Tutti abbiamo un modello del mondo anche se non lo sappiamo! Renderci conto di questi meccanismi può aiutarci a ad aggiornare le nostre mappe e renderci maggiormente flessibili. Sembra quasi banale da ribadire, tutti costruiamo costanti modelli del mondo senza renderci conto di farlo e cosa ancora più straordinaria, non conta che siano precisi ma conta che siano utili.

Dare senso

La filosofia di tutti i tempi e di ogni angolo del mondo si è occupata di questi temi. Oggi abbiamo anche le evidenze empiriche del fatto che le cose stiano esattamente così: io e te vediamo il mondo attraverso modelli del mondo che sono in parte condivisi ed in parte privati. Senza questa incessante attitudine a dare senso a ciò che ci circonda non saremmo sopravvissuti e anzi potremmo dire che sia uno dei meccanismi evolutivi più importanti per qualsiasi tipo di specie vivente. Gli esseri viventi creano rappresentazioni interne di ciò che c’è fuori e come già detto, non è importanti che siano precise ma che siano efficaci.

Noi umani abbiamo però un super potere aggiuntivo: quello di raccontare storie. Potremmo dire che siamo gli animali che hanno meno bisogno di una rappresentazione precisa, l’importante è che funzioni e in caso contrario, possiamo sempre costruirne una nuova. Ma mentre per gli altri animali le rappresentazioni sono realativamente fisse, perché incorporate (inserite nella loro biologia) per noi le cose sono leggermente più complesse in quanto esseri: bio-psico-sociali. Cioè formati da biologia, psicologia e società o socialità (tutto ciò che concerne il nostro essere e stare in relazione).

Sto rendendo le cose troppo complesse? Mi dispiace ma sono complesse, si può sempre però tornare con i piedi per terra e lo facciamo descrivendo i meccanismi alla base di questa costruzione dei modelli. Il primo e più semplice è la nostra tendenza a ricercare senso, che detto in modo più prosaico significa riconoscere eventi che tendono a ripetersi nello stesso modo (pattern) e riuscire a classificarli (categorizzarli). Non si tratta solo di questo ma è uno dei fondamenti del dare senso, riconoscere che alcune cose non ci appaiono casualmente ma causalmente: se vado a lavoro prima delle 7 del mattino trovo meno traffico (X, andare a lavoro alle 7 “causa” Y, il trovare meno traffico).

Tale abilità di dare senso l’hanno in parte anche altri nostri cugini animali ma il nostro super talento risiede in una capacità tutta umana: il linguaggio. Grazie ad esso possiamo astrarre e generare senso all’infinito, come ha abilmente dimostrato Noam Chomsky diversi anni fa e comprovato dalle ricerche neuroscientifiche di Andrea Moro. Noi possiamo mettere in relazione qualsiasi tipo di concetto generando rappresentazioni linguistiche (ed interiori) all’infinito. Tutto ciò ci serve per una cosa molto semplice: costruire rappresentazioni che ci aiutino a fare predizioni sul futuro.

Più un essere vivente riesce a fare buone previsioni su ciò che accadrà e più alta diventa la possibilità di sopravvivere. Ovviamente questo discorso vale anche al contrario, tutto ciò per noi esseri umani passa non solo dalla capacità di creare mappe ma anche da quella, forse più importante, di aggiornarle in base a ciò che accade. Se ti accorgi che ad un certo punto la tua ipotesi delle 7 del mattino non funziona troppo bene (perché magari avevi solo beccato una giornata fortunata) allora cambi orario.

Come scienziati

Sono stati in molti a paragonare il nostro modo di conoscere (e di costruire mappe) con quello di uno scienziato che, osserva fenomeni, si pone domande dalle quali sorgono ipotesi, per poi fare esperimenti per testarne la veridicità. Noto che il traffico alle 7 del mattino è decisamente più scorrevole, forse è perché la gente sta ancora dormendo (mi pongo domande), allora se mi svegliassi un po’ prima potrei evitare ore di coda (ipotesi). Allora questa sera si va a nanna prima e ci si sveglia presto così evitiamo il traffico (esperimento).

Se per diverse mattine arriviamo prima a lavoro ed evitiamo lo stress del traffico, ecco che abbiamo verificato la nostra ipotesi di partenza. Questo processo però assomiglia solo ad una parte di come funziona il metodo scientifico, quello verificazionista, il quale è sempre accompagnato dal suo fratello maggiore, quello falsificazionista, cioè basato sulla falsificazione. Cioè è sempre vero che se mi sveglio a quell’ora non trovo traffico? Ti sembrerà assurdo ma per la nostra mente fare questo passaggio è particolarmente difficile, siamo abituati per rapidità di pensiero a verificare e non falsificare.

Inoltre è necessario aggiungere che il nostro modo di conoscere è molto più complesso di così, tuttavia il metodo scientifico è un’ottima rappresentazione di come creiamo rappresentazioni! Ti sto confondendo? Spero di sì, perché so che sono discorsi che forse mi hai sentito fare molte volte (o che magari conosci molto bene) ma sono sempre discorsi vertiginosi su come funzioniamo. Non solo, esistono numerose prove del fatto che ragionare su come ragioniamo, su come costruiamo il mondo ci renda maggiormente flessibili.

Ed eccoci ad un punto cardine di questo episodio, non si tratta solo di fare speculazioni filosofiche su come conosciamo ma di accorgerci di questi modelli del mondo e di tanto in tanto, metterli in discussione. Tutto ciò prima che si vada a sbattere, per così dire, contro la realtà. Comprendere che spesso siamo talmente presi da tali modelli da diventare rigidi non ci aiuta solo a non esserlo, quindi ad aumentare la flessibilità cognitiva generale, ma anche ad entrare più efficacemente in relazione con il prossimo. Che è poi uno degli scopi principali della nostra vita.

Rispettare i modelli del mondo degli altri, come quando siamo di fronte ad una cultura diversa, è facile a dirsi ma non troppo a farsi. Siamo infatti in balia di bias impliciti che attivano pregiudizi automatici, i quali a loro volta, quando diventano oggetto di riflessione possono smorzarsi… attenzione, smorzarsi e non svanire completamente. Insomma qualcuno potrebbe anche affermare che in realtà sia impossibile uscire da questi “modelli del mondo” ed invece proprio il tema del pregiudizio ci ha mostrato numerose volte essere permeabile alla consapevolezza.

Pregiudizi e schemi mentali

I nostri pregiudizi e schemi mentali legati alla nostra cultura (e non solo in parte anche all’architettura del cervello) formano una specie di matrix da cui sembra impossibile liberarsi. Una caverna platonica da cui è impossibile uscire, ma se ci pensiamo bene già il fatto che si possa discutere di questa faccenda fa si che in parte sia possibile osservare il fenomeno. Un po’ come Neo in Matrix quando inizia ad accorgersi dei vari glitch che sono presenti nella realtà; così come il glitch è una sorta di errore informatico non prevedibile (dal sistema) è possibile inserire questi errori nostri modelli del mondo in modo intenzionale.

La chiave per fare tutto ciò è nella consapevolezza, cioè nella capacità di accorgerci che di quando siamo in preda di queste visioni del mondo. Sì se stai pensando alla meta-cognizione si tratta di qualcosa del genere, pensa come questa cambi in modo apparentemente sottile ciò che vivi. Immagina di guidare una bicicletta con il manubrio storto, ti è mai capitato? Non dico troppo storto per andare avanti ma quel tanto che basta da costringerti a regolare il tuo andamento, cioè a stare particolarmente attento a come pedali e come curvi.

Dopo un po’ di metri ti abituerai a quel manubrio, se però inizi a dimenticarti di questo difetto ecco che inizi seriamente a rischiare di poter cadere. Quando ci muoviamo guidati dai nostri modelli del mondo, dai nostri schemi e pregiudizi, siamo spesso come il tizio che pedala senza tenere a mente che il manubrio è storto. Certo il suo proseguire è dritto perché ha capito come mantenere quell’equilibrio ma per riuscire a guidare in sicurezza è bene che di tanto in tanto, si ricordi che quel manubrio è storto e che lui sta adeguando la propria guida.

Sorpresa: i nostri manubri sono tutti storti a modo loro, siamo zeppi di bias e tanti altri schemi che da un lato ci aiutano a guidare e dall’altro ci rendono ciechi agli eventuali pericoli e modifiche del terreno. Come avrai notato se hai cliccato sui link qui sopra (o se mi segui da tempo) in realtà è possibile accorgersi del manubrio storto, dare un’occhiata oltre il velo di Maya, sbirciare la luce che penetra nella caverna. Non è facile ma neanche impossibile, il primo modo è quello che stiamo facendo in questo momento, parlarne aumenta il nostro stato di consapevolezza, il secondo e più potente è la pratica della meditazione.

Anche se il mio consiglio è quello di praticare la meditazione è possibile farlo anche senza meditare, diventando consapevoli della cosa che sorregge costantemente il nostro modello del mondo: le storie che raccontiamo a noi stessi e agli altri. Le narrazioni con maggiore rilevanza a tale scopo sono quelle che riguardano il nostro giudicare noi stessi e gli altri, frasi come: “chi lavora in quell’azienda è completamente pazzo”, o ancora “gli psicologi sono persone da cui stare alla larga” ecc. Nota questi giudizi e semplicemente prova a metterli da parte o quando sei a casa (non in quel momento mi raccomando) mettili in discussione con carta e penna.

I giudizi

I giudizi che dai sul mondo rispecchiano direttamente i tuoi modelli su di esso. Per questo molte volte quando mi chiedete come si fa a conoscere bene una persona vi rispondo: ascoltatela mentre giudica qualcosa o qualcuno. Il giudizio è davvero qualcosa di molto particolare, non possiamo farne a meno, alla faccia di chi ci chiede di essere “equanimi” la verità è che tutti giudichiamo perché fa parte della nostra natura. Anche gli esseri unicellulari lo fanno in un qualche senso cercando di decidere se sia il caso o meno di nutrirsi di qualcosa, se restare o andare… ti ricordi?

Anche quando nella meditazione diciamo di non giudicare in realtà stiamo dicendo: accorgiti di quando giudichi e metti da parte quella valutazione. I giudizi scattano in modo automatico ma a volte ci dimentichiamo che quella corte di giudizi ci allontana dal momento presente, il che ci impedisce si aggiornare le nostre mappe. Non mi credi? Fai questo rapido esercizio (se mi segui su Instagram lo hai già fatto, ripetilo nuovamente anche se lo conosci), guardati attorno per qualche secondo cercando di notare tutti i colori che vedi, sei pronto? Dai fallo per 30 secondi, nota tutti i colori che vedi e anche le loro sfumature che noti attorno a te.

Bene, com’è andata? Ora rifacciamo lo stesso gioco ma questa volta ti chiedo di giudicare ogni cosa che non ti piace che hai attorno, anche la più piccola sfumatura che non ti va a genio. Ripeti la scansione del luogo in cui ti trovi per 30 secondi, ok? Lo hai fatto? Scommetto che la sensazione che hai provato tra la prima e la seconda volta è stata molto diversa, è molto probabile che durante la seconda prova tu ti sia sentito nettamente più dentro la tua testa e maggiormente più lontano dall’ambiente circostante. “Guarda quel quadro è proprio brutto… eppure l’hai scelto tu. Si ma molti anni fa oggi il mio gusto è migliorato… ne sei davvero sicuro? Sei il solito pigro non hai cambiato il quadro perché non ti curi abbastanza di te stesso” ecc.

Fino a quando restiamo imbrigliati nella rete dei giudizi facciamo molta fatica ad osservare il colore dei nostri occhiali. I giudizi diventano come occhiali colorati che danno sfumature al mondo ma di cui tendiamo a dimenticarci. Così ad un certo punto ci convinciamo che non siano gli occhiali a mostrarci quei colori ma che il mondo sia realmente di quel colore, a quel punto la frittata è fatta, diventa sempre meno probabile che tu riesca ad aggiornare le tue mappe. Cioè togliere gli occhiali o semplicemente accorgerti che sono loro a colorare l’ambiente attorno a te.

Lo so sono anni che facciamo questi discorsi ma ci tengo a ripeterti che il semplice discuterne fa bene alla nostra flessibilità cognitiva. Metti in pratica i consigli di oggi non come tante elucubrazioni filosofiche ma come consigli altamente pratici e facci sapere se sei riuscito a notare questi modelli e come ti ha fatto sentire!

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.