Che cosa hanno in comune “la musica e la crescita personale”? Ce lo facciamo raccontare direttamente dal dott. Romeo Lippi autore dello “psicologo del Rock”.
Ho avuto il piacere di conoscere Romeo in alcune occasioni dal vivo ma la prima volta che ho visto il suo “posizionamento” ho pensato: questo è davvero geniale.
Chiunque ami la musica e la psicologia dovrebbe dedicargli un po’ di tempo…
Non solo musicoterapia
Quando penso alla musicoterapia, la forma di intervento psicologico che si può fare con la musica, mi vengono sempre in mente dettagli che riguardano la musica classica.
Strumenti classici, abiti classici, auditorium dei conservatori… insomma una vera noia! Si perché molti musicoterapeuti che ho incontrato nella mia carriera arrivano da quel mondo.
I motivi sono molti ma quello che più mi colpisce dice più o meno così: “visto che non siamo né medici né psicoterapeuti, allora è importante che per lo meno i nostri strumenti siano seri”.
Per “strumenti seri” non intendo gli “strumenti musicali” ma il fatto di usare dei suoni classici, musica colta che conosciamo bene e che è sempre più o meno identica da secoli.
Poi arriva Romeo Lippi e fa qualcosa di completamente diverso, non parla di “musica colta”, non si veste in modo classico e non suona il violino. Ma ti parla di Rock, metal, funk, pop ecc.
La cultura dei nostri tempi
Ciò che fa Romeo è più o meno quello che hanno fatto molti altri grandi colleghi della storia, hanno usato la cultura del proprio tempo per parlare di psicologia e per divulgarla.
Freud ha parlato di “energia”, e in quel periodo venivano fuori tutte le nuove teorie sulla fisica. Erickson parlava di agricoltura, avendo una famiglia di contadini da generazioni ecc.
Romeo ci parla di musica e nello specifico di musica più o meno contemporanea. Quella che io e te abbiamo ascoltato o che potremmo comunque ascoltare facilmente.
E ci mostra quanto queste “vibrazioni nell’aria” abbiano il potere di farci accedere a stati emotivi ben specifici che potremmo sfruttare per il nostro benessere psicofisico.
A chi non è capitato di ascoltare un brano musicale magari di qualche tempo prima e ritrovarsi con la mente a quell’istante? A quella estate? A quel concerto? Scommetto che è accaduto a tutti.
La musica come dopping
Come abbiamo visto anche nell’intervista alla bravissima allenatrice della nazionale italiana di Tennis femminile, Thatiana Garbin: il potere della musica è talmente ampio da essere stata messa al bando in diversi sport.
In molte competizioni come la maratona o il tennis, è vietato mettersi in campo con le cuffie ad ascoltare la propria musica preferita. E questo non per il timore che qualcuno possa dare “suggerimenti segreti”.
Ma perché è comprovato che la musica può avere un effetto così intenso da poter essere considerato un vero e proprio doping, e visto che non tutti possono magari avervi accesso allo stesso modo, l’hanno vietata.
Ok potremmo discutere a lungo se sia una scelta saggia o meno ma la cosa interessante da tenere a mente è che se non avesse reali effetti, in grado di fare la differenza, nessuno l’avrebbe vietata.
Se vuoi saperne di più ti consiglio un’ottima lettura: “Psyched Up” di Daniel McGinn, dove trovi numerosi esempi dell’utilizzo della musica per gasarti prima di una gara.
Perché la musica ha questi effetti?
Le risposte a questa domanda sono molte ma quella che più m’interessa condividere con te è legata alla sua capacità di attivare “parti antiche del cervello”.
E nel farlo, la nostra cara musica, ci mette in contatto con le nostre risorse interiori ti ricordi la recente puntata? Esatto, i suoni ritmati hanno un particolare potere di farci accedere al nostro potenziale inespresso.
Queste non sono frasi da “speaker motivazionale” ma sono la traduzione pop di una marea di dati sperimentali. Ti ricordi quando hai studiato musica a scuola? Come nasce il blues?
Nasce dal “gospel” e da un tipo di musica ritmata che utilizzavano gli schiavi importati dall’Africa per darsi un “tempo” e per sentire meno la fatica.
Quel famoso ritmo cadenzato “un due, un due” non era solo un modo per seguire tutti insieme lo stesso tempo era anche un modo per superare la fatica e la noia di un lavoro ripetitivo.
I nostri antenati e il nostro cervello
I nostri antenati hanno iniziato a suonare millenni fa, ci sono prove dell’esistenza di strumenti musicali che risalgono a 40000 anni fa, come il famoso “flauto di Divije Babe” scoperto in Slovenia.
Facciamo e ascoltiamo musica davvero da millenni e quando sei a bordo della tua auto e metti “la musica a palla” non dovrebbe stupirti di ritrovarti ad accellerare come se stessi scappando da un’animale feroce.
Chi si occupa di marketing ha studiato talmente a fondo questi principi da aver capito quali musiche ci spingono a comprare “vini costosi” o “scarpe di lusso”.
In altre parole la musica è in grado di penetrare all’interno della nostra psiche sino a nuclei molto profondi e antichi. Quei ritmi li abbiamo ascoltati per millenni e probabilmente dentro di noi c’è ancora una loro traccia.
E’ uno degli strumenti più efficaci per entrare in contatto con il nostro mondo emotivo, ed è anche per questo che sono spesso gli adolescenti e i giovani in generale, i consumatori più accaniti di musica, perché riesce a parlare al loro “mondo emotivo”.
Effetto Mozart
Anni fa su Psinel c’è stato un’ampio dibattito su queste tematiche, tu hai mai sentito parlare del famoso “effetto Mozart”? Ascoltare la musica del famoso compositore avrebbe la capacità di aumentare l’intelligenza e non solo.
A quanto pare però tutta la musica avrebbe effetti simili, stimolando una diverse zone del cervello contemporaneamente. Il bello è che tutta la musica può avere questi effetti.
La musica attiva le nostre emozioni, i nostri sentimenti e non lo fa solo richiamando esperienze già vissute del passato, ma anche semplicemente con le proprie qualità.
Sono molti gli studi che provano il fatto che siamo naturalmente capaci di distinguere tonalità “tristi” da quelle “allegre”, senza bisogno di essere musicisti dotati.
Dico questo perché è chiaro che anche se non è necessario ascoltare Mozart, probabilmente non tutte le musiche vanno bene per tutti, e la risposta è sempre e comunque soggettiva.
Ascolta davvero
Visto la inequivocabile soggettività delle risposte che diamo alla musica che ascoltiamo, sarebbe bene cercare di ampliare le nostre capacità di ascolto, non solo musicali ma anche personali.
Possiamo farlo con la nostra “meditazione dell’ascolto” che si basa su questi principi. Ma non hai bisogno di imparare a meditare, semplicemente la prossima volta che ascolti un brano, “ascolta te stesso”.
Cerca di percepire come ti fa sentire, se non ti “fa sentire bene” allora forse non è il caso di ascoltarlo, almeno per ora. Si perché potresti anche cercare di capire “perché”, farci un lavoro sopra come fa Romeo.
Penso che non esista in assoluto una musica buona o cattiva, ma che si possa cercare di capire invece quale brano possa essere utile o inutile in base al contesto.
La prossima volta che ascolti un brano, cerca di farlo pienamente, un trucco che puoi usare è quello di cercare di ascoltare un singolo strumento. Questo costringerà la tua attenzione a focalizzarsi sull’ascolto.
Le Playlist
Lo “psicologo del Rock” ci consiglia di ascoltare le sue playlist che puoi trovare qui e da qui possiamo prendere spunto per creare la nostra “palylist” personale.
Oggi esistono un sacco di tools per poter creare delle “liste di canzoni”, io come Romeo uso spotify quando sono in giro e youtube quando sono a casa o in studio.
Spero però sia chiaro che non è tanto lo strumento, cioè il mezzo che decidi di utilizzare per ascoltare le tue “playlists” ma è il fatto di farlo con intenzione.
Sapere di costruire una certa lista di brani con un intento specifico, magari potresti scegliere quella per caricarti in palestra, darti motivazione al mattino, quella dolce per la sera.
Insomma il limite è solo nella tua fantasia e nel tuo desiderio di esplorare le sensazioni che questi brani riescono a trasmetterti e le risorse che riescono a richiamare dentro di te.
Avevi già visto questo famoso video? E’ il riassunto di un noto Tad Talk sui benefici della musica per il nostro cervello. Ma come avrai notato non si focalizza sull’ascolto musicale.
Il tema è quello del “suonare uno strumento” che come hai visto sembra essere una delle palestre più complete per lo sviluppo del nostro cervello.
Lo so non è il tema della puntata di oggi ma sarà quello di una prossima intervista, perché ho in programma di incontrare un musicista e parlare insieme a lui di questi argomenti.
Anche Romeo è un musicista ma ho deciso di concentrarmi sugli aspetti pratici del suo metodo, che troverai riassunto e approfondito nel nostro Qde (quaderno degli esercizi).
Se hai qualche domanda sulla relazione tra “suonare uno strumento e psicologia/neuroscienze” lasciala qui sotto o fammela sui social, così potrò riportarla al nostro prossimo super ospite 😉
A presto
Genna