosa che devi mostrare agli altri (e a te stesso) sono i tuoi punti deboli… viviamo in un mondo che non fa sconti a chi si mostra agnello… meglio indossare la maschera da lupi?
La macchina rotta
Immagina che qualcuno ti proponga una scommessa pazza: ti offrono la possibilità di viaggiare lungo un percorso accidentato con un’auto, della quale però non puoi conoscere niente. Non puoi sapere che velocità può fare, come frena, se ha le gomme gonfie e soprattutto se ha abbastanza carburante per proseguire. Accetteresti? Probabilmente no o in base alla cifra e al rischio percepito forse potresti anche accettare. Ma è chiaro che più conosci alcune caratteristiche del mezzo e più puoi valutare se ne valga la pena o meno, meglio conosci le vulnerabilità del mezzo e più puoi provvedere in caso accada qualcosa.
Ora immagina di essere un asso della guida e che ti dicano che puoi testare il mezzo prima di partire, cosa faresti? Probabilmente cercheresti di andare alla ricerca di tutti i limiti dell’auto. La spingeresti a manetta in una zona sicura per poi frenare di colpo, fare brusche sterzate, cercare terreni accidentati ecc. Più riesci a testare i suoi limiti, le sue vulnerabilità e più riesci a valutare come e quando poterla guidare. A parte la benzina, altro dato fondamentale ovviamente, potresti quasi capire ogni lato del mezzo, dai suoi pregi ai suoi difetti… e vorrei farti notare che in un caso del genere scovare i difetti equivale a comprenderne anche i pregi.
Sembra un paradosso ma testando la nostra auto da provetti piloti ogni volta che scoviamo un difetto, una vulnerabilità, essa diventa un vantaggio per il nostro viaggio. Sapere che l’auto fa fatica a sterzare a destra ci aiuterà a controbilanciare dall’altra parte, sapere che ha lunghi spazi di frenata ci eviterà di andare a sbattere ecc. In questa scommessa assurda la scoperta dei difetti e la loro “consapevolezza” (il fatto di ricordarti che frena poco) aumenta la sicurezza del viaggio e ti consente anche di sfruttare al massimo il mezzo. Ecco noi siamo simili a questa auto, non conosciamo a fondo né i nostri pregi e neanche i nostri difetti.
Quella che chiamiamo Crescita Personale Classica (CPC per gli amici di Psinel) ci direbbe di non indulgere nei test e di lanciarci subito sulla strada, “tanto è solo tentando coraggiosamente che possiamo crescere”, il che è in parte corretto. Tuttavia spesso questo diventa un monito ad allontanarsi da ogni forma di debolezza, vulnerabilità e stato negativo. Al punto tale che molte persone sono convinte di non dover avere pensieri ed emozioni negative, di dover sempre mostrare il lato forte, di dover combattere e nascondere le proprie parti deboli.
Come hai sentito nella puntata tutto ciò è un errore, un errore di prospettiva che ci vede come immersi in una dicotomia tra male e bene interiore. Se coltivi le cose positive dentro di te cresceranno, se coltivi quelle negative anche, per tanto devi seppellire il più profondamente queste ultime e concentrarti sulle prime… sbagliato! In realtà non esistono cose buone o cattive per la nostra mente ma solo eventi che siamo stati in grado di assorbire e quelli che non siamo ancora stati in grado di assimilare…
Eventi buoni o cattivi
La frase precedente è ovviamente una generalizzazione tuttavia nella mia esperienza di terapeuta posso assicurati che non è così lontana da una buona descrizione di come funzioniamo. La CPC ci ha convinti che per essere felici dobbiamo cancellare gli aspetti negativi, allontanare le persone tossiche e nutrirci solo di cose belle e buone e felici. Evitando come la peste qualsiasi situazione possa in un qualche modo nuocere alla nostra serenità mentale.
Tutto ciò ha creato una generazione di persone incapaci di accogliere e accettare il lato negativo della vita, il quale purtroppo è sempre presente anche se noi facciamo finta di niente. Proteggendo eccessivamente chi ci sta intorno dal dolore rischiamo di renderlo debole, evitando costantemente le situazioni difficili diventiamo via via sempre meno capaci di affrontarle. Questo non è un monito all’auto flagellamento ma al fatto che una delle piaghe più potenti del nostro tempo ha un nome ed un cognome e si chiama: evitameno!
Ti basterebbe stare 24 ore con uno di questi appassionati o guru della CPC per renderti conto che le cose sono squilibrate. Potresti assistere a cose del tipo: “ti prego non parlare di queste cose, abbassano l’energia nella stanza” e altre cagate del genere. Scusa se uso il francese ma mi serve per veicolare (più o meno) indirettamente cosa ne penso di questa situazione. Devi sapere che anche io per un periodo della mia formazione ho creduto in qualcosa del genere e questa storia di nutrirci solo di cose buone ha abbassato decisamente la qualità della mia vita per un certo lasso di tempo.
Quindi nella CPC si dice che non bisogna mai indulgere in pensieri negativi, bisogna stare attenti ad ogni singola parola che si pronuncia e che si ascolta, dobbiamo monitorare con attenzione cosa fanno le persone intorno a noi ecc. Tutto questo se preso con le pinze ha senso: cioè ha senso cercare di nutrirci di cose buone ma non ha senso cercare di evitare come la peste le cose negative, perché (sorpresa sorpresina) la vita è piena di eventi che potremmo considerare tali.
Nel campo della psicotraumatologia, cioè quella branca della psicologia che si occupa di studiare i traumi (o eventi avversi della vita), sappiamo bene che non esiste un limite tra eventi buoni o cattivi ma dipende da come li elaboriamo. Se dopo un indicente in auto questo ti insegna ad essere più prudente non è detto che sia davvero negativo, lo stesso può capitare al contrario, eventi positivi che non insegnano niente e ci portano sulla cattiva strada ecc.
Distinzioni
Queste distinzioni che forse già conosci ci aiutano per comprendere che in realtà le nostre vulnerabilità, i nostri “punti di debolezza” non sono sempre “debolezze”, anzi molte volte diventano il perno attorno al quale le persone decidono di impegnarsi attivamente per migliorare la propria vita. Nessuna persona che non abbia mai avuto il minimo problema emotivo solitamente si avvicina alla meditazione, cerca di capire come gestire le proprie emozioni ecc.
Quasi esistessero due tipi di essere umano: quello che ha bisogno di apprendere e migliorare e quello che non ne ha bisogno. Sorpresa, le cose non stanno così, anche le persone più solide e meno emotive che tu possa conoscere avrebbero da apprendere nuovi concetti per gestire se stesse. Infatti sono proprio queste persone coloro le quali riempiono gli studi dei miei colleghi: “dottore sono sempre stata una persona molto forte, una roccia e non so perché da qualche mese a questa parte ho un’ansia terribile ed io, per come sono fatto non posso accettarlo”.
Sembrerà assurdo ma a volte è proprio perché una persona si è sempre vista molto forte che non può accettare i propri lati deboli. E se ti dicessi che in realtà chi si sente “solo forte” ha sempre e solo visto un lato della medaglia? Cioè in realtà già era predisposta ad avere ansie e paure solo che non lo sapeva o addirittura se lo auto-nascondeva. Quando si indaga nella vita di queste persone è evidente la fuga da loro stesse, intente a non sentirsi mai in modo ansioso, intente a preparare sempre tutto per evitare di trovarsi impreparate ecc.
Una persona realmente equilibrata, che qui su Psinel amiamo chiamare “flessibile” conosce sia i propri punti deboli che quelli di forza, e sa che solo attraverso l’accettazione, il riconoscimento ed il lavoro può trasformare le debolezze in forza. Non solo, sa che non c’è niente di male nel mostrare la propria debolezza, pensaci, se tu fossi una persona fisicamente molto molto forte non avresti bisogno di dimostrare a tutti di esserlo, lo sapresti e basta e tutto ciò conduce al classico paradosso:
Più cerchi di mostrarti X (inserisci la qualità che desideri) e più è probabile che tu abbia il terrore di non essere X. Più cerchi di dimostrarti intelligente e più è probabile che tu tema di non esserlo, che tu abbia continuo bisogno di conferme da parte delle persone intorno a te. Il che non implica ovviamente che tu non possa essere davvero intelligente tuttavia quel comportamento sottintende che tu abbia paura di non esserlo e di conseguenza tu possa comportarti (paradossalmente) in modo stupido.
Nascondere le ferite
Nascondere le nostre ferite a volte è utile, in giro esistono davvero predatori maledetti intenti ad aspettare che gli mostriamo il fianco, ma questa cosa non vale sempre anzi vale non troppe volte. La maggior parte delle volte la nostra ferita deve “prendere aria“, per questo diventa utile cercare di esporla. Chiaramente non ti metterai ad esporre le tue ferite in luoghi in cui l’aria è insalubre o dove c’è il rischio che qualche agente patogeno possa entrarci.
Tuttavia in generale fare esporre le nostre ferite ci aiuta a rimarginarle e in alcuni contesti a renderle davvero più forti. Ti ricordi quando abbiamo parlato della crescita post-traumatica? Potrà sembrare strano ma noi tendiamo ad apprendere dagli eventi avversi della vita, tendiamo a diventare più forti dopo che ci hanno strapazzati un po’… è lo stesso concetto di antifragilità di cui ci siamo tanto occupati. Bisogna però stare attenti perché ciò non significa che siamo infrangibili o immuni al dolore ma significa che siamo molto più forti di quanto possiamo immaginare.
Questa storia che siamo più forti sembra una barzelletta ad alcune persone ma chiunque si sia trovato in condizioni di vera difficoltà lo sa. Non pensavo di poter camminare 20 chilometri quando ero ragazzo, fino a quando non ho dovuto farlo perché mi si è rotto il motorino. Non pensavo di poter leggere 100 pagine in un giorno ma poi ero di fretta per un esame e l’ho fatto. Certo non ti consiglio di fare come David Goggins e quindi spappolarti per capire di essere più forte, ma sfidarti un pochino di tanto in tanto fa bene.
Lo so cosa stai pensando: “Ma questa Genna è CPC è il concetto di zona di confort” si è vero, infatti quel concetto non è stupido, però anche lì è necessario tenere gli occhi aperti dato che ci si illude quasi che prima o poi ogni zona diventerà confortevole mentre le cose non stanno così. Come abbiamo visto in una recente puntata le abitudini ci salvano e ci allenano da un lato e dall’altro lato ci illudono e ci rendono rigidi ed incapaci di osservare il naturale cambiamento delle cose intorno a noi.
Prestare attenzione alle nostre vulnerabilità con equilibrio ci aiuta e ci insegna anche ad uscire dalle abitudini, ci aiuta a far scattare la nostra self-kindness, che devi sapere essere un concetto sempre più noto in psicologia. Gli effetti degli studi in questo senso sono sempre di più e di vastissima portata, prima o poi riprenderò in mano questo tema. Ma dato che ti sto scrivendo mentre sono in treno, verso la mia bella Liguria per le vacanze di Natale 2024….
Ti auguro Buone Feste ed uno splendido 2025
da tutto lo Staff di Psinel